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Old 16-06-2009, 21:51   #1
blamecanada
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Il governo peruviano revoca la licenza a una radio “sgradita”

Libertà di espressione: Il Governo peruviano revoca la licenza a Radio La Voz

A cura di Marzia Coronati • 15 Giugno 2009

Radio La Voz, l’emittente peruviana che durante i sanguinosi scontri del 5 giugno tra polizia e indigeni ha trasmesso la cronaca di quanto stava accadendo, è stata costretta a spegnere i microfoni. A pochi giorni dai fatti di Bagua il Governo peruviano ha revocato alla radio la licenza a trasmettere.

Bagua, Nord del Perù. Il 12 giugno Carlos Flores Borja, direttore di Radio La Voz de Bagua Grande, riceve una risoluzione firmata dal Ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni, in cui si dichiara ufficialmente che l’emittente non ha più l’autorizzazione a trasmettere. La radio aveva avuto un ruolo centrale durante gli scontri che hanno insanguinato il paese il 5 giugno, quando una violenta rappresaglia tra forze dell’ordine peruviane e comunità native ha causato decine di vittime e feriti. In quel giorno infatti trasmetteva dati e fatti riportati dai corrispondenti che si trovavano nel luogo del conflitto.

“Siamo certi che il Governo ci abbia revocato la licenza perchè il 5 giugn, abbiamo raccontato cosa stava realmente accadendo” ha dichiarato Flores Borja. “Le minacce del Ministro degli Interni Mercedes Cabanillas si sono concretizzate: infatti ci avevano già annunciato in precedenza che avrebbero cancellato l’autorizzazione a trasmettere perchè, secondo loro, incitavamo alla violenza”.

Il direttore di Radio La Voz ha annunciato che gli avvocati dell’emittente radiofonica stanno già preparando una misura cautelare per impugnare la risoluzione. “Nel documento emesso dal Ministero dei trasporti e delle Comunicazioni si legge che la revoca della licenza è stata attuata perchè la radio non ha presentato in tempo la documentazione necessaria, ma questo non è vero” dichiara Carlolos Flores, che assicura di avere mandato i documenti richiesti entro i tempi stabiliti.

La Coordinadora Nacional de Radio e L’Associazione Mondiale delle Radio Comunitarie hanno già espresso la loro solidarietà con Radio La Voz. “Manifestiamo la nostra profonda preoccupazione per la chiusura dell’emittente; una decisione, quella del governo peruviano, che attenta alla libertà di espressione in un paese democratico. Sollecitiamo il Ministero dei Trasporti e delle Comunicazioni a dare spiegazioni” hanno dichiarato le due associazioni.

Fonte: Amisnet

Perù-Venezuela. Stranezze della libertà d’espressione
di Gennaro Carotenuto, martedì 16 giugno 2009, 08:04

15210_1 Un giorno sì e l’altro pure i nostri media si dicono preoccupati per la libertà di espressione in Venezuela. Per mesi hanno seguito con trepidazione la vicenda di una televisione, RCTV, che, nonostante abbia attivamente partecipato ad un colpo di Stato, quello dell’11 aprile 2002, ha trasmesso liberamente fino alla naturale scadenza della licenza.

Da settimane riportano compitando le parole dello scrittore ultraliberale peruviano Mario Vargas Llosa che va a Caracas a stracciarsi le vesti per dire (va da sé liberamente) che a Caracas non c’è libertà di espressione. Eppure chissà cosa farebbe Silvio Berlusconi se fosse nelle scarpe di Hugo Chávez e avesse a che fare con i media dell’opposizione venezuelana che dal 1998 in avanti disegnano il Presidente come un novello Hitler con tanto di baffetti senza che questo (o dimostrate il contrario) abbia mai mosso un dito.

Meritorio lavoro quello di preoccuparsi della libertà di espressione, anche se a volte vengono dubbi sulla genuinità e il disinteresse dell’impegno. Dubbi che crescono di fronte al silenzio assordante per casi per i quali il NED o la Freedom House non sono disposti a staccare assegni né a pagare voli in prima classe e soggiorni a cinque stelle. E’ il caso di “Radio La Voz” che dall’Amazzonia testimoniava delle voci degli indigeni in lotta contro il Trattato di Libero Commercio che distrugge la loro terra e massacrati dall’esercito. Il governo peruviano di Alan García non ci ha pensato due volte a ritirare la licenza e farla chiudere da un giorno all’altro senza che nessuno dei grandi paladini della libertà di espressione muovesse un’unghia.

Eppure la libertà di espressione dovrebbe essere per certa gente quasi una religione. E allora come mai sui vari “El País”, “La Repubblica”, gli eroi della libertà di espressione, i Rocco Cotroneo, le Angela Nocioni non scrivono neanche una riga sul fatto che il governo fondomonetarista peruviano di Alan García ha ritirato la licenza e chiuso da un giorno all’altro la “Radio La Voz” ? La libertà d’espressione vale solo per gli amici degli amici? Vale solo per chi incassa molti soldi sul mercato pubblicitario? Gli indigeni, che il presidente peruviano Alan García ha definito “cittadini di serie B”, non ne hanno diritto? Se fossero in buona fede ne avrebbero scritto, no? Non sono arrivate sulle scrivanie dei media mainstream veline in merito? Eppure anche in Italia chi lavora onestamente ne ha parlato.

Come mai il peruviano Mario Vargas Llosa, vestale della libertà d’espressione dei media commerciali, non ha speso una sola parola per la libertà d’espressione di “Radio La Voz”?

Fonte: Giornalismo Partecipativo

PERÙ, L’ORDINE DI ALAN GARCÍA ERA UCCIDERE GLI INDIGENI

Gennaro Carotenuto
(16 giugno 2009)

La resistenza degli indigeni ha obbligato il governo di Lima a fermare e derogare i decreti che permettevano alle multinazionali di spogliare l’Amazzonia che dovranno essere riesaminati in Parlamento a Lima. Il tempo e la tenacia dei popoli originari diranno se è un diversivo neoliberale, una semplice tregua per dirottare l’attenzione internazionale (poca ma combattiva) oppure l’inizio di una vittoria storica di chi difende la biodiversità dell’Amazzonia.
Intanto, secondo l’indigeno awajún Salomón Aguanash, testimone diretto delle stragi, intervistato da IPS, l’ordine di Alan García era sparare per uccidere. Così, all’alba del 5 giugno, quando tre elicotteri MI-17 dell’esercito hanno aperto il fuoco su 3.500 indigeni che bloccavano la strada che collega la selva alla costa Nord, è iniziato il massacro in Amazzonia. Al termine dell’incursione sul terreno gli indigeni contavano almeno 25 morti e un centinaio di feriti ma erano più che mai disposti a resistere fino alla vittoria. I dati sulle violenze successive continuano ad essere contraddittori. Secondo fonti inconciliabili, il governo e gli indigeni, ci sarebbero 23 poliziotti morti da una parte e almeno 50-60 indigeni uccisi e fino a 400 desaparecidos dall’altra.
Il presidente del Consiglio dei Ministri peruviano (in Perù, nonostante il sistema presidenziale, esiste tale figura) Yehude Simón, ha annunciato che il governo di Alan García si è impegnato a trattare con gli indigeni e revisionare in parlamento entro il prossimo 18 giugno i decreti sullo sfruttamento delle risorse naturali, forestali e idriche che hanno provocato la ribellione in Amazzonia e alle quali il governo è obbligato dal Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti. Il nuovo portavoce del coordinamento indigeno dell’AIDESEP, che rappresenta 300.000 persone di 1.300 comunità, Daysi Zapata (Alberto Pizango è ancora nell’Ambasciata del Nicaragua a Lima dove ha chiesto asilo politico) si dimostra scettico: “Più che promesse dobbiamo vedere fatti concreti. Notiamo però che il governo fa adesso, con almeno 60 morti sulla coscienza, quello che noi avevamo chiesto da marzo”.
Intanto è alta la polemica a Lima per le parole del presidente boliviano Evo Morales per il quale quello in corso in Perù è “un massacro voluto dal Trattato di libero commercio con gli Stati Uniti”, particolarmente punitivo per gli interessi del paese andino. “Quello che succede in Perù –ha sostenuto Morales- da noi in Bolivia non potrebbe succedere perché la nostra Costituzione obbliga alla consultazione con i nativi. In Perù invece il TLC consegna la selva amazzonica alle multinazionali che commettono un vero e proprio genocidio in America latina”. Il governo di Alan García, che ha affermato di considerare gli indios “cittadini di serie B”, gli ambientalisti il vero nemico del XXI secolo e considera i fatti di queste settimane frutto di un complotto internazionale orchestrato da La Paz e Caracas, ha concesso di recente asilo politico a tre ministri del governo di Gonzalo Sánchez de Lozada, accusati di aver assassinato più di 70 indigeni boliviani nella cosiddetta “guerra del gas” del 2003 e all’esponente dell’opposizione venezuelana Manuel Rosales sulla testa del quale pende un mandato di cattura internazionale spiccato dall’Interpol per decine di accuse di corruzione.

Fonte: Giornalismo Partecipativo


I grandi giornali, oltre a non essere -come qualcuno crede- imparziali (pretesa ingenua e assurda, visto che comunque ci sono infiniti punti di vista per raccontare un fatto), usano come al solito due pesi e due misure, palesando una certa malafede. L'oggettività non si può pretendere, ma l'onestà si.
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Old 17-06-2009, 01:02   #2
gugoXX
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Con quale motivazione ufficiale hanno revocato la licenza?
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Se pensi che il tuo codice sia troppo complesso da capire senza commenti, e' segno che molto probabilmente il tuo codice e' semplicemente mal scritto.
E se pensi di avere bisogno di un nuovo commento, significa che ti manca almeno un test.
gugoXX è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-06-2009, 19:08   #3
blamecanada
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Purtroppo non riesco a trovare informazioni al riguardo ad una prima ricerca, ed in questi giorni sono abbastanza preso per dedicarmi ad una ricerca piú approfondita...
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