Twitter e Facebook limitano account di disinformazione in occasione della protesta ad Hong Kong
Lotta contro la disinformazione (mirata?) da parte di Twitter e Facebook, che hanno impedito l'acquisto di spazi pubblicitari ad account legati al governo di Pechino, fortemente avversi alle contestazioni in atto ad Hong Kong
di Alessandro Bordin pubblicata il 20 Agosto 2019, alle 08:41 nel canale WebTwitterFacebook
Facebook, ma soprattutto Twitter, sono passati all'azione al fine di arginare la campagna di disinformazione ai danni dei contestatori di Hong Kong, come riportato dalla BBC. A livello tecnico, Twitter ha di fatto impedito l'acquisto di spazi pubblicitari da parte di quasi un migliaio di account "di regime" (cinese, ovviamente), che veicolavano messaggi denigratori nei confronti della manifestazione di protesta in corso ad Hong Kong.
Gli account non sono stati bloccati ovvero possono essere comunque utilizzati, ma a questi è appunto impedito di acquistare spazi e quindi di essere visibili anche a persone che non li seguono. Su Twitter si legge chiara la motivazione: "Vogliamo salvaguardare la possibilità di avere conversazioni limpide e chiare. Riteniamo che ci sia una differenza tra conversare con gli account che scegli di seguire e i contenuti che vedi dagli inserzionisti, che potrebbero provenire da account che attualmente non stai seguendo." Non solo: la nuova politica verrà applicata laddove ad acquistare spazi saranno "entità dei media che sono controllate finanziariamente o editorialmente dallo stato".
Facebook, pur in misura minore, ha a sua volta fatto lo stesso con una decina di account. Si tratta della prima volta che alcuni big tecnologici si pongono così apertamente contro il governo di Pechino, pur senza mai nominarlo direttamente. Resta da vedere se questa politica sarà applicata ovunque, anche dove da tempo ci sono governi che utilizzano la disinformazione via social per la propaganda politica (la fonte cita Russia e Iran).
A titolo di curiosità riportiamo anche un piccolo risvolto tecnico: essendo Twitter e Facebook bloccati in Cina, i detentori degli account incriminati hanno utilizzato delle VPN per pubblicare i propri contenuti. Al di fuori degli hotel internazionali questo non è affatto facile, se non si ha la il placet di chi comanda.
5 Commenti
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Questa è la prova che possono fare di più contro le fake news e articolisti da strapazzo, ma giustamente papà dollaro comanda, quindi lasciano passare di tutto.
Un po' come il ban di "huawei" in nome di una fantomatico problema di "sicurezza nazionale" di cui ancora si aspettano le prove, d'altro canto non si può neanche negare l'ipocrisia della Cina che vuole usare come strumento di propaganda i social che ha proibito di usare sul suo territorio, che poi sarebbe un motivo più giusto per vietargli l'accesso altro che "feic nius"
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