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#21 | |
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Senior Member
Iscritto dal: May 2001
Messaggi: 991
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Direttamente da un'altra sezione, bella notizia per un utente del forum
Evidentemente anche lui guarda troppo TG4 Quote:
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#22 |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 2000
Città: Franciacorta (BRESCIA)
Messaggi: 692
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Ma la Bossi/Fini
ha influito sui dati dell'occupazione generale ???
Come sappiamo c'erano da regolarizzare oltre 700.000 extracomunitari . Poi...: un "tizio" che lavora 2 mesi ,...conta uno (1) come dato generale ?? Un "tizio" che lavora e cambia 3 aziende in un anno,..conta come uno(1) oppure conta come tre (3) ?? ciao
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Bye...... MâíÎÅñÐrë ® |
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#23 |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 2000
Città: Franciacorta (BRESCIA)
Messaggi: 692
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Lavoro
Flessibilità per correre ancora Secondo il rapporto Cnel continuerà la crescita degli occupati anche se a ritmi meno sostenuti. di Massimo Mascini Cresce l'occupazione. L'anno scorso sono stati creati 225mila nuovi posti di lavoro, l'1% in più, performance eccezionale se si pensa che nello stesso arco di tempo il prodotto interno lordo è salito solo dello 0,3%. E anche la disoccupazione è scesa: 67mila persone in meno a cercare un posto. Di questo momento fortunato descritto dal Rapporto del Cnel sul mercato del lavoro nel 2003, presentato ieri a Roma, ha approfittato poco o nulla il Sud, perché la crescita è stata tutta al Centro e al Nord, mentre è cresciuta molto l'occupazione femminile e quella degli over 50, toccando quasi solo persone istruite, con laurea o diploma superiore. È salita l'occupazione dei servizi e del commercio, poco quella nell'industria. È rimasto stabile il rapporto tra gli impieghi a tempo indeterminato e quelli a tempo determinato. Dati nel complesso positivi, che non devono però far abbassare la guardia. Anzi, sarà bene prestare sempre più attenzione all'occupazione, perché il boom di crescita degli scorsi anni è finito. Già l'ultimo trimestre del 2003 ha mostrato segni di debolezza e i primi mesi del 2004 confermano che la crescita forte degli anni passati è finita. Il Rapporto afferma senza giri di parole che «si sta chiudendo la fase aperta dalla flessibilità normata, cioè dal "pacchetto Treu"», e aggiunge che «questo apre un serio interrogativo: se la crescita dell'occupazione potrà risalire con il solo ausilio della flessibilità generalizzata, cioè della "riforma Biagi". Che la riforma del lavoro operata dalla legge 30 sarà sufficiente, non è, a giudizio del Rapporto, «né probabile, né facile». Si tratta di lavorare attivamente sul binomio crescita-flessibilità perché l'incremento dell'occupazione non faccia un tonfo e ci si avvicini ai traguardi indicati dall'accordo di Lisbona del 2000. Il sociologo Aris Accornero, coordinatore del gruppo di ricercatori che ha messo a punto il Rapporto, nel presentare lo studio è stato chiaro sul fatto che un ciclo virtuoso si sia ormai esaurito. A suo avviso tra le cause più rilevanti, oltre alla forte crisi produttiva in atto, il venir meno delle politiche di liberalizzazione e la desensibilizzazione del credito d'imposta per chi assumeva a tempo indeterminato. Ma, ha aggiunto, non c'è stata crescita della precarietà e lo stesso fenomeno dei Co.co.co. va ridimensionato, perché - ha precisato - non interessa più di 6/700mila persone. Le parti sociali sostanzialmente hanno confermato questa valutazione, chiedendo la massima attenzione ai fenomeni che hanno fatto crescere l'occupazione in questi anni. Tutti hanno infatti concordato sull'importanza del pacchetto Treu e sulla limitata rilevanza della legge Biagi: per la semplice ragione che i provvedimenti del pacchetto Treu operano da anni, la Biagi è stata approvata un anno fa e non è ancora entrata del tutto in funzione. Il sottosegretario al Welfare, Maurizio Sacconi, ha però ricordato come in questi anni hanno pesato anche altri provvedimenti, quelli per il tempo determinato, per l'emersione dal sommerso, la riforma del collocamento ordinario. E per il futuro? Serve attenzione, ma forse non ci si deve disperare. Questo pensa Sergio De Nardis, chief economist dell'Isae, che ha distinto nel lungo periodo di crescita che va dal 1995 al 2003 gli ultimi tre anni (dal 2001 al 2003). Questo «subciclo», a suo avviso «sorprendente», è stato determinato da un incremento della produttività oraria, fenomeno che sta però scemando per la moderazione salariale, per l'abbassamento del costo del lavoro relativo, in particolare per il rallentamento del rapporto tra capitale e lavoro. Ma - rassicura De Nardis - nessuna paura, perché la crescita dell'occupazione calerà, ma non sarà inferiore a quella registrata dal 1997 al 2000. Perché l'inclusione nel mercato del lavoro non è completata, perché le politiche volte a incoraggiare le assunzioni continuano, perché la legge 30 può forse non avere risultati incredibili, ma comunque non ci trascinerà indietro, e se invece avesse successo potrebbe avere un effetto importante sulla produttività del lavoro. 12 novembre 2004
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#24 |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 2000
Città: Franciacorta (BRESCIA)
Messaggi: 692
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Parla l’economista Maurizio Guandalini
13/01/2005
Il lavoro non si trova facilmente. E se si trova è precario. Vivere con contratti che scadono ogni tre mesi o al massimo ogni anno, non avere mai certezze è un prezzo alto che molti pagano per la flessibilità. Ma è davvero utile per la ripresa economica e per rilanciare le aziende italiane? Lo abbiamo chiesto a un economista, Maurizio Guandalini, autore insieme a Victor Uckmar del libro “Global Business 2005. Guida ai trend dell’economia mondiale”. La Riforma del Lavoro darà ora all’azienda Italia la possibilità di essere competitiva a livello internazionale? Assolutamente no. Noi non possiamo essere concorrenti di Paesi come Cina e India sulle tipologie contrattuali del lavoro. La nostra forza deve essere rappresentata dall’innovazione e dalla ricerca. Dalla qualità dei prodotti. Occorrono dei progetti seri. La flessibilità nel lavoro non è la panacea di tutti i mali. Anche perché spesso comporta condizioni di vita non etiche né dignitose. Ci si lamenta della debolezza dei consumi, ma è chiaro che non si può chiedere a chi guadagna 600 o 800 euro al mese di darsi alla pazza gioia. Per non considerare il fatto che tra le nuove tipologie contrattuali, come i lavoratori a progetto, non è menzionato l’orario di lavoro. Cosa sono, nuovi schiavi? Qual è allora il giusto compromesso tra la necessità di tutelare le condizioni dei lavoratori e le esigenze delle imprese? É chiaro che non possiamo avere delle condizioni di gruppo di impiegati per un anno, con contratti agevolati, e poi alla scadenza, ne chiamano altri. Senza dare una parvenza di sicurezza a nessuno. Questo non è affatto corretto. Inoltre in questi anni c ’è stato un uso improprio degli stage, che sono diventati strumenti per raccogliere manovalanza a costo zero. Lo stage de e invece tornare ad essere uno strumento di reclutamento e di selezione di nuo e risorse umane. Dovrebbe essere retribuito, magari inserendo forme di defiscalizzazione a favore del datore. Insomma vanno messi dei paletti, per evitare che che le imprese abbiano sempre il coltello dalla parte del manico, e ricattino i dipendenti: o si accetta quello che viene offerto o si viene cacciati, tanto la lista degli aspiranti è molto lunga. Come si può evitare tutto questo e rilanciare allo stesso tempo l'economia? Innanzitutto tornando ad attirare capitali stranieri, come hanno fatto la Spagna e l’Irlanda. E questo si ottiene con misure come la riduzione dei costi dell’energia, l’eliminazione dei cavilli burocratici, e con una defiscalizzazione più mirata. Quando gli imprenditori chiedono la diminuzione del costo del lavoro, non si riferiscono certo ai soldi spesi per gli stipendi, ma a quelli per la produzione, che comprende energia e infrastrutture. Inoltre bisognerebbe incentivare la ricerca. Modernizzare la scuola: l’università dura troppo e ancora non prepara al mondo lavorativo. Questa dovrebbe essere una era politica liberale, non ridurre i lavoratori alla disperazione.
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#25 | |
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Member
Iscritto dal: Jan 2002
Città: Sassari
Messaggi: 95
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Re: Parla l’economista Maurizio Guandalini
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#26 |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 1999
Città: Falconara M.ma - Ancona
Messaggi: 257
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28-09-2004
Un anno di Legge Biagi Armando Tursi La ex baby sitter dei miei figli, che ancora oggi si occupa di loro di tanto in tanto, mi ha chiesto di spiegarle cos'è il lavoro a chiamata. Gliel'ho spiegato, e lei, confermando la mia idea che l'intuizione giuridica non è prerogativa dei giuristi, mi ha detto: "ma allora io sono una lavoratrice a chiamata!". Devo confessare che non ci avevo pensato, ma, in effetti, ci sono tutti gli elementi previsti dall'articolo 34 della nuova legge: ha meno di 25 anni, è disoccupata, e l'intesa è stata, finora, che io la chiamassi con un certo preavviso in caso di necessità. Dunque, in virtù della "legge barbara" che mercifica il lavoro, alla mia baby sitter spetterebbe l'indennità di disponibilità (il 20 per cento della retribuzione contrattuale) per i periodi di "attesa" della chiamata. Per fortuna, lei stessa si è subito affrettata a tranquillizzarmi, chiarendo che non sa che farsene del lavoro a chiamata. Gli obiettivi della legge I mali da attaccare erano noti: il tasso di occupazione più basso d'Europa, la seconda peggiore performance (dopo il Belgio) nell'occupazione dei lavoratori anziani, la più elevata incidenza europea del lavoro illegale, i più intensi squilibri territoriali del mercato del lavoro. La "riforma Biagi" è partita dall'assunto che, per curare quei mali, fosse necessario massimizzare la flessibilità dell'offerta di lavoro, e lo ha fatto a partire dall'anello più debole della catena: non già la regolazione del rapporto di lavoro, bensì la diversificazione dei modelli o tipi contrattuali attraverso i quali è possibile procacciarsi lavoro (la cosiddetta "flessibilità tipologica" o "in entrata"). Operazione accompagnata, poi, dal completamento del processo di decentramento e razionalizzazione organizzativa dei servizi per l'impiego, già avviato dal Governo di centrosinistra. Su questo secondo fronte, la riforma ha prodotto forse gli sforzi più apprezzabili, per comune riconoscimento bipartisan; benché debba constatarsi che sul piano operativo e dei risultati ottenuti siamo ancora quasi all'anno zero. I punti critici Ma è la seconda parte della riforma - quella che moltiplica e rimodula i tipi contrattuali flessibili - che lascia più perplessi. I dati che l'Istat ha appena fornito sembrano confermare un'impressione diffusa, che registra non tanto la temuta destrutturazione del nostrano diritto del lavoro, quanto la scarsa efficacia di istituti quali il lavoro a chiamata, il lavoro gemellato, il part time flessibile, lo stesso staff-leasing all'italiana (somministrazione cosiddetta "a tempo indeterminato"), che paiono inadatti non solo a destare in maniera significativa l'attenzione degli imprenditori, ma anche a stimolare l'offerta di lavoro. La verità è che la riforma del 2003 ha utilizzato in maniera un po' confusa strumenti con diversa finalità: andavano infatti meglio distinti gli strumenti di lotta all'esclusione sociale (lavoro a chiamata, contratto di inserimento, prestazioni occasionali di tipo accessorio), da quelli finalizzati a conciliare in maniera ottimale la domanda di flessibilità delle imprese con quella di tutela, ma a sua volta di flessibilità, dei lavoratori (part time, lavoro ripartito, contratto a termine, somministrazione, lavoro parasubordinato, collaborazioni occasionali). Se ciò si fosse fatto, sarebbe parso chiaro, intanto, che i primi soffrono della concorrenza insuperabile del lavoro irregolare, la cui eliminazione è precondizione per la loro efficacia, oltre che per l'accertamento effettivo della condizione di debolezza occupazionale. Quanto ai secondi, essi avrebbero richiesto una più attenta calibratura tra flessibilità nell'interesse dell'impresa, flessibilità nell'interesse del lavoratore e semplicità regolativa: se infatti il nuovo part time è troppo poco "women friendly" per poter contribuire a innalzare il tasso di occupazione femminile, il lavoro ripartito, il lavoro a progetto e occasionale, la nuova somministrazione di lavoro e lo stesso lavoro a termine, sono inficiati, a seconda dei casi, e spesso assieme, da eccesso o inefficienza regolativi. I critici a oltranza della riforma Biagi, peraltro, hanno puntato solo sulle sue reali o presunte iniquità regolative, curandosi ben poco del difetto di fondo, individuabile in una sorta di eccedenza del messaggio politico-mediatico rispetto alla sostanza normativa. Verso uno "Statuto dei lavori"? Il risultato, è che dopo il varo di un decreto legislativo composto di ben ottantasei lunghi articoli, e di un decreto correttivo di altri ventuno articoli, resta da scrivere lo "Statuto dei lavori" di cui si parla ormai da un decennio. Resta, per esempio, da allestire la rete di sicurezza sociale resa necessaria proprio dal proliferare di rapporti di lavoro instabili e discontinui, guardando, modernamente, al problema della "sotto-occupazione" più che a quello della "disoccupazione". Nel contempo, però, sarebbe necessario rimpiazzare, almeno in parte, molte delle flessibilità inutili introdotte nel 2003, con la flessibilità utile e praticabile, che dovrebbe rispondere a due caratteristiche: 1) dovrebbe riguardare direttamente le "modalità d'uso" del lavoro, anche nei rapporti di lavoro "standard" e non precari; 2) dovrebbe operare in funzione non antisindacale. Ciò sarebbe possibile se si lasciasse alla contrattazione collettiva la facoltà di decidere in quali casi, a quali condizioni e in quali limiti sarebbe lecito, per i singoli lavoratori e per i singoli datori di lavoro, contrattare individualmente condizioni di lavoro adatte alla situazione specifica, anche se formalmente peggiorative rispetto a quelle stabilite dalle norme inderogabili del diritto del lavoro. Ciò costituirebbe, tra l'altro, anche un arricchimento funzionale della contrattazione collettiva e del sindacato, oggi particolarmente bisognosi di allargare e potenziare le basi della propria legittimazione sociale.
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c'avemo i moscioli, c'avemo i moscioli, c'avemo i moscioli e ce piace el vì..el vì roscio de morro è bono, è bono, è bono, ma tigne un bel pò...cavalier banana: " miseria, morte, terrore. Per la miseria parlate con me...".La bandiera a stelle e strisce ti conquista e ti rapisce, puoi macchiarla anche di sangue poi la lavi e non sbiadisce. La bandiera a stella e strisce sei buono e ti colpisce e non avrà pietà |
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#27 |
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c'avemo i moscioli, c'avemo i moscioli, c'avemo i moscioli e ce piace el vì..el vì roscio de morro è bono, è bono, è bono, ma tigne un bel pò...cavalier banana: " miseria, morte, terrore. Per la miseria parlate con me...".La bandiera a stelle e strisce ti conquista e ti rapisce, puoi macchiarla anche di sangue poi la lavi e non sbiadisce. La bandiera a stella e strisce sei buono e ti colpisce e non avrà pietà Ultima modifica di Master_of_Puppets : 14-01-2005 alle 05:47. |
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Re: Lavoratori precari, 3 su 3 sono cronici
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