Il telescopio spaziale James Webb ha analizzato un nuovo disco protoplanetario
Nel 2008 il telescopio spaziale Spitzer aveva analizzato il sistema planetario in formazione che orbita attorno alla stella SZ Chamaeleontis. Ora il telescopio spaziale James Webb lo ha analizzato nuovamente mostrando alcune differenze.
di Mattia Speroni pubblicata il 22 Novembre 2023, alle 21:28 nel canale Scienza e tecnologiaNASAESA
Nella giornata di ieri abbiamo scritto della nuova immagine catturata dal telescopio spaziale James Webb e che mostra una parte del centro della nostra galassia, la Via Lattea (in particolare Sagittarius C o Sgr C). Il grande telescopio ha però analizzato anche altri obiettivi come il disco protoplanetario che orbita attorno alla stella conosciuta come SZ Chamaeleontis. Questo permetterà agli scienziati di capire come i pianeti si formano e potenzialmente capire al meglio come il Sistema Solare si è evoluto.
Ricostruzione artistica del disco protoplanetario
Questo sistema in formazione non è stato scoperto dal JWST ed era già stato oggetto di ricerche in passato. Come sappiamo però gli scienziati spesso utilizzano più strumenti (o in questo caso, più telescopi) per avere un gran numero di dati da analizzare per avere un'idea più precisa di quanto sta accadendo, anche a distanza di anni. Nel 2008 questo sistema planetario in formazione era già stato analizzato dal telescopio spaziale NASA Spitzer che rileva gli infrarossi ma con capacità inferiori a quelle di Webb.
Al tempo Spitzer aveva rilevato come il disco di gas e polveri che ruota attorno a SZ Chamaeleontis (chiamata anche SZ Cha e simile al nostro Sole) era stato modificato dall'interazione con emissione ultravioletta estrema. Solitamente i dischi protoplanetari interagiscono con raggi X emessi dalla stella ed evaporano in tempi più brevi rispetto a quando sono colpiti da ultravioletti estremi. Questi ultimi permettono quindi di dare un maggiore tempo ai pianeti per formarsi.
Quando gli scienziati hanno puntato il telescopio spaziale James Webb non hanno invece trovato questa differenza rilevata invece da Spitzer facendo rilevazioni con lo strumento per il medio infrarosso (MIRI). In particolare è stato utilizzato come indicatore il rapporto tra neon II e neon III (quando sono presenti più ultravioletti estremi si forma anche quest'ultimo) non rilevando nessun picco di emissione come invece era accaduto nel 2008.
Non è chiaro come, in così poco tempo, il disco protoplanetario possa aver modificato la sua emissione non mostrando più tracce di interazione con ultravioletti estremi. Una delle ipotesi è che esista un'emissione, simile a un vento, da parte della stella che assorbe luce ultravioletta e lascia solo i raggi X a interagire con il disco protoplanetario. Questo comporterebbe una maggiore difficoltà nella formazione dei pianeti, ma i dati sono ancora in fase di studio. Il telescopio spaziale James Webb analizzerà ancora altri dischi protoplanetari per cercare ulteriori conferme e/o tipologie di interazione classificando così le possibili tipologie di formazione planetaria e gli ambienti nelle quali avvengono.
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