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Old 30-05-2006, 10:46   #41
Banus
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Originariamente inviato da pavel86
Insomma, quel che io ora ritengo necessario è una nuova "controdottrina" economica, che, partendo dalle lacune del liberismo, crei un nuovo possibile modello economico.
Prima di continuare su questo discorso, che devia un po' dal tema del thread, consiglio di guardare qui (non per i deboli di cuore - 39 pagine ).
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Old 30-05-2006, 12:53   #42
Xiaoma
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Mi dispiace di non avere abbastanza tempo libero per poter rispondere a tutti, la discussione mi interessa molto e ho letto con piacere parecchi interventi.

Condivido parecchie delle tesi di Pavel86, anche se non essendo studente di economia ne di giurisprudenza non riesco ad esprimere correttamente la mia visione socio-economica. Del resto non sono un economista ne un politologo. Devo però fare Mea culpa per aver usato questi obsoleti termini "destra" e "sinistra" dimenticando il modo calcistico in cui vengono interpretati in Italia.

Resto convinto che in ambito internazionale i "conservatori" sono tendenzialmente protezionisti, è vero che per comodo hanno spesso invocato una libertà di esportazione come molti sostengono un questo thread, ma è anche vero che sulle importazioni restano sempre protezionisti con poche eccezioni.

Ammetto che un Clinton non può essere definito di "sinistra" per il metro italiano, e che nei rapporti con la Cina sia stato ben più chiuso degli avversari repubblicani. Ma in questo momento storico sono le "destre" europee ed americane a proporre qualche forma di protezione che siano dazi o vincoli sulle quantità importate.

Non mi pongo affatto il problema di cosa sia moralmente giusto. In economia considero più importante il bene locale e globale rispetto ad astratte teorie "di principio". In questo momento c'e' uno spostamento del fulcro da occidente ad oriente, volenti o nolenti i vari governi occidentali devono prenderne atto.

A questo punto la vera domanda che ci si dovrebbe porre è se uno spostamento dell'industria verso Asia ed Africa, con conseguente economia post-industriale in Europa ed USA sia fattibile, utile, e desiderabile.
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Old 30-05-2006, 12:56   #43
pavel86
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Originariamente inviato da Banus
Prima di continuare su questo discorso, che devia un po' dal tema del thread, consiglio di guardare qui (non per i deboli di cuore - 39 pagine ).
Grazie per la segnalazione, ma non amo riportare in vita vecchi thread (che tendono a diventare lunghissimi: quando è un mese che nessuno risponde, che senso ha postare ancora qualcosa?)
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Old 30-05-2006, 13:02   #44
pavel86
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Originariamente inviato da nomeutente
Siamo d'accordo sul fatto che sia il mercato sia la sua critica non sono precisamente nati ieri
E' poi evidente che i meccanismi reali si sono sviluppati, ma è altrettanto vero che anche il marxismo si è sviluppato: l'ultimo Engels comincia ad affrontare problemi che Marx non aveva visto, a maggior ragione Lenin ha modo di approfondire il ruolo della finanza che ai tempi di Marx era sostanzialmente inesistente.
Recentemente i marxisti scarseggiano e gli ultimi che ci sono stati non hanno affrontato problemi complessivi, ma temi maggiormente limitati.


Qui invece non sono d'accordo, perché tu dici "partendo dalle lacune del liberismo" ed io ritengo che il liberismo (anche alla luce di tutte le cose dette in questo 3d) è semplicemente una delle forme in cui si realizza l'economia di mercato e può anche non essere totalmente descrittiva dell'economia reale.
Di fatto è storicamente assodato che nei due secoli di esistenza dell'economia di libero mercato si sono succedute diverse ondate di liberismo, di protezionismo, di privatizzazioni, di nazionalizzazioni ecc. ecc. in relazione alle specifiche esigenze storiche della salvaguardia del sistema di mercato a livello nazionale e mondiale.
Dunque per me l'essenziale non è risolvere i problemi del liberismo nel senso di inaugurare un nuovo ciclo economico maggiormente dirigista (anche se non escludo affatto la possibilità che una tendenza dirigista potrà manifestarsi molto forte anche in ambienti estranei non solo alla sinistra radicale ma alla sinistra in generale), ma resta sempre il problema "a monte" che l'economia di mercato non è in grado di garantire uno sviluppo equilibrato, indipendentemente da come la si declina. Resto quindi marxista e pertanto non mi interessa scoprire delle soluzioni temporanee a problemi parziali, così da poter garantire altri 50 anni di esistenza al capitalismo sotto forma di "socialdemocrazia concertativa", per poi tornare quando i tempi saranno maturi ad una nuova ondata di liberismo. Mi interessa piuttosto approfondire il metodo con cui superare l'economia di mercato una volta per tutte.
Però non risponderò a tutti quelli che "eh ma la Russia..." perché ho già risposto troppe volte.
Quello che intendo dire è che il sistema produttivo è tanto cambiato che si farebbe prima a pensare ad un nuovo tipo d'economia (pianificata, ovviamente) e di società che a rivisitare il marxismo.

Non esiste più la classe operaia, non c'è più la borghesia dell'800, anzi, se vogliamo è addiritura peggiorata. La questione non è più dare fette di benessere a cittadini d'un solo stato, ma a ridistribuire la ricchezza su scala mondiale. E anche se per certi versi in questo senso Marx fu profetico, il mondo stesso, per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione, non può più essere visto come io mondo dei battelli a vapore e del telegrafo.

Poi, nelle finalità condivido il sogno comunista
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Old 30-05-2006, 13:03   #45
Xiaoma
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Originariamente inviato da udria
Le corporazioni, secondo me, fanno già parte della classe agiata, non certo di quella media. La classe media per me è quella che rappresenta il maggior numero di lavoratori, ovvero operai e impiegati (dipendenti in generale), generalmente con stipendi che non superano i 30000 euro l'anno.
Stipendi inferiori a 30.000 euro sono la norma in Italia, ma bassi in altri paesi. In USA quella che definirei classe media ha stipendi più vicini ai 50.000. E non parlo di manager da 100.000 dollari di stipendio, ma di impiegati di medio-alto livello.

Un operaio lo definirei classe medio-bassa, mentre un ingegnere (esperto, non un ragazzino) si trova in classe medio-alta. Entrambi formano la classe media e non sono definibili ricchi ne poveri. Un neolaureato che si avvicina ai 30 anni ha una posizione economico-sociale inferiore a quella di un operaio specializzato ventenne.
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Old 30-05-2006, 13:25   #46
nomeutente
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Originariamente inviato da pavel86
Quello che intendo dire è che il sistema produttivo è tanto cambiato che si farebbe prima a pensare ad un nuovo tipo d'economia (pianificata, ovviamente) e di società che a rivisitare il marxismo.
Secondo me invece il marxismo in quanto critica economica su alcuni "nodi" dell'economia di mercato è imprescindibile. Ciò che è invece da approfondire è la maniera con cui le nuove forme di sfruttamento incidono sulla vita delle persone e legare i loro obiettivi parziali a quelli più generali, cioé da un lato svelare i nuovi "punti deboli" che via via emergono e dall'altro integrarli in una proposta politica anticapitalista che non sia solo "conflitto" ma sia in grado di generare anche consenso.
Però in sei righe non riesco ad andare molto oltre allo slogan

Quote:
Originariamente inviato da pavel86
Non esiste più la classe operaia, non c'è più la borghesia dell'800, anzi, se vogliamo è addiritura peggiorata.
Su questo punto bisognerebbe approfondire:
- la nozione di plusvalore complessivo: è evidente che il lavoratore di un call center non è un operaio nel senso classico, ma è altrettanto evidente che è sfruttato e che contribuisce in ogni caso alla creazione del plusvalore
- il tema dell'accentramento di capitali anche tramite il piccolo risparmio, con il relativo "furto" dei piccoli azionisti al fine di risanare le aziende in crisi e la sua lettura non in termini di eccezione ma di regola generale del parassitismo finanziario.

Quote:
Originariamente inviato da pavel86
La questione non è più dare fette di benessere a cittadini d'un solo stato, ma a ridistribuire la ricchezza su scala mondiale.
Sono d'accordo. Infatti ritengo prioritario organizzare qualche coordinamento internazionale che superi i limiti manifestati finora dal movimento "no global" che è (1) molto a rischio di leaderismo scollegato dalle esigenze di base della gente e (2) tendenzialmente non padrone dell'agenda politica in quanto combatte sul terreno imposto dagli avversari e non è in grado di creare una piattaforma propria sul lungo periodo.
C'è evidentemente un grande problema però di coesione programmatica fra i movimenti di stati industrialmente avanzati, che manifestano anche sfumature protezioniste piccolo-borghese vedi i vari Bové e le realtà di lotta sudamericane o comunque di paesi arretrati e/o dipendenti.
nomeutente è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 30-05-2006, 14:03   #47
pavel86
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Originariamente inviato da nomeutente
Secondo me invece il marxismo in quanto critica economica su alcuni "nodi" dell'economia di mercato è imprescindibile. Ciò che è invece da approfondire è la maniera con cui le nuove forme di sfruttamento incidono sulla vita delle persone e legare i loro obiettivi parziali a quelli più generali, cioé da un lato svelare i nuovi "punti deboli" che via via emergono e dall'altro integrarli in una proposta politica anticapitalista che non sia solo "conflitto" ma sia in grado di generare anche consenso.
Però in sei righe non riesco ad andare molto oltre allo slogan
Infatti, il nodo del plusvalore è anche per me imprescindibile. Ho parlato sì di nuovo modello economico, ma mica di scartare il marxismo.

Quote:
Originariamente inviato da nomeutente
Su questo punto bisognerebbe approfondire:
- la nozione di plusvalore complessivo: è evidente che il lavoratore di un call center non è un operaio nel senso classico, ma è altrettanto evidente che è sfruttato e che contribuisce in ogni caso alla creazione del plusvalore
- il tema dell'accentramento di capitali anche tramite il piccolo risparmio, con il relativo "furto" dei piccoli azionisti al fine di risanare le aziende in crisi e la sua lettura non in termini di eccezione ma di regola generale del parassitismo finanziario.
Vedi sopra

Quote:
Originariamente inviato da nomeutente
Sono d'accordo. Infatti ritengo prioritario organizzare qualche coordinamento internazionale che superi i limiti manifestati finora dal movimento "no global" che è (1) molto a rischio di leaderismo scollegato dalle esigenze di base della gente e (2) tendenzialmente non padrone dell'agenda politica in quanto combatte sul terreno imposto dagli avversari e non è in grado di creare una piattaforma propria sul lungo periodo.
C'è evidentemente un grande problema però di coesione programmatica fra i movimenti di stati industrialmente avanzati, che manifestano anche sfumature protezioniste piccolo-borghese vedi i vari Bové e le realtà di lotta sudamericane o comunque di paesi arretrati e/o dipendenti.
Certo, è quel che intendevo con l'operare della sx odierna solo su generiche negazioni di concetti liberisti, senza disegno "complessivo e coordinato", che porta a distorsioni (più che di Bovè, io parlerei dell'ottusità di Casarini e della sua abilità di prestare il fianco a critiche e strumentalizzazioni).

Insomma, la questione non è tanto sul recupero del marxismo o sulla creazione di nuovi modelli, quanto sulla creazione d'una vera via alternativa al capitalismo.

Come disse Mussolini "scenderemo in campo contro le plutocattodemocrazie"
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Old 30-05-2006, 14:07   #48
pavel86
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Originariamente inviato da Xiaoma
Un operaio lo definirei classe medio-bassa, mentre un ingegnere (esperto, non un ragazzino) si trova in classe medio-alta
Tranquillo, gli ingegneri ragazzini non correranno mai il rischio di prendere stipendi medio-alti

EDIT: ed i giudici ragazzini solitamente non arrivano ad invecchiare...
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