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#41 | |
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quello che ho RIPORTATO IO E' VERO.
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“ Fiat iustitia, et pereat mundus”-המעז מנצח - ![]() |
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#42 | ||
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Un conto sono la democrazia, un altro sono le decisioni politiche. Chavez, come Berlusconi è stato eletto liberamente. Se poi i cittadini abbiano fatto bene o no è un altro discorso, che non voglio neanche affrontare, in ogni caso non è un buon motivo per fare un colpo di Stato... Semmai una questione di democrazia può essere il controllo dell'informazione, che in Italia è controllata in gran parte da Berlusconi. In Venezuela mi risulta che ci siano televisioni televisioni filopresidenziali (la tv di Stato e basta, a quanto ne so, e piccole emittenti locali), e televisioni favorevoli all'opposizione (tutte le maggiori televisioni private). Poi in Venezuela rispetto all'Italia ci saranno tanti problemi, non voglio dire che Venezuela sia El Dorado. Quote:
1. Zelaya ha proposto di convocare un'assemblea costituente. 2. Nell'attuale costituzione c'è un articolo che vieta di proporre la ricandidatura di un presidente. 3. Ovviamente, se si cambia la costituzione, quell'articolo può essere modificato (ma nessuno ha proposto di farlo), tuttavia la corte suprema ha usato questo pretesto per fare il colpo di Stato. Se puoi indicarmi quale di questi tre punti è errato ne possiamo riparlare. Ultima modifica di blamecanada : 02-07-2009 alle 16:47. |
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#43 |
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César Ham, confermato il primo assassinato dai golpisti in Honduras
![]() E’ dunque confermato solo oggi il nome del primo morto accertato per il colpo di stato in Honduras. Si tratta di César Ham (nella foto) parlamentare di Unión Democrática e tra quelli che più si erano spesi in questi mesi per il sogno del referendum per un’Assemblea Costituente nel paese come forma per arrivare a un cambiamento reale e pacifico in Honduras. E’ stato assassinato a bruciapelo al momento del sequestro da parte di un commando golpista già domenica mattina. La stampa che nega che il motivo del golpe sia l’Assemblea costituente preferendo sposare le tesi golpiste sulla rielezione di Mel Zelaya si fa complice dell’assassinio di César Ham. Fonte: giornalismo partecipativo. Continuano i soprusi e la violazione di libertà e diritti umani da parte dell'esercito Le immagini delle proteste e la repressione militare a Tegucigalpa hanno fatto il giro del mondo. Nonostante ciò, esistono molti esempi di resistenza al colpo di stato che passano inosservati, e che dimostrano che l'opposizione al governo spurio di Roberto Micheletti è molto più ampia e generalizzata di quello che i mezzi di informazione stanno riportando. "Il popolo honduregno non si mobilita solo nella capitale, ci sono espressioni di rifiuto a questo governo golpista in tutto il paese", ha spiegato il membro della Commissione Esecutiva del consiglio civico delle organizzazioni popolari ed indigene dell'Honduras, Copinh, Bertha Cáceres. "Sono azioni molto creative come l'occupazione dei comuni, di ponti, strade, l'attivazione di radio comunitarie per informare la gente che vive in posti molto lontani. Abbiamo una comunicazione costante con diversi capi di comunità indigene in tutto il territorio nazionale. Ci raccontano di azioni di resistenza a Cortéz, La Ceiba, Colón, Santa Barbara, Trinidad, Colima, ed anche nella Mosquitia, Intibuca, Las Flores, Siguatepeque, e molti altri. In una comunità di Olancho - ha continuato Cáceres - la gente si è armata per scacciare i militari che volevano reclutare i bambini, mentre a Intibuca tutti i giorni ci sono marce con gente del Copinh, del magistero e della sanità. A Lejamani e nel sud del paese ci sono state grandi marce e la gente si sta mobilitando verso la capitale, perché l'idea è quella di concentrare forze su Tegucigalpa senza trascurare le azioni regionali", ha affermato la dirigente. A Progreso, martedí scorso, una forte manifestazione è stata soffocata in modo violento dell'Esercito. Ci sono sei persone in carcere ed alcuni feriti. C'è molta voglia di lottare per la dignità del paese e per il ritorno del presidente Manuel Zelaya. A dispetto del boicottaggio mediatico, la chiusura delle radio e dei canali di televisione, la gente sta comunicando per telefono, ascoltando le radio dei paesi vicini, e con meccanismi di comunicazione popolare che la gente ha sempre usato nei momenti difficili", ha continuato Cáceres. Uno dei temi che sta creando molta preoccupazione tra le organizzazioni popolari è il sequestro di giovani da parte dell'Esercito. In Honduras il servizio militare è volontario, tuttavia dopo il colpo di stato sono stati denunciati vari episodi di reclutamento forzato di bambini e giovani. Secondo Cáceres esistono già denunce nelle comunità di San Esteban, San Francisco de la Paz, Silca ed Olanchito, secondo le quali l'Esercito sarebbe arrivato di notte per prelevare bambini e giovani e obbligarli a integrarsi alle Forze armate Un'altra forma di repressione che sta avvenendo in questi giorni è quella di obbligare operai e operaie della maquila a partecipare alle manifestazioni in favore del governo spurio. "Abbiamo informazione secondo le quali si realizzeranno manifestazioni a Choloma e Ceiba, e stanno minacciando le lavoratrici e i lavoratori. In pratica se non partecipano perdono il posto di lavoro. In altri casi pagano loro circa 200 lempiras (11 dollari). In questo modo stanno giocando con i bisogni e la dignità del popolo honduregno, sfruttando la situazione di povertà", ha denunciato Bertha Cáceres. Per la dirigente del Copinh questi esempi diffusi di resistenza stanno dimostrando che la maggioranza della popolazione non si sta lasciando spaventare dalla campagna intimidatoria, iniziata già da alcuni mesi dai potenti che controllano l'economia e la politica del paese. "La maggioranza della gente vuole una nuova istituzionalità in Honduras, ed una volta ottenuta, i movimenti popolari devono essere protagonisti di questa nuova fase, per evitare che il paese torni nuovamente in mano a questi golpisti", ha concluso. A dispetto dell'isolamento internazionale, il governo spurio di Roberto Micheletti e gli altri poteri dello Stato sembrano voler imboccare una strada senza uscita, e preferiscono continuare ad usare la mano dura. Il Congresso ha infatti approvato un decreto con il quale sospende le più importanti libertà individuali dei cittadini plasmate in otto articoli della Costituzione, lasciando praticamente il paese in uno stato d'emergenza. I diritti interessati dal decreto sono quelli dell'inviolabilità del domicilio, il diritto a protestare pacificamente, la libertà di pensiero ed espressione, il diritto di associazione e riunione, estendere per più di 24 ore l'arresto senza presentare un'accusa formale, la libertà di movimento ed entrata al paese, non potere essere arrestato senza un mandato di cattura e il diritto a potere pagare una cauzione per non rimanere in carcere. Secondo alcuni deputati, questa misura si applicherebbe durante le ore notturne durante le quali vige ancora il coprifuoco. Nonostante ciò, sembra avere l'obiettivo di prevenire qualsiasi manifestazione in attesa del ritorno del presidente Manuel Zelaya e seminare paura tra i movimenti popolari. Il ritorno di Zelaya si è ormai trasformato in un vero e proprio avvenimento per il paese e sarebbe previsto per sabato prossimo, dato che il presidente ha deciso di attendere la scadenza dell'ultimatum di 72 ore, dato dalla Osa a Micheletti per reintegrare Zelaya al suo posto. Per il momento, i movimenti popolari e le organizzazioni sociali sembrano non fare molto caso a queste nuove misure gravemente lesive delle libertà personali, ed hanno deciso di marciare nuovamente a Tegucigalpa. Migliaia di persone hanno invaso le strade della capitale ed hanno marciato per consegnare una lettera alla rappresentanza diplomatica della Osa in Honduras. Il documento è stato redatto dal Fronte nazionale contro il colpo di stato in Honduras, nome dato proprio ieri a quello che si conosceva come Fronte nazionale di resistenza popolare. Tra canti, balli, slogan e qualche momento di tensione, i manifestanti sono arrivati fino al Parco Centrale, cuore della capitale. Un'attività, questa, che ha l'obiettivo di mantenere alta la tensione tra la gente. "È da domenica che siamo in uno stato di mobilitazione permanente. Oggi siamo andati fino agli uffici della Osa e domani andremo davanti al Congresso" ha detto Carlos H. Reyes, segretario generale dello Stibys, sidacato autonomo dell'Honduras, che già da ieri è tornato ad apparire pubblicamente dopo la repressione militare di lunedí. "La cosa importante è che la gente non abbia paura ed esca a manifestare, e sta accadendo in tutto il Paese. La stampa venduta e golpista continua a dire che tutto è tranquillo nel paese. Sono dei commedianti. E questa è la nostra risposta", ha concluso. Fonte: Peacereporter |
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#44 | |
Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
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il pretesto e' servito a fermare un futuro dittatore...
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#45 | |
Senior Member
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Quanto riporti corrisponde a quanto sostiene l'ufficio stampa dei golpisti, non alla realtà. Io comunque sostengo lo stesso governo che sostiene l'ONU, poi tu sei pure libero di sostenere il golpe democratico (?!). Ultima modifica di blamecanada : 02-07-2009 alle 18:41. |
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#46 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2007
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Work in progress
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#47 | |
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Iscritto dal: Apr 2002
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Per quanto riguarda le proposte in generale sono relative ai diritti sociali: tutte le costituzioni sudamericane, prodotte nell'epoca delle dittature militari, sono caratterizzate dal completo disinteresse per la povertà, e per l'assoluta sudditanza alle industrie straniere. Le modifiche costituzionali dovrebbero vertere sulla rivendicazione di maggior giustizia sociale e sull'affermazione che l'acqua ed i beni del sottosuolo sono proprietà pubblica. In ogni caso il contenuto delle modifiche è sempre una questione politica, non di democrazia. Qualsiasi modifica istituzionale che non abolisca la democrazia è lecita, a prescindere dal contenuto. Sennò chiunque sia contrario ad una legge avrebbe il diritto fare un colpo di Stato. Anche se fosse garantita la possibilità di rielezione del presidente, sarebbe una modifica legittima, magari discutibile politicamente, ma rimarrebbe una democrazia. Io personalmente sono contrario al presidenzialismo, ma se c'è il presidenzialismo che uno possa essere eletto al massimo una, due, tre o dieci volte è indifferente, è ingenuo credere che il presidente da solo comandi veramente. |
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#48 |
Member
Iscritto dal: Nov 2004
Città: Vicenza
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fantastico anche in questa notizia studio aperto ci mette del suo
http://www.verosudamerica.com/2009/0...-colpo-di.html
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Sono contrario al matrimonio dei preti: se fanno figli, siamo finiti. (cit) |
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#49 | |
Senior Member
Iscritto dal: Nov 2005
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![]() ....de hura o de huta ? ..... ![]() ma... che anche lui sia ... che stiano facendo le prove ? ![]() ![]() ![]() manca ancora qualche zona ! ![]() ![]() troppo ridere quasi quasi mi cappotto dalla sedia ! ![]() ![]() ![]() |
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#50 |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
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Aggiungo per informazione che Omero Ciai è schierato nettamente contro Chavez, basta leggere i suoi articoli al riguardo.
In ogni caso per una volta gli Stati Uniti non appoggiano il golpe, ma lo condannano. Forse con la nuova amministrazione qualcosina è davvero cambiato. |
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#51 |
Member
Iscritto dal: Aug 2005
Messaggi: 157
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Concordo con blame un golpe e' sempre qualcosa di illegale e autoritario senza nessun avvallo popolare.
Il referendum per potersi fare eleggere a vita era dal punto di vista politico decisamente inopportuno e da combattere con le "armi" della lotta politica per evitare che passasse.
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CASE:Grandia Gd 09BMB:Intel 4690k-Noctua NH-L12-Corsair 16 Gb-Nvidia RTX2080 Manli SuperNOVA 650 G1 650W-1 SSD 500Gb+1 SSD 1Gb Console:Switch Xbox one Quest 3 Transazioni OK:Spider6894,LucaXbox360,lahiri,subvertigo,spyke76 |
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#52 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
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Rigoberta Menchú in Honduras contro il golpe In attesa della diplomazia internazionale che comincia a tergiversare un po’ troppo, una persona seria come la guatemalteca Rigoberta Menchú, premio Nobel della Pace 1992, ha risposto all’appello dei movimenti sociali honduregni. E’ arrivata oggi a Tegucigalpa mettendosi a disposizione per fare quello che è possibile per sbloccare la situazione di stallo a cinque giorni dal sequestro di Mel Zelaya da parte della giunta golpista. Giornalisti in Honduras minacciati di morte ![]() Segnalo alcuni casi urgenti di giornalisti honduregni minacciati di morte. Si tratta di: Eldras Amado Lopez (nella foto), direttore del canale 36, chiuso dalla dittatura e minacciato di morte. Aveva già sofferto un attentato nell’agosto 2008. Attualmente è in clandestinità. Luis Galdanas, direttore del programma “Tras la Verdad”, di radio Globo. Minacciato di morte ha resistito alla chiusura della radio, si è chiuso nel suo studio, i militari hanno distrutto la porta ma lui è riuscito a scappare dalla finestra e da allora, domenica 28, è in clandestinità. David Romero, anche lui ha resistito alla chiusura di Radio Globo e per sottrarsi all’arresto è saltato dal terzo piano riportando alcune fratture. Si ignora il suo destino. Minacciato è anche il direttore di Radio Globo, Eduardo Napoleón Maldonado mentre l’operatore Franklin Mejia, minorenne, durante il blitz è stato picchiato e umiliato. Inoltre ieri giovedì la parte esterna della sede di Radio Colón, del municipio Sonaguera, Dipartimento di Colón, è stata oggetto raffiche di mitragliatrice. Già che la radio non trasmette non è possibile sapere se ci sono state vittime. Infine un religioso, padre Andrés Tamayo, attivo nella difesa dell’ambiente è riuscito a sfuggire alla cattura da parte di un commando golpista e si trova anche lui nascosto. José Miguel Insulza arrivato in Honduras Apc-Honduras/ Segretario generale Oas arrivato a Tegucigalpa per incontrare leader e spiegare "nostra posizione" Tegucigalpa, 3 lug. (Apcom) - Il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, Jose Miguel Insulza, è arrivato in Honduras, dove l’Oas ha concesso un ultimatum di 24 ore alle autorita’ per ristabilire nella sue funzioni il presidente Manuel Zelaya destituito domenica scorsa in seguito a un colpo di Stato militare. L’obiettivo di Insulza e’ quello di incontrare i leader honduregni per "chiarire qual e’ la nostra posizione" e consegnare l’ultimatum. (Fonte Afp) Honduras: verso un muro contro muro senza soluzione? Resistenza popolare contro manifestazioni di appoggio al golpe, con grandi mobilitazioni dall’una e dall’altra parte. È oramai stato d’assedio in Honduras con la sospensione del “diritto all’inviolabilità del domicilio, al diritto di associazione, libertà di spostamento e di espressione” come ha comunicato senza vergogna il deputato Rolando Dubón Buezo, portavoce della giunta golpista. La diplomazia è compatta nell’isolare il dittatore Roberto Micheletti (il paisà tifoso dell’Atalanta che riscuote una scandalosa fortuna nei media di regime italiani) ma allo stesso tempo, anche per la posizione di retroguardia assunta dagli Stati Uniti, non siamo alla vigilia di una sconfitta politica del golpe. Micheletti nelle ultime ore confonde le acque promettendo di anticipare le elezioni mentre domani il presidente deposto Mel Zelaya vorrebbe rientrare in patria sotto braccio a José Miguel Insulza (segretario dell’OSA) e Cristina Fernández de Kirchner (presidente argentina). Sarà arrestato come dichiarato da Gorilletti Micheletti, ucciso come temono molti, riprenderà il suo posto nella Casa Presidenziale, come spera la Resistenza o resterà impantanato in trattative che tradiranno i movimenti indigeni, sociali e popolari che l’appoggiano rinunciando all’Assemblea Costituente? In ogni caso sta diventando difficilissimo orientarsi nell’evoluzione del golpe in Honduras e capire cosa può succedere nella giornata campale di domani. Da una parte si rafforza la Resistenza e atti di ribellione al governo di fatto si moltiplicano in ogni angolo del paese. A Tegucigalpa, nel pomeriggio del 2 luglio un’immensa marcia pacifica ha invaso la città senza incontrare né esercito né polizia. Contemporaneamente a San Pedro Sula, la capitale industriale ed economica, la repressione è stata fortissima, con almeno 60 arresti e molti feriti. Una manifestazione nazionale più grande è convocata per oggi nella capitale in un paese paralizzato dallo sciopero generale e sarà aperta dalle comunità indigene garifuna, quelle che hanno pagato forse il prezzo più alto con il Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti che una nuova Costituzione avrebbe potuto rivedere. E vero anche che i golpisti ogni giorno schierano in piazza le loro truppe cammellate dando oggettiva dimostrazione di forza: sono fedeli delle chiese terrorizzati dal comunismo e soprattutto dal “chavismo” (persone miti e devote che dunque preferiscono la sicurezza delle camere di tortura all'incognita del voto popolare), classe media benestante, studenti delle università per ricchi che organizzano nelle piazze penosi reading della costituzione del 1982 scritta dal dittatore Policarpo Paz, millantata come fosse la "Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo". Mentre si alza forte l’allarme delle associazioni per i diritti umani per lo stato d’assedio proclamato, nel paese sono segnalati tra l’altro reclutamenti illegali di adolescenti nelle forze armate, si profila una strategia golpista per annacquare la compattezza del fronte diplomatico internazionale. Il dittatore Roberto Micheletti, che continua a sostenere che Zelaya sarebbe arrestato al momento di rimettere piede su suolo honduregno, ha infatti aperto all’anticipo delle elezioni presidenziali previste per fine novembre. Ben poco, per non dire nulla. Insulza intanto anticiperà Zelaya già oggi a Tegucigalpa: “Non vado a negoziare ma solo a restaurare la democrazia e lo stato di diritto ha dichiarato”. Sullo sfondo però c’è almeno l’amnistia per la giunta golpista e probabilmente il ricatto che di una nuova Costituzione in Honduras non si parli più almeno per un bel pezzo. Straripante marcia a Tegucigalpa. A San Pedro Sula l'esercito reprime ancora la popolazione. Oggi arrivano le massime autorità dell'Osa. Risulta difficile trovare nuove parole per descrivere l'enorme cuore di questo popolo honduregno che resiste, avanza senza paura e continua a manifestarsi massicciamente, chiedendo che si ristabilisca l'ordine costituzionale brutalmente violentato dal colpo di stato di domenica scorsa. Una straripante marcia che per il terzo giorno consecutivo ha riunito decine di migliaia di persone che respingono il colpo di stato, ha attraversato le strade di Tegucigalpa ed Ë arrivata fin sotto gli uffici dellle Nazioni Unite, dove i dirigenti dei movimenti popolari e sindacali hanno consegnato un documento nel quale chiedono il sostegno di questa orgnizzazione mondiale, per ristabilire l'ordine costituzionale in Honduras, come lo hanno fatto il giorno prima con la delegazione dell'Organizzazione degli stati americani, Osa. Una moltitudine che ha percorso chilometri cantando, lanciando slogan, ballando al ritmo dei tamburi della comunità garifuna, mostrando i loro striscioni e cartelli sui quali ridicolizzavano l'attuale governo spurio e che, improvvisamente, con un mano sul cuore e líaltra mostrando il pugno, intonava líinno nazionale. Sorprendente anche la capacità ed il livello organizzativo del Fronte nazionale contro il colpo di stato in Honduras, istanza che riunisce le varie organizzazioni popolari e sindacali del paese, ed il livello di coscienza dei partecipanti. A dispetto dell'evidente e compresible rabbia per quanto accaduto domenica scorsa e per la brutale repressione dell'esercito e della polizia, durante il percorso non si sono verificati nè atti di violenza, né azioni vandaliche. La marcia si è sviluppata pacificamente, dando prova di maturità e di profonda convinzione in ciò che queste organizzazioni stanno facendo. "La risposta della rappresentante della Onu è stata molto chiara. Sono d'accordo con noi, non stanno avallando il colpo di stato ed aderiscono alla decisione che nei giorni scorsi ha preso l'Assemblea Generale di questa organizzazione mondiale contro i golpisti" ha dichiarato il leader sindacale Juan Barahona uscendo dalla riunione. C'è una precisa decisione di rispettare questa risoluzione affinchè i golpisti abbandonino il potere. Continueremo con la resistenza popolare per le strade e stiamo agendo in base all'articolo 3 della Costituzione che stabilisce che nessuno può obbedire ad un governo usurpatore, e che il popolo ha il diritto d'insorgere. "Un'insurrezione popolare e pacifica contro i golpisti e domani manifesteremo nuovamente", ha affermato Barahona. Ancora repressione Se da una parte le organizzazioni popolari continuano a dimostrare la loro convinzione a continuare con una mobilitazione pacifica, l'atteggiamento del governo spurio sembra puntare sempre di più sulla violenza. A San Pedro Sula, nel nord del paese, più di 5 mila manifestanti che presidiavano il parco centrale da quattro giorni sono stati brutalmente sfollati dall'esercito e dalla polizia. "Cinque minuti prima della repressione, un elicottero ha sorvolato la zona controllata dai manifestanti" ha raccontato il coordinatore del Bloque Popular e dirigente dello STIBYS, Erasto Reyes. Un plotone dell'Esercito Nazionale ha poi tentato di accerchiare la manifestazione ed i militari hanno iniziato a sparare con le loro armi. I poliziotti antisommossa hanno lanciato bombe lacrimogene, gas urticante ed hanno sparato violenti getti di acqua dai loro camion. Sono state arrestate 68 persone, che sono state poi rilasciate in tarda serata. Ci hanno raccontato che durante l'arresto sono stati rinchiusi in cella e che gli lanciavano lacromogeni e gas urticante. Ci sono stati vari feriti, uno dei quali per arma da fuoco. Invece di cercare la pace " ha continuato Reyes " continuano con questo atteggiamento repressivo. Abbiamo sempre manifestato pacificamente e siamo anche stati molto chiari con i partecipanti alle manifestazioni, dicendo loro che si sarebbero assunti le loro responsabilità in caso di violenza o atti vandalici. Quanto accaduto oggi non intimorisce la gente e domani siamo già pronti per un'altra mobilitazione, pacificamente, perchè la repressione non dipende dall'atteggiamento del popolo, bensì dai politici golpisti che hanno seppellito la democrazia. "Non torneremo sui nostri passi fino a che non venga ristabilito l'ordine democratico", ha concluso il dirigente sindacale e popolare. Secondo le dichiarazioni dei manifestanti, il governo illegale avrebbe cominciato un'intensa opera di persecuzione contro i sindaci che continuano a rimanere fedeli al presidente Manuela Zelaya. A San Pedro Sula, come in altre decine di comuni, i sindaci sono stati destituiti e rimpiazzati con persone vicine al governo di Micheletti. Pressione internazionale contro il governo spurio Mentre aumenta l'attesa per un possibile ritorno in terra honduregna del presidente Manuel Zelaya, la comunità internazionale aumenta la propria pressione contro il governo di Roberto Micheletti. Su inviato del governo spagnolo, tutti i paesi dell'Unione Europea hanno deciso di richiamare i loro ambasciatori. La Ue ha inoltre sospeso le negoziazioni dell'Accordo di Associazione, AdA, con il Centroamerica, mentre per oggi è previsto l'arrivo dell'eurodeputato spagnolo della Sinistra unitaria europea-Sinistra verde nordica, Willy Meier. Durante la giornata si prevede anche l'arrivo del segretario generale dell'Osa, Josè Miguel Insulza, il quale oltre a riunirsi con il governo, dovrebbe anche incontrare le organizzazioni che stanno portando avanti la protesta contro il colpo di stato. Insulza ha dichiarato che la sua intenzione non è quella di negoziare con il governo spurio, bensì di presentare il documento della risoluzione con la quale si condanna il colpo di stato e si esige il ritorno di Zelaya in un termine massimo di 72 ore, termine che scadrà durante le prime ore di sabato prossimo. Fonte: Peacereporter Continuano i soprusi e la violazione di libertà e diritti umani da parte dell'esercito Le immagini delle proteste e la repressione militare a Tegucigalpa hanno fatto il giro del mondo. Nonostante ciò, esistono molti esempi di resistenza al colpo di stato che passano inosservati, e che dimostrano che l'opposizione al governo spurio di Roberto Micheletti è molto più ampia e generalizzata di quello che i mezzi di informazione stanno riportando. "Il popolo honduregno non si mobilita solo nella capitale, ci sono espressioni di rifiuto a questo governo golpista in tutto il paese", ha spiegato il membro della Commissione Esecutiva del consiglio civico delle organizzazioni popolari ed indigene dell'Honduras, Copinh, Bertha Cáceres. "Sono azioni molto creative come l'occupazione dei comuni, di ponti, strade, l'attivazione di radio comunitarie per informare la gente che vive in posti molto lontani. Abbiamo una comunicazione costante con diversi capi di comunità indigene in tutto il territorio nazionale. Ci raccontano di azioni di resistenza a Cortéz, La Ceiba, Colón, Santa Barbara, Trinidad, Colima, ed anche nella Mosquitia, Intibuca, Las Flores, Siguatepeque, e molti altri. In una comunità di Olancho - ha continuato Cáceres - la gente si è armata per scacciare i militari che volevano reclutare i bambini, mentre a Intibuca tutti i giorni ci sono marce con gente del Copinh, del magistero e della sanità. A Lejamani e nel sud del paese ci sono state grandi marce e la gente si sta mobilitando verso la capitale, perché l'idea è quella di concentrare forze su Tegucigalpa senza trascurare le azioni regionali", ha affermato la dirigente. A Progreso, martedí scorso, una forte manifestazione è stata soffocata in modo violento dell'Esercito. Ci sono sei persone in carcere ed alcuni feriti. C'è molta voglia di lottare per la dignità del paese e per il ritorno del presidente Manuel Zelaya. A dispetto del boicottaggio mediatico, la chiusura delle radio e dei canali di televisione, la gente sta comunicando per telefono, ascoltando le radio dei paesi vicini, e con meccanismi di comunicazione popolare che la gente ha sempre usato nei momenti difficili", ha continuato Cáceres. Uno dei temi che sta creando molta preoccupazione tra le organizzazioni popolari è il sequestro di giovani da parte dell'Esercito. In Honduras il servizio militare è volontario, tuttavia dopo il colpo di stato sono stati denunciati vari episodi di reclutamento forzato di bambini e giovani. Secondo Cáceres esistono già denunce nelle comunità di San Esteban, San Francisco de la Paz, Silca ed Olanchito, secondo le quali l'Esercito sarebbe arrivato di notte per prelevare bambini e giovani e obbligarli a integrarsi alle Forze armate Un'altra forma di repressione che sta avvenendo in questi giorni è quella di obbligare operai e operaie della maquila a partecipare alle manifestazioni in favore del governo spurio. "Abbiamo informazione secondo le quali si realizzeranno manifestazioni a Choloma e Ceiba, e stanno minacciando le lavoratrici e i lavoratori. In pratica se non partecipano perdono il posto di lavoro. In altri casi pagano loro circa 200 lempiras (11 dollari). In questo modo stanno giocando con i bisogni e la dignità del popolo honduregno, sfruttando la situazione di povertà", ha denunciato Bertha Cáceres. Per la dirigente del Copinh questi esempi diffusi di resistenza stanno dimostrando che la maggioranza della popolazione non si sta lasciando spaventare dalla campagna intimidatoria, iniziata già da alcuni mesi dai potenti che controllano l'economia e la politica del paese. "La maggioranza della gente vuole una nuova istituzionalità in Honduras, ed una volta ottenuta, i movimenti popolari devono essere protagonisti di questa nuova fase, per evitare che il paese torni nuovamente in mano a questi golpisti", ha concluso. A dispetto dell'isolamento internazionale, il governo spurio di Roberto Micheletti e gli altri poteri dello Stato sembrano voler imboccare una strada senza uscita, e preferiscono continuare ad usare la mano dura. Il Congresso ha infatti approvato un decreto con il quale sospende le più importanti libertà individuali dei cittadini plasmate in otto articoli della Costituzione, lasciando praticamente il paese in uno stato d'emergenza. I diritti interessati dal decreto sono quelli dell'inviolabilità del domicilio, il diritto a protestare pacificamente, la libertà di pensiero ed espressione, il diritto di associazione e riunione, estendere per più di 24 ore l'arresto senza presentare un'accusa formale, la libertà di movimento ed entrata al paese, non potere essere arrestato senza un mandato di cattura e il diritto a potere pagare una cauzione per non rimanere in carcere. Secondo alcuni deputati, questa misura si applicherebbe durante le ore notturne durante le quali vige ancora il coprifuoco. Nonostante ciò, sembra avere l'obiettivo di prevenire qualsiasi manifestazione in attesa del ritorno del presidente Manuel Zelaya e seminare paura tra i movimenti popolari. Il ritorno di Zelaya si è ormai trasformato in un vero e proprio avvenimento per il paese e sarebbe previsto per sabato prossimo, dato che il presidente ha deciso di attendere la scadenza dell'ultimatum di 72 ore, dato dalla Osa a Micheletti per reintegrare Zelaya al suo posto. Per il momento, i movimenti popolari e le organizzazioni sociali sembrano non fare molto caso a queste nuove misure gravemente lesive delle libertà personali, ed hanno deciso di marciare nuovamente a Tegucigalpa. Migliaia di persone hanno invaso le strade della capitale ed hanno marciato per consegnare una lettera alla rappresentanza diplomatica della Osa in Honduras. Il documento è stato redatto dal Fronte nazionale contro il colpo di stato in Honduras, nome dato proprio ieri a quello che si conosceva come Fronte nazionale di resistenza popolare. Tra canti, balli, slogan e qualche momento di tensione, i manifestanti sono arrivati fino al Parco Centrale, cuore della capitale. Un'attività, questa, che ha l'obiettivo di mantenere alta la tensione tra la gente. "È da domenica che siamo in uno stato di mobilitazione permanente. Oggi siamo andati fino agli uffici della Osa e domani andremo davanti al Congresso" ha detto Carlos H. Reyes, segretario generale dello Stibys, sidacato autonomo dell'Honduras, che già da ieri è tornato ad apparire pubblicamente dopo la repressione militare di lunedí. "La cosa importante è che la gente non abbia paura ed esca a manifestare, e sta accadendo in tutto il Paese. La stampa venduta e golpista continua a dire che tutto è tranquillo nel paese. Sono dei commedianti. E questa è la nostra risposta", ha concluso. Fonte: Peacereporter Ultima modifica di blamecanada : 03-07-2009 alle 21:39. |
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#53 |
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José Miguel Insulza arrivato in Honduras
Apc-Honduras/ Segretario generale Oas arrivato a Tegucigalpa per incontrare leader e spiegare "nostra posizione" Tegucigalpa, 3 lug. (Apcom) - Il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati americani, Jose Miguel Insulza, è arrivato in Honduras, dove l’Oas ha concesso un ultimatum di 24 ore alle autorita’ per ristabilire nella sue funzioni il presidente Manuel Zelaya destituito domenica scorsa in seguito a un colpo di Stato militare. L’obiettivo di Insulza e’ quello di incontrare i leader honduregni per "chiarire qual e’ la nostra posizione" e consegnare l’ultimatum. (Fonte Afp) Fonte: giornalismo partecipativo José Miguel Insulza torna a mani vuote dal viaggio e in Honduras si mette male. Il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani José Miguel Insulza è tornato a mani vuote dal suo viaggio a Tegucigalpa e la repressione contro la resistenza popolare diventa ogni giorno più dura. Il golpe è abortito all’estero ma ha sostanzialmente vinto in patria, controllando tutti gli apparati dello stato e tutti i media. La giunta dittatoriale non cede dunque e il governo golpista annuncia addirittura l’uscita dall’OSA. Lo ha ammesso l’alto diplomatico cileno stesso in una conferenza stampa prima di ripartire dall’aeroporto civile di Tegucigalpa, dove si è recato a bordo di una aereo militare brasiliano che ha manifestato così il massimo dell’appoggio di Lula alla gestione. A questo punto è questione di ore per vedere se saranno prima i golpisti a uscire o prima l’OSA a sospendere l’affiliazione del paese. Un dettaglio. In particolare Insulza non ha incontrato il dittatore di Bergamo alta Roberto Micheletti, sempre più un burattino nelle mani del capo di stato maggiore Romeo Vázquez, ma il presidente della Corte Suprema, Jorge Rivera, che in un incontro molto teso e con modalità non protocollari se non brutali, avrebbe confermato che il golpe è irreversibile e che in nessun caso il presidente legittimo Mel Zelaya potrà concludere il suo mandato: “fate quello che volete, non cederemo” ha detto il gorilla. Oggi Insulza riferirà del suo viaggio all’Assemblea generale dell’ONU. Intanto il ritorno di Mel Zelaya, annunciato per giovedì e ritardato a oggi, potrebbe essere posticipato sine die trasformandolo, nella migliore delle ipotesi, in un nuovo Aristide costretto da Bill Clinton a rinunciare a ogni cambiamento ad Haiti pur di tornare al potere. In ogni caso sono pronti ad accompagnare Zelaya, oltre a Insulza, sia la presidente argentina Cristina Fernández che il presidente ecuadoriano Rafael Correa. Il quadro politico honduregno dunque sta evolvendo per il peggio. L’isolamento politico non sembra impaurire particolarmente i golpisti che controllano il potere giudiziario e la corte suprema, tradizionalmente completamente nelle mani dell’oligarchia, il parlamento, dove il partito nazionale e quello liberale rappresentano le stesse classi dirigenti, oltre ovviamente all’esecutivo e alle forze armate, dove non sono state confermate le voci di ribellione. Inoltre hanno un controllo ferreo sui media, hanno chiuso quelli comunitari, staccato dal satellite tutto quello che è informazione (Telesur ma anche CNN), e ai primi posti delle liste nere di ricercati vi sono decine di giornalisti. Restano i movimenti sociali, indigeni e popolari che continuano a mobilitarsi e rappresentano probabilmente la maggioranza dei cittadini che aveva visto non tanto in Zelaya ma sì nella costituente un barlume di speranza in un paese disperato con tre quarti della popolazione in povertà. Ci chiedono disperatamente di non essere lasciati soli. Fonte: Giornalismo partecipativo |
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#54 |
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Il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga ha rivolto un appello al deposto presidente dell'Honduras Manuel Zelaya affinchè non rientri ora nel paese
Il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga ha rivolto un appello al deposto presidente dell'Honduras Manuel Zelaya affinchè non rientri ora nel paese per evitare un "bagno di sangue". "Se lei ama la vita -ha detto il cardinale - fino ad oggi non è morto un solo hondureno, per favore ci pensi prima che sia troppo tardi", ha chiesto l'arcivescovo di Tegucigalpa dopo aver letto un comunicato della Conferenza episcopale diffuso per radio e tv. Il cardinale Oscar Andres Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegucigalpa e una delle personalità religiose più importanti dell'America Latina, ha giustificato così il colpo di stato di domenica scorsa. A smentire, inoltre, le voci che il presidente deposto fosse già rientrato in Honduras, è intervenuto direttamente Zelaya che ha confermato oggi, in una dichiarazione alla TV Telesur, che intende rientrare domani in Honduras. Anche i leader sociali lo avevano ribadito: "Manuel Zelaya tornerà in Honduras domani". Al microfono, uno degli organizzatori della manifestazione svoltasi a Tegucigalpa, ha convocato "amici e alleati" di Zelaya a riceverlo domani mattina all'aeroporto della capitale: "Al nostro presidente, ovunque si trovi, diciamo che saremo lì domani come bravi soldati di Morazan (grande statista honduregno del secolo 19, ndr)". Il presidente golpista, Roberto Micheletti, ha già annunciato che Zelaya sarà arrestato se dovesse tornare in Honduras. E Rafael Correa, presidente dell'Ecuador, nel rinnovare l'intenzione di voler accompagnare Mel in patria, ha ribattuto: "Sono pronto a morire con Zelaya" Fonte: peacereporter Il sicario di Roberto Micheletti. La storia del torturatore Joya Améndola, braccio destro del presidente di fatto A chi ha vissuto la guerra sporca in Centroamerica negli anni ‘80 si è gelato il sangue quando è stata resa nota la notizia che il “ministro consigliere” (una specie di Gianni Letta) del presidente di fatto honduregno risponde al nome di Billy Joya Améndola, un altro paisà (Amendola è il cognome della madre) del quale essere orgogliosi. Ripercorrere il curriculum di Joya Améndola è indispensabile per capire la cultura politica della giunta golpista presieduta dal simpatico paisà Roberto Micheletti. Negli anni ‘80 Billy Joya Améndola era uno dei dirigenti principali del Battaglione d’Intelligenza 3-16, incaricato del sequestro e sparizione di oppositori politici e fondatore degli squadroni della morte “Lince” e “Cobra”. In questo ruolo era uno dei principali incaricati di sequestri, tortura e assassinii in Honduras ed è accusato con certezza di almeno undici uccisioni sotto lo pseudonimo di “dottor Arranzola”. Inoltre è accusato del sequestro e della tortura di sei studenti dei quali quattro sono tuttora desaparecidos. Il sequestro avvenne il 27 aprile del 1982 nella casa del viceprocuratore della Repubblica, Rafael Rivera violando l’immunità del numero due della giustizia del paese usando i metodi della dittatura argentina. Infatti se non risulta che Joya Améndola sia stato addestrato negli Stati Uniti è certo invece che abbia lavorato in Argentina agli ordini di uno dei principali repressori, Guillermo Suárez Mason, noto tra l’altro come principale organizzatore del sequestro di bambini durante l’ultima dittatura. Inoltre ottenne una borsa di studio dell’esercito honduregno per studiare nel Cile di Augusto Pinochet. Successivamente, dall’84 al ‘91 era l’elemento di raccordo tra l’esercito honduregno e i repressori argentini e statunitensi nella guerra sporca. Il governo spagnolo dal 1985 in avanti ha più volte chiesto l’estradizione di Joya Améndola attraverso l’Interpol ma il sistema giudiziario honduregno (quello stesso che oggi accusa Mel Zelaya di 18 capi d’imputazione) non ha mai dato corso ad alcuna richiesta. Nonostante ciò, quando nel 1994 un giudice di Tegucigalpa lo accusò di sequestro e tortura e nel 1995 fu emesso contro di lui un mandato di cattura, fu proprio in Spagna che si rifugiò e restò come richiedente asilo fino al 1998 quando fu espulso. In quegli anni operò come catechista in un collegio di Siviglia. Lo ritroviamo adesso come braccio destro di Roberto Micheletti. Fonte: Giornalismo partecipativo Ore di tensione nel paese in mano ai golpisti. Il presidente legittimo è deciso a rientrare accompagnato dalla comunità internazionale. I golpisti non cedono E' arrivato il giorno del regolamento dei conti in Honduras. Oggi il presidente democraticamente eletto Manuel Zelaya, detto Mel, deposto domenica 28 giugno da un golpe, tornerà in patria dopo il suo esilio forzato, e tenterà di ripendere le redini del suo Paese. Una decisione ferma e risoluta che sfida la minaccia di arresto immediato avanzata a più riprese dal presidente di fatto Roberto Micheletti, imposto dai golpisti. Ma Mel non si è lasciato certo intimorire e ieri ha ribadito ufficialmente che tornerà in patria oggi parlando di fronte all'Assemblea generale dell'Organizzazione degli Stati americani (Osa), che ha formalmente escluso l'Honduras dall'organismo sovranazionale. La sospensione potrebbe significare tagli agli aiuti economici e isolamento politico. Una decisione quella dell'Organizzazione degli Stati americani presa dopo che i militari golpisti e Micheletti hanno ignorato l'ultimatum di 72 ore che intimava loro di reintegrare Zelaya come legittimo capo dello Stato. Inutile è risultata, infatti, la missione di il cileno Jose Miguel Insulza, segretario Osa, nel Paese, che non ha smesso di insorgere, nonostante ai proclami della dittatura si siano aggiunti quelli della Chiesa cattolica. Ieri, il cardinale di Tegucigalpa ha intimato Zelaya di non tornare, per "evitare un bagno di sangue", legittimando così il colpo di stato. Ma se l'Osa ha raggiunto l'unanimità sulla decisione della sospensione dell'Honduras in mano ai golpisti, non è stato unanime il voto sul rientro di Mel. "Tornerò perché è necessario per la pace", ha affermato Zelaya al termine della riunione Osa di Washington, ottenendo il pieno appoggio di Hugo Chavez. Il presidente venezuelano ha definito "inaccettabile" qualsiasi motivazione contro il rientro immediato di Zelaya. "Riteniamo che il principale dovere di questa Organizzazione sia accompagnare il presidente Zelaya, come lui stesso ha deciso - ha detto il ministro degli Esteri venezuelano Nicolas Maduro - altrimenti legittimeremo la violenza dei golpisti". Ma Stati Uniti, Canada, Messico, Costa Rica, Panama e Paesi caraibici hanno espresso riserve sul rientro di Zelaya che potrebbe peggiorare la situazione interna. Anche riguardo alla sicurezza personale del presidente deposto il ministro canadese per le Americhe, Peter Kent, ha spiegato che "il Canada ritiene che non sia il momento giusto". Lo stesso segretario generale dell'Osa, Insulza, aveva rilevato che Zelaya andrebbe incontro a rischi seri e dovrebbe cercare di ottenere "garanzie" per la sua sicurezza. Insulza ha chiarito che il ritorno in patria di Zelaya è una sua decisione personale e che l'Osa non ha preso alcuna posizione ufficiale al riguardo. Mel dovrebbe arrivare in Honduras verso mezzogiorno ora locale (le 20 italiane). Lo riferiscono i suoi sostenitori, che già ieri avevano marciato in migliaia fino all'aeroporto internazionale della capitale con l'intenzione di assicurare un libero atterraggio del suo aereo, previsto inizialmente per ieri. Il corteo è stato bloccato da un massiccio dispositivo militare che presidiava l'accesso allo scalo. Secondo un diplomatico straniero, l'aereo di Zelaya potrebbe però atterrare in una base Usa a 80 km da Tegucigalpa. Zelaya ha detto che sarà accompagnato da "diversi presidenti", fra cui l'argentina Cristina Kirchner, l'ecuadoriano Rafael Correa, che si è detto "pronto a morire per la democrazia in Honduras" ed "esponenti della comunità internazionale". Fonte: peacereporter |
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#55 |
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Il golpe si sta trasformando in farsa
(AGI) - Tegucigalpa, 5 lug. - Si alza la tensione in centramerica. Il presidente ad interim dell'Honduras Roberto Micheletti, non riconosciuto dalla comunita' internazionale, ha accusato che le truppe del confinante Nicaragua si sono ammassate vicino alla frontiera. Allo stesso tempo Micheletti ha informato l'Organizzazione degli Stati Americani (Osa), che ha espulso l'Honduras, di essere pronto a negoziare. Intanto il deposto presidente Manuel Zelaya e' decollato da Washington diretto a Tegucigalpa anche se le autorita' locali hanno minacciato che non gli consentiranno di atterrare nel Paese. |
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#56 |
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Mel Zelaya a minuti l’atterraggio mentre inizia la repressione selvaggia in diretta mondiale, almeno due morti
Mezzo milione forse di persone hanno circondato in forma totalmente PACIFICA l’aeroporto di Tegucigalpa mentre comincia la repressione. Gas lacrimogeni e cariche di crescente peso e Adriana Sivori di Telesur con voce concitata annuncia che hanno ammazzato davanti a lei un ragazzino honduregno di 16 anni [grassetto nel testo]. Di seguito Eduardo Silveira denuncia un secondo morto e vari feriti. Gorilla assassini. ULTIMORA: Nuovo messaggio di Mel Zelaya dall’aereo che commenta la repressione: “E’ un’ingratitudine penosa quella dell’esercito di reprimere una manifestazione pacifica. Le forze armate non devono reprimere nessuno e devono obbedire solo a me. Sento ogni momento di più la necessità di arrivare per stare al fianco del popolo per fermare questo abuso terribile. Voglio arrivare per fermare la repressione in nome di dio, del popolo e dei cambiamenti che l’Honduras necessita per fermare le diseguaglianze storiche del paese. A me nessuno mi minaccia perché vado pacificamente a dialogare come presidente degli honduregni”. Si rivolge direttamente al generale Romeo Vázquez: “Generalo, non rovini il paese e non rovini la sua vita. Il popolo è in strada è nessun paese al mondo vi riconosce. fermi le truppe, fermi il massacro in nome di dio”. “La libertà ha un costo e spero che il costo non sia la vita di nessuno. Loro hanno le armi ma non la ragione e oggi si proverà se la morale e la ragione avranno la meglio sulla barbarie”. Pochi minuti prima della repressione Mel Zelaya aveva offerto questo messaggio alla nazione in diretta dall’aereo con Telesur (trascrizione Stella Spinelli): "i militari sono honduregni, cittadini, che hanno responsabilità civili. Non spareranno, capiranno che è un momento storico e che la trasformazione è in atto. C’è un rifiuto mondiale a questo golpe. Il meglio è riconsiderare i fatti che l’Honduras non può vivere in questa condizione imposta nell’ultima settimana. Il paese deve tornare allo stato di diritto. Senza eccezioni. Hanno rotto le relazioni diplomatiche molti paesi ormai.Non possono che far passare la gente e far passare il nostro aereo". L’aereo ha carburante per una ora extra rispetto all’ora decisa per l’atterraggio. E secondo il presidente è un tempo sufficiente per convincere i militari dell’areonautica che lasciar entrare il presidente eletto dal popolo è l’unica decisione giusta da prendere. E ancora ribadisce: "Il comandante delle Forze armate in Honduras lo elegge il popolo e sono io. Non lo impone una cupola militare. Quindi io chiedo ai miei uomini di lasciarmi tornare nel mio Paese". Fonte: Giornalismo partecipativo Honduras - Ministro degli esteri golpista Enrique Ortiz: “Quel negretto di Obama non sa neanche dov’è Tegucigalpa” Il Ministro degli esteri della giunta golpista Enrique Ortiz ha dichiarato oggi: “Quel negretto di Obama non sa neanche dov’è Tegucigalpa”. Fonte: Giornalismo partecipativo Honduras: repressione e morte ma il popolo resiste ai gorilla e vuole fare la storia Come nell’800, come nel ‘900, vescovoni, padroni ed esercito uniti contro il popolo. Selvaggio, bigotto, reazionario, violento è adesso il golpe in Honduras, dopo una settimana di drôle de guerre, chiaro come il sole, antico come il mondo in pieno XXI secolo. Almeno due morti confermati, uno dei quali è un ragazzo di sedici anni, ma il lago del suo sangue non sarà mostrato dalle televisioni del pensiero unico. Adesso ovviamente gli ipocriti daranno la colpa al presidente legittimo Mel Zelaya. L’avevamo avvisato di non tornare dirà il Cardinal Maradiaga. Come se la forza, l’uso della forza, la disposizione all’uso della forza implichi automaticamente la ragione. Come per i nazisti che si sapeva che erano cattivi allora per i vigliacchi la colpa di tutti i massacri, dalle Ardeatine a Marzabotto, fu tutta dei partigiani che li stuzzicavano. Tanto a noi ci liberano gli americani… E anche adesso sono tutti in attesa di una parola di Barack Obama, come se davvero solo un suo cenno potesse sovvertire la follia dei gorilla. Forse, ma quel mezzo milione di honduregni nell’aeroporto di Toncontín che mettono in gioco la vita affrontando un esercito golpista armato fino ai denti, e che non indietreggiano di fronte al fuoco, stanno facendo la storia. Fonte: Giornalismo partecipativo Honduras: atterraggio fallito, la pista è occupata dai golpisti L’esercito golpista ha messo camionette sulla pista dove stava per atterrare l’aereo del presidente legittimo Manuel Zelaya e il pilota ha dovuto rinunciare. Mel Zelaya: “Ci hanno minacciato di abbattere l’aereo. Continuerò a tentare di entrare nel paese finché ci riuscirò. Questo conferma che esiste una minoranza ostinata senza alcun progetto politico che non impedire l’esercizio della democrazia. A questo punto denuncio che il governo degli Stati Uniti non ha fatto tutto quello che era in loro potere per fermare il golpe”. Fonte: Giornalismo partecipativo Honduras, testimonianza:“Sembrava di essere a Genova. Prima festa poi ho visto uccidere il ragazzo” A notte fonda (l’alba in Italia) finalmente risentiamo P.T. la cooperante di un paese europeo con la quale da tre giorni non riuscivamo a comunicare. E’ ancora in clandestinità e ha cambiato ricovero ogni due notti ma sta bene e torna dall’aeroporto. “Ero dove hanno sparato, ho visto portar via il ragazzo. Prima era stata una marcia incredibile, una festa. mi ricordava un po’ Genova [il G8 del 2001] e mi pento di averlo pensato. Non c’era nessun tipo di tensione perché la polizia (e non l’esercito!) aveva dichiarato che non avrebbe mosso un dito”. La sensazione era di sicurezza? “Molta sicurezza e inoltre c’era un buon servizio d’ordine formato da giovani studenti universitari e da attivisti dei movimenti. Poi alla fine, eravamo già arrivati circondando l’aeroporto pacificamente sono saltati i telefoni cellulari e ho visto in azione molti provocatori che invitavano soprattutto ragazzi ad invadere l’aeroporto, cosa che era stata esclusa dal primo momento. Avevano aperto vari passaggi nella rete di recinzione. Io ho iniziato a cercare la gente per portarla via. Ed è lì che c’è stata la carica più dura”. Come avevate vissuto i giorni precedenti? “tutti con sacrifici incredibili, ma sempre con un animo e allegria coinvolgenti nonostante lo stato di assedio, la clandestinità, la campagna di terrore. Stamane ci siamo ritrovati tutti spontaneamente ad andare verso l’aeroporto, gente del partito [liberale ndr, la base è con Zelaya, i quadri appoggiano il golpe], gente dei movimenti sociali, gente dei quartieri marginali della capitale”. Come sono i rapporti di forza nel “Frente contra el golpe de estado”? “Alle riunioni del direttivo si capisce che i melisti [seguaci di Zelaya, ndr] sono soprattutto quelli del partito liberale che continua ad avere una base sociale ma che la maggioranza è dei movimenti popolari, sociali, sindacali, indigeni. E’ quella stessa forza che in questi anni ha convinto Zelaya a dialogare con i movimenti e che ha fatto maturare la candidatura indipendente del sindacalista Carlos H. Reyes per le elezioni di novembre. Ma di tutto si parlerà quando avremo sconfitto il golpe. Domattina [lunedì, pomeriggio in Italia ndr] è convocata un’altra manifestazione. Speriamo che l’indignazione prevalga sulla paura e la stanchezza”. Fonte: Giornalismo partecipativo Notizie analoghe si trovano su peacereporter, mi sembra inutile riportarle visto che i contenuti sono i medesimi. Expresidentes hondureños se retiran del golpe Los expresidentes hondureños Carlos Flores y Ricardo Maduro, élite política tradicional y dueños de grandes empresas y otros oligarcas, decidieron esta madrugada retirar su apoyo a los golpistas Expresidentes hondureños se retiran del golpe Los expresidentes hondureños Carlos Flores y Ricardo Maduro, élite política tradicional y dueños de grandes empresas y otros oligarcas, decidieron esta madrugada retirar su apoyo a los golpistas Los expresidentes hondureños Carlos Flores y Ricardo Maduro, pertenecientes a la élite política tradicional y dueños de grandes empresas, entre otros oligarcas, decidieron esta madrugada retirar su apoyo a los golpistas, informó Radio Globo de Honduras. Un cable de la Agencia Bolivariana de Noticias (ABN) cita al enviado especial de Venzolana de Televisión a Tegucigalpa, quien asegura que esta cúpula empresarial decidió retirar su apoyo al gobierno golpista de Roberto Micheletti. La razón expuesta por quienes ahora disienten, es porque Micheletti no ha querido acatar la decisión de los organismos internacionales y continúa sin entregar el poder, que corresponde al presidente constitucional Manuel Zelaya. En una reciente conferencia de prensa de los golpistas, una periodista hondureña realizó a Micheletti una pregunta al respecto y la respuesta fue que no se iba a dejar presionar y no abandonaría la silla presidencial, porque “es el presidente legítimamente electo”. Esto puede ser interpretado como la confirmación de las discrepancias y serían las primeras fisuras en las filas de los protagonistas del golpe de estado, mientras crece el apoyo popular al legítimo presidente, electo por el voto popular, Manuel Zelaya Rosales. Fonte: Kaosenlared |
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#57 |
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Honduras, il punto della situazione tra gorilla, diplomazia e movimenti
Si chiamava Isis Obed Murillo, aveva 19 anni e una faccia da bambino. Lo hanno ammazzato con un colpo alla nuca mentre si allontanava dalle recinzioni dell’aeroporto di Tegucigalpa presidiato da mezzo esercito honduregno armato fino ai denti. Lo ha ammazzato un soldato che, secondo innumerevoli testimonianze, si è inquadrato, ha mirato e ha puntato proprio alla nuca di Isis secondo uno schema che è di tutti i regimi repressivi: colpire per terrorizzare, “shock and awe”. Con Isis si conta almeno un altro morto, molti feriti con colpi di arma da fuoco, decine di persone picchiate selvaggiamente e un numero imprecisato di arresti che starebbero continuando in queste ore, piena notte in Centroamerica. Oggi però il “Fronte contro il colpo di Stato” è convocato ancora e “chissà – come ci ha detto nella notte P.T. nell’intervista pubblicata in esclusiva – se prevarrà l’indignazione o la paura”. La repressione di una folla pacifica che ha sfidato lo stato d’assedio e che qualcuno ha calcolato in mezzo milione di persone (più prudentemente centomila, 40.000 perfino per le autorità golpiste), non è il solo fatto politico sul fronte internazionale e sul fronte interno della crisi honduregna. Per tutto il giorno di domenica si sono succedute notizie la più importante delle quali è forse la dissociazione della polizia dalla repressione. Con un comunicato ufficiale la polizia honduregna ci tiene a far sapere che la responsabilità è tutta dell’esercito. Non si schiera contro il golpe ma si prepara per essere un’alternativa accettabile in caso di caduta del regime. Se il Cardinal Maradiaga al contrario fa quadrato con i golpisti (per la tristezza di chi lo aveva considerato un papabile se non progressista almeno non allineato), altri spezzoni della classe dirigente honduregna vorrebbero trattare la resa ma non hanno ancora la forza per farlo. Qualcuno, tra questi l’ex presidente Carlos Flores, avrebbe preferito uscire dal paese per non essere travolto da eventi in evoluzione ora per ora. Quello che è certo è che il popolo honduregno, i movimenti sociali, indigeni, popolari e sindacali, stanno offrendo una sensazionale dimostrazione di resistenza non violenta al colpo di stato anche quando questo si rivela brutale come nella tradizione centroamericana. La presenza di un torturatore come Billy Joya Améndola come braccio destro del dittatore Roberto Micheletti contribuisce a rendere ancora più chiaro e ineludibile il quadro sui veri argomenti del governo golpista che si arrocca sulla difesa della costituzione scritta nell’82 dal dittatore Policarpo Paz (accusando Zelaya di averla violata) per il quale il braccio destro di Micheletti lavorava come sequestratore, torturatore e sicario. Chi si appella alla presunta violazione della legalità da parte di Mel Zelaya con la convocazione di un referendum consultivo per l’Assemblea Costituente, o ripete la menzogna della rielezione (a novembre comunque Zelaya non può e non vuole ricandidarsi) è erede di Policarpo Paz e complice di Roberto Micheletti. Al di là delle divisioni interne che non sono ancora maturate in una fronda che rappresenti un indebolimento effettivo, la giunta golpista ha dato in queste ultime 24 ore prova di un ottuso arroccamento. L’isolamento internazionale è netto e non ci sono indizi che possa indebolirsi. Tuttavia il silenzio di Barack Obama, che secondo Hugo Chávez sarebbe prigioniero dell’impero, è un indizio di trama nera: vuole ma non può? Se così fosse, se davvero fossimo di fronte a servizi deviati statunitensi che non rispondono al presidente incoraggiando sottobanco i golpisti (molti commentatori lo pensano, chi scrive è scettico) allora il golpe honduregno sarebbe in realtà anche un golpe contro Obama che si è compromesso nei giorni scorsi di fronte all’opinione pubblica mondiale insieme al suo segretario di Stato Hillary Clinton: “Manuel Zelaya è l’unico presidente che riconosciamo”. Chissà se contano davvero sulle tradizionali protezioni internazionali (le multinazionali, gli apparati del complesso militare-industriale statunitense, il sistema monopolista dell’informazione) i golpisti honduregni o se sono semplicemente accecati dall’odio verso le classi popolari con le quali un loro esponente come Mel Zelaya ha inopinatamente dialogato in questi anni. Di certo non hanno potuto contare sul fronte politico-diplomatico, l’ONU, l’OSA, la stessa UE. Di fronte allo schieramento raramente così chiaro della comunità internazionale la risposta è stata una scandalosa minaccia da parte del ministro degli Esteri golpista Enrique Ortiz (che da vero gorilla in giornata ha definito Obama “il negretto”): “Non vorremmo che per il capriccio dell’OSA finisca per morire qualche presidente”. Bene hanno fatto i presidenti di Argentina, Ecuador e Paraguay a rinunciare ad accompagnare Zelaya a Tegucigalpa rischiando di cadere in un’imboscata. Bene ha fatto il presidente legittimo, accompagnato dal presidente dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite Manuel D’Escoto ad andare comunque e rinunciare solo di fronte alla materiale occupazione di tutte le piste dell’aeroporto internazionale da parte dell’esercito. Il XXI secolo non può essere tempo per colpi di stato né per accettare il fatto compiuto. Adesso Zelaya è in Salvador dove il concerto latinoamericano proverà a tessere la tela per trovare la strada per ritentare il rientro in patria: “Il governo di fatto ha dimostrato di rappresentare solo se stesso e in una settimana non è riuscito a piegare la resistenza al golpe arrivando a sparare sul popolo. Perché torni la calma l’unica maniera è restaurare il governo legittimo, poi si potrà dialogare in forma cristiana, democratica, umana”. Sbaglia chi considera marginale la crisi honduregna. Secondo Cristina Fernández, presidente argentina, l’impegno diplomatico di questi giorni: “è la cartina tornasole della capacità di costruire un mondo multipolare e multilaterale con organismi che rappresentino tutti”. È puerile chi sotto sotto (e sono in tanti) fa il tifo per i golpisti per dare una lezione agli odiati governi integrazionisti e in particolare a Hugo Chávez. Forse hanno già deciso da che parte stare e non si pongono il problema se in America latina torna il tempo dei gorilla. Per loro la democrazia, il voto, la partecipazione popolare, per non dire della giustizia sociale, sono beni sacrificabili. Fonte: Giornalismo partecipativo Honduras: Coprifuoco dalle 13 a Tegucigalpa, delegazione golpista a Washington? Si indurisce il coprifuoco a Tegucigalpa. Dopo una nuova grande dimostrazione di forza pacifica dell’opposizione, la dittatura ha anticipato il coprifuoco dalle 18.30 alle 13 (21 ora italiana) con decine di migliaia di persone tuttora in strada. Intanto una delegazione golpista sarebbe partita alla volta di Washington per negoziare. Fonte: Giornalismo partecipativo Honduras: il segnale di Barack Obama Il dipartimento di stato del governo statunitense, in una conferenza stampa tenutasi nel pomeriggio di ieri, lunedì, ha chiarito che nessun rappresentante del governo di fatto honduregno, che ha inviato ieri una delegazione nella capitale del paese nordamericano, sarà ricevuta. Al contrario nella stessa conferenza stampa è stato chiaramente affermato che oggi martedì il presidente legittimo Manuel Zelaya sarà ricevuto al massimo livello presente nel paese, probabilmente dalla stessa Hillary Clinton, essendo il presidente Barack Obama impegnato in Europa. Secondo quanto segnala la BBC la strategia disegnata da Washington nelle ultime ore, dopo alcuni giorni di tentennamento e silenzio rispetto all’attivismo dei governi latinoamericani, sarebbe pronta a divenire parte attiva nella restituzione di Mel Zelaya al governo del suo paese. Un ruolo visibile e attivo di Washington impedirebbe che il ristabilimento della democrazia a Tegucigalpa possa essere considerato come un nuovo trionfo diplomatico del concerto latinoamericano. La giornata di ieri si è infatti caratterizzata per l’azione diplomatica forte del Brasile con interventi ponderati del presidente Lula e del Ministro degli Esteri Celso Amorim. Lo stesso presidente Zelaya, nel viaggiare a Washington dal Salvador dove era giunto domenica sera dopo il frustrato tentativo di rientro in patria, ha sostenuto che la giunta golpista ha poche ore di vita. Intanto però a Tegucigalpa si segnala che gli arrestati per violazione dello stato d’assedio sarebbero ben 800 e dai media golpisti si susseguono messaggi minacciosi, soprattutto verso i residenti e cooperanti stranieri accusati di essere tutti comunisti al soldo del perfido Hugo Chávez. Gran parte dell’economia honduregna dipende dall’export di banane e caffé negli Stati Uniti e dall’invio di quasi 3 miliardi di dollari l’anno in rimesse da parte degli emigrati in quel paese. Fonte: Giornalismo partecipativo Barack Obama: “gli Stati Uniti appoggiano il ritorno di Mel Zelaya in Honduras”. Il dittatore di Bergamo alta tratta la resa? E’ un voltaireiano Barack Obama che da Mosca ha chiuso ogni polemica sulla posizione dell’attuale governo di Washington rispetto al colpo di stato in Honduras: “gli Stati Uniti appoggiano il ritorno di Mel Zelaya in Honduras anche se questo si è fermamente opposto alle politiche nordamericane”. E inoltre: “Non appoggiamo Zelaya perché siamo d’accordo con lui. Lo appoggiamo in nome di un principio universale per il quale i popoli debbono poter eleggere i propri dirigenti, che ci piacciano o no. E dobbiamo riconoscere chiaramente: gli Stati Uniti non hanno sempre agito correttamente su questo punto ma il mio governo non cercherà di imporre governi ad altri paesi”. Sarebbe (anche per l’ammissione di responsabilità) un discorso da prima pagina quello di Barack Obama a Mosca e che va ben oltre la crisi honduregna se non si perdesse nel porto delle nebbie degli irriformabili media del pensiero unico e quindi lo mettiamo in prima pagina noi, media partecipativo. Per dar seguito alle affermazioni del Presidente, ieri a Washington Mel Zelaya è stato ricevuto dal segretario di Stato Hillary Clinton non per una visita formale o una photo opportunity ma per oltre due ore al termine delle quali Clinton ha reiterato l’appoggio al governo legittimo honduregno e si è fatta parte attiva dello sblocco della situazione accettando come mediatore il premio Nobel 1987, il costaricense Oscar Arias. L’iniziativa, necessaria, statunitense, supporta il concerto latinoamericano e profila un percorso di soluzione alla crisi honduregna. Contemporaneamente il dittatore di Bergamo alta, Roberto Micheletti cercava disperatamente proprio il premio Nobel per la pace, che infine, dopo un giro di telefonate con ogni angolo del continente, si è fatto carico della mediazione. Domani giovedì, a San José del Costarica, Roberto Micheletti incontrerà l’uomo contro il quale ha orchestrato il golpe e che fino ad oggi voleva arrestare e forse uccidere. “Non sarà un incontro da pari a pari”, ha dichiarato Arias. L’inserimento di Arias come figura centrale di mediazione evidentemente esautora il segretario generale dell’Organizzazione degli Stati Americani (OSA), José Miguel Insulza, protagonista del fallito tentativo di rientro di Mel Zelaya di domenica. Il presidente legittimo, nell’accettare l’incontro con il suo sequestratore, con l’assenso sia del governo statunitense che del concerto latinoamericano, ha affermato: “sarà una mediazione, non una negoziazione, che avrà come oggetto la piattaforma per l’uscita di scena dei golpisti”. Inoltre ha comunicato (dettaglio non marginale) di aver destituito l’ambasciatore honduregno negli Stati Uniti Roberto Flores Bermúdez, che lavorava per conto dei golpisti. Il governo degli Stati Uniti inoltre ha stigmatizzato come “razziste” le dichiarazioni del Ministro degli Esteri del dittatore di Bergamo alta, Enrique Ortez, che aveva definito Obama “il negretto”. Intanto a Tegucigalpa, ci sarebbero circa 800 persone in stato d’arresto. Ciò non è bastato per fermare le pacifiche manifestazioni contro il golpe con una novità: Xiomara Castro de Zelaya (nella foto), moglie del presidente legittimo, per la prima volta era alla testa della manifestazione. Fonte: Giornalismo partecipativo Molto significativa l'affermazione di Obama. Ultima modifica di blamecanada : 08-07-2009 alle 10:49. |
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