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Old 11-01-2006, 19:29   #41
Ewigen
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10 Gennaio 2006
SIRIA - ARABIA SAUDITA - EGITTO
Appoggio condizionato ad Assad da Arabia ed Egitto

Chirac incontra il ministro degli Esteri saudita e torna ad ammonire la Siria a collaborare con l’inchiesta dell’Onu sull’assassinio di Hariri. Riyadh e Il Cairo disposti a salvare il regime siriano solo se “darà dei colpevoli”.

Beirut (AsiaNews) - Si intensifica l’azione dei governi arabi per cercare di salvare Assad ed il suo regime, che rischia di essere travolto dall’inchiesta dell’Onu sull’assassinio dell’ex premier libanese Rafic Hariri, mentre continua la pressione occidentale perché la Siria collabori con l’Onu e a Damasco, seppur cautamente, si ode qualche voce di oppositori dell’onnipotente partito Baath.

Oggi il presidente francese Jacques Chirac ha detto che “in Libano il tempo delle interferenze e delle impunità è finito” ed ha ribadito, ricevendo il ministro degli Esteri saudita Saud al Faysal, che la Siria deve "cooperare senza restrizioni" con gli inquirenti dell'Onu che vogliono ascoltare anche il presidente Assad. Sempre oggi, l‘ex vicepresidente della Siria, Abdel Halim Khaddam, le dichiarazioni del quale sono all'origine delle ultime richieste dell'Onu, ha affermato la sua “profonda convinzione” che Assad sia il mandante dell’assassinio di Hariri. Non poteva essere che il presidente Bachar Al-Assad, ha spiegato alla radio francese Europe 1, a dare l’ordine di uccidere Hariri, perché “non esiste un ufficiale della sicurezza che possa prendere una decisione di tali proporzioni”.

Il viaggio del ministro degli esteri saudita a Parigi è, al momento, l’ultima tappa di un tour che vede impegnato il governo di Riad. Lo stesso Saud al Faysal, prima di Parigi, era stato, l’8, a Damasco. Il giorno prima il governo siriano aveva rifiutato la richiesta della commissione Onu di poter interrogare il presidente Assad. Al quale, secondo il Lebanonwire, Faysal aveva presentato “l’ordine” di re Abdullah di andare a Gedda. Lo stesso giorno Assad partiva per l‘Arabia saudita, mentre l'agenzia ufficiale siriana 'Sana' annunciava un vertice incentrato sugli “sviluppi regionali e internazionali, marcatamente in Libano” e per “il rafforzamento dei rapporti fraterni” fra i due Paesi arabi.

Del tutto non annunciato, invece, il vertice del giorno successivo, il 9 gennaio, quando Assad è andato in Egitto per incontrare il presidente Hosni Mubarak. Un'ora di discussioni prima del rientro di Assad in Siria.

Appena una settimana prima, il 3, Mubarak e re Abdullah si erano incontrati a Gedda. Dall’incontro sarebbe scaturita la decisione di non abbandonare Assad ed il suo regime, a condizione che egli desse collaborazione alle richieste dell’Onu per trovare i colpevoli dell’assassinio di Hariri, eventualmente anche tra alti ufficiali siriani. Insomma, secondo informazioni raccolte dal quotidiano libanese L’Orient Le jour, “offrisse dei colpevoli”

A Damasco, tra manifestazioni “spontanee” favorevoli ad Assad ed il martellare della stampa di regime, ha fatto sentire la sua voce anche Hassan Abd El Rahman El Azim, portavoce del movimento democratico di protesta, che ha pubblicato mesi fa "La dichiarazione di Damasco” che chiede la destituzione del regime del partito Al Baath di Assad. Parlando con AsiaNews egli ha incluso le dichiarazioni di Khaddam "nel quadro di una rivolta che bisognerebbe favorire”
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Old 16-01-2006, 20:42   #42
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16 Gennaio 2006
LIBANO - SIRIA
Sfeir: "Il pericolo è dietro le nostre porte, fermiamo il terrorismo"
di Youssef Hourany
Il patriarca maronita accusa da Bkerke gli "atti terroristici che hanno ravvivato la memoria dei libanesi su avvenimenti già visti in passato”. Ancora in pieno sviluppo la crisi di governo a Beirut, Damasco si prepara ad accogliere Ahmadinejad.

Beirut (AsiaNews) - In una delle sue omelie più significative, pronunciata durante la messa celebrata ieri nella sede del patriarcato maronita a Bkerke, il patriarca maronita, cardinale Nassrallah Sfeir, ha ammonito i responsabili del “pericolo che sta dietro le porte” dopo gli ultimi incidenti della settimana scorsa in Libano.

Esprimendo la sua “forte denuncia” contro “gli atti terroristici che hanno ravvivato la memoria dei libanesi su avvenimenti già visti in passato”, il patriarca ha illustrato l’enciclica del defunto papa Giovanni Paolo II, la Sollicitudo rei socialis. Il card.Sfeir ha indicato la base dell'insegnamento della dottrina sociale della Chiesa, “fondata sulla giustizia, la giusta remunerazione e la diffusione della pace sociale basata sulla vita degna di ogni essere umano”.

Il porporato ha voluto insistere sulle tematiche che “creano dolore nei cuori di molti”, a causa della guerra, della discriminazione sociale e delle divisioni dovute alle differenze etniche e religiose.

Parlando della situazione attuale in Libano, il patriarca non ha potuto nascondere le sue preoccupazioni “dopo gli ultimi incidenti nel Paese”, cominciando da quello fra palestinesi e libanesi della settimana scorsa nella cittadina di El Nahemeh fino alla manifestazione di sabato scorso, che ha causato il ferimento di 11 persone tra militari e civili davanti alla sede del governo durante la visita dell'inviato americano. Sfeir condanna questi atti che “distruggono la figura del Libano ed aumentano le tensioni”.

Il patriarca non ha risparmiato critiche agli ultimi annunci della stampa libanese ed internazionale, che hanno minacciato fra le righe dirigenti politici e religiosi di probabili attentati.

Nel frattempo aumenta in Libano la tensione e si stagliano le ombre di una crisi di governo: gli aderenti al “Partito di Dio” di Hassan Nassrallah e quelli del “Movimento di Amal” del presidente del Parlamento Nabih Berri continuano a schierarsi contro il leader druso Walid Joumblatt e tutti i suoi alleati.

L’ultimo motivo di scontro sono le dichiarazioni di Joumblatt, che continua a chiedere con forza l'applicazione della risoluzione 1559 delle Nazioni Unite e, dalle pagine dei giornali libanesi, un intervento americano militare in Siria. In risposta, i leader filo-siriani hanno confermato il loro proposito di congelare la partecipazione alle riunioni del governo di Beirut.

Da parte sua, la Siria si prepara per accogliere il presidente dell'Iran Mahmoud Ahmadinejad: la visita, prevista per il 20 gennaio, dovrebbe durare due giorni ed ha come scopo lo studio degli ultimi sviluppi della situazione regionale ed internazionale, soprattutto alla luce della posizione delle Nazioni Unite nei confronti dei due regimi.

La stampa siriana oggi riporta le ultime dichiarazioni del presidente Assad, che ha rinnovato la sua posizione contro le accuse dell'ex presidente Khaddam ed ha espresso il suo rancore contro la posizione di alcuni Paesi arabi “che non hanno voluto imparare nulla dall'esperienza dell'invasione americana nell'Iraq”.
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Old 17-01-2006, 21:33   #43
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17 Gennaio 2006
SIRIA
Assad potrebbe incontrare la commissione Onu
di Jihad Issa

La voce si è diffusa a Damasco dopo l’interrogatorio di due responsabili dei servizi segreti durante l’occupazione del Libano e dovrebbe mostrare un nuovo atteggiamento di cooperazione.

Damasco (AsiaNews) – Il presidente siriano Bashar al Assad potrebbe accettare un incontro con la Commissione dell’Onu che sta indagando sull’assassinio del’ex premier libanese Rafic Hariri, purché venga salvaguardata la sovranità siriana. Questa la voce che si sta diffondendo in una Damasco che si è svegliata oggi più cosciente della necessita di collaborare con la Commissione dell'ONU dopo il rientro dei due ex responsabili dei servizi segreti in Libano durante l'occupazione siriana del paese dei cedri, il generale Roustom Ghazali ed il colonello Samih El Kaschaami, interrogati ieri, lunedì, a Vienna, per la seconda volta.

Anche se nessuna informazione è stata data sul colloquio ed una fonte diplomatica siriana citata dal quotidiano libanese L’Orient Le jour ha parlato di “questioni di pura forma”, l’interrogatorio viene messo in relazione con le ultime dichiarazioni dell'ex vice presidente Khaddam, che ha accusato il regime siriano di essere responsabile del “crimine del secolo”.

Una fonte giornalistica ben informata e molto vicina al regime di Assad ha confermato al corrispondente di Asianews “il cambiamento della posizione siriana nei riguardi della Commissione dell'ONU”, seguita alla nomina del giudice belga Serge Brammerts a capo della Commissione, dopo le dimissioni del giudice tedesco Detlev Mehlis, accusato dai siriani di "aver manipolato la situazione". In un primo momento il governo aveva rifiutato l’ipotesi dell’interrogatorio.

Pressioni sulla Siria sono venute, sul piano diplomatico, da Egitto ed Arabia Saudita. Il ministro degli esteri di Ryad, il principe Saud al-Faisal, in un’intervista al Financial Times di oggi rivela di aver presentato a Libano e Siria un piano per “disinnescare la tensione” tra i due Paesi e di essere in attesa di una risposta.

Secondo la fonte siriana “la nuova linea strategica siriana di collaborazione con la Commissione d'inchiesta dell'ONU si basa sul principio della cooperazione, a condizione di far salva la sovranità e la tranquillità della Siria”. Si mira “a cercare un modo degno e giusto per firmare un protocollo di rispetto reciproco con la Commissione siriana, formata a questo scopo, e rinnovata martedì con la nomina dell'ex ministro della Giustizia, Nabil Khatib”. A Damasco si attribuisce importanza all’atteggiamento della commissione dell'ONU, che ha accettato di cambiare la sede d'indagine, accettando Vienna dopo il rifiuto siriano di Beirut, proposta all’inizio. In Siria si parla anche di “rimozione” di Mehlis e si sottolinea positivamente tale decisione dell’Onu.

La stampa siriana di oggi rivolge anche un appello ai “Cittadini liberi”, perché contribuiscano alla copertura delle spesa della collaborazione della Siria con l'ONU. E’ stato creato un fondo chiamato “Cassa di solidarietà per la dignità del vostro Paese” e si afferma che molti emigrati siriani hanno cominciato a contribuire per il sostegno della moneta siriana dopo il crollo dovuto alla crisi economica che colpisce il Paese da molti mesi.
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Old 20-01-2006, 23:00   #44
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20 Gennaio 2006
SIRIA - IRAN - LIBANO
Annan annuncia la collaborazione siriana con la commissione su Hariri
di Jihad Issa

A Beirut si dà per certo che la commissione d’inchiesta potrà incontrare Assad. Al secondo giorno del loro vertice, i presidenti di Siria e Iran ostentano unità e reciproco sostegno contro le pressioni internazionali. Appoggio confermato ad Hezbollah.

Damasco (AsiaNews) – Nel giorno stesso dell’arrivo a Beirut di Serge Brammertz, nuovo capo della commissione Onu sull’assassinio di Hariri, ieri, il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan ha fatto sapere che la Siria ha dichiarato la sua disponibilità ad una “piena cooperazione” al’inchiesta. “Gli ho chiesto – ha detto, riferendo un colloquio con il ministro degli esteri Faruk Shara – una piena collaborazione, senza riserve, ed egli mi ha assicurato che faranno così”. A Beirut si dicono convinti della possibilità che la commissione stessa possa parlare con Assad, pur senza attribuirgli la qualifica di testimone, onde salvaguardarne la dignità.

A Damasco, intanto, Bashar al-Assad e Mahmoud Ahmadinejad, al secondo giorno del loro vertice, ostentano unità, lanciando proclami che reciprocamente sostengono le loro controversie con la comunità internazionale ed insieme confermano appoggio al movimento libanese di Hezbollah, del quale il primo ministro libanese Fouad Siniora vuole il disarmo, secondo le indicazioni dell’Onu. Assad ed Ahmadinajad, oltre ad aver firmato numerosi accordi di cooperazione bilaterale, hanno rinnovato il loro “appoggio incondizionato” alla “resistenza libanese ed alla sua presenza militare ed hanno respinto le pressioni internazionali esercitate contro il Libano e la Siria e qualsiasi progetto di internazionalizzare il problema libanese”.

Il presidente iraniano, in una dichiarazione alla stampa, ha rivolto un appello a “tutte le componenti del tessuto sociale libanese ed a tutte le confessioni religiose e le correnti politiche” chiedendo di abbandonare atteggiamenti che dividono il Paese. Ha poi sostenuto che le tensioni in Libano si riflettono su tutti i Paesi della regione e gli altri Stati, soprattutto USA, Gran Bretagna e Francia debbono lasciare libertà di decisione ai cittadini di questi Paesi “che sono in grado di definire le loro alleanze e di trovare le soluzioni giuste ai loro problemi”.

I due presidenti hanno chiesto il ritiro dell'esercito americano dall'Iraq, hanno confermato il loro appoggio al popolo palestinese “nella sua lotta contro Israele” ed hanno chiesto di “salvaguardare i diritti legittimi del popolo palestinese di rientrare nella loro terra”.

Ahmadinejad ha parlato di “piena intesa sul piano politico” tra i due Paesi, ha annunciato un nuovo vertice il mese prossimo a Teheran ed ha ringraziato il presidente Assad per le sue ultime posizioni favorevoli al diritto dell'Iran di rafforzare la sua tecnologia nucleare, considerato da Assad un diritto naturale per ogni Paese.

Da Beirut intanto, Brammertz ha cominciato il suo lavoro annunciando che la missione della Commissione d'inchiesta sarà allargata “alla collaborazione con le autorità giudiziarie libanesi” per indagare su tutti gli atti terroristici commessi in Libano dal mese di ottobre del 2004, come chiesto del governo di Beirut.

Un responsabile dell'ONU che ha preferito l'anonimato, ha confermato oggi, in merito alle notizie riportate dalla stampa libanese, una probabile visita di alcuni membri della Commissione d'inchiesta in Siria, la settimana prossima, per un incontro “informativo” con il presidente Assad. “Si sta trattando per organizzare una visita di natura ‘protocolare’ con Assad, che rifiuta di essere ascoltato come ‘testimone’ dell'attentato” che è costato la vita all'ex premier libanese Rafic Hariri, il 14 febbraio dell'anno scorso, a Beirut.

Continua intanto nella capitale libanese il braccio di ferro tra il capo del governo, Fouad Siniora, che chiede l’applicazione della risoluzione 1559 dell’Onu, che chiede il disarmo delle milizie, e Hezbollah. Il segretario generale del “Partito di Dio”, che ha “congelato” la partecipazione dei suoi ministri ai lavori del governo, in una intervista televisiva ha chiesto a Siniora di spiegare la sua visione della resistenza sciita.

Il generale Michel Aoun, parlando con AsiaNews, ha rinnovato la sua richiesta che coincide con quella del segretario generale del Partito di Dio, Hassan Nassrallah, sulla “necessità della formazione di un nuovo governo di unità nazionale, in grado di assumere la responsabilità del Paese in questo periodo storico molto difficile” ed ha chiesto di elezioni politiche anticipate.
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Old 19-03-2006, 22:39   #45
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15 Marzo 2006
LIBANO-SIRIA-ONU
La commissione Onu sull’assassinio di Hariri vedrà Assad

L’annuncio è contenuto nel rapporto che il responsabile dell’inchiesta presenta domani al Consiglio di sicurezza. Il documento omette particolari per non nuocere all’indagine, per la quale si riconosce maggiore collaborazione di Damasco. Ma appaiono confermati gli indizi sulle responsabilità siriane.

Beirut (AsiaNews) - Una migliore cooperazione con la Siria, compresa la possibilità di sentire il presidente Assad, una migliore comprensione dei meccanismi dell’attentato che il 14 febbraio dell’anno scorso costò la vita all’ex premier libanese Rafic Hariri e ad altre 22 persone e “progressi” nell’individuazione dei mandanti, degli esecutori dell’attentato e di coloro che “lo hanno permesso”. Tutti “molto professionali”. Sono questi gli elementi di maggior spicco del rapporto che il responsabile della commissione d’inchiesta dell’Onu, Serge Brammertz, presenterà domani al Consiglio di sicurezza, ampi stralci del quale sono stati resi noti già oggi.

Nelle 25 pagine del “Terzo rapporto della Commissione d’inchiesta”, il giudice belga scrive più volte di non voler rendere noti fatti, nomi e particolari che potrebbero nuocere all’indagine, pur rendendosi conto dei “limiti” che tale atteggiamento potrà porre alle decisioni del Consiglio di sicurezza. Ciò può spiegare i giudizi di parziale delusione emersi dagli ambienti diplomatici libanesi ed il consenso col quale, invece, il documento è stato ufficialmente accolto a Damasco. Il vice ministro degli Esteri Fayssal Mekdad, citato dal quotidiano filo-governativo Al-Thawra, ha infatti definito “realistico” il rapporto, aggiungendo che è stato scritto con molta “professionalità”.

In realtà, a leggere il testo, nulla allontana i sospetti che il predecessore di Brammertz, il tedesco Detlev Mehlis, aveva lanciato su Damasco, a parte il riconoscimento della maggiore disponibilità e l’annuncio che il mese prossimo il capo della Commissione vedrà Bachar el-Assad ed il vicepresidente Farouk el-Chareh. Ma, ad esempio, nega la necessità di un accordo particolare con la Siria per la prosecuzione dell’inchiesta, una delle richieste che la Siria aveva avanzato già a Mehlis. Il rapporto di Brammertz fa poi espresso riferimento ad un esame che continua sul ruolo della setta Ahbache, “gruppo libanese che ha dei legami storici forti con le autorità siriane”, si leggeva nel precedete rapporto Mehlis, che riferiva di telefonate fatte da uno dei membri del gruppo dal luogo dell’attentato e dirette al presidente filosiriano Lahoud ed al capo dei servizi militari libanesi, ora in carcere. Della necessità di approfondire “la questione di alcune conversazioni telefoniche” parla anche il rapporto Brammertz.

La Commissione “è più vicina attualmente alla comprensione globale del modo nel quale l’attentato è stato preparato, come coloro che hanno partecipato al crimine hanno svolto il loro compito, quali erano questi compiti prima, durante e dopo l’attacco ed il modus operandi globale usato da coloro che hanno commesso il delitto”. Si stanno esaminando, e si sono ottenuti “risultati significativi”, sulle comunicazioni avvenute quel giorno, compresa una “apparente interferenza” che capitò proprio nella rete delle telecomunicazioni. “Progressi” la Commissione dice di aver realizzato anche nell’identificazione di coloro che “erano sul campo”, ma non fornisce particolari.

Esiste poi, secondo il rapporto, un gruppo che “ha agito” e che va situato “tra coloro che hanno ordinato l’attentato e coloro che l’hanno portato a termine, cioè color che hanno permesso di commettere il delitto”. Quanto a chi ha ordinato l’attentato, il rapporto parla della necessità di approfondire, tra l’altro, il ruolo della banca libanese al-Madina e di un fondo dell’ex direttore della sicurezza generale.
Al momento, infine, “è troppo presto” per avallare la presunzione secondo la quale i 14 casi di attentati avvenuti negli ultimi tempi in Libano sarebbero legati tra loro o con il caso Hariri.
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Old 22-03-2006, 22:42   #46
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21 Marzo 2006
LIBANO
L’inviato dell’Onu: settimane cruciali per il Medio Oriente

Roed-Larsen ha avuto colloqui in Egitto, Arabia Saudita e Qatar e con il segretario della Lega araba. Ora è atteso a Beirut. Plauso al dialogo interlibanese, attuare le risoluzioni Onu e gli accordi di Taeff, per i quali le milizie vanno disarmate e sciolte.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) - Le prossime settimane “saranno cruciali per il futuro del Medio Oriente, che sta attraversando uno dei momenti più critici della sua storia”, come evidenzia l’attuale situazione in Libano, Siria, Territori palestinesi e Iran. E’ la valutazione espressa da Terje Roed-Larsen, inviato speciale delle Nazioni Unite per il Medio Oriente, al termine di un incontro con il presidente egiziano Hosni Mubarak, che rientra in un tour che il diplomatico sta compiendo nella regione e che lo ha già portato in Arabia Saudita e Qatar (attuale membro del Consiglio di sicurezza) e ad un incontro con il segretario generale della Lega araba, Amr Moussa. Roed-Larsen è ora atteso in Libano, dove arriverà probabilmente giovedì prossimo, 23 marzo.

La missione di Roed-Larsen ha per obiettivo l’elaborazione del rapporto che il segretario generale del’Onu, Kofi Annan, dovrà presentare al Consiglio di sicurezza sull’applicazione della risoluzione 1559 sulla crisi libanese. “Abbiamo discusso – ha detto, al termine dell’incontro con Mubarak – la situazione dell’intero Medio Oriente, che sta vivendo una congiuntura critica della sua storia, che si riflette sulla situazione libanese”. Ogni questione acuta, ha sostenuto, è collegata e si può ripercuotere sul Libano. In proposito egli ha parlato del “Dialogo interlibanese” come di una “iniziativa altamente positiva e lodevole”, sostenendo che il colloquio tra le componenti politiche e religiose deve poter proseguire senza interventi esterni ed ha espresso un giudizio positivo sul fatto che il problema del disarmo delle milizie in Libano, ed in particolare di Hezbollah e dei palestinesi, previsto dalla 1559, venga esaminato in tale quadro, Il diplomatico ha sottolineato la posizione di Annan, secondo il quale la questione va regolata sulla base degli accordi di Taeff e della risoluzione dell’Onu, che prevedono “il disarmo e lo scioglimento delle milizie”.

Il primo ministro libanese Fouad Siniora, intanto, nel corso di una visita a Bruxelles, ha ricevuto il sostegno dell’Unione europea per l’indipendenza e l’unità del Paese. Ieri, lunedì 20, i ministri degli esteri della Ue hanno confermato la necessità di adempiere alle risoluzioni 1644 e 1559 dell’Onu, inclusa la deposizione delle armi da parte delle milizie libanesi e straniere.
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Old 01-04-2006, 01:56   #47
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30 Marzo 2006
LIBANO - ONU
Via libera dell’Onu ad un tribunale internazionale sull’assassinio Hariri

La decisione presa all’unanimità dal Consiglio di sicurezza. Della corte faranno parte giudici libanesi e internazionali. Per Beirut la risoluzione contribuirà alla pace nella regione.

Beirut (AsiaNews/Agenzie) – Sarà un tribunale internazionale a giudicare i responsabili dell’assassinio dell’ex premier libanese Rafic Hariri. Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha accolto ieri all’unanimità un progetto di risoluzione presentato da Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti che chiede al segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, di negoziare con Beirut un accordo per dar vita ad una corte formata da giudici libanesi ed internazionali, che per motivi di sicurezza avrà sede fuori dal Paese dei cedri.

Da tempo il governo libanese aveva avanzato ufficialmente la richiesta di dar vita ad un tribunale “a carattere internazionale” che potesse giudicare le persone coinvolte nell’assassinio di Hariri e che potesse allargare la sua attività anche agli altri attentati politici contro personalità libanesi antisiariane, compiuti dopo l’ottobre 2004.

Di quest’ultimo punto non parla la decisione dell’Onu, che fa seguito ad un rapporto di Annan della settimana scorsa, basato sulle conclusioni del consigliere giuridico delle Nazioni Unite Nicolas Michel, nel quale si affermava la necessità di “studi più approfonditi” sulla questione.

L’effetto positivo che l’unanimità del voto del Consiglio di sicurezza può avere sugli sviluppi della situazione libanese è stato sottolineato dal rappresentante di Beirut all’Onu, Boutros Assaker. “L’impegno e la determinazione” della comunità internazionale, manifestati dal voto, a suo avviso, “dissuaderanno i criminali a nuove azioni e contribuiranno a ristabilire la pace in Libano e nell’intera regione”.

Nella risoluzione, la 1664, adottata ieri, il Consiglio di sicurezza rinnova anche l’appello “per un rigoroso rispetto della sovranità, dell’integrità territoriale, dell’unità e dell’indipendenza politica del Libano, sotto l’autorità unica ed esclusiva del suo governo”.
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LIBANO 3/4/2006 11.22
A BEIRUT RIPRENDE IL ‘DIALOGO NAZIONALE’

È ripresa stamani, dopo una pausa di una settimana, la conferenza per il "Dialogo nazionale" che vede i principali esponenti di tutte le 14 diverse correnti del paese (musulmani e cristiani, filo e antisiriani) confrontarsi nel tentativo di risolvere la peggiore crisi politica, vissuta dal paese dalla fine della guerra civile (1975-1990), innescata dall’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri il 14 febbraio dello scorso anno. La notizia della ripresa dei colloqui è stata data stamani dai media libanesi, i quali hanno anche precisato che al centro di questa quinta tornata di negoziati (iniziati il 2 marzo) ci sarebbe la richiesta di dimissioni del presidente filosiriano Emile Lahoud, avanzata dalla nuova maggioranza antisiriana vincitrice delle elezioni della scorsa primavera. Lahoud, che gode del sostegno dei movimenti sciiti filosiriani Hezbollah e Amal, ha ripetutamente dichiarato di essere deciso a rimanere in carica fino al novembre 2007, quando scadrà il suo mandato, prorogato di tre anni nell'ottobre 2004, dietro forti pressioni della Siria. L'altro nodo centrale nei colloqui è rappresentato dal disarmo degli Hezbollah che, dopo il ritiro israeliano dal Libano meridionale nel maggio 2000, controllano il confine con lo Stato ebraico.
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Old 30-04-2006, 12:35   #49
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27 Aprile 2006
LIBANO –SIRIA - IRAN
Ad un anno dal ritiro siriano, continuano le interferenze in Libano di Damasco e Teheran

Il patriarca Sfeir parla di rapporti difficili con la Siria; gli Usa pensano ad una nuova risoluzione dell’Onu, dove per la prima volta Kofi Annan parla di influenza iraniana.

Beirut (AsiaNews) – Mentre si festeggia il primo anniversario del ritiro ufficiale dell’esercito siriano dal Libano, “fra Damasco e Beirut restano rapporti difficili, riluttanza a segnare i confini, debito pubblico ed emigrazione”. E’ il giudizio espresso dal patriarca maronita, Nasrallah Sfeir, secondo il quale la comunità internazionale deve aiutare il Paese dei cedri ad uscire da tali problemi ed i libanesi proseguire nel dialogo nazionale.

“La crescita dei litigi tra i rivali politici libanesi – scrive dal canto suo il Daily Star – ha danneggiato l’anniversario del ritiro”. Il quotidiano parla di “tensione politica montante”, mentre dovrebbe riprendere il Dialogo interlibanese.

Ad un anno dal ritiro, nota invece il Lebanonwire, in Libano c’è certamente maggiore libertà, ma allo stesso tempo “un altro ‘esercito’ controllato da siriani ed iraniani resta nel Paese e blocca il suo progresso”. Nell’articolo, intitolato “Siria ed Iran controllano ancora il Libano”, Walid Phares, studioso americano che ha collaborato alla stesura della risoluzione dell’Onu 1559, evidenzia in particolare alcuni elementi che impediscono il pieno sviluppo libanese. In primo luogo, malgrado le elezioni siano state vinte da una maggioranza antisiriana, gli alleati di Siria e Iran “sono sfortunatamente riusciti nell’intento di bloccare il pieno adempimento della risoluzione 1559, impantanando la rivoluzione dei cedri”. Una campagna terroristica che ha preso l’avvio dal maggio scorso è poi riuscita ad uccidere alcuni politici come George Hawi, giornalisti liberali come Samir Qassir, esponenti democratici come Gebran Tueni. Terzo elemento, Le minacce fatte dal leader di Hezbollah, Hassan Nasrallah, e dagli altri alleati della Siria “contro ogni tentativo di eliminare i residui dell’occupazione siriana, di disarmare le loro milizie e di schierare l’esercito libanese nel sud del Paese o lungo i confini con la Siria”. Funzionari internazionali, americani ed europei, infine, sono giunti alla conclusione che “personale della sicurezza siriana” è presente lungo i confini ed in territorio libanese.

L’articolo si conclude con l’affermazione che in questi tempi veramente pericolosi, segnati dalla sfida delle ambizioni nucleari di Ahmadinejad alla sicurezza regionale ed internazionale, dal proseguire delle interferenze del regime di Assad nel processo politico iracheno, con il sostegno ai gruppi terroristici, dalla continuazione dell’assistenza data da Hezbollah ai gruppi radicali, come Hamas e il Jihad, “è cruciale rendere la società civile libanese capace di sviluppare una piena democrazia”. Compito che dovrebbe vedere l’impegno della comunità internazionale.

Un passo in tal senso è stato compiuto ieri dagli Stati Uniti, con la proposta avanzata dall’ambasciatore all’Onu, John Bolton, di una nuova risoluzione del Consiglio di sicurezza che denunci il proseguire delle interferenze siriane. La mossa statunitense dovrebbe coincidere con la presentazione del rapporto del segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, nel quale si riafferma che le milizie libanesi, tra le quali Hezbollah, debbono disarmare e per la prima volta si cita il ruolo dell’Iran nella instabilità libanese, invitando Teheran a cooperare al disarmo delle milizie. L'annuncio ha già avuto una risposta negativa della Cina, secondo la quale le gravi tensioni che già colpiscono la regione spingono a non introdurre nuovi elementi di contrasto.
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4 Maggio 2006
LIBANO-SIRIA
Torna a crescere la tensione tra Damasco e Beirut
di Youssef Hourany

Posti di blocco siriani in territorio libanese, mandati di cattura di Damasco contro esponenti politici di Beirut, continui rinvii dell’incontro tra il presidente Bachar al-Assad e il premier libanese Fouad Siniora i fattori che alzano la temperatura dei rapporti tra i Paesi.

Beirut (AsiaNews) – Tensione nuovamente crescente tra Siria e Libano, mentre l’Onu si prepara ad esaminare il rapporto sulla esecuzione della risoluzione 1559, nella quale Usa e Francia dovrebbero presentare un progetto che indurisce ulteriormente l’atteggiamento internazionale verso Damasco. Posti di blocco siriani in territorio libanese, mandati di cattura di Damasco contro esponenti politici di Beirut, continui rinvii dell’incontro tra il presidente Bachar al-Assad e il premier libanese Fouad Siniora i fattori che alzano la temperatura dei rapporti tra i Paesi.

Ufficialmente motivati dalla lotta al contrabbando, i blocchi siriani in Libano stanno rendendo molto difficile, se non impedendo il passaggio delle merci tra i due Paesi e verso gli altri Paesi arabi, come l'Iraq. Di fronte poi alla dichiarata attesa da parte del primo ministro libanese Fouad Senioura di incontrare Assad, il segretario del Consiglio superiore di coordinamento libano-siriano Nasri Khoury, ha detto che l’incontro si sta preparando “con cautela, prudenza e studio approfondito, senza nessuna fretta da parte siriana". Ci sono poi le convocazioni giudiziarie, emtro sette giorni, da parte del massimo tribunale siriano di tre responsabili libanesi, il leader druso Walid Joumblatt, il ministro Marwan Hamade ed il giornalista Fares Khachan, ed il proseguire degli attacchi dela stampa siriana contro la politica del governo libanese e il primo ministro Fouad Seniora, considerato “responsabile del peggioramento dei rapporti tra i due Paesi vicini e mercenario del mercato americano”. La stampa, strettamente controllata, indica "la via del dialogo sincero come l'unica capace di far uscire il Libano dalla crisi attuale”, ma parla anche del “rischio che corre il Libano, se prosegue questa politica sbagliata”.

Dei rapporti tra Siria e Libano parlano anche i vescovi maroniti, nel comunicato diffuso al termine della loro riunione mensile, svoltasi ieri, sotto la presidenza del patriarca Nasrallah Sfeir. I presuli chiedono alla comunità internazionale di trovare una soluzione "giusta e permanente del problema palestinese" ed auspicano il rilancio dei rapporti tra Libano e Siria, che devono essere basati sul "rispetto reciproco e sulla sovranità ed indipendenza dei due Paesi”. Il documento critica le ultime misure prese dall'esercito siriano sulle frontiere libanesi, mezzi di pressione che "non devono essere effettuati in questa maniera e che potrebbero essere causa di una nuova tensione che potrebbe peggiorare di più i rapporti".

Quanto alla situazione interna libanese, i vescovi hanno lanciato un nuovo appello a tutti i responsabili, perché rispettino la nobile tradizione del Libano e riprendano la via del dialogo, iniziata il 2 marzo scorso.

Nel comunicato si sottolinea l'urgenza di trovare una soluzione a tutte le crisi sociali, dovute all'aggravarsi della situazione economica, si chiede al governo di elaborare un "progetto capace di aiutare il popolo libanese ad uscire dalla crisi e far fronte alle molte sfide che colpiscono il Libano, si esortano i responsabili a rispettare il "tessuto sociale del paese, per coinvolgere tutti i libanesi nel processo della ricostruzione” e si auspica “il rispetto dei diritti di tutte le comunità religiose presenti in Libano, in modo armonico e giusto".

I vescovi maroniti hanno infine implorato l'intercessione della Madonna, Nostra Signora del Libano, in questo mese di maggio, invitando tutti i libanesi a guardare verso questa madre "unica protettrice del Libano, della sua storia e delle sue comunità religiose".
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LIBANO 5/5/2006 11.00
BRACCIO DI FERRO PARLAMENTO-PRESIDENTE SU LEGGI ‘ANTI-SIRIANE’

Il Parlamento di Beirut, composto a maggioranza da politici anti-siriani, ha approvato nelle ultime ore due leggi precedentemente rinviate alle Camere dal presidente della Repubblica, il filo-siriano Emile Lahoud, che aveva rifiutato di promulgare le norme. La prima legge assegna vantaggi alla comunità drusa libanese, mentre la seconda modifica in modo non gradito a Damasco le competenze del Consiglio costituzionale, alto organo giurisdizionale con competenze di legittimità su questioni legislative. Le due leggi sono state approvate in seconda lettura a maggioranza semplice e inviate di nuovo a Lahoud, che dovrà promulgarle, anche contro la sua volontà. Questo ennesimo braccio di ferro tra Parlamento e presidente, secondo gli osservatori nazionali rischia di rendere ancora più incandescente il clima politico tra filo-siriani e anti-siriani in Libano. Fino alla scorsa estate, la Siria ha occupato militarmente per 29 anni il Libano, controllandone territorio, società e servizi segreti.
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5 Maggio 2006
LIBANO
Anche riciclaggio e corruzione tra i moventi dell’assassinio di Hariri

Un articolo di Fortune evidenzia responsabilità di personaggi di altissimo livello, siriani e libanesi, che temevano la riapertura del caso del crack della banca al-Madina.

Beirut (AsiaNews) - L’ex primo ministro libanese Rafic Hariri, sarebbe stato ucciso anche per nascondere riciclaggio di denaro, corruzione e affari illegali connessi anche al terrorismo, compiuti attraverso la banca libanese al-Madina, caduta in un crack nel 2003. Lo denuncia l’edizione americana di Fortune, che porta a sostegno anche i rapporti dell’inchiesta dell’Onu sull’assassinio Hariri, secondo la quale nei traffici erano coinvolti anche Saddam Hussein e “le persone più importanti della Siria”.

Proprio la volontà di Hariri di riaprire, una volta che fosse tornato al potere, il dossier al-Madina avrebbe spinto i servizi segreti siriani ad organizzare l’attentato del 14 febbraio 2005, nel quale egli rimase ucciso, insieme ad altre 20 persone.

Fortune sostiene di avere “documenti bancari” che evidenziano l’importanza del coinvolgimento siriano nello scandalo finanziario. Ripercorrendo gli anni ’90, fino al 2003, l’articolo mette in rilievo il vasto traffico “di denaro, beni immobiliari, automobili e gioielli” costituitosi attorno alla banca fallita. Attraverso una gigantesca “macchina di riciclaggio” si era anche reso possibile a “organizzazioni terroristiche, trafficanti di diamanti dell’Africa occidentale, a Saddam Hussein ed alla mafia russa” di reinserire i loro dollari nel circuito bancario internazionale.

A partire dal 2003, però, esponenti di primo piano siriani e libanesi, coinvolti nei traffici, hanno temuto che Hariri decidesse di riaprire l’incartamento della banca. La stessa commissione di inchiesta dell’Onu, in proposito, avanza l’ipotesi che alcune delle organizzazioni coinvolte nell’attentato potevano avere l’obiettivo di nascondere il loro coinvolgimento nell’affare al-Madina. Nel secondo rapporto di Detlev Mehlis si parla di una conversazione telefonica nel corso della quale l’ex capo dei servizi segreti siriani Rustom Ghazale accusava Hariri di aver toccato, in una intervista, la questione della corruzione siriana, violando un accordo su tale questione. Lo stesso Ghazale sarebbe riuscito a prelevare una grande quantità di documenti dalle casseforti della banca, mentre la volontà di Hariri di riaprire la questione è stata confermata da personalità vicine all’ex premier libanese, tra le quali il ministro delle Finanze, Jihad Azour.

“Sicuro” che dietro l’attentato ci sia non solo l’opposizione politica di Hariri alla Siria, ma anche la vicenda al-Madina si dice anche Marwan Hamade, già ministro delle telecomunicazioni e amico dell’ex premier, anch’egli colpito da un’autobomba, alla quale però è sopravvissuto. “E’ stata certamente – ha detto - una delle ragioni. Se fosse stato rieletto, Hariri avrebbe riaperto il caso, che noi sappiamo porta direttamente ad Assad, attraverso il palazzo presidenziale di Baabda”, cioè il presidente della Repubblica libanese, Emile Lahoud.
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Old 13-05-2006, 14:10   #53
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MEDIO ORIENTE 13/5/2006 2.18
CONSIGLIO SICUREZZA ONU VUOLE RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA LIBANO E SIRIA

I rappresentanti presso il Consiglio di sicurezza dell’Onu di Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna hanno presentato un progetto di risoluzione che si propone di mettere fine allo stato di incertezza e crisi tra Libano e Siria, di delimitare con precisione i rispettivi confini territoriali e di instaurare relazioni diplomatiche formali tra i due Paesi. “La risoluzione è un modo per forzare la Siria a riconoscere il Libano come Paese indipendente” ha spiegato il rappresentante Usa al Palazzo di Vetro, John Bolton, precisando che il testo della proposta di risoluzione corrisponde alle richieste sollecitate dal primo ministro libanese Fuad Siniora. Secondo Washington, Parigi e Londra il documento è la continuazione ideale della risoluzione 1.559 del settembre 2004, con la quale si imponeva alla Siria, che occupava da quasi un trentennio il territorio libanese, di ritirare il suo esercito, cosa realmente avvenuta la scorsa primavera (aprile 2005), alcuni mesi dopo l’omicidio dell’ex primo ministro del Libano Rafik Hariri. Nonostante la sicurezza ostentata dai membri permanenti occidentali, Cina e Russia hanno già espresso riserve sul testo della risoluzione, che potrebbe essere votata nei prossimi giorni ma prima potrebbe essere soggetta a un lungo lavoro di cesello per trovare un accordo completo sul testo.
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Old 15-05-2006, 23:23   #54
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SIRIA 15/5/2006 13.25
DIALOGO CON LIBANO, ARRESTATO OPPOSITORE

Lo scrittore e oppositore politico siriano Michel Kilo è stato arrestato ieri dopo aver firmato una petizione in cui chiedeva una riforma integrale delle relazioni tra Siria e Libano, con il riconoscimento da parte di Damasco della sovranità e dei confini territoriali libanesi. Lo ha reso noto l’Organizzazione nazionale dei diritti dell’uomo in Siria, spiegando che la petizione è stata scritta e firmata “da intellettuali siriani e libanesi”. Kilo è stato arrestato ieri verso l’ora di pranzo mentre si trovava nella sua casa di Damasco; non è noto dove sia stato incarcerato. Lo scrittore aveva già conosciuto il carcere durante il precedente regime di Hafez al Assad, padre dell’attuale presidente siriano. Recentemente il regime ha fatto anche arrestare Fateh Yamus, dirigente del Partito comunista del lavoro, formazione all’opposizione, con l’accusa di aver “contattato gruppi ostili” al regime durante un suo viaggio in Europa. Alla fine della scorsa settimana Stati Uniti, Gran Bretagna e Francia hanno presentato al Consiglio di sicurezza dell’Onu una risoluzione che chiede proprio un impegno siriano per il riconoscimento dei confini e della sovranità libanesi.
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Old 16-05-2006, 20:04   #55
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16 Maggio 2006
LIBANO
Sfeir: necessaria, “purtroppo”, una nuova risoluzione dell’Onu sul Libano

Ancora irrisolte questioni come il disarmo di Hezbollah, le frontiere e i rapporti diplomatici con la Siria. Il Paese è diviso in due blocchi che contrappongono anche esponenti cristiani. Il dialogo con l’Islam, secondo l’intuizione di Benedetto XVI, “è possibile sul terreno dell’umano e del sociale”, ma non a livello di dottrina.

Parigi (AsiaNews) - Disarmo di Hezbollah, tracciato della frontiera e stabilimento dei rapporti diplomatici tra Libano e Siria: sono questioni la mancata soluzione delle quali rende “purtroppo” necessaria una nuova risoluzione delle Nazioni Unite sul Libano. Lo sostiene, per la prima volta esplicitamente, il patriarca maronita, card. Nasrallah Sfeir, in una lunga intervista al quotidiano “La Croix”, concessa all’indomani dell’incontro, a Parigi, con il presidente francese Jacques Chirac. Il patriarca parla anche della situazione interna libanese e del “dialogo interlibanese” che riprende oggi, in un Paese “diviso in due blocchi, quello di Hezbollah e di Michel Aoun, che si appoggia alla Siria e all’Iran” e quello detto del “14 marzo”, “guidato da Saad Hariri e sostenuto da Stati Uniti, Europa, Arabia saudita ed Egitto”.

La nuova risoluzione sulla questione libanese che Stati Uniti e Francia si preparano a presentare al Consiglio di sicurezza “è una necessità perché finora le risoluzioni già prese non hanno avuto esito. La 1559 chiedeva che le truppe siriane lasciassero il Libano. L’hanno fatto. Ma altre clausole, come il disarmo di Hezbollah, lo stabilimento di rapporti diplomatici tra Libano e Siria e il tracciato dei confini tra i due Paesi, non sono state applicate”.

Sul disarmo di Hezbollah, al centro di profondi contrasti nelle passate sessioni del “Dialogo interlibanese” e previsto terreno di scontro in quella che si apre oggi, il cardinale sostiene che “bisogna trovare un compromesso. Ciò può realizzarsi forse con il dialogo franco e aperto, oppure con una certa pressione esterna, che non sia violenta”.

Il no del cardinale alla violenza torna nelle affermazioni del cardinale anche su altri due temi scottanti: le divisioni tra i cristiani maroniti e la contestata proroga della presidenza della Repubblica.

“Che si mettano d’accordo”, dice a proposito delle tensioni tra Michel Aoun e Samir Geagea, capo delle Forze libanesi, “finora non l’hanno fatto”, aggiunge ricordano che “le divisioni in passato hanno provocato sconfitte brucianti”.

Quanto al mandato del presidente Emile Lahoud, prorogato di tre anni nel 2004, su pressioni siriane, il card. Sfeir ricorda di essersi opposto alla proroga, “perché in passato una manovra di questo genere non ha mai portato del bene al Paese”. “Ma ora è fatto”. “Alcuni – aggiunge – hanno voluto forzarlo a dimettersi. Io sono stato contrario, perché è pericoloso per il Libano e ci sarebbero nuovamente state delle vittime”.

Il card. Sfeir parla poi delle ripercussioni sul Paese dei cedri delle tensioni dell’intera regione. Che continueranno “finché non ci sarà uno Stato palestinese con buoni rapporti con Israele”.

“Un momento difficile”, infine, è quello dei rapporti tra cristiani e musulmani in Libano. “Tutti i libanesi – afferma - sono coscienti di dover vivere insieme, malgrado le difficoltà, che sono reali. Non si può essere divisi a seconda dell’appartenenza religiosa. Gli stessi musulmani dicono che senza i cristiani il Libano non sarebbe più il Libano. Come disse Giovanni Paolo II, il Libano è un esempio di pluralismo e di democrazia, un Paese nel quale si può vivere insieme e accettarsi. E’ anche un esempio per l’Europa, nella quale i musulmani sono già un po’ dappertutto”. E, a proposito di islam, il patriarca sottolinea la scelta di Benedetto XVI, per il quale “il dialogo tra cristiani e musulmani è possibile sul terreno dell’umano e del sociale. Ma non può avanzare a livello della dottrina, perché ogni religione ha la sua. Siamo tutti credenti, ma i musulmani hanno la loro concezione di Dio e noi la nostra”.

A Beirut, intanto, la ripresa del dialogo, scrive l’autorevole “L’Orient Le jour”, “si terrà come sempre in un’atmosfera di tensione politica quasi generalizzata, anche se gli ultimi tentativi del presidente della Camera, Nabih Berri di calmare le acque, sono in parte riusciti”. All’ordine del giorno, “secondo alcuni per l’ultima volta”, il dossier sulla presidenza della Repubblica, “ma le attese sono praticamente nulle, visto lo scacco di tutte le trattative precedenti”. “Gli sguardi si posano già sulla spinosa questione delle armi di Hezbollah”.
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19 Maggio 2006
SIRIA – IRAN – LIBANO
Teheran in soccorso di Damasco contro la nuova risoluzione dell’Onu

Il ministro degli esteri Mottaki va a Damasco e definisce la risoluzione 1680 “un’eresia ed una violazione del diritto internazionale”. Per il governo libanese “è una buona risoluzione”, il patriarca Sfeir è un bene che il Libano aspettava da tempo”.

Beirut (AsiaNews) – L’Iran si è immediatamente schierato a fianco della Siria nel giudizio negativo sulla risoluzione 1680 del Consiglio di sicurezza (che, tra l’altro, chiede alla Siria ed al Libano di delimitare i confini e stabilire rapporti diplomatici), che ha invece trovato eco favorevole da parte del mondo politico libanese (a parte, naturalmente, Hezbollah) e nel patriarca maronita Nasrallah Sfeir.

Siria ed Iran non si sono limitati a definire la 1680 “un’eresia ed una violazione del diritto internazionale”, ma hanno anche chiesto “a certi membri del Consiglio di sicurezza, di assumersi le loro responsabilità, opponendosi a questo tipo di decisioni che finiranno per indebolire l’Onu”. Il riferimento, che sembra un rimprovero a Russia e Cina, è stato fatto dal ministro degli esteri iraniano Manouchehr Mottaki, volato a Damasco immediatamente dopo l’approvazione, ieri, della risoluzione, nel corso di una conferenza stampa congiunta con il suo collega siriano Walid Moallem. Latore di un messaggio del presidente iraniano Ahmadinejad consegnato personalmente al presidente siriano Assad (sul contenuto del quale le fonti dei due Paesi tacciono) Mottaki ha affermato che il suo Paese “sostiene il miglioramento dei rapporti siro-libanesi, ma nel rispetto della volontà politica prevalente nei due Paesi”.

La Siria, che ieri aveva parlato di “ingerenza” e di decisione “senza precedenti”, oggi, per bocca di Moalem ha accusato coloro che hanno voluto la 1680 (Usa, Gran Bretagna e Francia, che hanno avuto il voto favorevole di 13 dei 15 membri del Consiglio e l’astensione di Russia e Cina) di voler “internazionalizzare” i rapporti tra Beirut e Damasco.

Sulla stessa linea, in Libano, Hezbollah, per il quale la 1680 “non serve gli interessi libanesi, ma stranieri”. Il documento delle Nazioni Unite, inoltre, “contraddice gli sforzi puntigliosi, portati avanti a diversi livelli, che mirano ad assicurare lo stabilimento di buoni rapporti tra Libano e Siria”. Il Consiglio di sicurezza, secondo il Partito di Dio, “si è arrogato il diritto di ingerirsi in questioni riguardanti la sovranità di due Paesi indipendenti”.

Opposto il giudizio del primo ministro libanese, Fouad Siniora, secondo il quale la 1680 “è una buona risoluzione, perché incoraggia i due Paesi a cooperare per l’applicazione delle decisioni che sono state prese nel Dialogo interlibanese”. Sulla stessa linea gli esponenti della maggioranza parlamentare.

Dal canto suo, il patriarca Sfeir ha definito la decisione dell’Onu “un bene che il Libano aspettava da tempo. Speriamo che la Siria l’accetti in buona fede”. Libano e Siria, ha aggiunto, “hanno il diritto di essere indipendenti, liberi, con confini ben determinati”.
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23 Maggio 2006
SIRIA
La Siria reagisce alle pressioni Onu incarcerando i dissidenti
di Jihad Issa

Nel mirino del regime soprattutto gli attivisti delle organizzazioni per i diritti del’uomo. Polemica del governo con l’Ue che ha chiesto la liberazione dei prigionieri politici.

Damasco (AsiaNews) – Il governo siriano reagisce con restrizioni e repressione all’interno, soprattutto contro gli attivisti delle organizzazioni dei diritti umani, allo "choc" delle pressioni internazionali, accresciute dalla pubblicazione dell'ultima risoluzione del Consiglio di sicurezza, la 1680, che impone il ristabilimento dei rapporti diplomatici con il Libano e chiede la massima collaborazione con la Commissione d'inchiesta internazionale sull'assassinio dell'ex-premier libanese Rafic Hariri.

Se ieri Ammar al-Qorabi, presidente dell’Organizzazione nazionale per i diritti umani in Siria ha annunciato che ieri sono stati liberati tre dei suoi 12 attivisti imprigionati, Khaled Khalifa, Abbas Abbas e Kamal Chekho, la moglie di un altro attivista, Anwar El Banny, ha confermato ad AsiaNews l’arresto di suo marito, avvenuto mercoledì scorso, ed ha chiesto l'intervento della Croce rossa e di altre organizzazioni per aiutare Anwar, che continua uno sciopero della fame. Anwar è accusato di aver mantenuto contatti con dissidenti siriani che vivono in esilio.

L'avvocato Khalil Maatouk, che sta difendendo la causa del dissidente ha rivelato al nostro stesso corrispondente la volontà di “più di 200 avvocati siriani di aiutare questi uomini e donne degni di essere rispettati e difesi, perché sono cittadini liberi”. Egli ha rivelato che la settimana scorsa sono stati arrestati altri tre attivisti dei diritti dell'uomo: Souleiman Tamer, Nidal Darwich e Mouhamad Mahfouz, che sono stati tenuti nel carcere “isolato” di Adra. L’avvocato ha anche criticato la maniera con la quale i giudici compiono le loro indagini, che portano arrestati innocenti a vivere sotto “una pressione psicologica e fisica”.

L'accusa rivolta contro i tre attivisti, sempre secondo Khalil Maatouk, è di essere “gli artefici della dichiarazione di Beirut-Damasco, che ha chiesto la deposizione del regime in Siria”, un’accusa che è stata contestata dagli arrestati, anche se condividono l'idea dei loro colleghi. I giudici Maher Alwan e Raghid Toutonji, che si occupano della vicenda, non sono riusciti finora a provare la cooperazione di questi attivisti con i dissidenti che vivono nell'estero.

Continua anche la prigionia del giornalista Michel Kilo, arrestato la settimana scorsa con l'unica accusa di aver pubblicato un articolo che appoggia la dichiarazione di Damasco, firmata da intellettuali e politici siriani. Ancora in carcere pure il dissidente comunista Fateh Jamous, imprigionato in una cella che misura 6 metri per 2 e costretto a dormire in terra.

Una protesta contro gli arresti “arbitrari” e la richiesta di liberare i prigionieri politici sono state avanzate sabato a Damasco dall’Austria, nella sua qualità di presidente dell’Unione Europea. Il governo siriano ha risposto duramente, accusando l’Ue di ipocrisia per aver criticato la sua gestione dei diritti umani, mentre numerosi Stati membri sono sotto inchiesta per aver probabilmente cooperato con la gestione di prigioni segrete americane. “Paesi che hanno permesso di creare prigioni segrete sul suo territorio e servendosi del loro spazio aereo – ha affermato il Ministero degli esteri - non hanno il diritto di porsi come difensori dei diritti umani o di interferire negli affari interni di altri Stati”.
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LIBANO 26/5/2006 11.25
SIDONE, ATTENTATO CONTRO CAPO JIHAD ISLAMICA PALESTINESE

Una bomba avrebbe provocato oggi il ferimento del capo politico della Jihad islamica palestinese in Libano, Mahmoud al-Majzoub, e la morte di suo fratello Nidal, anch’egli funzionario del movimento, nella città meridionale di Sidone. Stando alle prime informazioni, sembra che l’ordigno sia esploso quando l’auto è stata messa in moto; probabilmente era stato collocato in precedenza all’interno della vettura a bordo della quale sono saliti i due esponenti della Jihad. In un primo momento sembrava che anche al-Majzoub, conosciuto come Abu Hamze, fosse morto nell’esplosione, ma fonti del gruppo radicale palestinese hanno precisato che è vivo, anche se si trova in gravissime condizioni. Il portavoce della Jihad, Abu Imad al-Rifai, parlando da Beirut con l’emittente satellitare ‘Al Jazira’ ha detto che si tratta del secondo tentativo di assassinare il capo politico del movimento. La Jihad si è finora rifiutata di osservare la tregua sottoscritta all’inizio del 2005 dai gruppi radicali; finora è stata accusata di attentati suicidi che hanno provocato una trentina di vittime in Israele; l’ultimo è stato a Tel Aviv lo scorso 11 aprile, con 11 morti.
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LIBANO 26/5/2006 16.19
SIDONE, MORTO CAPO JIHAD ISLAMICA FERITO IN ATTENTATO

È deceduto in ospedale a causa della gravità delle ferite riportate il capo politico della Jihad islamica palestinese in Libano, Mahmoud al-Majzoub, rimasto vittima con il fratello Nidal, anch’egli funzionario del movimento, in un attentato con un’autobomba verificatosi questa mattina nella città di Sidone, nel sud del Libano. Lo ha reso noto l’emittente televisiva ‘Al Manar’, secondo cui gli inquirenti libanesi non sono ancora in grado di stabilire se l’autobomba sia stata fatta esplodere con un comando a distanza o da un kamikaze. Secondo il portavoce della Jihad, Abu Imad al-Rifai, al-Majzoub avrebbe già subito in passato un tentativo di omicidio. La Jihad islamica si è rifiutata negli ultimi tre mesi di aderire alla tregua accettata da alcuni gruppi armati palestinesi e si è resa protagonista di molti attentati nel territorio di Israele. Sconosciuti, almeno per ora, i mandanti dell’attacco.
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Ewigen
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1 Giugno 2006
LIBANO
Geagea: l’8 giugno cercheremo di risolvere le questioni di Lahoud e Hezbollah
di Youssef Hourany

Il card. Sfeir auspica che la nuova legge elettorale permette un voto più rappresentativo. Secondo anticipazioni di stampa prevederebbe 77 parlamentari eletti col maggioritario e 51 su base proporzionale.

Beirut (AsiaNews) – E’ sempre delicata la situazione politica del Libano che nella prossima tappa del Dialogo interlibanese, l’8 giugno, dovrebbe tornare ad affrontare i cruciali temi del futuro del presidente della Repubblica, Emile Lahoud e del disarmo di Hezbollah. Lo sostiene, parlando con AsiaNews il capo delle Forze libanesi, Samir Geagea, mentre il patriarca maronita, Nasrallah Sfeir, è tornato ad esprimersi a favore di nuove elezioni politiche da tenersi con una nuova legge elettorale, più equa di quella elaborata nel 2000, durante l’occupazione siriana.

Ieri, mercoledì 31 maggio, intanto, il rappresentante del Libano alle Nazioni Unite, Caroline Ziade, ha consegnato al segretario generale, Kofi Annan, una protesta scritta contro “le ultime aggressioni compiute da Israele contro cittadini inermi e pacifici” in diverse località libanesi, che hanno causato morti e gravi danni materiali, con la distruzione di alcune infrastrutture, motivati dagli israeliani con la lotta ai guerriglieri palestinesi. Questi scontri militari hanno spinto alcuni politici libanesi, soprattutto del Movimento del 14 marzo, ad insistere sulla necessità di disarmare i palestinesi e di inserire gli uomini della resistenza libanese, formata dai partigiani del partito di Dio, nell'esercito libanese.

Sarà uno dei temi scottanti del prosieguo del Dialogo interlibanese, come ha sottolineato con AsiaNews il dirigente delle Forze Libanesi, Samir Geagea, secondo il quale “durante il prossimo round del Dialogo, previsto per l’8 giugno, il dirigente del movimento di Amal, Nabih Berri, studierà il futuro della presidenza della Repubblica ed il disarmo del partito di Dio”. Geagea ha anche plaudito al coraggio dei deputati libanesi, che hanno votato contro la richiesta di estradizione presentata dalla Siria verso due deputati libanesi,Walid Joumblatt e Marwan Hamade, ed ha definito il voto in tal senso anche da parte dei deputati del generale Michel Aoun come una "fedeltà alla storia del generale Aoun”.

Parlando del futuro delle Forze libanesi, Geagea ha esortato tutti a seguire il patriarca Sfeir, l'unico “dirigente” che non cerca il suo interesse, ma quelli degli altri.

Dal canto suo, il patriarca maronita ha ribadito la necessità di superare i dolori del passato ed ha auspicato un nuova rilettura della storia della guerra civile che ha distrutto la fisionomia del Libano. Il patriarca ha anche rivolto un appello ai giovani, perché ritornino nel loro Paese e offrano il loro contributo, malgrado tutte le difficoltà.

Il card. Sfeir ha criticato quei politici libanesi che sono avidi del potere, chiedendo ai responsabili di raggiungere un accordo sul futuro della presidenza della Repubblica e di arrivare alla formazione del Consiglio supremo della magistratura. Sulle ultime notizie relative all'approssimarsi della presentazione della nuova legge elettorale, il patriarca Sfeir ha espresso l’auspicio che vengano organizzate elezioni legislative più rappresentative, tornando a criticare la legge del 2000, chiamata "La legge di Ghazi Kanaan", dal nome dell’allora ministro siriano.

Secondo anticipazioni di stampa, la nuova legge prevederebbe un sistema misto per il quale 77 deputati saranno eletti con il sistema maggioritario e 51 su base proporzionale.
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