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Old 07-07-2006, 09:35   #1
indelebile
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Libero di infamare

http://www.corriere.it/Primo_Piano/C...07/sismi.shtml

Si voleva spostare l'inchiesta giudiziaria Brescia Falsi su Prodi, fascicoli sui pm. Ecco i dossier segreti del Sismi Migliaia di file e carte negli armadi custoditi nell'attico di via Nazionale a Roma

ROMA - L'attuale presidente del Consiglio, Romano Prodi. L'ex presidente dell'Associazione nazionale magistrati, Edmondo Bruti Liberati. E molti altri pm come Stefano Dambruoso, il primo ad aprire l'inchiesta sul sequestro del suo indagato Abu Omar. Ecco le prime vittime accertate delle variegate attività che gli inquirenti etichettano come «disinformazione», «inquinamento delle indagini», «dossieraggio» e «spionaggio abusivo».

Principale accusato è Pio Pompa, il dipendente del Sismi, fedelissimo del generale comandante Niccolò Pollari, che gestiva l'ufficio del servizio segreto militare scoperto dagli inquirenti milanesi in via Nazionale 230, nel palazzo di fronte alla questura di Roma. Negli armadi pieni di carte e materiale informatico, che ora sono sotto sequestro, magistrati e polizia hanno trovato numerosi fascicoli personali intestati a giornalisti e soprattutto a magistrati considerati «nemici» del Sismi. Tra documenti e computer (almeno 5) è spuntato anche il dossier contro Prodi che l'agente Pompa avrebbe inviato ai due giornalisti di Libero ora indagati per favoreggiamento dei sequestratori di Abu Omar.
Il vicedirettore del quotidiano, Renato Farina, sarebbe stato anche pagato dal Sismi: nell'archivio segreto gestito da Pompa sono state trovate le ricevute di almeno due versamenti, che il giornalista firmava con il suo nome in codice di informatore «Betulla». Le somme: 2.000 e 5.000 euro, che per gli inquirenti sono l'indizio di un rapporto «stabile, organico e, dunque, retribuito», col Servizio segreto. Un esempio? Il 9 giugno scorso Libero annuncia «rivelazioni» in prima pagina: sarebbe stato Prodi, quand'era presidente della Commissione europea, ad autorizzare i voli segreti della Cia in Italia. L'articolo è firmato da Farina e dal redattore Claudio Antonelli, che obbedisce al primo (sentendosi presentare al Sismi come «il mio uomo») e che ieri ha concesso ai pm un interrogatorio che è stato segretato. L'accusa a Prodi non ha trovato alcuna conferma nelle indagini internazionali.
Ma nell'ufficio di via Nazionale gli inquirenti milanesi hanno trovato l'originale del dossier trasmesso da Pompa a Farina, che corrisponde esattamente all'articolo poi pubblicato, quando Prodi era già presidente del Consiglio. Un altro obiettivo dell'attività sotterranea degli uomini del Sismi intorno al rapimento di Abu Omar era spostare l'indagine da Milano a Brescia. Come? Tentando di coinvolgere nella vicenda l'ex pm milanese Stefano Dambruoso, titolare dell'inchiesta sul sequestro fino alla primavera del 2004. Secondo la ricostruzione degli attuali pm, l'incontro del 22 maggio scorso tra Renato Farina e i procuratori aggiunti Spataro e Pomarici, avvenuto «simulando un interesse meramente giornalistico», seguiva un preciso disegno: «Porre specifici quesiti (suggeriti da Pompa al giornalista) in modo da poter apprezzare il grado di conoscenza degli inquirenti sul coinvolgimento del Sismi nella vicenda». E soprattutto «sviare gli accertamenti» della Procura fornendo ai pm «false informazioni (anche in questo caso suggerite al giornalista dal Pompa) circa presunte responsabilità organizzative nel sequestro del dr. Stefano Dambruoso e del personale della Digos di Milano».
Qualunque accertamento sull'ex inquirente milanese avrebbe costretto i magistrati a cedere l'inchiesta ai loro colleghi di Brescia. Nello stesso atto d'accusa notificato a Farina e Pompa, inoltre, si sostiene che «sempre il Pompa suggeriva a vari altri giornalisti con i quali era in stretto contatto la pubblicazione di articoli tendenti ad accreditare l'ipotesi di responsabilità del dr. Dambruoso e della Digos di Milano nell'organizzazione del sequestro». Nell'ufficio di Pompa, gli investigatori hanno trovato anche i due «rapporti» trasmessi da Farina e dal suo redattore sul colloquio con Spataro e Pomarici, che si aprì con queste domande: «Il Sismi c'entra col sequestro di Abu Omar? Voi che cosa ne sapete?».
Giovanni Bianconi
Paolo Biondani


Complimenti a libero e al cellino Farina
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Old 07-07-2006, 09:38   #2
indelebile
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Il documento contraffatto fornito dal funzionario Pompa
al vicedirettore Farina e finito su Libero
Quella patacca del Sismi
per infangare Prodi
Da un falso l'accusa di aver dato l'ok alla Cia

di GIUSEPPE D'AVANZO


Romano Prodi
In questa storia del sequestro illegale di Abu Omar, di azioni storte del Sismi, di dossier abusivi, di disinformazione, della sprovvedutezza del suo direttore (quel benedetto uomo non sa mai nulla di quanto accade fuori e dentro casa sua), il governo si muove - nelle prime ore - come un estraneo in una stanza buia. Si agita. Cerca, a braccia protese, un muro a cui appoggiarsi. Lo trova. Non se ne fida. Cerca un'altra posizione. Senza farla tanto lunga, pare di poter dire che Romano Prodi, all'annuncio della bufera che soffia sulla nostra intelligence, non trovi subito il passo giusto. Non immagina dove si trova, con chi si trova e perché.

Appare incerto sul da farsi. Le sortite del governo ne pagano il prezzo. Ieri, Palazzo Chigi ha "ribadito la propria fiducia nelle lealtà istituzionale delle strutture preposte alla garanzia della sicurezza nazionale".
Il nuovo giorno registra una correzione di rotta. Il ministro degli Esteri, Massimo D'Alema, sembra avere un ragionevole dubbio: "Mi pare difficile che operazioni di questo genere che vedono coinvolti esponenti di primo piano e servizi siano avvenute totalmente nella inconsapevolezza dell'autorità politica nel suo complesso". Il ministro dell'Interno, Giuliano Amato, ammette che un problema "intelligence", "indubitabilmente", esiste. Il ministro della Difesa, Arturo Parisi, riconosce che "i fatti e il tema sollevato sono di assoluto rilievo e richiedono la massima attenzione". Non è un'inversione di rotta, ma un aggiustamento. C'è chi, nel governo, sostiene che la manovra di correzione si deve soltanto a una maggiore conoscenza delle circostanze e delle fonti di prova raccolte dalla magistratura. Che all'atto di responsabile, "doverosa", fiducia istituzionale di ieri segue la maggiore attenzione ai fatti di una storia che nel sequestro illegale del cittadino egiziano trova soltanto uno dei suoi capitoli. Il più serio, forse, perché interpella la sovranità nazionale, la trasparenza dei rapporti con l'alleato americano, i diritti umani. Ma non è il solo, non è il più inquietante.
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C'è un altro capitolo che interroga la qualità della nostra democrazia e chiede di comprendere meglio la funzione, le responsabilità, il programma dell'"ufficio riservato" del Sismi di via Nazionale 230. Undici stanze all'attico. Cinque computer. Una babele di file, dossier, faldoni, appunti sparsi. Schede su magistrati, politici, giornalisti. Per esempio, analisi sul "confronto politico" nell'Associazione nazionale magistrati nel primo anno del governo Berlusconi, con una minuziosa biografia di Edmondo Bruti Liberati, poi presidente del sindacato delle toghe.

L'"ufficio riservato" ha un solo inquilino, Pio Pompa. Vive quasi come un segregato, un "clandestino" nell'appartamento di proprietà dell'intelligence, ma ha un ruolo nevralgico. Pompa è il funzionario del Sismi addetto alla disinformazione, alla diffamazione, alla raccolta di informazioni "sporche". Tiene i contatti con una rosa di giornalisti disponibili ad ascoltare le sue "favole" o la sua "scienza". Di tanto in tanto, chiede loro un piccolo favore; un'indiscrezione redazionale; un'analisi addomesticata; una soffiata su che cosa questo o quello dice o fa o vuole fare, magari qualche notizia manipolata nelle cronache, e che il titolo sia bello in grosso, meglio se in prima pagina.
Con altri, ha rapporti "strutturali" e organici, come con Renato Farina, vicedirettore di Libero, nome in codice "Betulla", ingaggiato e retribuito dal Sismi (nell'attico di via Nazionale sono state sequestrate ricevute di pagamento). In questo caso, Pio Pompa chiede con decisione, ordina con cortesia qualche maligno "servizietto". Invita "Betulla" ad andare dai pubblici ministeri, a capire se hanno in mano prove importanti contro gli uomini dell'intelligence. Gli chiede di suggerire ai magistrati, vantando la "dritta" di una presunta "fonte riservata", di muoversi intorno alla Digos di Milano: potrebbero essere stati loro, i poliziotti, i complici della Cia, anzi sono stati certamente loro in combutta con un sostituto procuratore.

"Betulla" obbedisce. Chiede un incontro ai magistrati. Fa il suo lavoro grigio. Poi relaziona: "Secondo me, quelli non hanno nulla in mano". Ora, disposta l'operazione, incassata l'informazione, a chi riferisce Pio Pompa? E' l'unico, l'esclusivo rapporto gerarchico dell'uomo di via Nazionale ad aprire un nuovo fronte: Pompa riferisce soltanto a Nicolò Pollari. Si sentono ogni giorno, più volte al giorno. Il direttore del Sismi è a conoscenza del lavoro della "Fonte Betulla". Ne conosce l'identità. Il prezzo dell'ingaggio. Gli obiettivi, le tattiche, gli interlocutori e i "nemici".

Un nemico di Pio Pompa e di "Fonte Betulla" è Romano Prodi. Giugno di quest'anno. L'uomo di via Nazionale chiede al giornalista di scrivere una cronaca contro il presidente del Consiglio, di afferrare il nome di Prodi e di cacciarlo nella faccenda delle extraordinary rendition come il solo responsabile politico della svendita della sovranità nazionale. "Ti mando un documento, poi ti dico come fare..." dice Pompa a "Betulla". L'articolo è pubblicato venerdì 9 giugno. Pagina 13. Titolo: "Sorpresa, dietro le missioni Cia il visto Prodi". Sommario: "Rivelazione. Gli spostamenti dei servizi americani per catturare terroristi nel Vecchio Continente non sono state avallate da Berlusconi, come sostiene il Consiglio d'Europa, ma dalla commissione guidata dal Professore".
Incipit. "Abbiamo uno scoop...". Ultimo paragrafo. "Siamo allo scoop. La legislazione americana (...) prevede che la Cia operi all'estero anche senza avvertire i Paesi coinvolti, pur ammettendo che (...) si violi la sovranità nazionale. Dunque la Cia ha legalmente operato in Italia dal punto di vista americano. Non ha ottenuto nessun consenso dal Sismi e dal governo (Berlusconi), quando chiese collaborazione nel novembre del 2001. Ma quello che è stato bocciato dall'Italia è stato con un ghirigoro linguistico accettato dalla Commissione europea di Romano Prodi. Ad Atene si incontrarono esponenti del Dipartimento di stato e della Commissione europea. Risultato: la "New Transatlantic Agenda". (...) Di quelle operazioni di sequestro e trasferimento, più che a Berlusconi bisognerebbe chiedere conto alla Commissione Europea".

L'operazione e il metodo di lavoro sono espliciti. Il "creatore di favole" di via Nazionale estrae un documento dal suo archivio. Ne manipola il significato, addirittura la traduzione. Ordina al giornalista ingaggiato di deviare l'attenzione della pubblica opinione e del ceto politico dalle responsabilità del governo Berlusconi e del Sismi alle decisioni di Romano Prodi e agli accordi della commissione europea. "Fonte Betulla" esegue. Il "creatore di favole" appare soddisfatto del suo lavoro mentre conversa con il suo (unico) Capo.

Quel che emerge dall'ufficio riservato di via Nazionale, dalle manovre di Pio Pompa, dall'esclusivo rapporto gerarchico con Nicolò Pollari non ha nulla a che fare con la sicurezza nazionale, con la lotta al terrorismo, con il fango delle "operazioni coperte" che "necessariamente", come stancamente si ripete, incrosta le scarpe delle "barbe finte". Il lavoro del "creatore di favole" e del suo unico padrone ha a che fare con la sicurezza dei cittadini e la lealtà istituzionale come il diavolo con l'acqua santa. L'intelligence non c'entra nulla. Molto c'entra la privata lotta per il potere di un'organizzazione separata e autoreferenziale, capace di mosse abusive, diffamazione, minacce. Liberare il campo da questa tentazione, da questi ricatti è il problema che il governo è chiamato presto a risolvere.

(7 luglio 2006)
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Old 07-07-2006, 09:39   #3
indelebile
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Un attico di undici stanze nel cuore di Roma: qui Pio Pompa
lavorava in stretto contatto con il direttore del Sismi
Tutte le telefonate a Pollari
dal covo della disinformazione
In via Nazionale dossier, ricevute e file sul Nigergate

di CARLO BONINI


Nicolò Pollari
ROMA - Raccontano Pio Pompa come un tipo solitario, metodico. Abruzzese dell'Aquila, cinquantacinque anni, magro, piccolo di statura, una calvizie pronunciata e occhiali da miope. Chi lo pedinava lo osservava puntuale, ogni mattina alle 6.30, uscire da solo per andare a comprarsi i giornali in edicola. Chi lo intercettava su uno dei suoi quattro telefoni, un cellulare e tre fissi, lo ascoltava parlare quotidianamente, con cadenze orarie, con un solo uomo a Forte Braschi: Nicolò Pollari.

Nell'aprile del 2004, era stato il Direttore a volerlo al Sismi, trasformando il suo contratto di consulente in un'assunzione definitiva nei ranghi del Servizio. Pollari aveva scelto Pompa, "analista" in proprio e professore a contratto dell'università di Teramo.

E per Pompa il Sismi era diventato soltanto Pollari. Certo, gli capitava di prendere ordini anche da Marco Mancini, il potente e temuto direttore della prima divisione. Ma da quando, a metà maggio, era caduto in disgrazia, il suo interlocutore era nuovamente solo e soltanto il Direttore. A lui, nel primo pomeriggio del 23 maggio, riferisce che Renato Farina, vicedirettore del quotidiano "Libero", nome in codice "Betulla", ha preso la strada del palazzo di giustizia di Milano per mettere in scena l'intervista posticcia con i procuratori Pomarici e Spataro che serve a misurare lo stato di avanzamento dell'inchiesta sul sequestro di Abu Omar e i suoi approdi. A lui riferisce, la sera stessa, che l'operazione è andata in porto e che "Betulla" ne darà conto con una nota il mattino successivo. Da Pollari ottiene le indicazioni sulla lista di giornalisti da incontrare in ufficio o al ristorante per una colazione durante la quale rifilare le veline cucinate dal Servizio. Siano innocue analisi geo-strategiche o informazioni manipolate attraverso cui avviare campagne di intossicazione, disinformazione o influenza sulle maggiori testate giornalistiche del Paese.
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Pio Pompa vive accampato nelle undici stanze al sesto piano di via Nazionale 230, un appartamento di proprietà del Sismi. Quattro computer perennemente accesi su "siti internet" di interesse, armadi in plastica da quattro soldi, una sola segretaria tuttofare.

Trascorre giornate ammuffite nelle carte. Carte, carte ovunque. Ritagli di giornale, stampate, annotazioni manoscritte, note di servizio, contabilità. Martedì, gli uomini della Digos impiegano quindici ore per mettere mano in quel marasma e infilare in decine di scatoloni il "materiale di interesse". Dicono ci vorranno settimane per venirne a capo, per separare il ciarpame da ciò che conta. Ma qualcosa salta subito all'occhio.
Cominciamo da due ricevute di pagamento. La prima da 2.500 euro, la seconda da 5.000. Nella firma in calce ai due foglietti, una sigla leggibile: "Betulla". Quando si muove, il vicedirettore di "Libero" non lo fa gratis. Anche per questo, le richieste che arrivano dal Direttore attraverso Pompa sono perentorie. Anche per questo le informazioni che "Betulla" gira a via Nazionale sono tempestive, sollecite. L'ultima, un paio di settimane fa. Spataro lascia Milano diretto a New York, per un convegno organizzato dalla New York University. Per "Betulla", che nulla in realtà sa, né di essere intercettato, né che le richieste di arresto per Mancini e Pignero sono all'attenzione del gip, è il segnale che l'inchiesta "è ferma". "Betulla" riferisce, Pompa annota, Pollari viene informato.

Il metodo è sempre lo stesso. E sempre ne rimane traccia scritta. Dopo la pagliacciata del 23 maggio a palazzo di Giustizia con Pomarici e Spataro (registrata da microfoni nascosti nell'ufficio dei due procuratori), il cui incipit provoca tra l'altro l'irrefrenabile ilarità dei due magistrati ("Il Sismi c'entra con Abu Omar?", chiede "Betulla" tanto per girare intorno alla questione), Pompa chiede e ottiene una relazione scritta su quanto ci si è detti in quell'incontro. "Betulla" redige la sua "nota" e promette che altrettanto farà "il suo uomo" che alla finta intervista ha preso parte, il redattore di "Libero" Claudio Antonelli. Il 24 maggio, i due pezzi di carta sono in via Nazionale. Il 5 luglio, la Digos li scova nella montagna di carte che attufa l'appartamento.
C'è davvero di tutto lì dentro. Durante la perquisizione, salta fuori un dossier personale su Edmondo Bruti Liberati, già segretario dell'Associazione nazionale magistrati, oggi procuratore aggiunto di Milano. Ma si inciampa anche in un dossier datato 2001 che mette insieme notizie sugli orientamenti e le possibili mosse della magistratura associata alla vigilia dell'insediamento del nuovo governo Berlusconi.

In una cartellina, sono conservate quattro lettere anonime di cui, tra marzo e aprile scorso, sono state inondate le redazioni di tutti i principali quotidiani italiani. Robaccia che mette insieme piccole calunnie e altrettanto piccole verità, che dovevano soltanto servire a portare lontano l'attenzione dei cronisti che seguivano l'affare Abu Omar dal fuoco dell'inchiesta e, magari, contribuire a intossicarla.

In un armadio, fa capolino uno scatolone con il "dossier Nigergate". Per oltre un anno, i comunicati di palazzo Chigi hanno accusato "Repubblica" che quella storia "è falsa" ed è spia di chi sa quale ossessione, di chi sa quali fantomatici mandanti. Lo scatolone dimostra che è il Sismi a vivere come un'ossessione quell'affare in cui è impicciato mani e piedi e da cui non sa come tirarsi fuori. Anche quello, un "lavoro" commissionato dal Direttore. Come la campagna di aggressione a "Repubblica" che Pompa, su suo incarico, conduce e sorveglia attraverso i giornali "amici": dal "Giornale" all'Unità, da "Libero" al "Riformista", a "Panorama".

Tutta farina della fabbrica della disinformazione di via Nazionale 230. Come la manipolazione infedele che, ai primi di giugno, deve pubblicamente accreditare il falso secondo cui all'origine degli accordi che hanno reso possibili le "consegne straordinarie" e dunque il sequestro Abu Omar c'è un accordo Europa-Stati Uniti siglato quando a presiedere la Commissione era Romano Prodi.

Chi in queste ore lavora all'inventario di questa monumentale opera di dossieraggio, sui singoli come su argomenti politicamente sensibili, insiste che "ci vorrà del tempo". Confida il proprio stupore e segnala che quel che è stato afferrato è solo il bandolo di una matassa di cui non sarà semplice separare tutti i fili. Era da via Nazionale 230 che venivano intercettate le comunicazioni telefoniche di Giuseppe D'Avanzo? E come e con quali strumenti tecnici? Sicuramente è in via Nazionale che, il 12 maggio, Pompa raccoglie l'informazione che i due giornalisti di Repubblica "stanno all'hotel Diana di Milano e stanno a fà la spola con Spataro". Ed è sicuramente quel giorno che la foga di comunicare quell'informazione lo tradisce. Si attacca al telefono per girare l'informazione a Marco Mancini e in quel momento, per la prima volta, gli uomini della Digos in ascolto apprendono dell'esistenza di questo misterioso "Pio".

La sera stessa, i suoi telefoni sono sotto controllo. Per la Procura di Milano, la fabbrica della disinformazione e del controllo illegale di Via Nazionale 230 cessa di essere un segreto. Pompa si trascina dietro "Betulla" e con lui Antonelli e tutti coloro che a lui si sono avvicinati nel tempo. Almeno a partire dall'aprile 2004, quando era diventato l'uomo di Pollari. Giorni magnifici in cui l'ex professore a contratto avvicinava i giornalisti prescelti dal "Capo" annunciato dalla telefonata di un funzionario del Ministero della Difesa. I pm di Milano hanno identificato l'officiante e non è escluso che presto possano rivolgergli la più semplice delle domande. Per ordine di chi faceva quelle telefonate convocando, a palazzo Baracchini, i giornalisti?

Certo, avrebbe potuto e potrebbe spiegarlo lo stesso Pompa. Mercoledì, durante la perquisizione, si era detto pronto "a chiarire tutto". Ieri mattina, giorno del suo interrogatorio, ha cambiato idea. "Mi avvalgo della facoltà di non rispondere", ha detto al pm Spataro.

stranamente su libero ieri e oggi in prima pagina non ho visto notizie su questo fatto
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Old 07-07-2006, 09:40   #4
verloc
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Adesso voglio vedere se l'ordine dei giornalisti prende provvedimenti verso questo infame informatore prezzolato.


ps.Dico infame perchè è un giornalista.
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Old 07-07-2006, 09:50   #5
Tyto82
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Anche su La Repubblica se ne parlava in un'altro articolo: http://www.repubblica.it/2006/07/sez...-scenario.html

Quote:
Pollari non ha saputo, dunque. Non è una novità. Nel corso di questi anni, è capitato spesso al direttore del Sismi di non accorgersi di quel che accadeva nel cortile di casa sua. Qualche esempio. Un gruppo di lestofanti, guidati da un facchino del mercato ortofrutticolo di Brescia, con l'aiutino di un ex collaboratore del Sismi, e documenti falsi e confessioni farlocche, combina la trappola "Telekom Serbjia". Per due mesi tiene sulla griglia, dicendoli "ladri", Prodi e Fassino e il direttore del Sismi non si accorge di nulla. Non vede e non sente.
Ce l'hanno con Prodi da parecchio tempo.

Inoltre è illegale per i servizi segreti ingaggiare i giornalisti, come è stato fatto.

Riporto qua il post fatto nell'altro thread:

http://www.lastampa.it/redazione/cms...7325girata.asp

Quote:
L’uomo Cia dissente
Che non ci fosse più nulla da fare, Marco Mancini, il maresciallo dei carabinieri che aveva fatto una carriera inarrestabile (e misteriosa) dentro il Sismi, fino a diventare direttore della prima divisione, lo deve aver capito tre mesi fa, a inizio aprile, quando succede qualcosa di imprevisto: l’ex capocentro Sismi di Milano, il colonnello Stefano D’Ambrosio, viene interrogato dai magistrati della procura lombarda. A loro racconta: «Nell’ottobre 2002, mi contattò Robert Lady (ex capo Cia di Milano, latitante, ndr) spiegandomi che con uomini del Sismi era in corso un’attività di osservazione per sequestrare Abu Omar.

Io non ne sapevo nulla. Lady dissentiva dall’operazione e mi spiegò le sue ragioni: “Innanzitutto quella casella lasciata vuota sarà occupata immediatamente da qualcun’altro. E poi, so di indagini eccellenti in corso dalla Digos milanese e non credo sia utile rovinarmi i rapporti con loro”». Aggiunse Lady: «“Se tu sei d’accordo con me, fallo capire ai tuoi capi”. A quel punto chiamai Mancini (all’epoca suo superiore gerarchico, ndr), lo incontrai e gli spiegai il discorso di Lady. Lui tacque. Gli chiesi se dovessi informare il generale Pignero, allora direttore della prima divisione. “Ci penso io”, mi disse».

«L’ho fatto per essere assunto al Sismi»
Un passo indietro. Lavorando sul traffico dei cellulari nell’area e nel giorno del sequestro di Abu Omar, gli investigatori milanesi scoprirono un’«utenza» italiana, quella del maresciallo dei carabinieri del Ros, Luciano Pironi. Il quale, sentito dai magistrati lombardi, ha confermato di aver partecipato al sequestro dell’imam milanese: «L’ho fatto per entrare al Sismi. Robert Lady promise di raccomandarmi al capocentro di Milano, il colonnello D’Ambrosio. Che poi, nel dicembre del 2002, mi disse che non mi avrebbe potuto aiutare perché era stato trasferito a Roma».

Era accaduto che una decina di giorni dopo l’incontro con Mancini, il colonnello D’Ambrosio era stato convocato a Roma dal generale Pignero e trasferito, mentre il suo incarico fu rilevato dallo stesso Mancini. In quella occasione, furono trasferiti anche i capicentro di Trieste e Padova. Robert Lady, a sua volta, ricevette una durissima ramanzina dal capo Cia di Roma, Jeff Castelli, che lo invitò a non aver più alcun rapporto con il colonnello D’Ambrosio.

I silenzi di Pignero
Alla fine di maggio, Gustavo Pignero viene sentito dai magistrati milanesi. Secondo la legge, i vertici dei Servizi hanno l’obbligo di riferire all’autorità giudiziaria notizie di reato. Pignero ai magistrati racconta di non aver saputo mai nulla del sequestro di Abu Omar. Sono settimane ad alta tensione: la procura di Milano intercetta diversi funzionari e dirigenti del Sismi. Naturalmente anche Marco Mancini e un alto dirigente, il generale Luciano Seno. Il suo cellulare fa da «ponte» per le comunicazioni tra Pignero e Mancini. Subito dopo essere stato interrogato, i due parlano al cellulare. E Mancini suggerisce a Pignero di farsi interrogare un’altra volta.

Pignero e la pratica « Abu Omar»
Il primo giugno, il generale Pignero fa mettere a verbale: «Jeff Castelli, a dicembre (2002, ndr) mi racconta che la Cia aveva individuato 12, 13 obiettivi operativi, intendo con questo dire che erano “obiettivi” sui quali lavorare per farli arrestare dall’autorità giudiziaria. Do disposizione a Mancini di fare accertamenti su Abu Omar, per valutarne la pericolosità. Alla fine dell’istruttoria mi è stato riferito che Abu Omar era effettivamente pericoloso e oggetto di investigazioni della Digos».

Degli altri obiettivi, Pignero non sa dare indicazioni. E dice ai magistrati di chiedere a Mancini l’elenco degli uomini che fecero l’inchiesta su Abu Omar.

«E’ un casino, è un casino»
Un’ora dopo l’interrogatorio, sempre tramite il cellulare di Seno, Pignero racconta a Mancini l’esito dell’interrogatorio. Convinto, Mancini, che parlando da una cabina telefonica poteva dire tutto. «Guarda - gli dice Pignero - che la procura ti convocherà per i nominativi della squadra che ha fatto l’inchiesta su Abu Omar». Mancini perde le staffe: «Cazzo, è un problema, è un problema grosso. A quelli (riferendosi alla squadra, ndr) gli ho detto ciò che mi avevi detto di dire: “Gli americani ci hanno chiesto di prenderlo e che l’operazione è illegale”. E’ un casino, è un casino... proverò a convincere i ragazzi....». Poco dopo, Mancini chiama Seno: «Pignero ha creato un casino, digli che lo voglio incontrare domani mattina, perché in pomeriggio sono stato convocato dai magistrati».

Pignero e Mancini vengono pedinati e fotografati in via Tomacelli, nel centro di Roma, la mattina alle nove». Marco Mancini, messo a riposo forzato, per motivi di salute, è ormai disperato. «Pollari è un codardo, è un vigliacco...». E già, il direttore del Sismi, Niccolò Pollari, poteva non sapere? Per il momento, i magistrati di Milano gli hanno notificato un ordine di esibizione di atti. La sua posizione, allo stato, è «congelata». Ma potrebbe presto cambiare. In peggio.
Bello... davvero bello...

E ancora: http://www.repubblica.it/2006/07/sez...-scenario.html

Quote:
Pollari non ha saputo, dunque. Non è una novità. Nel corso di questi anni, è capitato spesso al direttore del Sismi di non accorgersi di quel che accadeva nel cortile di casa sua. Qualche esempio. Un gruppo di lestofanti, guidati da un facchino del mercato ortofrutticolo di Brescia, con l'aiutino di un ex collaboratore del Sismi, e documenti falsi e confessioni farlocche, combina la trappola "Telekom Serbjia". Per due mesi tiene sulla griglia, dicendoli "ladri", Prodi e Fassino e il direttore del Sismi non si accorge di nulla. Non vede e non sente.


Tre pitocchi - un ex collaboratore del Sismi, una "fonte" del Sismi, un colonnello del Sismi - pasticciano, ai tavolini di un bar, documenti contraffatti sull'uranio nigerino per sostenere che Saddam si sta preparando una bomba atomica e il direttore nulla sa, nulla vede. I siriani vogliono salvarsi dalla risoluzione dell'Onu che li obbliga a lasciare il Libano. Hanno una trovata per salire, da bravi ragazzi, sul carro della lotta al terrorismo. Inventano un attentato al tritolo alla nostra ambasciata di Beirut. Con la collaborazione del Sismi, afferrano un paio di poveri cristi. Li torturano per farli confessare. Troppo. Uno degli afferrati muore in carcere. La Grande Spia non se ne cura. Corre, trafelato e soddisfatto, in Parlamento. Annuncia di aver protetto l'Italia da un catastrofico "11 settembre".

Come di nulla si deve essere accorto, Pollari, dell'"agenzia di disinformazione e dossieraggio" che un funzionario del Sismi, sotto la supervisione di Marco Mancini (intanto diventato direttore del controspionaggio) ha organizzato in un "ufficio riservato" al 230 di via Nazionale a Roma. L'appartamento è all'attico. Da quell'attico, il funzionario controlla un giornalista, "fonte Betulla", che offre "appunti riservati" sulle indagini di Milano. È illegale, per il servizio segreto, ingaggiare giornalisti.

Meno che mai, Pollari deve aver compreso che il direttore del controspionaggio, con il funzionario dell'ufficio riservato ai "depistaggi redazionali", si sia lasciato prendere la mano e abbia organizzato pedinamenti di due reporter di Repubblica, l'"osservazione" dei loro incontri di lavoro. Addirittura, l'intercettazione illegale delle loro telefonate.


Ed ecco cos'ha detto l'Europarlamento:

Quote:
BERLINO (Reuters) - All'indomani degli arresti di due dirigenti del Sismi, il servizio segreto militare italiano, indagati per concorso in sequestro di persona con l'accusa di aver partecipato al rapimento dell'ex imam egiziano di Milano Abu Omar ad opera di agenti Cia, il Parlamento europeo ha approvato oggi una risoluzione che critica diversi governi europei, tra cui l'Italia, per i cosiddetti renditions (prelevamenti) di presunti terroristi.

Nel testo si legge che è "implausibile... che certi governi europei non fossero a conoscenza delle attività legate agli 'extraordinary renditions' (sequestri illegali) avvenuti sul loro territorio".

Ed è anche implausibile, dice la risoluzione, che il rapimento di Milano possa essere stato condotto da agenti Cia senza che le autorità o i servizi di sicurezza italiani ne sapessero nulla.


La risoluzione del Parlamento europeo segue sostanzialmente quello del Consiglio d'Europa elaborato dall'investigatore Dick Marty, che indica in una ventina i paesi europei che avrebbe collaborato a diverso titolo alle operazioni Cia. Accusa che i paesi in questione hanno finora respinto.
Da: http://today.reuters.it/news/NewsArt...GLIO-PUNTO.XML

E ancora sempre dall'Europarlamento:

Quote:
I deputati UE esprimono preoccupazione per il fatto che, dopo l'11 settembre 2001 e nel quadro dell'indispensabile lotta contro il terrorismo, "i diritti umani fondamentali sono stati oggetto, a varie riprese, di gravi e inammissibili violazioni". I deputati sostengono che non si possono sacrificare i diritti umani alle esigenze di sicurezza e che quindi "il terrorismo va combattuto con mezzi legali e deve essere sconfitto nel rispetto del diritto internazionale e delle normative interne" e con "un atteggiamento responsabile da parte dei governi e dell'opinione pubblica".
Da: http://www.osservatoriosullalegalita...icovolicia.htm

Ultima modifica di Tyto82 : 07-07-2006 alle 09:54.
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Old 07-07-2006, 10:03   #6
joesun
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ma spero che renato farina finalmente lo sbattano in galera e buttino via la chiave, possibilmente anche insieme a quelli che serviva..

è una storia indecente..peccato che la maggior parte delle persone non ne capira niente...
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Old 07-07-2006, 10:10   #7
RiccardoS
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ho letto "Libero" una ed una sola volta, per caso: sono rimasto talmente schifato che non faccio fatica a credere a complotti del genere. è semplicemente disgustoso. visto chi lo dirige, cmq, non c'è da stupirsi.



OT p.s.: Pio Pompa! ma è un nome d'arte?
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Old 07-07-2006, 10:11   #8
generals
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sider
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ma spero che renato farina finalmente lo sbattano in galera e buttino via la chiave, possibilmente anche insieme a quelli che serviva..

è una storia indecente..peccato che la maggior parte delle persone non ne capira niente...


ma figurati a lino ianuzzi che ha smerdato la procura palermitana gli han dato perfino la grazia
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Old 07-07-2006, 10:13   #11
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Old 07-07-2006, 10:40   #12
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io piu'che del giornale farlocco mi preoccupo di quello che fa il sismi
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Old 07-07-2006, 11:16   #13
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Originariamente inviato da ~ZeRO sTrEsS~
io piu'che del giornale farlocco mi preoccupo di quello che fa il sismi
Questa è la cosa preoccupante.
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Old 07-07-2006, 12:01   #14
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se fossero vere tutt el e accuse sarebbe una vicenda gravissima.
Già in passato c'era stata commistione tra giornalisti e servizi segreti.
Uno addirittura dopo militanza PCI ha affermato candidamente di essere stato un informatore CIA.
Comunque attendiamo altri sviluppi prima di dare giudizi affrettati.
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Old 07-07-2006, 12:20   #15
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Tra gli articoli si parlava di Telekom Serbia.

A proposito di Telekom Serbia: http://www.repubblica.it/online/poli...ni/marini.html

Parliamo del 2003, sulle accuse verso Prodi e Fassino.

E di questo interessante articolo: http://www.repubblica.it/2003/j/sezi...nuncia007.html

Quote:
Lettera di Del Mese, direttore del Cesis,
al Comitato parlamentare di controllo sui Servizi
La denuncia del capo degli 007
"Fonti deviate usate ancora oggi"
Raccomandazione a Sisde e Sismi:
"massima prudenza" con questi informatori
di CARLO BONINI

ROMA - Ancora oggi Sisde e Sismi hanno rapporti con professionisti della manipolazione che hanno dato prova di inquinare la vita pubblica. Lo scrive il segretario generale del Cesis, Emilio Del Mese, in una lettera trasmessa al Comitato parlamentare di controllo sui servizi segreti che, non più tardi del 24 settembre scorso, lo aveva sollecitato a verificare se la nostra intelligence fosse ancora impicciata con manovali della disinformazione a uso politico, già indagati dall'autorità giudiziaria.

I "rapporti" dunque ci sono e si tratta - si legge nella lettera di Del Mese - di fonti "già entrate in contatto con l'area dell'intelligence, con la finalità di porre in essere attività devianti rispetto alle funzioni istituzionali dei Servizi". La presa d'atto è così nitida e asciutta nella sua formulazione che, aggiunge per iscritto lo stesso segretario generale del Cesis, la circostanza lo ha spinto a raccomandare ai direttori dei due servizi, Mario Mori (Sisde) e Niccolò Pollari (Sismi) di fare di questi "contatti deviati" un uso "estremamente prudente" e solo se le circostanze lo rendano "indispensabile".

Le rivelazioni delle inchieste di Repubblica sulla Grande Trappola di Telekom Serbia e le interferenze che nei lavori della commissione parlamentare hanno avuto "contatti deviati" di Sismi e Sisde trovano dunque una loro prima e documentata conferma dagli apparati della sicurezza. Ricorderete quali figure si muovono nell'operazione di intossicazione: Antonio Volpe, collaboratore del Sismi, manovratore di Igor Marini e consulente occulto della commissione Telekom (ora è lui stesso ad ammetterlo in un verbale alla Procura di Torino di cui si dà conto in queste pagine); Renato D'Andria, titolare di un'agenzia privata di disinformazione e fonte del Sisde evocata tra i 18 nomi spesi a San Macuto per delineare il canovaccio della calunnia che avrebbe colpito Prodi, Fassino e Dini; Francesco Pazienza, già direttore occulto del Sismi della P2, che, con il ricatto mosso attraverso Giulio Rocconi a Pio Maria Deiana, pianifica l'introduzione nei lavori della commissione Telekom di due dossier manipolati su Romano Prodi.

Bene, alla luce di quello che il Cesis ora comunica al Parlamento, nessuno di questi professionisti della disinformazione può più essere liquidato come una coincidenza o un inciampo. Perché oggi questi nomi, le loro biografie, i loro rapporti con l'intelligence, appaiono, al contrario, la conferma dell'esistenza di macchine cospirative (l'inchiesta di Repubblica ne ha individuate almeno due al lavoro nell'affare Telekom) all'opera per manipolare la vita politica del Paese e comunque disposte a mobilitarsi quando il committente lo richieda.

La lettera di Del Mese, del resto, non sembra prestarsi ad equivoci di formula o sintassi. E la sua raccomandazione ai vertici di Sisde e Sismi a un uso accorto nella gestione del rapporto con "contatti deviati", squaderna ora un secondo e importante capitolo dell'affare Telekom. Che può ben essere riassunto in una semplice domanda: perché gli apparati dell'intelligence che pure conoscevano perfettamente qualità e intenzioni dei loro "contatti deviati" non li hanno tempestivamente fermati?
E' una domanda la cui risposta sembra spaventare a morte il centro-destra. Al punto da sollecitare, nella Casa delle libertà, una chiamata a raccolta per impedire che gli interrogativi posti dalla Grande Trappola e ora confermati dalla comunicazione del Cesis trovino un qualche sbocco in una sede istituzionale come il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi (convocato giovedì prossimo per l'audizione di Mori, direttore del Sisde).

Su tutte, si leva la voce di Fabrizio Cicchitto, vicecordinatore di Forza Italia, ma, quel che più conta membro del Comitato parlamentare di controllo dei servizi. Sfidando il suo passato che lo ha visto iscritto alle liste della loggia P2 e l'affettuoso ricordo che gli ha dedicato Licio Gelli in una recente intervista a Repubblica ("È uomo serio, persona affidabile") - circostanze entrambe che pure dovrebbero sollevare dubbi sulla sua compatibilità con il ruolo di controllore dei Servizi - Cicchitto batte il pugno sul tavolo. Grida che no, "il Comitato di controllo non può sentire il direttore del Sisde su circostanze che riguardano Telekom Serbia". Che "il Comitato di controllo non può trasformarsi in una supercommissione di inchiesta che indaga sulla commissione Telekom".

Un agitarsi, quello di Cicchitto, che l'interessato torce in chiave "politica" ("Le sinistre vogliono deviare l'attenzione dell'opinione pubblica dalle domande che pone l'affare Telekom"). Ma che se ha un effetto è quello di radicare almeno in una parte del centro-sinistra una qualche consapevolezza della posta politica ora in gioco. Non più il destino (che appare irrimediabilmente segnato) della commissione Telekom Serbia. Quanto lo svelamento dei mandanti e dei protagonisti della costruzione di una calunnia. Il senatore dei ds e componente del Comitato di controllo sui Servizi Massimo Brutti, lo va ripetendo da qualche giorno: "Il Comitato deve accertare chi nel centro-destra, utilizzando le dichiarazioni di faccendieri e mascalzoni e i loro legami, ha montato una ripugnante calunnia. Ne va della dignità del Parlamento e della stessa credibilità dei Servizi e di tanti loro funzionari onesti".
(10 ottobre 2003)
Sul caso Telekom Serbia mi sto leggendo qualcosa. Intanto questo su Wikipedia:

Quote:
L'accusa iniziale è di aver ricevuto tangenti dal presidente serbo Slobodan Milosevic per finanziare la ricostruzione del Paese. Dalle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini la commissione parlamentare incaricata ricostruisce una vicenda di tangenti pagate a Prodi, Piero Fassino, Lamberto Dini, Francesco Rutelli e altri, le notizie vengono rilanciate da una parte dei media, e dallo stesso Berlusconi, secondo il quale: «La vicenda Telecom Serbia è tutta una tangente[6]». Il teste viene in seguito dimostrato essere non credibile, le sue dichiarazioni si rivelano delle calunnie e vengono completamente smentite dalla magistratura. La prove chiave delle sue accuse, due ordini di versamento, si rivelano dei falsi[7]. La commissione parlamentare nel suo resoconto finale non formula alcuna accusa diretta. Il centrosinistra ha sempre rinnegato la liceità della commissione, definendola uno strumento di propaganda, fino ad abbandonarne i lavori. Il 21 aprile 2006, Maurizio De Simone, Giovanni Romanazzi e Antonio Volpe, tre dei testimoni chiave che avevano procurato alla commisione di inchiesta alcuni documenti relativi, tra le altre cose, ad una supposta tangente di 125 mila dollari versata a Prodi e Dini, vengono rinviati a giudizio per calunnia aggravata con l'accusa di aver fabbricato delle prove false.
Da: http://it.wikipedia.org/wiki/Romano_...ocumenti_falsi

E poi i nomi, mica piccoli, alcuni li conoscete MOLTO bene:

Quote:
4. (Dove si racconta qualche coincidenza e ci si chiede se cinque coincidenze fanno un indizio o soltanto una somma di coincidenze)
Renato D'Andria è al lavoro a Napoli e a Torino. Antonio Volpe si muove a Palermo e nella Capitale. Curio Pintus (è un altro dei nomi cari a Taormina, vedi scheda) lo beccano a Lucca e agisce a Milano. Giammario Ferramonti si aggira nelle valli della Lega e lo si vede nei dintorni del Viminale. È ragionevole chiedersi quali sono le connessioni tra questi uomini, chi può aver fatto da nesso o collegamento. Difficile resistere alla suggestione delle coincidenze.

Carlo Taormina è egli stesso una deliziosa coincidenza in quest'affare. Difende come avvocato D'Andria. Lo fa minacciando: "Il mio assistito ha parlato degli interventi anomali nell'accaparramento degli appalti che riguardano la sinistra, di una grossissima operazione di pochi anni fa che riguarda l'Iri. Molte persone devono preoccuparsi" (Milano, 19 luglio 1999). Taormina è il difensore di un imputato (Roberto Fracassi) del falso "dossier Violante" in cui è stato indagato Antonio Volpe. E' avvocato dell'imputato Giuseppe Di Bari nel processo per la truffa virtuale nel Principato di Monaco a cui si ispira Igor Marini per le sue balle. Coincidenze, come ovvio.

È una coincidenza, anche, che quando Ferramonti (ricordate, Alvaro Robelo l'ambasciatore del Nicaragua?) si dà da fare già nel 1995 per costruire dossier falsi contro Prodi e Dini lo si rintracci ospite in casa di Gianpiero Cantoni. Chi è? Ex presidente della Bnl, oggi senatore di Forza Italia, columnist de Il Giornale e, naturalmente, influente membro della Commissione Telekom. Coincidenza.

Alfredo Vito, infine. Bella storia la sua. Tangentista confesso, ora implacabile inquisitore, con asprezze degne di un Andrei Januarevic Vysinskij. Il Riformista ha svelato che Vito "è tra gli amici" di Antonio Volpe. Ne è venuto fuori un parapiglia. Vito, indignato, smentisce e querela. Spiega di aver incontrato Volpe soltanto una volta in luglio. Quando quell'altro insisteva per consegnargli un dossier che avrebbe poi dato a Trantino (abbiamo visto come Volpe si vantasse di frequentare San Macuto fin dal 7 gennaio e non da luglio). Alfredo Vito non la racconta tutta. Il 4 settembre, con Antonio Volpe, Alfredo Vito è stato fermato e identificato dalla Guardia di Finanza in un bar di piazza san Silvestro a Roma. Non si comprende l'omissione del tangentista fattosi inquisitore. In fondo è soltanto una coincidenza che conosca Antonio Volpe e che lo incontri. Una, due volte, che importanza ha?

Dicono qualcosa queste coincidenze? Forse soltanto che, nella Commissione Telekom, c'è qualche (possibile) trait d'union tra le vite disperate, così uguali e così lontane, che si sono improvvisamente affollate a San Macuto, pronte a trasformare un virtuale e truffaldino falso finanziario in una calunnia politica. Sono ora espliciti i traffici di Antonio Volpe, sgonfiate le panzane di Marini, più chiare le mosse oblique del presidente Enzo Trantino. E' allo scoperto il network di contatti di Carlo Taormina, al centro di un sistema che tocca in basso, molto in basso, un tipaccio come Renato D'Andria e in alto, molto in alto, addirittura il presidente del Consiglio. La Grande Trappola svela la sua trama, i manovali, i manovratori. C'è ancora filo da tessere. Chi sono i burattinai, e quali saranno ora le loro mosse?
(hanno collaborato Ettore Boffano e Alberto Custodero)
(26 settembre 2003)
Da (in questo link le sequenze): http://www.repubblica.it/2003/i/sezi...caso/caso.html

Come noterete c'è il nome nell'articolo di un certo Carlo Taormina (FI, e chi conosce sa che è avvocato difensore della Franzoni, ma questo non c'entra).

E udite udite:

Quote:
L'uomo chiave della Grande Trappola organizzata in Commissione Telekom, contro Prodi, Fassino e Dini, è stato, almeno fino al 1993, un "collaboratore del Sismi", il servizio segreto militare. Si chiama Antonio Volpe. È uno spione "frammassone" specializzato nel ramo disinformazione. Muove lui, dunque, le fila di un affaire che, di giorno in giorno, ravviva il suo disegno, portandone alla luce il canovaccio, gli interpreti, gli sceneggiatori, le variazioni falsarie che ne truccano la genesi e ne confondono il percorso, le omissioni del presidente della commissione Enzo Trantino o di Palazzo Chigi (o, insieme, di Palazzo Chigi e di Trantino).

.......
Da: http://www.repubblica.it/2003/i/sezi...ngo/lungo.html

Antonio Volpe & Co son stati rinviati a giudizio a inizio 2006: http://www.gatago.com/it/politica/li.../12175332.html
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Old 07-07-2006, 12:36   #16
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Old 07-07-2006, 13:29   #18
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Old 07-07-2006, 13:49   #19
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forse perchè prima c'erano altri interessi?
chi era che poteva avere interesse a screditare prodi?
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Old 07-07-2006, 14:04   #20
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