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#1 |
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90 anni fa, la prima guerra mondiale
mi sembra giusto ricordare...
dal Corriere: 24 maggio 1915, quando il Piave mormorò Novanta anni fa l'Italia entrava in guerra. Il conflitto fece 700mila morti e lo lasciò una profonda crisi politica, sociale ed economica La prima pagina del Corriere della Sera del 24 maggio 1915 MILANO - «Il Piave mormorava/, calmo e placido, al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio». Novanta anni fa, il 24 maggio 1915, l'Italia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guerra Mondiale dieci mesi dopo l'inizio delle ostilità in Europa. Era un lunedì. Alle 3:30, precedute dai tiri degli obici, le truppe italiane oltrepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le «terre irredente» del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918, a guerra finita, un poeta e musicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nella «Leggenda del Piave», una canzone destinata a entrare nella memoria collettiva degli italiani. (Ascolta) L'Italia entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo un disinvolto cambio di alleanze, dalla Triplice all'Intesa. Sulle sponde del Piave e dell'Isonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure la «Grande Guerra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto dell'epopea Risorgimentale. La Prima Guerra Mondiale fu un enorme massacro: coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di morti, 20 milioni di feriti, enormi distruzioni. Fu la prima guerra moderna. Gli eserciti si trovarono impantanati nelle trincee. Nuove armi furono impiegate su larga scala: aerei, sottomarini, carri armati, mitragliatrici, gas tossici, come il fosgene e l'iprite, che prese nome dalla località belga dove il 22 aprile 1915 fece le prime vittime. La guerra provocò la dissoluzione dell'Impero austroungarico e di Giuseppe Ungaretti nel 1916 sul Carso durante la Prima guerra mondiale nell'uniforme di soldato semplice quello ottomano e mise fine a quello degli Zar, travolto dalla rivoluzione bolscevica del 1917. Segnò il crollo di tre dinastie secolari, gli Asburgo, gli Hohenzollern e i Romanov. Fu l'inizio del declino della vecchia Europa e sancì l'ingresso sulla scena mondiale, come grande potenza militare ed economica, degli Stati Uniti, intervenuti nel 1917 a salvare le sorti dell'Intesa. Si portò dietro un'epidemia - la «spagnola» - che tra 1918 e il 1919 provocò più morti della guerra; un'inflazione e una recessione che culminarono nella Grande Crisi del 1929; un'eredità di odi, frustrazioni e rivalità nazionali che nell'arco di due decenni sfociarono fatalmente nel secondo conflitto mondiale. Una delle poche voci che si levarono contro la guerra fu quella di Benedetto XV, il «Papa della pace» del quale Joseph Ratzinger ha voluto raccogliere idealmente l'eredità, scegliendo il nome per il proprio pontificato. Egli il 1 agosto 1917 (poco prima della rotta italiana a Caporetto del 24 ottobre 1917) chiese invano alle potenze belligeranti il disarmo e il ricorso all'arbitrato per la «cessazione di questa lotta tremenda, la quale ogni giorno più apparisce inutile strage». Ma troppi erano i motivi che spingevano l'Europa al massacro. La rivalità economica e gli interessi in Medio Oriente di Regno Unito e Reich tedesco; il revanscismo francese per Alsazia e Lorena; lo scontro tra pangermanesimo tedesco e panslavismo sul Baltico; gli appetiti delle maggiori potenze per le spoglie del fatiscente impero ottomano; l'irredentismo in Italia e nei Balcani, dove il serbo Gavrilo Princip fece scoccare la scintilla, assassinando l'erede al trono austriaco a Sarajevo. Ma anche il clima culturale di un'epoca che - tra lo Stato «Dio reale» dell'idealismo hegeliano e il positivismo darwiniano di Spencer - concepì la guerra come sbocco naturale delle vertenze internazionali. In Italia, contro l'entrata in guerra furono i cattolici, i socialisti, i giolittiani. Per la guerra furono il governo Salandra, i liberali, i nazionalisti. Interventista fu Gabriele D'Annunzio, interprete a modo suo del «superuomo» di Nietzsche. Interventista fu Filippo Tommaso Marinetti, che nel «Manifesto del futurismo» aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo». Da neutralista in interventista si trasformò repentinamente il socialista Benito Mussolini, che lasciò la direzione dell'«Avanti!» per fondare l'ultranazionalista «Popolo d'Italia» e fu espulso dal Psi. Trincee sul Carso (Ansa) Nel 1919 la Conferenza di pace di Parigi, dominata dal presidente americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige etnicamente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Il presidente del consiglio Orlando e il ministro degli esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporaneamente la conferenza, restando fuori anche dalla spartizione delle colonie tedesche. Ne nacque il mito della «vittoria tradita», che mosse D'Annunzio e i suoi legionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera «Reggenza del Carnaro» e fu utilizzato a proprio vantaggio dal nascente partito fascista, avviato alla conquista del potere. Anche la «Leggenda del Piave» di E.A. Mario finì per servire allo scopo. La crisi economica, la svalutazione della lira, la debolezza della classe dirigente liberale, le ripetute crisi di governo, le agitazioni di piazza e l'occupazione delle fabbriche nel «biennio rosso», i timori della Corona e della borghesia fecero il resto. Dal 4 novembre 1918, data della firma dell'armistizio con l'Austria, al 22 ottobre 1922, data della Marcia su Roma, non passarono che quattro anni.
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#2 |
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#3 |
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Ricordiamo, per cercare di non commettere gli stessi errori del passato.
![]() Ciao Federico |
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#4 |
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Un articolo l'ho trovato anche su L'Unità
http://www.unita.it/index.asp?SEZION...TOPIC_ID=42762 Ventiquattro maggio 1915, così iniziò l’inutile strage di Wladimiro Settimelli Un pretesto, una scusa, una occasione per scatenare la guerra che la maggior parte delle nazioni, fin dall’inizio del secolo, volevano a ogni costo per allargare i propri possedimenti, per occupare colonie e dilagare verso le nazioni vicine. La Germania in particolare, aveva già la sindrome dell’accerchiamento e la Russia degli zar, invece, intendeva, a ogni costo, allungare le mani verso ulteriori zone asiatiche. L’Austria-Ungheria, il grande impero che aveva dominato l’Europa per anni, voleva, invece, cacciare indietro ogni anelito dei piccoli popoli che cercavano e volevano l’indipendenza. Alla fine, il pretesto per la guerra, maturò in maniera un po' oscura a Sarajevo, in Serbia, dove il nazionalista Gavrilo Princip, appartenente ad una confraternita sciovinista molto discussa, decise di aspettare, nei pressi di un ponte, la carrozza con l’arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria e la moglie. Quando la carrozza fu a portarta di mano, Princip sparò con una pistola e lanciò una bomba a mano. Era fatta. La scusa e il pretesto, ormai c’erano. L’arciduca era morto con la consorte e l’Austria-Ungheria, con l’appoggio dell’alleato tedesco, dichiarò subito guerra alla Serbia, « protetta», come sempre, dal grande «orso russo». L’Italia, stretta da patti ferrei con l’Austria-Ungheria, attese e rimase per qualche tempo sul chi vive e poi, il 24 maggio del 1915, cambiando fronte, scese in campo proprio contro l’Austria-Ungheria e la Germania. Sono trascorsi esattamente novanta anni, da quando il presidente del consiglio Salandra e il Re, precipitarono il Paese in una avventura terribile. Eravamo, come al solito, poco preparati militarmente e industrialmnente. Il Paese era già stato chiamato ad uno sforzo terribile per la guerra di Libia del 1911, contro i turchi. All’interno del Paese, gli scontri sociali erano continui perché i contadini e le masse operaie davano battaglia per conquistare migliori condizioni di vita e di lavoro: le otto ore, il divieto di lavoro per i bambini, una più giusta ripartizione delle terre. I socialisti, con i sindacati, aiutavano e stimolavano le lotte dei lavoratori. Fin quando, non cominciarono a dividersi, a polemizzare, a parlare di tradimenti e di soldi che venivano fatti circolare per convincere anche i riottosi a chiedere la guerra. Benito Mussolini, dirigente socialista già noto e stimato, viene cacciato dal partito socialista per la sua scelta di interventista. Lui fonda, allora, Il Popolo d’Italia che verrà pagato con i soldi degli zuccherieri. Anche molti scrittori e poeti di vaglia, dopo l’inizio delle ostilità tra la Germania, l’Austria-Ungheria, la Serbia e la Russia, chiedono la guerra ad ogni costo. E guerra, purtroppo, sarà senza nemmeno consultare il Parlamento. Noi, ci schiereremo, appunto, contro l’Austria-Ungheria e la Germania, che erano state definite nostre « alleate naturali». Insomma, saremo con la Francia, l’Inghilterra, il Belgio, la Russia e poi l’America. In un fragor di polemiche arriva, quindi, la mobilitazione. Così,novanta anni fa, i nostri nonni e bisnonni, indossano la divisa e cominciano ad affollarsi alle stazioni ferroviarie, ma purtroppo è il solito copione che si ripeterà anche per la Seconda guerra mondiale. Abbiamo pochi cannoni, non molte navi, fucili precisi, ma antiquati e lenti. Pero, gli Stati maggiori, come al solito, badano alle carriere e alle conquiste immediate, da far pesare sul Re e sul Parlamento. La «grande guerra» è subito una terribile e straziante guerra di posizione. I nostri fanti vengono tenuti per mesi nelle trincee in mezzo al fango e agli escrementi. Tutti vengono mandati all’attacco senza sosta ed è una strage terribile. Si combatte per giorni e mesi per conquistare una cima o una collina che, pochi giorni dopo, sarà di nuovo perduta. I nostri mangiano male, vivono peggio lungo le doline carsiche e in cima alle grandi montagne. Eppure, i soldati e gli ufficiali danno un’incredibile prova di eroismo e di sacrificio. I generali Luigi Cadorna, Alberto Pollio, Pietro Badoglio, poi Diaz, il duca d’Aosta e gli altri dello Stato maggiore, dicono al Re che vinceremo, che cacceremo i nemici e che le nostre montagne non saranno mai conquistate dagli austro-tedeschi. In realtà, la guerra è durissima, terribile. Lo vede personalmente anche Vittorio Emanuele III che è arrivato al fronte per vedere i soldati e la guerra, ma soprattutto per dare sfogo alla sua personalissima passione: quella di fare fotografie. Raccontano che un giorno, per riprendere un bel panorama alpino, il Re d’Italia fa spostare una catasta di morti. Menzogna? Verità? Non lo sapremo mai. Le leggi militari sono durissime con i poveri soldati che tentano di evitare la prima linea o si procurano ferite per essere rimandati a casa. Tanti ergastoli e, spesso, anche la fucilazione. Ad Asiago, il 28 maggio del 1916, gli austriaci sfondano le nostre linee. Il generale Luigi Cadorna ordina di passare per le armi un buon numero di soldati e di ufficiali. Poi arriva Caporetto, il disastro d’Italia. Il 24 ottobre del 1917, sulle montagne intorno a quel piccolo paese, oggi in terra slovena, gli austriaci, rinforzati da truppe tedesche, attaccano e penetrano in profondità nelle italiche terre. È tutta la zona dell’Isonzo che ha ceduto. Dall’altra parte, comanda un generale che poi diverrà famoso: Elwin Rommel. Noi contiamo 11 mila morti e 29 mila feriti. I prigionieri nostri sono 280 mila e i soldati in rotta 350 mila. È una tragedia immane che nessuno dimenticherà mai più. Che fanno i generali? Ordinano le decimazioni. In questo modo, centinaia e centinaia di soldati scelti a caso, vengono fucilati per alto tradimento. La decimazione fa strage anche della brigata «Sassari», la piu decorata dell’esercito. Una decisione infame. Caporetto, però, ferisce l’orgoglio nazionale e fa correre alle armi anche coloro che avevano sempre chiesto la pace. Questa volta, gli austriaci e i tedeschi, sono sulla porta di casa, la casa di tutti. I soldati e gli ufficiali si fanno massacrare, ma non arretrano di un passo dalle sponde del Piave. Anzi vanno all’attacco. Finalmente, nel 1918, arriva la vittoria. Sono stati mobilitati persino i ragazzi e il Re e il governo hanno promesso di tutto ai soldati: la spartizione delle terre, una maggiore giustizia sociale, garanzie di lavoro e di sviluppo. Tutte balle. «L’inutile strage» è finita, ma non ha portato niente di quello che era stato promesso. Più tardi arriverà persino il fascismo. ------------- Se trovate altro, postatelo. Io non ho trovato. |
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#5 |
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Sono stato a Redipuglia.....e l'impressione che fà è terribile.
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#6 | |
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Cadorna invece di avere vie e piazze dedicate dovrebbe essere ricordato come criminale di guerra.
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#7 | |
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#8 | |
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#9 | |
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forse una partita a briscola nelle retrovie. è stato destituito dopo la disfatta di Caporetto provocata anche e soprattutto dal suo modo di gestire i soldati e dalla sua tattica fondata su un disequilibrio in avanti delle linee che ha indebolito troppo le trincee secondarie non riuscendo ad opporre resistenza ai tedeschi (veri fautori della vittoria di Caporetto). Fosse stato per Cadorna adesso Milano sarebbe austriaca.......
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#10 | |
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#11 |
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Città: di origine, di nascita, di residenza, di domicilio, di lavoro: Roma...però nel cuore c'è solo l'INTER!
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90 anni e non li dimostra:
Trilussa LA NINNA NANNA DE LA GUERRA (1914) Ninna nanna, nanna ninna, er pupetto vò la zinna: dormi, dormi, cocco bello, sennò chiamo Farfarello Farfarello e Gujermone che se mette a pecorone, Gujermone e Ceccopeppe che se regge co le zeppe, co le zeppe d'un impero mezzo giallo e mezzo nero. Ninna nanna, pija sonno ché se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno fra le spade e li fucili de li popoli civili Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che commanna; che se scanna e che s'ammazza a vantaggio de la razza o a vantaggio d'una fede per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar Sovrano macellaro. Chè quer covo d'assassini che c'insanguina la terra sa benone che la guerra è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe li ladri de le Borse. Fa la ninna, cocco bello, finchè dura sto macello: fa la ninna, chè domani rivedremo li sovrani che se scambieno la stima boni amichi come prima. So cuggini e fra parenti nun se fanno comprimenti: torneranno più cordiali li rapporti personali. E riuniti fra de loro senza l'ombra d'un rimorso, ce faranno un ber discorso su la Pace e sul Lavoro pe quer popolo cojone risparmiato dar cannone! |
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#12 | |
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Tragicamente attuale. |
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#13 | |
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#14 |
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cadorna venne sifonato per i risultati ottenuti, ma divenne delegato italiano nel consiglio supremo di guerra...
ho scritto ha vinto, volevo scrivere hanno (anzi, abbiamo)
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#15 |
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se volete ho un bel po' di immagini di forti italiani ed austriaci del friuli settentrionale da farvi vedere...
![]() ![]() ![]() a mio avviso sono abbastanza interessanti cmq... soprattutto perchè, almeno i forti italiani, sono ancora ben conservati...
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AMD Athlon II X4 640 | Asus M4A77T | G.Skill 4GB DDR3 1333 | MSI nVidia GeForce N210 | DVD±RW LG H42N | Intel SSD 330 128gb | Hitachi Deskstar 160gb | Seagate Barracuda 500gb | Windows 10 | Acer AL1916W | Alice 7Mega | Acer Iconia W700 |
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#16 | |
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#17 |
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on-line a parte la mia ricerca dell'anno scorso non saprei...
![]() edit: www.fortificazioni.net sito sui forti del friuli e non solo... ![]() ![]() alcuni di quei forti li ho visitati e fotografati... ![]()
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#18 | |
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#19 | |
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http://www.fortebelvedere.org/ www.grandeguerra.com |
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#20 |
Senior Member
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Grazie dei link, fino ad ora ho visto solo Redipuglia, cmq mi interesserebbe molto poter vedere anche i resti delle postazioni alpine.
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