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Old 21-04-2009, 12:04   #1
AccadueO
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Il lavoro in carcere riduce costi e recidiva

"La delinquenza è, si ripete spesso, un costo per la collettività. La prevenzione determina spese, il reato provoca danni, il mantenimento dei carceri costa. Eppure ci sono realtà, per limitare l’attenzione in questa sede al circuito della pena in carcere, in cui questi oneri sono abbattuti: il tasso di recidiva è inferiore e le spese sono dimezzate. Uno dei segreti che consentono questo apparente miracolo è il lavoro."

http://www.radiocarcere.com/index.ph...sk=view&id=282
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Old 21-04-2009, 12:22   #2
GianoM
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Ma postiamo anche il resto dell'articolo.

Ce lo dicono sia l’esperienza concreta, sia alcuni dati statistici. Sotto il primo aspetto, a fronte di una quota di soggetti che, per pigrizia o cultura, trovano conveniente delinquere e delinquerebbero comunque, sta una quota, nettamente superiore, di soggetti che delinquono perché non conoscono alternativa. Esiste una differenza radicale tra il detenuto lavorante e quello oziante. Una differenza fisica, morale, criminologica, e anche finanziaria nettissima. Il detenuto che lavora ha ricominciato a prendersi cura si sé e degli altri, non dipende dagli altri (dal compagno importante in carcere, dalla vittima in libertà), intravede una via diversa per il domani.

La pena penitenziaria , inflitta a chi nel momento della esecuzione non appariva avere adeguate prospettive esterne, deve essere un crocevia: a) deve servire a distinguere tra chi vuole delinquere di chi è costretto a farlo; b) favorire se possibile il passaggio dalla prima alla seconda e non viceversa; c) far intendere al condannato la possibilità di guadagnarsi una vita diversa. La bontà di questa strada pare confermata dai dati di Radiocarcere: ci sono esperienze ove a una larga ammissione dei detenuti a esperienze di lavoro, anche esterno, la recidiva si mantiene estremamente bassa (si vedano i dati di Bollate, da cui risultano 3 sole revoche di lavoro esterno, su 220 ammessi).

Tali benefici effetti si apprezzano anche sotto il versante finanziario. Si confrontino i dati di Favignana (che, dai dati fornitimi, risulta ricoverare 84 detenuti, impiega 85 unità di polizia e 20 operatori e ha una scarsa offerta di lavoro, per un costo pro capite giornaliero di 300 euro) con quelli della Gorgona (che gli stessi dati dicono accoglie 62 detenuti, 50 agenti e un educatore, con ricche offerte lavorative, per un costo di 170 euro). E lo stesso si potrebbe ripetere per lo studio, con gli esempi virtuosi dei circuiti alfabetizzazione – scuole secondarie – polo universitario, di realtà come Alessandria e Torino.

Lavoro e studio determinano circuiti esclusivamente virtuosi: condizioni di vita più umane, maggiore sicurezza del carcere, minori costi, tassi di recidiva nettamente inferiori. Stupiscono due cose, allora. La prima è che di queste realtà poco si sappia, fuori dal circuito degli addetti ai lavori. Eppure il controllo sociale sulla efficacia della pena è un tema di grande interesse collettivo: non coinvolge solo le decine di migliaia di autori di reati e le centinaia di migliaia di vittime, ma ciascuno di noi.

Si pensi a quanti gesti del nostro quotidiano sono, in realtà, indotti dal timore di subire reati, quante ansie e costi ciò ci determini in ogni ora della nostra vita. Invece all’opinione pubblica sono forniti solo i dati, contraddittori e parziali, di una pena disumana nelle condizioni di sovraffollamento e inefficace, quando ciclicamente cade sotto i riflettori un caso di grave recidiva.

La seconda è che queste realtà positive non riescono ad uscire dalla riserva indiana dei Progetti Pilota, delle Fasi Sperimentali, delle Realtà di Eccellenza. E’ la tragica realtà dell’Italia, un Paese che si regge sull’eroismo dei singoli più che sulla qualità delle istituzioni, sulla vocazione di missionari più che su una burocrazia efficace e progettuale. Un paese dove a far funzionare le cose in modo civile devi esser santo, navigatore o poeta, perché, se non sei un eroe, chi te la fa fare di prenderti una responsabilità?


Come si nota, tutto cià è ben lontano da lavori forzati in miniera, mettiamolo in carcere e buttiamo la chiave, e fantasie erotiche simili. Riabilitazione unica via e realtà.
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Old 21-04-2009, 12:26   #3
Fil9998
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ma vhà ?
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Old 21-04-2009, 12:28   #4
AccadueO
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Ce lo dicono sia l’esperienza concreta, sia alcuni dati statistici. Sotto il primo aspetto, a fronte di una quota di soggetti che, per pigrizia o cultura, trovano conveniente delinquere e delinquerebbero comunque, sta una quota, nettamente superiore, di soggetti che delinquono perché non conoscono alternativa. Esiste una differenza radicale tra il detenuto lavorante e quello oziante. Una differenza fisica, morale, criminologica, e anche finanziaria nettissima. Il detenuto che lavora ha ricominciato a prendersi cura si sé e degli altri, non dipende dagli altri (dal compagno importante in carcere, dalla vittima in libertà), intravede una via diversa per il domani.

La pena penitenziaria , inflitta a chi nel momento della esecuzione non appariva avere adeguate prospettive esterne, deve essere un crocevia: a) deve servire a distinguere tra chi vuole delinquere di chi è costretto a farlo; b) favorire se possibile il passaggio dalla prima alla seconda e non viceversa; c) far intendere al condannato la possibilità di guadagnarsi una vita diversa. La bontà di questa strada pare confermata dai dati di Radiocarcere: ci sono esperienze ove a una larga ammissione dei detenuti a esperienze di lavoro, anche esterno, la recidiva si mantiene estremamente bassa (si vedano i dati di Bollate, da cui risultano 3 sole revoche di lavoro esterno, su 220 ammessi).

Tali benefici effetti si apprezzano anche sotto il versante finanziario. Si confrontino i dati di Favignana (che, dai dati fornitimi, risulta ricoverare 84 detenuti, impiega 85 unità di polizia e 20 operatori e ha una scarsa offerta di lavoro, per un costo pro capite giornaliero di 300 euro) con quelli della Gorgona (che gli stessi dati dicono accoglie 62 detenuti, 50 agenti e un educatore, con ricche offerte lavorative, per un costo di 170 euro). E lo stesso si potrebbe ripetere per lo studio, con gli esempi virtuosi dei circuiti alfabetizzazione – scuole secondarie – polo universitario, di realtà come Alessandria e Torino.

Lavoro e studio determinano circuiti esclusivamente virtuosi: condizioni di vita più umane, maggiore sicurezza del carcere, minori costi, tassi di recidiva nettamente inferiori. Stupiscono due cose, allora. La prima è che di queste realtà poco si sappia, fuori dal circuito degli addetti ai lavori. Eppure il controllo sociale sulla efficacia della pena è un tema di grande interesse collettivo: non coinvolge solo le decine di migliaia di autori di reati e le centinaia di migliaia di vittime, ma ciascuno di noi.

Si pensi a quanti gesti del nostro quotidiano sono, in realtà, indotti dal timore di subire reati, quante ansie e costi ciò ci determini in ogni ora della nostra vita. Invece all’opinione pubblica sono forniti solo i dati, contraddittori e parziali, di una pena disumana nelle condizioni di sovraffollamento e inefficace, quando ciclicamente cade sotto i riflettori un caso di grave recidiva.

La seconda è che queste realtà positive non riescono ad uscire dalla riserva indiana dei Progetti Pilota, delle Fasi Sperimentali, delle Realtà di Eccellenza. E’ la tragica realtà dell’Italia, un Paese che si regge sull’eroismo dei singoli più che sulla qualità delle istituzioni, sulla vocazione di missionari più che su una burocrazia efficace e progettuale. Un paese dove a far funzionare le cose in modo civile devi esser santo, navigatore o poeta, perché, se non sei un eroe, chi te la fa fare di prenderti una responsabilità?


Come si nota, tutto cià è ben lontano da lavori forzati in miniera, mettiamolo in carcere e buttiamo la chiave, e fantasie erotiche simili. Riabilitazione unica via e realtà.
Sono perfettamente d'accordo.
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Old 21-04-2009, 12:32   #5
Gos
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Ce lo dicono sia l’esperienza concreta, sia alcuni dati statistici. Sotto il primo aspetto, a fronte di una quota di soggetti che, per pigrizia o cultura, trovano conveniente delinquere e delinquerebbero comunque, sta una quota, nettamente superiore, di soggetti che delinquono perché non conoscono alternativa. Esiste una differenza radicale tra il detenuto lavorante e quello oziante. Una differenza fisica, morale, criminologica, e anche finanziaria nettissima. Il detenuto che lavora ha ricominciato a prendersi cura si sé e degli altri, non dipende dagli altri (dal compagno importante in carcere, dalla vittima in libertà), intravede una via diversa per il domani.

La pena penitenziaria , inflitta a chi nel momento della esecuzione non appariva avere adeguate prospettive esterne, deve essere un crocevia: a) deve servire a distinguere tra chi vuole delinquere di chi è costretto a farlo; b) favorire se possibile il passaggio dalla prima alla seconda e non viceversa; c) far intendere al condannato la possibilità di guadagnarsi una vita diversa. La bontà di questa strada pare confermata dai dati di Radiocarcere: ci sono esperienze ove a una larga ammissione dei detenuti a esperienze di lavoro, anche esterno, la recidiva si mantiene estremamente bassa (si vedano i dati di Bollate, da cui risultano 3 sole revoche di lavoro esterno, su 220 ammessi).

Tali benefici effetti si apprezzano anche sotto il versante finanziario. Si confrontino i dati di Favignana (che, dai dati fornitimi, risulta ricoverare 84 detenuti, impiega 85 unità di polizia e 20 operatori e ha una scarsa offerta di lavoro, per un costo pro capite giornaliero di 300 euro) con quelli della Gorgona (che gli stessi dati dicono accoglie 62 detenuti, 50 agenti e un educatore, con ricche offerte lavorative, per un costo di 170 euro). E lo stesso si potrebbe ripetere per lo studio, con gli esempi virtuosi dei circuiti alfabetizzazione – scuole secondarie – polo universitario, di realtà come Alessandria e Torino.

Lavoro e studio determinano circuiti esclusivamente virtuosi: condizioni di vita più umane, maggiore sicurezza del carcere, minori costi, tassi di recidiva nettamente inferiori. Stupiscono due cose, allora. La prima è che di queste realtà poco si sappia, fuori dal circuito degli addetti ai lavori. Eppure il controllo sociale sulla efficacia della pena è un tema di grande interesse collettivo: non coinvolge solo le decine di migliaia di autori di reati e le centinaia di migliaia di vittime, ma ciascuno di noi.

Si pensi a quanti gesti del nostro quotidiano sono, in realtà, indotti dal timore di subire reati, quante ansie e costi ciò ci determini in ogni ora della nostra vita. Invece all’opinione pubblica sono forniti solo i dati, contraddittori e parziali, di una pena disumana nelle condizioni di sovraffollamento e inefficace, quando ciclicamente cade sotto i riflettori un caso di grave recidiva.

La seconda è che queste realtà positive non riescono ad uscire dalla riserva indiana dei Progetti Pilota, delle Fasi Sperimentali, delle Realtà di Eccellenza. E’ la tragica realtà dell’Italia, un Paese che si regge sull’eroismo dei singoli più che sulla qualità delle istituzioni, sulla vocazione di missionari più che su una burocrazia efficace e progettuale. Un paese dove a far funzionare le cose in modo civile devi esser santo, navigatore o poeta, perché, se non sei un eroe, chi te la fa fare di prenderti una responsabilità?


Come si nota, tutto cià è ben lontano da lavori forzati in miniera, mettiamolo in carcere e buttiamo la chiave, e fantasie erotiche simili. Riabilitazione unica via e realtà.
quoto al 100%.
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Old 21-04-2009, 12:42   #6
sider
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Affidare la manutenzione e l'ampliamento delle carceri agli stessi carcerati.
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Old 21-04-2009, 12:50   #7
ConteZero
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Affidare la manutenzione e l'ampliamento delle carceri agli stessi carcerati.
Avremmo le prime carceri con tunnel di fuga incorporati (basta poco, basta cambiare la miscela delle pareti che si vogliono far collassare).
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A casa ho almeno sette PC, in firma non ci stanno
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Old 21-04-2009, 12:51   #8
Dream_River
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Ce lo dicono sia l’esperienza concreta, sia alcuni dati statistici. Sotto il primo aspetto, a fronte di una quota di soggetti che, per pigrizia o cultura, trovano conveniente delinquere e delinquerebbero comunque, sta una quota, nettamente superiore, di soggetti che delinquono perché non conoscono alternativa. Esiste una differenza radicale tra il detenuto lavorante e quello oziante. Una differenza fisica, morale, criminologica, e anche finanziaria nettissima. Il detenuto che lavora ha ricominciato a prendersi cura si sé e degli altri, non dipende dagli altri (dal compagno importante in carcere, dalla vittima in libertà), intravede una via diversa per il domani.

La pena penitenziaria , inflitta a chi nel momento della esecuzione non appariva avere adeguate prospettive esterne, deve essere un crocevia: a) deve servire a distinguere tra chi vuole delinquere di chi è costretto a farlo; b) favorire se possibile il passaggio dalla prima alla seconda e non viceversa; c) far intendere al condannato la possibilità di guadagnarsi una vita diversa. La bontà di questa strada pare confermata dai dati di Radiocarcere: ci sono esperienze ove a una larga ammissione dei detenuti a esperienze di lavoro, anche esterno, la recidiva si mantiene estremamente bassa (si vedano i dati di Bollate, da cui risultano 3 sole revoche di lavoro esterno, su 220 ammessi).

Tali benefici effetti si apprezzano anche sotto il versante finanziario. Si confrontino i dati di Favignana (che, dai dati fornitimi, risulta ricoverare 84 detenuti, impiega 85 unità di polizia e 20 operatori e ha una scarsa offerta di lavoro, per un costo pro capite giornaliero di 300 euro) con quelli della Gorgona (che gli stessi dati dicono accoglie 62 detenuti, 50 agenti e un educatore, con ricche offerte lavorative, per un costo di 170 euro). E lo stesso si potrebbe ripetere per lo studio, con gli esempi virtuosi dei circuiti alfabetizzazione – scuole secondarie – polo universitario, di realtà come Alessandria e Torino.

Lavoro e studio determinano circuiti esclusivamente virtuosi: condizioni di vita più umane, maggiore sicurezza del carcere, minori costi, tassi di recidiva nettamente inferiori. Stupiscono due cose, allora. La prima è che di queste realtà poco si sappia, fuori dal circuito degli addetti ai lavori. Eppure il controllo sociale sulla efficacia della pena è un tema di grande interesse collettivo: non coinvolge solo le decine di migliaia di autori di reati e le centinaia di migliaia di vittime, ma ciascuno di noi.

Si pensi a quanti gesti del nostro quotidiano sono, in realtà, indotti dal timore di subire reati, quante ansie e costi ciò ci determini in ogni ora della nostra vita. Invece all’opinione pubblica sono forniti solo i dati, contraddittori e parziali, di una pena disumana nelle condizioni di sovraffollamento e inefficace, quando ciclicamente cade sotto i riflettori un caso di grave recidiva.

La seconda è che queste realtà positive non riescono ad uscire dalla riserva indiana dei Progetti Pilota, delle Fasi Sperimentali, delle Realtà di Eccellenza. E’ la tragica realtà dell’Italia, un Paese che si regge sull’eroismo dei singoli più che sulla qualità delle istituzioni, sulla vocazione di missionari più che su una burocrazia efficace e progettuale. Un paese dove a far funzionare le cose in modo civile devi esser santo, navigatore o poeta, perché, se non sei un eroe, chi te la fa fare di prenderti una responsabilità?


Come si nota, tutto cià è ben lontano da lavori forzati in miniera, mettiamolo in carcere e buttiamo la chiave, e fantasie erotiche simili. Riabilitazione unica via e realtà.
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Old 21-04-2009, 12:53   #9
sider
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Avremmo le prime carceri con tunnel di fuga incorporati (basta poco, basta cambiare la miscela delle pareti che si vogliono far collassare).
Insomma....dai..... leggete troppi romanzi.
Il cemento arriva già pronto per la colata, poi dovrebbero fare i muratoro-operai-idraulici, non gli ingegneri, geometro o capimastri...
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Old 21-04-2009, 12:59   #10
29Leonardo
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Avremmo le prime carceri con tunnel di fuga incorporati (basta poco, basta cambiare la miscela delle pareti che si vogliono far collassare).
Hai vistro troppe puntate di prison break
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Old 21-04-2009, 13:31   #11
ConteZero
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Insomma....dai..... leggete troppi romanzi.
Il cemento arriva già pronto per la colata, poi dovrebbero fare i muratoro-operai-idraulici, non gli ingegneri, geometro o capimastri...
Il cemento và mischiato con acqua e sabbia (e ghiaia)...
...si esagera con la sabbia ed otteniamo il cemento "molle".
__________________
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Old 21-04-2009, 13:33   #12
sider
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Il cemento và mischiato con acqua e sabbia (e ghiaia)...
...si esagera con la sabbia ed otteniamo il cemento "molle".
Guarda che arriva pronto con la betoniera, lo pompano direttamente facendo la gettata . Per grosse installazioni non si fa più sul posto.
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Old 21-04-2009, 13:37   #13
luckyluke5
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Come si nota, tutto cià è ben lontano da lavori forzati in miniera, mettiamolo in carcere e buttiamo la chiave, e fantasie erotiche simili. Riabilitazione unica via e realtà.
piccolo dettaglio: vogliamo dire che i carcerati non sono tutti uguali? nell'articolo si guardano bene dallo specificare i soggetti coinvolti, come mai?
io ribadisco che sono d'accordo sulla finalità della pena, ma non che si possa applicare a cuor leggero a tutti
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Solo i morti e gli stupidi non cambiano mai idea (James Russel Lowell)

Vuoi capire qualcosa? Bene, chiudi la bocca ed apri le orecchie (luckyluke5)
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Old 21-04-2009, 13:52   #14
ConteZero
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Guarda che arriva pronto con la betoniera, lo pompano direttamente facendo la gettata . Per grosse installazioni non si fa più sul posto.
Si, ma se devono lavorare i carcerati la betoniera chi la mette ?
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Old 21-04-2009, 14:08   #15
dave4mame
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Città: Verona... finchè non mi buttano fuori :D
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edit
(già fatto notare)
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Old 21-04-2009, 14:41   #16
GianoM
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piccolo dettaglio: vogliamo dire che i carcerati non sono tutti uguali? nell'articolo si guardano bene dallo specificare i soggetti coinvolti, come mai?
io ribadisco che sono d'accordo sulla finalità della pena, ma non che si possa applicare a cuor leggero a tutti
OK, non sono tutti uguali. Embè?

In base ai tipi di carcerati seguiranno riabilitazioni diverse, ma sempre di riabilitazione si deve parlare.
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Old 21-04-2009, 14:44   #17
Scalor
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Guarda che arriva pronto con la betoniera, lo pompano direttamente facendo la gettata . Per grosse installazioni non si fa più sul posto.
Basta che arrivino li con un pacchetto di sale o acqua salata.

ricordiamoci che i carcerati non sono tutti uguali, c'è chi ruba al superercato, furtarelli per mangiare e c'è invece chi compie omicidi , rapine per farsi la bella vita, magari i primi riesci a recuperarli, i secondi ho moolti dubbi.
basterebbe mettere un po piu di serietà nelle pene, meno domiciliari, niente sconti, buone uscite indulti ma sopratutto la rimanenza inc arcere finquando non si ha risarcito i danni causati alla vittima e vedrete che subito ci sarà un aumento ma nel lungo periodo la popolazione carceraria diminuirà di parecchio prima di compiere un reato il potenziale delinquente ci penserà 2 se non 3 volte.
Scalor è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 21-04-2009, 14:57   #18
luckyluke5
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Originariamente inviato da GianoM Guarda i messaggi
OK, non sono tutti uguali. Embè?

In base ai tipi di carcerati seguiranno riabilitazioni diverse, ma sempre di riabilitazione si deve parlare.
è che io continuo a non considerare questo aspetto come un semplice dettaglio

per cercare di capire: tu credi che un pluriomicida (ma ci sono altri tipi di criminali per i quali possiamo fare la stessa domanda) possa essere recuperato con un pò di anni di carcere e di lavoro?
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Old 21-04-2009, 15:07   #19
GianoM
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per cercare di capire: tu credi che un pluriomicida (ma ci sono altri tipi di criminali per i quali possiamo fare la stessa domanda) possa essere recuperato con un pò di anni di carcere e di lavoro?
A parte casi eccezionali, no. Guarda caso quella non è il modo di riabilitare un pluriomicida. Quindi domanda retorica.
GianoM è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 21-04-2009, 15:15   #20
luckyluke5
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Originariamente inviato da GianoM Guarda i messaggi
A parte casi eccezionali, no. Guarda caso quella non è il modo di riabilitare un pluriomicida. Quindi domanda retorica.
si vabbeh, la domanda retorica, bla bla bla, e la risposta? vuota, come sempre

se sostieni una tesi, di fronte ad una domanda specifica, dovresti argomentare, non eludere

fa niente, nulla di nuovo

grazie comunque
__________________
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Vuoi capire qualcosa? Bene, chiudi la bocca ed apri le orecchie (luckyluke5)
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