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Old 17-03-2004, 11:50   #1
maxsona
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[H.U.A.Team] De Lorean Motor Company

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Era una delle poche auto al mondo a non essere verniciate. E questo già basta per dedicarle spazio... se poi aggiungo che è stata una delle più famose "attrici a quattro ruote", che era prodotta in Irlanda del Nord specificatamente per gli USA e che è stata al centro di una delle più travagliate vicende giudiziarie degli anni '80; non posso proprio redimermi dal parlarne. Mi riferisco alla De Lorean e alla sua DMC-12: l'auto protagonista di "Ritorno al Futuro". Ad essere sinceri, una volta conosciutane la storia, converrete anche voi che più che farle interpretare un film, alla De Lorean il film avrebbero dovuto dedicarlo...

Iniziamo, come la logica saggiamente suggerisce, dal principio; un principio che ha un nome ed un cognome: John Zachary De Lorean. Il padre dell'auto di "Ritorno al futuro" nacque a Detroit, figlio di un dipendente Ford. In famiglia si respirava automobilismo e non c'è da stupirsi se gli studi intrapresi da John De Lorean erano finalizzati ad futuro da "professionista" nel mondo dell'ingegneria e dell'automobile.
Dopo il master svolto alla Chrysler, e dopo un periodo da assicuratore, il primo impiego "automobilistico" di De Lorean fu in Packard dove contribuì alla definizione della trasmissione "Ultramatic", nota per essere la prima trasmissione con scatola in alluminio. Ma la vera "rampa di lancio" per la carriera dell'ingegnere di Detroit fu la General Motors, a cui v'approdò chiamato dal "capo" Semon Knudsen.

In GM, De Lorean ebbe l'onore di salvare il marchio Pontiac dal passaggio a "miglior vita", grazie ad un radicale cambio d'immagine ottenuto con lo sviluppo e la commercializzazione, nel 1964, della G.T.O., la "madre" di tutte le attuali Pontiac sportiveggianti, che ha permesso al marchio il raggiungimento del terzo posto nella classifica di vendite (prima dell'opera di De Lorean, le Pontiac erano auto da "old woman"). Cinque anni dopo, nel 1969, De Lorean passò a capo della Chevrolet, sulla cui meccanica il suo team lavorò approfonditamente per aumentare il confort complessivo, all'epoca compromesso dall'eccesso di vibrazioni trasmesse al telaio dai propulsori. Il risultato fu il quadruplicamento in pochi anni dei profitti, nell'ambito della divisione Chevrolet. La carriera in GM di John De Lorean apparve inarrestabile: nel '73 era già vice-presidente della divisione auto e "light truck" per il Nord-America.

Purtroppo, divergenze con i vertici della casa americana obbligarono il tecnico di Detroit ad abbandonare la General Motors ed a fondare a Detroit, nel 1975, la De Lorean Motor Company (DMC), che poco dopo si trasferirà ad Irvine, in California.
Ben presto, la DMC, si mise al lavoro per realizzare un'auto di nuova concezione: veloce, tecnologica, comoda e, soprattutto, sicura. Il progetto ebbe inizialmente la denominazione DSV, De Lorean Safety Veichle: un'aerodinamica coupè monoscocca dotata di zone anteriori e posteriori ad assorbimento d'energia, in caso d'urto. Già questo primo studio, a quanto ci risulta realizzato solo sulla carta, mostrava alcune caratteristiche fondamentali dell'auto definitiva: motore posteriore (nel depliant informativo sono indicati propulsori rotativi, V6 e 4 cilindri in linea) da circa 150 - 200 cavalli e porte ad "ala di gabbiano".

Osservando i figurini presenti sulla brochure, la DSV appare molto simile, in alcuni particolari, alla DeTomaso Mangusta, disegnata negli anni '60 da un giovanissimo Giorgetto Giugiaro. Non ci è dato sapere se i figurini presenti sulla brochure della DSV fossero stati realizzati dal papà della Panda, di certo sappiamo che a questi De Lorean si rivolse per definire lo stile definitivo della sua GranTurismo.

Tuttavia lo sviluppo dell'auto procedeva tra mille difficoltà, una su tutte la ricerca di fondi, cui si trovò rimedio grazie alla creazione preventiva di una rete di venditori i quali anticiparono 25.000 USD ciascuno, a favore dello sviluppo dell'auto. Dal punto di vista tecnico, poi, De Lorean era alla ricerca di partner. Dopo vane richieste di collaborazione, una mano la tese Colin Chapman, fondatore e proprietario della Lotus.
Si narra che Chapman non intendesse aiutare De Lorean ma che vi fu obbligato a causa della profonda crisi che attanagliava la sua "scuderia", duramente colpita dai nuovi regolamenti sportivi e dalla profonda crisi che, tra gli anni '70 e i primi anni '80, colpì i piccoli produttori di auto ad elevate prestazioni. John De Lorean garantì un minimo di ossigeno alla Lotus attraverso il versamento, in una delle aziende del gruppo Lotus, tramite una società svizzera, di 12 milioni di Sterline, dovute per il lavoro di engineering della nuova auto.

Ormai siamo alla fine degli anni '70, l'auto, denominata DMC-12, sulla carta era praticamente pronta e restava da stabilire dove far sorgere gli impianti produttivi. Furono varate una serie di alternative, valutate più per convenienza economica che per gli effettivi vantaggi logistici offerti e, tra luoghi improbabili come il Texas o Puerto Rico, la spuntò, grazie ai vantaggi offerti dal governo Britannico, l'Irlanda del Nord. L'impianto produttivo della DMC-12 sarebbe sorto alla periferia di Belfast, luogo assai "poco raccomandabile" a causa della continua guerriglia tra cattolici e protestanti, venticinque anni fa molto più forte e violenta di quanto non lo sia attualmente.
Per ovviare ai problemi che, in un impianto produttivo ubicato in tal sito, sarebbero inevitabilmente sorti, la DMC assunse più di 2500 lavoratori di cui esattamente il 50% cattolici e la restante metà, di religione protestante. Questa mossa, tanto semplice quanto abilissima, permise allo stabilimento DMC di uscire praticamente indenne dagli scontri.

Nel 1980 la DMC-12 era pronta, dai prototipi furono realizzati i primi opuscoli e si stava approntando un esemplare per superare le prove di omologazione statunitensi. L'auto era larga 199 cm e alta appena 114. La lunghezza massima era di 426 cm, insomma appariva "stirata dalla velocità" anche da ferma. Meccanicamente era decisamente diversa rispetto al progetto DSV originario. I tecnici Lotus svilupparono un'auto in cui la monoscocca in acciaio era stata sostituita da un telaio a "doppia Y" con struttura portante per tutti gli organi meccanici, al quale veniva poi fissata la carrozzeria in acciaio inossidabile rigorosamente non verniciato. Il motore era posteriore longitudinale, posizionato a sbalzo oltre il retrotreno e le sospensioni a quadrilatero deformabile anteriormente mentre dietro erano indipendenti e dotate di puntone longitudinale. Il radiatore era posizionato anteriormente, così come il serbatoio di carburante situato nella metà anteriore, in prossimità del baricentro dell'auto. La trasmissione poteva essere manuale a 5 rapporti o automatica a 4. Curiosa la presenza di cerchi di diametro differente (da 14" con canale da 6", avanti e da 15" con canale da 8", dietro).

Ma la vera chicca della DMC-12 sta nel motore... "chicca" si fa per dire, visto che non era un raffinato V12 super potente, come molti voi immagineranno. A spingere la De Lorean c'era un V6 di 2.850 cc. Già a qualcuno dei più attenti questi due dati diranno certamente qualcosa. Sicuramente tutto sarà più chiaro continuando con la descrizione... si trattava, precisamente, del 2848 cc, in configurazione da 130 cv di produzione PRV (Peugeot Renault Volvo), lo stesso motore che è salito a bordo di un bel po' di automobili europee ben più "borghesi" della gt irlandese, tra cui anche la nostra Lancia Thema. La scelta ricadde su questo propulsore dopo aver provato anche un'unità Citroën, giudicata, però, insoddisfacente. Con quest'unità la DMC-12 accelerava da 0 a 60 mph in meno di 8 secondi. Anche la trasmissione manuale a cinque rapporti era prodotta da Renault.

La carrozzeria era particolarmente aerodinamica e mostrava i tratti tipici delle supercar degli anni '70 e '80: linee tese, coda tronca e profilo a cuneo con muso quasi verticale, su cui spiccavano i quattro gruppi ottici rettangolari e il logo stilizzato "DMC". Nella vista di profilo erano evidenti i cerchi in lega leggera, che avevano un disegno "a raggi" somigliante a quello dei cerchi Cromodora adottati qualche anno prima delle Alfa Romeo; e la generale pulizia estetica: c'erano due luci (di cui quella posteriore relativa al vano motore) e un profilo in gomma che incorporava i ripetitori laterali d'ingombro. Le estremità anteriore e posteriore erano in materiale plastico, questo per rispettare le norme americane, che prevedevano paraurti ad assorbimento d'energia, senza però stravolgere l'estica dell'auto. La coda mostrava un lunotto dotato di "veneziana" e due grossi gruppi ottici - caratterizzati da una rifinitura a griglia a maglie quadrangolari - tra i quali s'inseriva la targa. La fascia in gomma nera antigraffio mostrava, all'estremità sinistra, il logo "De Lorean" inciso. In basso alcune minuscole feritoie (le uniche posteriori) per lo sfogo dell'aria calda e i due - relativamente - piccoli tubi di scarico. I cristalli delle portiere, che nel prototipo di "preserie" erano scorrevoli, divennero divisi in due porzioni di cui solamente la più piccola discendente. Questa scelta derivò dal particolare profilo della porta, molto rastremato sia in alto che in basso, che non avrebbe mai permesso la completa discesa dell'intero vetro.

L'abitacolo, per due sole persone "e una sacca da golf", era completamente rivestito di pelle - nera o grigia - e mostrava una plancia perfettamente allineata con le contemporanee tendenze del design. La componentistica, anch'essa di derivazione francese, dava al cruscotto un'aria vagamente "familiare" a quella degli omologhi Renault. La dotazione di serie comprendeva autoradio, climatizzatore, vetri e specchi retrovisori elettrici e gli interni in pelle: il tutto ad un costo di circa 28.000 USD. I primi acquirenti della DMC-12 versarono la caparra di prenotazione senza, di fatto, sapere quanto sarebbe costata l'auto e quando sarebbe stata consegnata.

La produzione partì nel 1981 e uno dei principali problemi fu il mantenimento degli standard qualitativi previsti. Purtroppo, la clientela americana è "parecchio sensibile" a certe caratteristiche, inoltre era posto l'accento sulle minori prestazioni della DMC-12 rispetto a sportive molto più economiche come la Corvette. De Lorean faticò non poco a guadagnarsi la fiducia dei consumatori, giocando soprattutto sulla presenza di elementi come, ad esempio, un certificato d'archiviazione, in cui v'erano le firme dei responsabili di produzione.

Nel 1981, primo anno di produzione della DMC-12, dallo stabilimento irlandese uscirono 6.539 esemplari i quali fecero della DMC l'unico produttore automobilistico inglese a maturare profitti. L'anno successivo le vendite calarono improvvisamente e, con altrettanta celerità, l'azienda di John De Lorean sprofondò nella più nera delle crisi. Mentre il governo britannico cercava, con i metodi consentitigli, di salvare l'azienda, John Zachary De Lorean fu coinvolto nelle indagini relative ad un traffico di stupefacenti, e fu arrestato con l'accusa di traffico di droga. Intanto nel 1982 uscirono dalle linee solo 1126 DMC-12 e l'anno successivo, ultimo anno di produzione, furono ultimati appena 918 esemplari.

Le indagini, intanto, s'allargarono anche alle attività economiche di De Lorean - che nel frattempo aveva acquisito anche la Logan, produttrice di spazzaneve - e coinvolsero anche Colin Chapman, che proprio nel 1982 morì stroncato da un infarto. Iniziò una lunga serie di cause e di processi giudiziari che s'esaurirà solo nel 1999. Oggi John De Lorean è libero, vive in un ranch in New Jersey e "voci di corridoio" dicono che stia preparando una nuova GranTurismo.
La DMC, dal canto suo, smise la produzione dopo aver realizzato anche tre DMC-12 placcate oro (su una produzione preventivata di 100 esemplari di questo tipo), con rifinute esterne beige e gli interni in pelle della stessa tinta, due sole delle quali vendute ad 85.000 USD tramite il catalogo natalizio dell'American Express. Oltre alla DMC-12, nel periodo '78 - '81 la DMC realizzo anche il DMC-80, un prototipo di autobus urbano, mai entrato in produzione e realizzato con criteri d'avanguardia.



































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Old 17-03-2004, 11:57   #2
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Lo voglio anch'io il flusso canalizzatore !!! grrrrrrande Giove !!
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Ci sono sempre dei pazzi (anche qua in italia) che hanno la mitica delorean!
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quel coupe' d'Irlanda, a parer mio, non era granche'.
E arrivava al massimo a 140 kmh.
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E arrivava al massimo a 140 kmh.

e ci credo...probabilmente pesava come un camion...
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Old 17-03-2004, 13:00   #9
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e ci credo...probabilmente pesava come un camion...
Si, però raggiunte le 80 miglia orarie viaggiava a curvatura
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Old 17-03-2004, 13:08   #10
jappilas
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Originariamente detto da Doc in "Back to the Future"

Visto che si doveva costruire una macchina del tempo con un' automobile, tanto valeva usare una bella automobile
per forza... che macchina del tempo sarebbe se no?

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Originariamente inviato da maxsona
Si, però raggiunte le 80 miglia orarie viaggiava a curvatura
88 Mph per la precisione

e ricordate... ocorrono 1 (virgola) 21 Gigowatt di elettricità per innescare la reazione nucleare e permettere il viaggio nel tempo

PS: lo voglio anch'io il telecomando per guidare la macchina (vera)a distanza
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Old 17-03-2004, 13:33   #11
dr-omega
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Pensa un po' che meraviglia.
Ed io che sono sempre stato convinto che la dmc-12 era un incrocio malriuscito tra una alfasud ed un' arna...
Non vedo l'ora che il fondatore se ne esca con un altro veicolo d'avanguardia.
Magari Beppe Grillo lo pubblicizzerà!
Io inivio già a mettere via la paghetta...
dr-omega è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2004, 13:40   #12
SPhinX
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