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Old 01-10-2009, 10:48   #1
Dream_River
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Città: Romagna ma col cuore in Toscana, e spero nel prossimo futuro in Spagna
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Gli immigrati e la cittadinanza

Per iniziare vi posto un articolo che ho trovato molto interessante, per quanto non posso dire di condividerne i toni

Fini parla di cittadinanza in modo propagandistico ma non ha tutti i torti

Il tema della cittadinanza, o meglio della revisione della nostra legislazione in materia di concessione della cittadinanza allo straniero, sembra ormai essere diventato il tormentone della legislatura. La cosa è apparentemente incomprensibile. Probabilmente agli occhi della grandissima maggioranza della pubblica opinione il tema risulta, se non indifferente, quanto meno secondario. E del resto la vastità e profondità dei problemi che il Paese deve affrontare (crisi economica, burocrazia da riformare, mercati da aprire, giustizia inefficiente, istituzioni lente e lontane dalla cittadinanza …) è tale da rendere di difficile comprensione la ragione in base alla quale uno dei principali motivi di confronto – scontro fra maggioranza ed opposizione ed interno alla maggioranza - sia il dilemma se l’immigrato regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato possa chiedere di diventare cittadino italiano dopo dieci anni (come attualmente previsto) o dopo soli cinque (come proposto dalla proposta di legge presentata in Parlamento da alcuni deputati fra i quali spicca l’onorevole Granata, deputato politicamente assai vicino al Presidente Fini).
In realtà sono evidenti le ragioni squisitamente tattiche per le quali un tema del genere è balzato agli onori della cronaca politica. Quello della cittadinanza è diventato il principale grimaldello attraverso il quale l’onorevole Fini (che – altra stranezza - da Presidente della Camera è il maggior sostenitore di una proposta di legge attualmente all’esame di quel ramo del Parlamento!) sta cercando di ampliare i propri spazi di agibilità e di visibilità politica.
Sarebbe però sbagliato liquidare in modo sommario la questione sulla base della evidente strumentalità delle ragioni che muovono i suoi propugnatori. Il tema, oltre che per la sua intrinseca nobiltà (le regole sulla concessione della cittadinanza fanno parte del nucleo essenziale della disciplina che serve ad identificare e qualificare una collettività nazionale), deve essere serenamente approfondito anche perché è particolarmente sensibile in questa fase storica del Paese.
Nel merito una prima questione merita di essere chiarita. Pur essendo il tema normalmente strettamente associato a quello della regolamentazione del fenomeno dell’immigrazione, e del contrasto all’immigrazione clandestina, i due temi sono in realtà del tutto autonomi. La disciplina della concessione della cittadinanza riguarda la fissazione delle regole in base alla quale uno straniero può diventare cittadino italiano, può entrare a far parte della Nazione. La disciplina dell’immigrazione riguarda invece la fissazione delle regole in base alle quali un cittadino straniero può regolarmente soggiornare stabilmente in Italia. E non si tratta di una distinzione sofistica. Basta pensare alle incommensurabili dimensioni dei due fenomeni. Nel 2007 soggiornavano regolarmente in Italia oltre 4 milioni di cittadini stranieri; nello stesso periodo la concessione della cittadinanza ha riguardato meno di 40 mila stranieri. Meno dell’1 per cento! E i numeri sono ancora più eclatanti se includiamo l’esercito di immigrati irregolari (che potrebbero sperare in una regolarizzazione per poi ottenere la cittadinanza). E vogliamo sperare che nemmeno il più accanito sostenitore del terzomondismo politicamente corretto immagini che con la bacchetta magica di una semplice leggina sia possibile ed auspicabile trasformare 4 milioni di lavoratori stranieri in altrettanti cittadini italiani. Cose del genere non accadono nemmeno nel Paese delle meraviglie.
Nessuno può quindi ragionevolmente sostenere che l’alleggerimento delle condizioni di concessione della cittadinanza può avere un impatto significativo sul fenomeno migratorio che in misura sempre più consistente interessa il Paese e che è avvertito come fonte di problemi e causa di insicurezza. E, sia detto per inciso, poco interessa che la sensazione di insicurezza e di paura che il fenomeno migratorio genera in larghe fasce di cittadini sia fondata o meno. Ed anche ad ammettere che si tratti di fenomeni del tutto infondati (il che ci appare improbabile se consideriamo le statistiche sulle percentuali di reati commessi da cittadini extracomunitari), resta il fatto che la politica deve farsi cercare di dare risposte efficaci a tali dinamiche, pena l’ingenerarsi di pericolose spirali violente e xenofobe.
Del resto già oggi la posizione del cittadino extracomunitario che soggiorni regolarmente sul territorio dello Stato appare adeguatamente garantita. A fronte dei doveri cui soggiace, l’ordinamento gli riconosce diritti sostanzialmente equivalenti a quelli riconosciuti ai cittadini. L’unica reale (ed importantissima) differenza riguarda il godimento dei diritti politici; non tutti i diritti politici ma solo del diritto elettorale attivo e passivo. Ma, è evidente a tutti, che il diritto elettorale rappresenta il cuore di una Nazione ed è pertanto sacrosanto che lo Stato lo riconosca solo a chi fa parte fino in fondo di una comunità nazionale. Non basta essere in regola con il permesso di soggiorno, svolgere regolarmente il proprio lavoro, adempiere puntualmente ai propri obblighi fiscali. Per essere cittadino occorre soprattutto essere e sentirsi parte di una comunità.
Ma c’è un altro punto critico nella proposta sulla cittadinanza breve. L’idea di accelerare la concessione dello status di cittadino sembra figlia di una concezione novecentesca dell’immigrazione. Una stagione nella quale l’immigrazione in un paese lontano da quello di origine coincideva nella stragrande maggioranza dei casi con l’interruzione definitiva dei legami con il Paese di origine. Oggi, grazie alle nuove tecnologie ed ai mutamenti sociologici che hanno interessato i paesi di provenienza degli immigrati, il fenomeno migratorio è estremamente più mobile. Facilità di trasporto, facilità di comunicazione, facilità di trasferimenti finanziari, fanno si che oggi l’immigrato sia normalmente inserito nel suo contesto d’origine in modo assai più stabile e continuativo di quanto accadeva un secolo fa. Non solo. Il consolidamento dell’Unione europea e l’abbattimento delle barriere fra i singoli paesi dell’Unione fa si che oggi gran parte degli immigrati extracomunitari sia estremamente mobile all’interno dell’Europa.
A ben vedere l’idea di affrontare il fenomeno dell’immigrazione attraverso l’allargamento dei criteri per la concessione della cittadinanza traduce una concezione di stampo nazionalista. Traduce l’idea che in un Paese debbano convivere stabilmente unicamente i “cittadini” e che la presenza di stranieri debba essere marginale e transitoria. Rappresenta, cioè, la negazione di quella società multirazziale da sempre in cima ai desideri del pensiero politicamente corretto.
Ma non tutto merita di essere buttato nella proposta di legge Granata. L’idea più interessante della proposta consiste nello spostamento del baricentro dei procedimenti di concessione della cittadinanza dal profilo burocratico quantitativo a quello valutativo - qualitativo. L’idea che l’aspirante cittadino debba dimostrare di possedere alcuni requisiti che lo rendono idoneo al nuovo status merita di essere valorizzata perché si inscrive perfettamente in una corretta concezione del tema della cittadinanza. Tema che deve essere affrontato non tanto in termini astratti di diritto naturale e di jus gentium, quanto piuttosto avendo ben presente l’interesse della Nazione. Se esiste la cittadinanza è perché esistono le nazioni e le regole che disciplinano la concessione della cittadinanza devono essere pensate avendo sempre ben presente l’interesse nazionale.


Fonte: http://www.tocqueville.it/LinkEsterno.aspx?id=2650818

Non condivido le posizioni dell'articolo, ma secondo me mette molto bene in evidenza aspetti della proposta della cittadinanza rapida che sono stati purtroppo sommersi dal polverone mediatico e dalle urla (dei soliti)

Messi il luce questi aspetti di tale proposta, che idea ne avete?

Ah, naturalmente sarebbero i benvenuti ulteriori link ad ulteriori articoli sulla questione
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Ultima modifica di Dream_River : 01-10-2009 alle 10:51.
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Old 01-10-2009, 11:05   #2
AntonioBO
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Per iniziare vi posto un articolo che ho trovato molto interessante, per quanto non posso dire di condividerne i toni

Fini parla di cittadinanza in modo propagandistico ma non ha tutti i torti

Il tema della cittadinanza, o meglio della revisione della nostra legislazione in materia di concessione della cittadinanza allo straniero, sembra ormai essere diventato il tormentone della legislatura. La cosa è apparentemente incomprensibile. Probabilmente agli occhi della grandissima maggioranza della pubblica opinione il tema risulta, se non indifferente, quanto meno secondario. E del resto la vastità e profondità dei problemi che il Paese deve affrontare (crisi economica, burocrazia da riformare, mercati da aprire, giustizia inefficiente, istituzioni lente e lontane dalla cittadinanza …) è tale da rendere di difficile comprensione la ragione in base alla quale uno dei principali motivi di confronto – scontro fra maggioranza ed opposizione ed interno alla maggioranza - sia il dilemma se l’immigrato regolarmente soggiornante sul territorio dello Stato possa chiedere di diventare cittadino italiano dopo dieci anni (come attualmente previsto) o dopo soli cinque (come proposto dalla proposta di legge presentata in Parlamento da alcuni deputati fra i quali spicca l’onorevole Granata, deputato politicamente assai vicino al Presidente Fini).
In realtà sono evidenti le ragioni squisitamente tattiche per le quali un tema del genere è balzato agli onori della cronaca politica. Quello della cittadinanza è diventato il principale grimaldello attraverso il quale l’onorevole Fini (che – altra stranezza - da Presidente della Camera è il maggior sostenitore di una proposta di legge attualmente all’esame di quel ramo del Parlamento!) sta cercando di ampliare i propri spazi di agibilità e di visibilità politica.
Sarebbe però sbagliato liquidare in modo sommario la questione sulla base della evidente strumentalità delle ragioni che muovono i suoi propugnatori. Il tema, oltre che per la sua intrinseca nobiltà (le regole sulla concessione della cittadinanza fanno parte del nucleo essenziale della disciplina che serve ad identificare e qualificare una collettività nazionale), deve essere serenamente approfondito anche perché è particolarmente sensibile in questa fase storica del Paese.
Nel merito una prima questione merita di essere chiarita. Pur essendo il tema normalmente strettamente associato a quello della regolamentazione del fenomeno dell’immigrazione, e del contrasto all’immigrazione clandestina, i due temi sono in realtà del tutto autonomi. La disciplina della concessione della cittadinanza riguarda la fissazione delle regole in base alla quale uno straniero può diventare cittadino italiano, può entrare a far parte della Nazione. La disciplina dell’immigrazione riguarda invece la fissazione delle regole in base alle quali un cittadino straniero può regolarmente soggiornare stabilmente in Italia. E non si tratta di una distinzione sofistica. Basta pensare alle incommensurabili dimensioni dei due fenomeni. Nel 2007 soggiornavano regolarmente in Italia oltre 4 milioni di cittadini stranieri; nello stesso periodo la concessione della cittadinanza ha riguardato meno di 40 mila stranieri. Meno dell’1 per cento! E i numeri sono ancora più eclatanti se includiamo l’esercito di immigrati irregolari (che potrebbero sperare in una regolarizzazione per poi ottenere la cittadinanza). E vogliamo sperare che nemmeno il più accanito sostenitore del terzomondismo politicamente corretto immagini che con la bacchetta magica di una semplice leggina sia possibile ed auspicabile trasformare 4 milioni di lavoratori stranieri in altrettanti cittadini italiani. Cose del genere non accadono nemmeno nel Paese delle meraviglie.
Nessuno può quindi ragionevolmente sostenere che l’alleggerimento delle condizioni di concessione della cittadinanza può avere un impatto significativo sul fenomeno migratorio che in misura sempre più consistente interessa il Paese e che è avvertito come fonte di problemi e causa di insicurezza. E, sia detto per inciso, poco interessa che la sensazione di insicurezza e di paura che il fenomeno migratorio genera in larghe fasce di cittadini sia fondata o meno. Ed anche ad ammettere che si tratti di fenomeni del tutto infondati (il che ci appare improbabile se consideriamo le statistiche sulle percentuali di reati commessi da cittadini extracomunitari), resta il fatto che la politica deve farsi cercare di dare risposte efficaci a tali dinamiche, pena l’ingenerarsi di pericolose spirali violente e xenofobe.
Del resto già oggi la posizione del cittadino extracomunitario che soggiorni regolarmente sul territorio dello Stato appare adeguatamente garantita. A fronte dei doveri cui soggiace, l’ordinamento gli riconosce diritti sostanzialmente equivalenti a quelli riconosciuti ai cittadini. L’unica reale (ed importantissima) differenza riguarda il godimento dei diritti politici; non tutti i diritti politici ma solo del diritto elettorale attivo e passivo. Ma, è evidente a tutti, che il diritto elettorale rappresenta il cuore di una Nazione ed è pertanto sacrosanto che lo Stato lo riconosca solo a chi fa parte fino in fondo di una comunità nazionale. Non basta essere in regola con il permesso di soggiorno, svolgere regolarmente il proprio lavoro, adempiere puntualmente ai propri obblighi fiscali. Per essere cittadino occorre soprattutto essere e sentirsi parte di una comunità.
Ma c’è un altro punto critico nella proposta sulla cittadinanza breve. L’idea di accelerare la concessione dello status di cittadino sembra figlia di una concezione novecentesca dell’immigrazione. Una stagione nella quale l’immigrazione in un paese lontano da quello di origine coincideva nella stragrande maggioranza dei casi con l’interruzione definitiva dei legami con il Paese di origine. Oggi, grazie alle nuove tecnologie ed ai mutamenti sociologici che hanno interessato i paesi di provenienza degli immigrati, il fenomeno migratorio è estremamente più mobile. Facilità di trasporto, facilità di comunicazione, facilità di trasferimenti finanziari, fanno si che oggi l’immigrato sia normalmente inserito nel suo contesto d’origine in modo assai più stabile e continuativo di quanto accadeva un secolo fa. Non solo. Il consolidamento dell’Unione europea e l’abbattimento delle barriere fra i singoli paesi dell’Unione fa si che oggi gran parte degli immigrati extracomunitari sia estremamente mobile all’interno dell’Europa.
A ben vedere l’idea di affrontare il fenomeno dell’immigrazione attraverso l’allargamento dei criteri per la concessione della cittadinanza traduce una concezione di stampo nazionalista. Traduce l’idea che in un Paese debbano convivere stabilmente unicamente i “cittadini” e che la presenza di stranieri debba essere marginale e transitoria. Rappresenta, cioè, la negazione di quella società multirazziale da sempre in cima ai desideri del pensiero politicamente corretto.
Ma non tutto merita di essere buttato nella proposta di legge Granata. L’idea più interessante della proposta consiste nello spostamento del baricentro dei procedimenti di concessione della cittadinanza dal profilo burocratico quantitativo a quello valutativo - qualitativo. L’idea che l’aspirante cittadino debba dimostrare di possedere alcuni requisiti che lo rendono idoneo al nuovo status merita di essere valorizzata perché si inscrive perfettamente in una corretta concezione del tema della cittadinanza. Tema che deve essere affrontato non tanto in termini astratti di diritto naturale e di jus gentium, quanto piuttosto avendo ben presente l’interesse della Nazione. Se esiste la cittadinanza è perché esistono le nazioni e le regole che disciplinano la concessione della cittadinanza devono essere pensate avendo sempre ben presente l’interesse nazionale.


Fonte: http://www.tocqueville.it/LinkEsterno.aspx?id=2650818

Non condivido le posizioni dell'articolo, ma secondo me mette molto bene in evidenza aspetti della proposta della cittadinanza rapida che sono stati purtroppo sommersi dal polverone mediatico e dalle urla (dei soliti)

Messi il luce questi aspetti di tale proposta, che idea ne avete?

Ah, naturalmente sarebbero i benvenuti ulteriori link ad ulteriori articoli sulla questione
Io ti posso solo dire che questo governo eversivo e anti costituzionale ha prodotto una serie di modifiche sulla richiesta di cittadinanza degli stranieri che hanno sposato cittadini italiani DEVASTANTE. Sia per i diretti interessati e sia per la macchina dello stato in primis le prefetture e poi i tribunali che si troveranno intasati da ricorsi di ogni genere. Io sono il primo ad essere stato toccato in quanto mia moglie è straniera e aveva fatto la richiesta a marzo di quest'anno essendoci sposati (dopo un po' di anni di convivenza) ad aprile 2008. Ebbene il 7 agosto mia moglie aveva i requisiti (come da lettera della prefettura che affermava che era tutto in ordine e che la pratica era stata inviata a Roma per le formalità conclusive) invece dall'8 agosto mia moglie ha perso i suoi diritti. Questo perché una CRIMINOSA circolare inserita nel pacchetto dell'insicurezza ...... ha stabilito che dall'8 agosto devono passare due anni dal matrimonio per fare la richiesta e si applica anche per le richieste precedenti ove non siano già trascorsi due anni dal matrimonio. Ovviamente NESSUNO SAPEVA UN CAZZO PERCHE' NESSUNO NE PARLA. E' CHIARAMENTE una norma incostituzionale negare diritti già maturati con una legge precedente (stato dei luoghi e dei fatti) anche perché solo la legge penale può essere retroattiva e solo se favorevole al reo. Io comunque darò battaglia sino alla morte anche perché adesso decorsi i due anni ad aprile 2010 devono essere ripresentati tutti i documenti in bollo e senza poter usare l'autocertificazione oltre a versare € 200 per la richiesta. Così questo schifo di stato vuole farsi i soldi sulla pelle degli stranieri, mentre stende i tappeti rossi agli evasori con la porcata dello scudo fiscale. Un paese di merda? Altroché se lo siamo. Mia moglie ha detto che non le interessa più avere la cittadinanza (come darle torto) e anche a me che sono italiano incomincio a pensare di rinunciarci.........
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Old 01-10-2009, 14:18   #3
markk0
 
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Mia moglie ha detto che non le interessa più avere la cittadinanza (come darle torto) e anche a me che sono italiano incomincio a pensare di rinunciarci.........
se appena vi è possibile, trasferitevi in un paese più civile.
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Old 01-10-2009, 14:29   #4
AntonioBO
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se appena vi è possibile, trasferitevi in un paese più civile.
Di certo non corro il rischio di incontrarti!!! Una risposta inutile!!
In un paese civile non vengono emanate norme incivili come quella da me descritta.
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Old 01-10-2009, 14:46   #5
trallallero
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Old 01-10-2009, 14:49   #6
AntonioBO
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@AntonioBO: per 190€ le vendo la mia
quella italiana???
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Old 01-10-2009, 15:24   #7
_Magellano_
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Solo per curiosità ma tua moglie adesso che cittadinanza ha?
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Old 01-10-2009, 15:37   #8
das
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Io ti posso solo dire che questo governo eversivo e anti costituzionale ha prodotto una serie di modifiche sulla richiesta di cittadinanza degli stranieri che hanno sposato cittadini italiani DEVASTANTE. Sia per i diretti interessati e sia per la macchina dello stato in primis le prefetture e poi i tribunali che si troveranno intasati da ricorsi di ogni genere. Io sono il primo ad essere stato toccato in quanto mia moglie è straniera e aveva fatto la richiesta a marzo di quest'anno essendoci sposati (dopo un po' di anni di convivenza) ad aprile 2008. Ebbene il 7 agosto mia moglie aveva i requisiti (come da lettera della prefettura che affermava che era tutto in ordine e che la pratica era stata inviata a Roma per le formalità conclusive) invece dall'8 agosto mia moglie ha perso i suoi diritti. Questo perché una CRIMINOSA circolare inserita nel pacchetto dell'insicurezza ...... ha stabilito che dall'8 agosto devono passare due anni dal matrimonio per fare la richiesta e si applica anche per le richieste precedenti ove non siano già trascorsi due anni dal matrimonio. Ovviamente NESSUNO SAPEVA UN CAZZO PERCHE' NESSUNO NE PARLA. E' CHIARAMENTE una norma incostituzionale negare diritti già maturati con una legge precedente (stato dei luoghi e dei fatti) anche perché solo la legge penale può essere retroattiva e solo se favorevole al reo. Io comunque darò battaglia sino alla morte anche perché adesso decorsi i due anni ad aprile 2010 devono essere ripresentati tutti i documenti in bollo e senza poter usare l'autocertificazione oltre a versare € 200 per la richiesta. Così questo schifo di stato vuole farsi i soldi sulla pelle degli stranieri, mentre stende i tappeti rossi agli evasori con la porcata dello scudo fiscale. Un paese di merda? Altroché se lo siamo. Mia moglie ha detto che non le interessa più avere la cittadinanza (come darle torto) e anche a me che sono italiano incomincio a pensare di rinunciarci.........
Ma se questo stato ti fa tanto schifo perche' vuoi far si' che tua moglie ne prenda parte ? E soprattutto come mai lei e' disposta ad avere il tanto infamante titolo di cittadino italiano ?

Lasci perdere, cosicche' il suo nome non rimanga infangato ed io mi tenga 1/60000000 di sovranita' in piu'.
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Old 01-10-2009, 15:42   #9
sparagnino
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Originariamente inviato da AntonioBO Guarda i messaggi
Io ti posso solo dire che questo governo eversivo e anti costituzionale
In Australia lo straniero che sposa un autoctono deve attendere 2 anni per poter chiedere la cittadinanza.

Sinceramente non ci vedo nulladi male, anzi.

La tua situazione provoca disagio, e ti fa arrabbiare, aggiungo anche un giustamente. Purtroppo la legge dice così.
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Il regarde le soleil. . il coule comme un navire. . et dans l'esprit il me reporte en arrière. . . dans la terre lointaine de mes pères. . .

meglio un brutto processo che un bel funerale
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Old 01-10-2009, 16:06   #10
AntonioBO
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Originariamente inviato da _Magellano_ Guarda i messaggi
Solo per curiosità ma tua moglie adesso che cittadinanza ha?
ha la sua e la carta di soggiorno per motivi familiari. Chiedere la cittadinanza non è obbligatorio per restare legalmente in Italia (lei è da sempre qui regolarmente ed ora è assitente di studio odontoiatrica nonostante sia laureata in legge). Ma visto che paga le tasse sullos tipendio, perché non deve avere la possibilità di votare ed avere i miei stessi diritti, visto che i doveri ce li ha già?
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Old 01-10-2009, 16:06   #11
AntonioBO
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Originariamente inviato da das Guarda i messaggi
Ma se questo stato ti fa tanto schifo perche' vuoi far si' che tua moglie ne prenda parte ? E soprattutto come mai lei e' disposta ad avere il tanto infamante titolo di cittadino italiano ?

Lasci perdere, cosicche' il suo nome non rimanga infangato ed io mi tenga 1/60000000 di sovranita' in piu'.
Non trascendo per non farmi sospendere. ma sei solo patetico.
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Old 01-10-2009, 16:08   #12
_Magellano_
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ha la sua e la carta di soggiorno per motivi familiari. Chiedere la cittadinanza non è obbligatorio per restare legalmente in Italia (lei è da sempre qui regolarmente ed ora è assitente di studio odontoiatrica nonostante sia laureata in legge). Ma visto che paga le tasse sullos tipendio, perché non deve avere la possibilità di votare ed avere i miei stessi diritti, visto che i doveri ce li ha già?
Con me sfondi solo una porta aperta dato che ho detto diverse volte che chi qui paga le tasse ed è in regola dovrebbe avere diritto a votare per le amministrive anche senza la cittadinanza ma solo con la carta di soggiorno cosi come dovrebbe essere piu tutelato.
Mi chiedo solo perchè non vuoi dirmi quale cittadinanza ha,visto che chiedo piu che altro per curiosita mia personale.
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Old 01-10-2009, 16:12   #13
AntonioBO
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Originariamente inviato da _Magellano_ Guarda i messaggi
Con me sfondi solo una porta aperta dato che ho detto diverse volte che chi qui paga le tasse ed è in regola dovrebbe avere diritto a votare per le amministrive anche senza la cittadinanza ma solo con la carta di soggiorno cosi come dovrebbe essere piu tutelato.
Mi chiedo solo perchè non vuoi dirmi quale cittadinanza ha,visto che chiedo piu che altro per curiosita mia personale.
Bè allora la domanda giusta era:qual è la nazionalità? Marocco
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Old 01-10-2009, 16:18   #14
_Magellano_
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Bè allora la domanda giusta era:qual è la nazionalità? Marocco
Chiedevo perchè avevo un bracciante algerino e alla fine si è sistemato in Francia e poi è tornato in Italia proprio per la maggiore facilità con cui la Francia accetta immigrati provenienti dai suoi ex territori.
Ora non so il Marocco se ha facilitazioni legislative con la Spagna o con chi però tienila a mente questa cosa se può aiutarti a velocizzare i tempi.
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Old 01-10-2009, 16:18   #15
MARCA
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Cittadinanza e nazionalità sono due termini diversi ...
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Old 01-10-2009, 16:31   #16
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Non trascendo per non farmi sospendere. ma sei solo patetico.
Diciamo meglio: non trascendi per non farti sospendere più di 3 giorni, perché 3 giorni già li hai guadagnati.
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Old 01-10-2009, 17:23   #17
first register
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Non condivido le posizioni dell'articolo, ma secondo me mette molto bene in evidenza aspetti della proposta della cittadinanza rapida che sono stati purtroppo sommersi dal polverone mediatico e dalle urla (dei soliti)

Messi il luce questi aspetti di tale proposta, che idea ne avete?

Ah, naturalmente sarebbero i benvenuti ulteriori link ad ulteriori articoli sulla questione
Non condivido l'articolo, spero che in futuro si più facile ottenere la cittadinanza. Anche perchè "la maggioranza degli italiani" ha dimostrato cosa accade quando la classe politica rifiuta l'integrazione.

Penso che chi lavora onestamente in italia, ha messo su famiglia, manda i figli a scuola, merita la cittadinanza.
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Old 01-10-2009, 19:36   #18
shambler1
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Non condivido l'articolo, spero che in futuro si più facile ottenere la cittadinanza. Anche perchè "la maggioranza degli italiani" ha dimostrato cosa accade quando la classe politica rifiuta l'integrazione.

Penso che chi lavora onestamente in italia, ha messo su famiglia, manda i figli a scuola, merita la cittadinanza.
La "maggioranza degli italiani" non mi pare cosi felice della venuta di milioni e milioni di immigrati senza controllo e, chissà, forse considera ancora la propria italianità come qualcosa di importante e non come una cosa arcaica dalla quale disfarsi .
Il giusto modello di integrazione è il Giappone, non certo la Francia.
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Old 01-10-2009, 19:42   #19
Dream_River
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Il giusto modello di integrazione è il Giappone, non certo la Francia.
Per caso sai dirci qualcosa di più, anche solo a grandi linee, di come siano le leggi in proposito in Giappone?

Ma sei proprio sicuro che il Giappone possa essere un modello per qualsiasi cosa? Insomma, sono la patria degli Anime e dei Manga!!!
__________________
Chiesa Valdese - Remember, my child: Without innocence the cross is only iron, - Grazie Daniele di regalarmi ogni giorno il tuo amore! - Per l'Alternativa - Chi ci pensa nel miele, annega - La Filosofia è come la Russia, piena di paludi e spesso invasa dai tedeschi. (Roger Nimier)
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Old 01-10-2009, 19:56   #20
shambler1
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Per caso sai dirci qualcosa di più, anche solo a grandi linee, di come siano le leggi in proposito in Giappone?

Ma sei proprio sicuro che il Giappone possa essere un modello per qualsiasi cosa? Insomma, sono la patria degli Anime e dei Manga!!!
Non ne sai nulla? In Giappone hanno il senso della propria identità e della propria storia, da importare tout cout secondo me.
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