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Old 24-04-2006, 16:58   #1
zerothehero
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Autostrade, sì alla fusione

ILANO - L'italiana Autostrade e la spagnola Abertis trattano per realizzare una fusione alla pari. L'indiscrezione è trapelata ieri sera e il week end si preannuncia denso di appuntamenti tra gli azionisti dei due gruppi che devono decidere come suddividere la gestione e la governance del nuovo gruppo che si verrebbe a creare. Il primo in Europa nel settore autostradale con una capitalizzazione di mercato di circa 45 miliardi di euro.

L'operazione allo studio - gli advisor degli italiani sono Merrill Lynch, Mediobanca e Ubm - è una fusione alla pari poiché i due gruppi hanno più o meno la stessa dimensione borsistica, 12,8 miliardi la capitalizzazione di Autostrade e 12 quella di Abertis.

Se così fosse gli azionisti vedranno dimezzarsi la quota oggi posseduta nelle rispettive società. Schema28, controllata da Edizione Holding della famiglia Benetton scenderà dal 50% di Autostrade al 25% del nuovo gruppo. La Caixa di Barcellona che oggi controlla il 25% di Abertis ridurrà il suo peso al 12,5% e la stessa diluizione toccherà alla Acs di Madrid controllata dal gruppo di Florentino Peres, ex presidente del Real Madrid. La sede prescelta dal nuovo gruppo sarebbe Barcellona anche e soprattutto per motivi fiscali, in quanto il governo spagnolo circa un anno e mezzo fa ha reso più favorevole la normativa sull'ammortamento dell'avviamento. Un bel vantaggio per Edizione Holding che ha rilevato Autostrade a circa 7 euro per azione e oggi il titolo in Borsa vale quasi 23 euro.

D'altronde il trasferimento della sede a Barcellona potrebbe esporre il fianco a critiche sulla perdita di sovranità su un'importante azienda italiana anche se ormai si dovrebbe ragionare in un'ottica europea.

Tutto dipenderà dunque da come gli azionisti riusciranno ad accordarsi per quanto riguarda la gestione del nuovo colosso autostradale. Se il braccio di ferro annunciato nel week end porterà a un accordo soddisfacente per entrambe le parti già domani i rispettivi consigli di amministrazione potrebbero ratificare l'accordo. Gli spagnoli di Abertis si sono recentemente aggiudicati il controllo della francese Sanef e il titolo in Borsa ha guadagnato circa il 50% del suo valore dall'inizio del 2005. Relativamente molto di più di Autostrade che tra l'altro non è riuscita a entrare in Francia nonostante abbia partecipato all'asta per l'acquisto di Aprr (Autoroute Paris-Rhin-Rhone). La fusione con Abertis, se bilanciata con una forte influenza nella gestione, avrebbe il vantaggio di far compiere un bel passo avanti alla società italiana sul fronte dell'internazionalizzazione.

Infine, poiché Abertis è presente nel capitale di Schemaventotto con il 13,3%, tale partecipazione dovrà essere ceduta per non risultare autocontrollo in caso di fusione. Mediobanca e Generali dovrebbero rilevarne un terzo mentre gli altri due terzi spetterebbero agli azionisti di Abertis, la Caixa e Acs.

Il gruppo Benetton che possiede attraverso Edzione Holding il 60% di Schema28 risulterebbe comunque il primo azionista singolo del nuovo gruppo con il 15% e questo fatto dovrebbe contare non poco nelle trattative per definire la governance. Come è successo con l'operazione di Unicredit in Germania agli italiani dovrebbe spettare l'amministratore delegato del nuovo gruppo o, nel caso si optasse per il doppio amministratore delegato, la presidenza dovrebbe essere di nomina italiana. Un paio di settimane fa Vito Gamberale, ad di Autostrade, ha avuto un incontro a Barcellona con il numero uno di Abertis. Vedremo tra oggi e domani se i negoziati hanno portato buoni frutti.

fonte: espresso.it
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Old 24-04-2006, 16:59   #2
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i politici si mettono in mezzo, as usual

Autostrade/Abertis,fusione non convince,ha ragione Rutelli - Prc
lunedì, 24 aprile 2006 3.33
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ROMA, 24 aprile (Reuters) - La fusione tra Autostrade (AUTS.MI: Quotazione, Profilo) e la spagnola Abertis (ABE.MC: Quotazione, Profilo) è una "operazione per nulla convincente" e "ha ragione Rutelli quando espone le sue perplessità in merito".

Lo ha detto in una nota Paolo Ferrero, della segreteria nazionale di Rifondazione comunista e responsabile Economia e Lavoro del partito.

"Che in presenza di un governo bocciato dal voto e senza pieni poteri si possano compiere operazioni come quella che ha riguardato le Autostrade è quanto meno bizzarro. Trasparenza e buona programmazione avrebbero voluto che questo passaggio venisse affrontato in un ben diverso contesto", ha detto Ferrero. "Adesso, il problema che ci dovremmo tutti porre è che cosa ne è della programmazione economica e delle scelte strategiche di un paese se certe operazioni vengono condotte soltanto pensando alla quotazione in Borsa".

Ieri Autostrade e Abertis hanno annunciato l'accordo per una fusione da 25 miliardi di euro da cui nascerà un leader mondiale nel settore degli operatori a pagamento di autostrade.

Critiche all'operazione sono state espresse dal leader della Margherita Francesco Rutelli che, secondo quanto scrivono oggi i giornali, ha parlato di "dubbi assai severi".

Incalzato più volte dai giornalisti, il candidato premier dell'Unione Romano Prodi non ha voluto esprimere un commento.
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Old 24-04-2006, 17:00   #3
zerothehero
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«Dubbi assai severi». La frenata del centrosinistra, possibilista la Cdl
Nozze italo-spagnole: duro stop di Rutelli
La fusione tra Autostrade e Abertis e le reazioni del mondo politico

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ROMA—L’avevano ripetutamente cercato, in questi giorni, Francesco Rutelli. Ma né Gilberto Benetton né Vito Gamberale erano stati fortunati. Il telefono del leader della Margherita, a quanto pare, era rimasto muto. E quel silenzio non si è rivelato un bel segnale. Almeno a giudicare dalle parole di Rutelli: «Quando conosceremo la sostanza industriale della fusione fra Abertis e Autostrade daremo un giudizio compiuto. Ma ora si devono esprimere dubbi assai severi». Intanto «per il metodo: in base al quale un monopolista decide di realizzare un’operazione tanto rilevante in assenza di un governo che abbia pienezza dei poteri ». E poi pure «per il merito: se è vero che sarà spagnola la guida, spagnola la prevalenza nell’azionariato, spagnola la sede della holding, titolare di una concessione dello Stato italiano».
Proprio Rutelli, che nel caso della scalata alla Bnl da parte degli spagnoli del Bbva era stato tra i più critici della difesa della «italianità» delle banche di cui l’ex governatore di Bankitalia Antonio Fazio aveva fatto la propria bandiera, ora lancia l’allarme per la possibile cessione all’estero di una grande impresa italiana. E apre un secondo fronte. Conclude infatti il leader della Margherita: «Sembra che si siano voluti incassare i robusti benefici di una privatizzazione, anziché esercitare un ruolo leader in Europa. Se così fosse, si tratterebbe di una nuova prova non certo brillante del capitalismo italiano, pronto nel sollecitare i poteri pubblici, non sempre altrettanto adeguato di fronte agli interessi del Paese».
Una posizione che è stata immediatamente definita dal centrodestra (Luca Volontè, Udc), «strana e allarmante, mentre Pierluigi Borghini (Forza Italia) giudicava «positiva » la fusione e Luigi Grillo (anch’egli di Forza Italia) la bollava invece come «contraria alle direttive del Parlamento ».
Dire che Rutelli voglia mettere così sotto accusa, insieme a una intera generazione di imprenditori, anche la passata stagione delle privatizzazioni targate centrosinistra, forse sarebbe troppo. Certo è che l’episodio induce pure Pierluigi Bersani, responsabile economico dei Ds e candidato a guidare il ministero dell’Economia reale, a una travagliata considerazione: «Noi siamo pronti a fare una riflessione su quelle vicende, che ebbero un impulso troppo stringente a causa dello stato della finanza pubblica. Avevamo fiducia di avere una sponda in un capitalismo italiano che poteva cogliere l’occasione delle privatizzazioni per crescere e modernizzarsi. Ora non vorremmo che gli interlocutori industriali ce la facessero fare troppo amara, quella riflessione».
Se non proprio un rammarico, qualcosa di molto simile a un’autocritica. La stessa che si può intravedere nelle parole di un altro esponente del centrosinistra, l’ex sottosegretario al Tesoro Roberto Pinza: «In questo caso c’è un vizio d’origine. C’è da chiedersi a che cosa sia servita quella privatizzazione».
Nel merito, per Bersani «si deve osservare bene un’operazione che certamente determina una massa critica di rilievomanon lascia senza preoccupazione ». Perché queste integrazioni «si fanno anche per bilanciare i rischi delle regolazioni. Ed è un aspetto che mi piace poco perché può preludere allo spostamento del progetto verso il Paese dove ci sono condizioni più favorevoli », dice il responsabile economico dei Ds. Sottolineando comunque di «non avere gli elementi per un giudizio completo».
Una prudenza, la sua, che diventa ancora più evidente nell’entourage di Romano Prodi. Dove si getta acqua sul fuoco delle polemiche consci del fatto che critiche preventive potrebbero attirare sul futuro premier l’accusa di aver influenzato negativamente l’andamento del titolo Autostrade in borsa. Ma questo non significa che il governo di centrosinistra non se ne occuperà. Bersani invia questo messaggio ai Benetton: «Quando ci sarà il governo si aspettino di essere interpellati su questa operazione».
Per il gruppo guidato da Gamberale, manager con molti estimatori anche nella nuova maggioranza, e che contando su un rapporto più disteso e «anglosassone» con la politica aveva messo a disposizione un contributo a tutti i partiti per la campagna elettorale, la partenza è inequivocabilmente in salita. E non soltanto per la questione dell’italianità, o meglio di quello che viene già definito «il patriottismo a corrente alternata ».
«Il centrosinistra ha dimostrato di essere europeista fino in fondo. Ma si tratta di capire se è un’operazione che rafforza la capacità di investimento anche nel nostro Paese, oppure se non è fatta per sottrarsi al confronto con i sistemi di regolazione », afferma Bersani. Il quale, anche se non vede analogie con la scalata dell’Edf alla Edison, che nel 2001, come ora proprio nel bel mezzo del passaggio di poteri, spinse il governo uscente di centrosinistra a fare una legge per bloccare i francesi, avverte che «un governo può intervenire con procedure ordinarie, le concessioni, gli investimenti, le liberalizzazioni...».
Mentre secondo Pinza, che dice di «non aver mai creduto alla questione dell’italianità», c’è solo una strada: «I monopoli tecnici o non li privatizzi, o se li privatizzi devi circondarli di cautele. Bisogna far funzionare meglio l’autorità di regolazione». Che però ora non c’è. Ed è così che Anna Donati, dei Verdi, arriva a una conclusione: «Autostrade ha precisi impegni con lo Stato e deve rispettarli. Per tutelarci che questo accada bisognerebbe costituire subito l’Authority dei Trasporti che è nel nostro programma ».
Sergio Rizzo
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