Addio al network Megaupload, Anonymous non ci sta

Addio al network Megaupload, Anonymous non ci sta

In un'operazione di rilievo internazionale l'FBI fa chiudere Megaupload, Megavideo e altri siti del network, arrestando diverse persone fra cui il fondatore Kim Schmitz

di pubblicato il nel canale Web
 

Alcune informazioni sul fondatore

Kim Schmitz nasce in Germania, a Kiel, il 21 gennaio 1974, ma è noto in rete con i nomi inventati Kim Dotcom e Kimble. Un passato, quello di Kim, che non fa della limpidezza la propria bandiera. Prima di fondare Megaupload era già noto alle autorità in quanto finito in carcere per furto di dati bancari in relazione a carte di credito, appropriazione indebita e insider trading, sfruttando le proprie conoscenze del web e della programmazione.


Kim Schmitz

Un cracker, insomma, ovvero una persona che ha sfruttato le proprie competenze nell'infrangere le protezioni dei servizi informatici per trarne un guadagno personale. Nel 1998 finisce in prigione per due anni proprio per aver rivenduto i dati delle carte di credito illegalmente sottratte. Col tempo le cose sono cambiate, facendo assumere a Kim Schmitz le sembianze dell'imprenditore che ha messo al testa a posto, sebbene le precauzioni prese nel fondare il gruppo Megaworld facessero pensare a qualcosa di poco limpido.

La società, con sede a Hong Kong, risulta in qualche modo legata anche a Kim Tim Jim Vestor, cittadino finlandese, arrestato ieri insieme a Kim Schmitz. Da quel momento in poi è storia: Megaupload è diventato uno spazio di successo assoluto, fornendo servizi apprezzati dal pubblico in tutto il mondo, sebbene in chiaro odore di illegalità nella maggior parte dei casi.

Negli anni non sono infatti mancate le denunce da parte delle major nei confronti del gruppo, in buona parte finite in nulla poiché la sede legale a Hong Kong rendeva tutto molto più difficile. La sede legale all'estero, inoltre, ha permesso anche di non godere di alcune agevolazioni offerte dal Digital Millenium Copyright Act USA, che permettono alcune concessioni se si hanno responsabilità indirette sul traffico online (poiché vi si pagano tasse e forfettari), di fatto se sono gli utenti a caricare i contenuti (come ad esempio per YouTube).

L'azione di forza dell'FBI, quindi, giunge alla fine di una battaglia dietro le quinte contro una delle numerose zone grigie del web, per altro in possesso di una personalità nota agli inquirenti come propensa ad arricchirsi illegalmente alla prima occasione utile.

 
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