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Old 22-03-2006, 01:29   #1
dantes76
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Perché non cresce l’economia italiana

27-02-2006
Le priorità della politica economica
Stefano Micossi

Perché non cresce l’economia italiana

L’economia italiana non può crescere perché mille vincoli normativi e amministrativi impediscono il cambiamento, l’ingresso di capitali e nuovi giocatori, l’utilizzo delle moderne tecnologie. L’investimento si concentra nei settori di rendita perché lì i rendimenti sono più elevati; i servizi sono inefficienti e costosi, il mercato del lavoro rigido e iniquo, la pubblica amministrazione disperatamente inefficiente. Mentre si lasciavano correre la spesa per i salari pubblici, gli acquisti della sanità e gli altri consumi pubblici, si sono tagliati gli investimenti per le infrastrutture, la ricerca e l’università. L’instabile stato delle finanze pubbliche spaventa l’economia che – vedendo che non si vuol frenare la spesa – teme nuovi aumenti d’imposte.
In queste condizioni, dare denaro alle imprese perché "facciano innovazione", assumano, diventino grandi e quant’altro, senza cambiare i vincoli e gli incentivi che li guidano a comportarsi come si comportano, non serve a niente: come dimostra l’esperienza fallimentare di tutti i principali programmi pubblici di sgravio, sussidio e protezione alle imprese, inclusi quelli a erogazione automatica, tanto popolari tra gli utilizzatori, quanto inefficaci a elevare strutturalmente l’investimento e l’occupazione.

La malattia è nel settore pubblico

Ciò che i poli e i partiti non vogliono riconoscere è che il cuore del problema, la malattia grave dell’economia italiana, è nelle istituzioni pubbliche e nelle regole che governano il funzionamento dei mercati; il settore privato, nei suoi comportamenti distorti, ne offre solo lo specchio.
L’impresa resta piccola perché gli aiuti, i disincentivi fiscali e le regole del lavoro la spingono e restare piccola; la proprietà è concentrata, perché la pressione sociale sull’impresa è troppo forte per consentire all’imprenditore il rischio di aprire il capitale e affidare la gestione al management; aiuti, protezioni e vincoli sindacali mantengono il capitale in settori obsoleti, a discapito di quelli nuovi.
Certo, bisogna riprendere a investire in infrastrutture moderne, ricerca e capitale umano: il denaro non manca, basta smettere di sprecarlo in mille rivoli inutili. Va ridotto il cuneo fiscale sul lavoro, che può finanziarsi con l’eliminazione dei sussidi alle imprese.
Ma gli interventi per crescere riguardano soprattutto le istituzioni: servono legalità e buona giustizia, rapida e prevedibile negli esiti; chiare e semplici regole per l’avvio e l’esercizio dell’attività economica; severa tutela della concorrenza. Serve un campo di gioco aperto nel quale i giocatori possano entrare, uscire e competere liberamente, senza interventi estranei dei poteri pubblici, senza protezioni per quelli che già occupano il campo.

Il ruolo della politica

Qui però, sta il nodo cruciale. Una politica povera, invasa da incompetenti e affaristi, continua a preferire istituzioni deboli e un ambiente di regole opache, perché lì è più facile scambiare favori alle imprese e gruppi di interesse con il sostegno al proprio partito, alle proprie clientele, alle ambizioni private.
Così, l’attività legislativa è dominata dai piccoli interessi costituiti. E intanto, lievitano le retribuzioni, si moltiplicano i posti pubblici, si assegnano agli amici consulenze inutili e appalti; proliferano le società pubbliche dai nomi altisonanti "per lo sviluppo" e gli affari poco limpidi; si moltiplicano le scorrerie nel mercato con l’occupazione delle aziende pubbliche da parte di gruppi politici. La domanda pubblica potrebbe essere fonte di innovazione e nuove tecnologie, forzando le imprese a competere; invece diventa l’occasione per favorire imprese di scarsa qualità, spesso anche di corruzione.
Frequentemente, la politica è anche la prima ad agire per indebolire e aggirare le regole, quando i soggetti coinvolti appartengono alla propria sponda. Le Autorità indipendenti sono invase da personaggi di nomina politica, senz’altra qualità che quell’appartenenza. Le assemblee regionali votano leggi per consentire ai propri componenti di aggirare le incompatibilità per i posti nelle aziende sanitarie. Regioni, province e comuni, alla ricerca di elettori, impediscono il funzionamento del mercato di molti servizi con i loro regolamenti e gli interventi amministrativi.

Un nuovo sistema di regole

Dunque, se si vuol discutere seriamente di crescita, dobbiamo parlare di istituzioni e di regole, non di politica industriale. Dobbiamo intervenire incisivamente a separare la politica dall’economia, ridando alla politica il ruolo suo proprio, che è quello di fissare le regole del gioco; eliminandone ogni possibilità di intervento diretto negli affari.
Ho redatto, per questo, un decalogo: dieci capitoli di interventi normativi e regolamentari che affrontano alla radice il problema delle regole e del ruolo improprio assunto dalla politica nell’economia italiana. Lo pubblico qui sperando di avviare una discussione aperta.
Se considerati individualmente, gli interventi proposti non sono una novità: quasi tutti sono già oggetto di discussione tra gli addetti ai lavori e i politici illuminati; in diversi casi, vi sono già leggi per attuare le regole proposte, ma non vengono rispettate. (1) Alcuni sono di notevole complessità e richiedono di essere precisati: ad esempio, gli interventi proposti per la sanità implicano un vero cambiamento di sistema, che deve essere approfondito. L’abolizione dello spoil system per le nomine pubbliche pone complessi problemi di transizione. La novità dell’impostazione proposta risiede, forse, nell’aver organizzato tutti gli interventi in un quadro coerente.

Cambiare non solo le regole, ma i comportamenti

Per muovere su questa via, si pone un altro problema fondamentale: spesso, i primi ad aggirare le leggi sulla pubblica amministrazione e i poteri pubblici sono proprio i membri delle assemblee elettive e i pubblici amministratori. Se non si cambiano i loro comportamenti, ponendo la questione al centro di una campagna politica, sollecitando un severo scrutinio degli elettori, per quanto si facciano buone leggi, non si otterranno risultati.
Sarà interessante vedere se un serio dibattito può essere avviato su questo tra i poli che ci chiedono il voto.


(1) Un interessante catalogo di interventi che mirano allo stesso fine, ma diverso dal mio, è stato elaborato da Cesare Salvi e Massimo Villone nel bel volume "Il costo della democrazia", edito da Mondadori. Agli autori va il gran merito di aver documentato la degenerazione della politica e aver posto il problema dall’interno del mondo politico.

http://www.lavoce.info/news/view.php...019&from=index
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Old 22-03-2006, 01:42   #2
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Non vedo il fine di questa citazione, non dice nulla di nuovo. Tra l'altro, tra le varie cose che il signor Micossi non ha citato (forse di proposito?), non vedo l'importanza di evitare che i potentati creino lobbies che impediscono la creazione di un mercato veramente competitivo... Micossi è nel consiglio di amministrazione di Generali, che, con tutte le altre imprese assicuratrici italiane costituiscono uno dei peggiori cartelli che abbiamo in Italia (la nostra RC Auto è doppia rispetto a quella francese).
A me sembrano tante ovvietà, mentre non analizza a fondo il fatto che gli imprenditori in Italia sono ignoranti in buona parte, e quando guadagnano qualche soldo, anzichè reinvestire i profitti e far crescere l'impresa, preferiscono investire in Porsche Cayenne e BMW di grossa cilindrata. Lo sapevi che un concessionario di Roma di BMW è quello che ne vende di più in Europa?
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Old 22-03-2006, 01:59   #3
dantes76
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Non vedo il fine di questa citazione, non dice nulla di nuovo. Tra l'altro, tra le varie cose che il signor Micossi non ha citato (forse di proposito?), non vedo l'importanza di evitare che i potentati creino lobbies che impediscono la creazione di un mercato veramente competitivo... Micossi è nel consiglio di amministrazione di Generali, che, con tutte le altre imprese assicuratrici italiane costituiscono uno dei peggiori cartelli che abbiamo in Italia (la nostra RC Auto è doppia rispetto a quella francese).
A me sembrano tante ovvietà, mentre non analizza a fondo il fatto che gli imprenditori in Italia sono ignoranti in buona parte, e quando guadagnano qualche soldo, anzichè reinvestire i profitti e far crescere l'impresa, preferiscono investire in Porsche Cayenne e BMW di grossa cilindrata. Lo sapevi che un concessionario di Roma di BMW è quello che ne vende di più in Europa?
infatti, la cosa strana e che qualcuno dice il contrario, che tutto va bene, che e colpa della Pasqua, delle cassandre....
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Old 22-03-2006, 02:12   #4
A.L.M.
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Peccato che dall'altro lato ci sia chi comunque dice una balla uguale, e cioè che prima di Berlusconi andava tutto bene.
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Old 22-03-2006, 03:13   #5
maghettoribelle
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Credo sia meglio parlare di economia dopo elezioni, adesso si fanno i copia incolla di cose dette dall'uno o dall'altro che servono solo a screditare l'avversario, e la gente ripete come i pappagalli cose che non capisce, cose che la confondono, cose usate appunto per confonderla!!!! Lo fanno entrambi gli schieramenti in egual misura, solo che data la situazione, non italiana, ma europea, forse sarebbe meglio capire i problemi reali dell'economia....ma perchè Berlusconi non se ne va a casa? a quel punto la destra potrebbe fare politica e la sinistra idem, senza questi atteggiamenti da bambini che hanno....ragazzi svegliaaaaaa...la vita è la nostraaaaaaaaa......io non capisco, ma davvero credete che i danni l'abbia fatti Berlusconi o l'euro? O che Prodi e Berlusconi possano risolverli??? no way!!! Non si possono aprire temi così importanti e metterli sulla politica.....anche perchè l'unica cosa che ci può salvare è la Politica con la P maiuscola appunto!!! La Germania, la Francia, che tanto vengono nominati, hanno solo spostato i problemi da un settore ad un altro, nella guerra dei numeri sono solo un po in vantaggio perchè tracolleranno dopo, ma lo faranno e come. E' il sistema Europa che non regge, attenzione non intendo l'€ ma il sistema Europa....Non trovate o troviamo scuse ai problemi in leggi fatte ieri o l'altro ieri, perchè i problemi sono altri!!!!
L'Italia va leggermente peggio di Germania e Francia perchè Berlusconi ha fatto danni??? ma dai!!!! Tra un anno o due andrà peggio perchè Prodi non è stato in grado di risolvere i problemi??? ma dai!!! Vogliamo parlare di economia senza dare le colpe ma analizzando realmente le cose come stanno e in maniera sintetica e senza usare paroloni che la gente non capisce???? Allora ci si può provare!!!!
Io ci metto la mia apero di riuscire a spiegarmi a tutti:
Siamo ormai nell'era della globalizzazione quindi siamo in un mercato che più aperto è difficile, o per lo meno con gli anni si aprirà sempre più.
Qual'è il problema dell'Europa ( e poi vedremo in particolare dell'Italia) ?
Già all'inizio del secolo importanti economisti avevano tracciato le basi della teoria economica che sta collassando....già loro avevano definito quali sono i nostri problemi; cioè che non è possibile competere in un mercato volendo mantenere tre cose, stato sociale, libertà individuali, crescita economica, se tutti i giocatori della partita non li mantengono. Chi sta minando maggiormente la nostra economia sono gli usa, e i paesi con un mercato simile, e i neo giganti asiatici. Per intenderci, vedendola dal nostro punto di vista chiaramente, loro stanno barando, perchè non osservano le tre regole; gli usa, come è chiaro, a momenti non conoscono lo stato sociale,così che per ovviare alla crisi hanno tagliato da far paura il costo del danaro, tanto che gli frega tagliano le spese del sociale che è una bellezza.
La Cina non sa cosa sono le libertà individuali (per intenderci sulla Cina, non centra il costo del lavoro in questo esempio, ma il mercato negato,saprete che è da poco stato vietato con pesantissime sanzioni il Voip, se tra qualche hanno le compagnie telefoniche cinesi dovessero venire a comprarsi telecom usando gli introiti che hanno maturato con questa legge a dir poco illiberale, non prendetevela con Berlusconi o Prodi, è già scritto).
L'unico modo di risolvere il problema sarebbe, aimè, proteggerci!!!!!!(visto che le regole non puoi imporle, come non puoi imporre alla aziende di assumere,sono solo slogan). Dico questo perchè loro "violano" quelle regole, r so per certo che noi non abbandoneremo mai nessun ideale che in millenni di storia abbiamo conquistato, quindi ti difendi in un solo modo, cambiando le carte in tavola, ma un po contro la tua etica devi andare (e che cavolo almeno un pochetto contro l'etica, quelli barano su cose be più importanti).
E arrivo all'Italia, noi purtroppo stiamo peggio; stiamo peggio perchè esploderemo prima a causa dei costi dell'energia, che viene nominata spesso e a sproposito negli ultimi tempi (i provvedimenti proposti sono barzellette)...e stiamo peggio perchè il nostro vanto, il made in italy, è quello che di più è colpito da quel miliardo e mezzo di persone che ormai hanno scoperto che tanto, noi italiani, siamo occupati a definire di chi è colpa anzicchè risolvere il problema.....non voglio diventare nazista o comunista, ma quelli veri della cortina di ferro, ma gli interessi nazionali dobbiamo cominciare a guardarli davvero come hanno cominciato a fare Francia e Germania...loro litigano e bruciano intere città, ma contro lo straniero....prova a dirgli qualcosa...allora dico se ti becco con roba contraffatta ti metto in galera e butto la chiave, se produci fuori dall'europa e vuoi importare ti faccio pagare la differenza di costo....ecc....e non mi date del pazzo, del protezionista ecc...arriveremo alla sopravvivenza, e allora governo ladro non sarà più abbastanza, il dare la colpa a qualcuno e sentirsi bene per questo, non basterà.
La situazione non è bella, ma il processo è lungo e quindi non siamo allo sfascio, solo che bisogna fare attenzione che il fondo non si è affatto toccato.
Ciao a tutti e buona notte

P.S. forse è meglio che dormo che alle 3 di notte scrivo questi sproloqui
maghettoribelle è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 22-03-2006, 07:39   #6
Lucio Virzì
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27-02-2006
Le priorità della politica economica
Stefano Micossi

Perché non cresce l’economia italiana

L’economia italiana non può crescere perché mille vincoli normativi e amministrativi impediscono il cambiamento, l’ingresso di capitali e nuovi giocatori, l’utilizzo delle moderne tecnologie. L’investimento si concentra nei settori di rendita perché lì i rendimenti sono più elevati; i servizi sono inefficienti e costosi, il mercato del lavoro rigido e iniquo, la pubblica amministrazione disperatamente inefficiente. Mentre si lasciavano correre la spesa per i salari pubblici, gli acquisti della sanità e gli altri consumi pubblici, si sono tagliati gli investimenti per le infrastrutture, la ricerca e l’università. L’instabile stato delle finanze pubbliche spaventa l’economia che – vedendo che non si vuol frenare la spesa – teme nuovi aumenti d’imposte.
In queste condizioni, dare denaro alle imprese perché "facciano innovazione", assumano, diventino grandi e quant’altro, senza cambiare i vincoli e gli incentivi che li guidano a comportarsi come si comportano, non serve a niente: come dimostra l’esperienza fallimentare di tutti i principali programmi pubblici di sgravio, sussidio e protezione alle imprese, inclusi quelli a erogazione automatica, tanto popolari tra gli utilizzatori, quanto inefficaci a elevare strutturalmente l’investimento e l’occupazione.

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Ciò che i poli e i partiti non vogliono riconoscere è che il cuore del problema, la malattia grave dell’economia italiana, è nelle istituzioni pubbliche e nelle regole che governano il funzionamento dei mercati; il settore privato, nei suoi comportamenti distorti, ne offre solo lo specchio.
L’impresa resta piccola perché gli aiuti, i disincentivi fiscali e le regole del lavoro la spingono e restare piccola; la proprietà è concentrata, perché la pressione sociale sull’impresa è troppo forte per consentire all’imprenditore il rischio di aprire il capitale e affidare la gestione al management; aiuti, protezioni e vincoli sindacali mantengono il capitale in settori obsoleti, a discapito di quelli nuovi.
Certo, bisogna riprendere a investire in infrastrutture moderne, ricerca e capitale umano: il denaro non manca, basta smettere di sprecarlo in mille rivoli inutili. Va ridotto il cuneo fiscale sul lavoro, che può finanziarsi con l’eliminazione dei sussidi alle imprese.
Ma gli interventi per crescere riguardano soprattutto le istituzioni: servono legalità e buona giustizia, rapida e prevedibile negli esiti; chiare e semplici regole per l’avvio e l’esercizio dell’attività economica; severa tutela della concorrenza. Serve un campo di gioco aperto nel quale i giocatori possano entrare, uscire e competere liberamente, senza interventi estranei dei poteri pubblici, senza protezioni per quelli che già occupano il campo.

Il ruolo della politica

Qui però, sta il nodo cruciale. Una politica povera, invasa da incompetenti e affaristi, continua a preferire istituzioni deboli e un ambiente di regole opache, perché lì è più facile scambiare favori alle imprese e gruppi di interesse con il sostegno al proprio partito, alle proprie clientele, alle ambizioni private.
Così, l’attività legislativa è dominata dai piccoli interessi costituiti. E intanto, lievitano le retribuzioni, si moltiplicano i posti pubblici, si assegnano agli amici consulenze inutili e appalti; proliferano le società pubbliche dai nomi altisonanti "per lo sviluppo" e gli affari poco limpidi; si moltiplicano le scorrerie nel mercato con l’occupazione delle aziende pubbliche da parte di gruppi politici. La domanda pubblica potrebbe essere fonte di innovazione e nuove tecnologie, forzando le imprese a competere; invece diventa l’occasione per favorire imprese di scarsa qualità, spesso anche di corruzione.
Frequentemente, la politica è anche la prima ad agire per indebolire e aggirare le regole, quando i soggetti coinvolti appartengono alla propria sponda. Le Autorità indipendenti sono invase da personaggi di nomina politica, senz’altra qualità che quell’appartenenza. Le assemblee regionali votano leggi per consentire ai propri componenti di aggirare le incompatibilità per i posti nelle aziende sanitarie. Regioni, province e comuni, alla ricerca di elettori, impediscono il funzionamento del mercato di molti servizi con i loro regolamenti e gli interventi amministrativi.

Un nuovo sistema di regole

Dunque, se si vuol discutere seriamente di crescita, dobbiamo parlare di istituzioni e di regole, non di politica industriale. Dobbiamo intervenire incisivamente a separare la politica dall’economia, ridando alla politica il ruolo suo proprio, che è quello di fissare le regole del gioco; eliminandone ogni possibilità di intervento diretto negli affari.
Ho redatto, per questo, un decalogo: dieci capitoli di interventi normativi e regolamentari che affrontano alla radice il problema delle regole e del ruolo improprio assunto dalla politica nell’economia italiana. Lo pubblico qui sperando di avviare una discussione aperta.
Se considerati individualmente, gli interventi proposti non sono una novità: quasi tutti sono già oggetto di discussione tra gli addetti ai lavori e i politici illuminati; in diversi casi, vi sono già leggi per attuare le regole proposte, ma non vengono rispettate. (1) Alcuni sono di notevole complessità e richiedono di essere precisati: ad esempio, gli interventi proposti per la sanità implicano un vero cambiamento di sistema, che deve essere approfondito. L’abolizione dello spoil system per le nomine pubbliche pone complessi problemi di transizione. La novità dell’impostazione proposta risiede, forse, nell’aver organizzato tutti gli interventi in un quadro coerente.

Cambiare non solo le regole, ma i comportamenti

Per muovere su questa via, si pone un altro problema fondamentale: spesso, i primi ad aggirare le leggi sulla pubblica amministrazione e i poteri pubblici sono proprio i membri delle assemblee elettive e i pubblici amministratori. Se non si cambiano i loro comportamenti, ponendo la questione al centro di una campagna politica, sollecitando un severo scrutinio degli elettori, per quanto si facciano buone leggi, non si otterranno risultati.
Sarà interessante vedere se un serio dibattito può essere avviato su questo tra i poli che ci chiedono il voto.


(1) Un interessante catalogo di interventi che mirano allo stesso fine, ma diverso dal mio, è stato elaborato da Cesare Salvi e Massimo Villone nel bel volume "Il costo della democrazia", edito da Mondadori. Agli autori va il gran merito di aver documentato la degenerazione della politica e aver posto il problema dall’interno del mondo politico.

http://www.lavoce.info/news/view.php...019&from=index
Sono d'accordo, ci vogliono regole chiare, una nuova politica e qualcosa potrà cambiare.

LuVi
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Old 22-03-2006, 09:33   #7
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Alcune cose che dici sono giuste, altre meno. Ah, comunque la Cina ha già partecipazioni in imprese telefoniche nostrane, ma non mi pare che abbia fatto alcunchè di proibito (H3G, altresì nota come 3, è controllata da Hutchison Whampoa, colosso della telefonia cinese, seppur con sede a Hong Kong).
Il problema dell'energia è reale, ed esiste per tutto il mondo. In quel campo paghiamo caramente la scelta di dire no al nucleare.
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Old 22-03-2006, 10:19   #8
ironmanu
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Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?
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Old 22-03-2006, 10:25   #9
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Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?


è logico che non si può risolvere, una parte della popolazione non specializzata verrà esclusa dalla società.
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Old 22-03-2006, 10:27   #10
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Ieri sera della valle ha fatto notare che la riduzione del cuneo fiscale di 1/2../5 punti non puo' assolutamente compensare la differenza del costo del lavoro nei paesi dell'est europeo ed asiatico (fino a 10 volte volte inferiori).
Purtroppo una percentuale della produzione in italia è a basso valore aggiunto e si presta ed essere organizzata solo sulla base del contenimento dei costi(qundi delocalizzando),mi pare che molti lavoratori italiani ne facciano parte.
Assodato che un lavoratore nn acquisisce competenze dalla sera alla mattina ed un laboratorio di scarpe o camice nn puo' convertirsi "alla qualità" di punto in bianco (come molti politici sbandierano),mi spiegate come si risolve il problema su questo fronte?
Bisogna uscire da quei settori. Punto e basta. Spostarsi in Cina non serve a niente, se no si fa la fine dei produttori di auto o di cellulari, che sono andati là per spaccare il mondo, ed invece vanno via con la coda tra le gambe perchè dopo qualche tempo gli hanno fregato il know-how e le cose di cui sopra ora iniziano a farsele da soli.
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Old 22-03-2006, 10:28   #11
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Alcune cose che dici sono giuste, altre meno. Ah, comunque la Cina ha già partecipazioni in imprese telefoniche nostrane, ma non mi pare che abbia fatto alcunchè di proibito (H3G, altresì nota come 3, è controllata da Hutchison Whampoa, colosso della telefonia cinese, seppur con sede a Hong Kong).
Il problema dell'energia è reale, ed esiste per tutto il mondo. In quel campo paghiamo caramente la scelta di dire no al nucleare.
Beh diciamo che in italia nella telefonia c'è discreta concorrenza(nn per la banda larga).
Concordissimo sul nucleare,davvero un erroraccio...Piu' che altro avendolo si sarebbe potuto investire in fonti alternative con piu' tranquillità e piu' fondi.Adesso col cappio al collo è motlo + difficile destinare risorse.
saembra che si muova qualcosa sul fronte rigassificatori.
fatto stà che per il breve/medio periodo nn credo che sremmo in grado di mettere in atto contromisure energetiche efficaci sul pil.
Si certo si puo' risparmiare l'energia sprecata ma di quanto varierà il costo al KWH???
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Old 22-03-2006, 10:31   #12
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Secondo me l'Italia non cresce perchè non vende e non vende perchè è diventata cara. Più semplice di così

Adesso mi leggo l'articolo va
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Old 22-03-2006, 10:37   #13
ironmanu
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Bisogna uscire da quei settori. Punto e basta. Spostarsi in Cina non serve a niente, se no si fa la fine dei produttori di auto o di cellulari, che sono andati là per spaccare il mondo, ed invece vanno via con la coda tra le gambe perchè dopo qualche tempo gli hanno fregato il know-how e le cose di cui sopra ora iniziano a farsele da soli.
Sono d'accordo con te sull'idea ma rimane una cosa imho impraticabile.
Questi settori danno lavoro ad un numerero molto considerevole di persone,una generazione almeno.I numeri in ballo credo che siano grossi in termini di famiglie.
Resta il fatto che tutte le produzioni a basso valore verranno "cinesizzate".
Quello che sta sulle balle comunque nn è il capo/scarpa cinese che finisce sulle bancarelle o nei negozi,infatti sono prodotti scarsi.
Il problema è il benetton,il marina yachting,l'harry cotton's che sono prodotti a costo molto cinese e venduti aprezzo italianissimo!!!Il problema è questo,c'è gente che sta facendo una barca di soldi,dopo aver mortificato l'acquirente medio licenziandolo e togliendogli potere d'acquisto.
Molti imprenditori prima hanno licenziato per delocalizzare e adesso parlano di incentivi alle imprese.Per carità comprensibile,ma uno che sposta la produzione
così puo' dire quello che vuole basta che nn pronunci mai la parola qualità,perchè nn gli crede nessuno...
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Old 22-03-2006, 10:41   #14
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Beh diciamo che in italia nella telefonia c'è discreta concorrenza(nn per la banda larga).
Concordissimo sul nucleare,davvero un erroraccio...Piu' che altro avendolo si sarebbe potuto investire in fonti alternative con piu' tranquillità e piu' fondi.Adesso col cappio al collo è motlo + difficile destinare risorse.
saembra che si muova qualcosa sul fronte rigassificatori.
fatto stà che per il breve/medio periodo nn credo che sremmo in grado di mettere in atto contromisure energetiche efficaci sul pil.
Si certo si puo' risparmiare l'energia sprecata ma di quanto varierà il costo al KWH???
L'unica soluzione sarà tornare al nucleare: ne sono certo, tra qualche anno saremo costretti a farlo. Tanto inquinano meno delle altre centrali, e comunque non siamo immuni dal rischio di contaminazioni (a Lione c'è una centrale enorme, la si vede passando col treno, e lo stesso dicasi per la Slovenia). Questa decisione la prenderà pure Prodi, se sarà lui a governare, pur se continua a dire fesserie del tipo "le centrali turbogas sono efficienti": ma se qualunque ingegnere energetico dice che sono uno dei modi + costosi per ottenere energia...
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Old 22-03-2006, 10:44   #15
the_joe
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Sono d'accordo con te sull'idea ma rimane una cosa imho impraticabile.
Questi settori danno lavoro ad un numerero molto considerevole di persone,una generazione almeno.I numeri in ballo credo che siano grossi in termini di famiglie.
Resta il fatto che tutte le produzioni a basso valore verranno "cinesizzate".
Quello che sta sulle balle comunque nn è il capo/scarpa cinese che finisce sulle bancarelle o nei negozi,infatti sono prodotti scarsi.
Il problema è il benetton,il marina yachting,l'harry cotton's che sono prodotti a costo molto cinese e venduti aprezzo italianissimo!!!Il problema è questo,c'è gente che sta facendo una barca di soldi.
Molti imprenditori prima hanno licenziato per delocalizzare e adesso parlano di incentivi alle imprese.Per carità comprensibile,ma uno che sposta la produzione
così puo' dire quello che vuole basta che nn pronunci mai la parola qualità,perchè nn gli crede nessuno...
E purtroppo ti devo smentire anche su questo punto, ci sono produzioni cinesi di qualità anche più alta di quella italiana, e sempre con costi di produzione cinese.

La globalizzazione va fatta fino in fondo, portando le stesse regole sulla produzione/vendita in tutti i paesi o perlomeno in quelli che vogliono vendere le proprie merci in Europa/Occidente altrimenti si prende solo il lato peggiore della globalizzazione, fabbriche in cina dove la sicurezza è una chimera e gli stipendi sono da fame, iniziamo a far applicare la 626 anche laggiù e a dare potere ai sindacati e vediamo se sarà ancora così conveniente delocalizzare la produzione.
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Old 22-03-2006, 10:52   #16
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Sono d'accordo con te sull'idea ma rimane una cosa imho impraticabile.
Questi settori danno lavoro ad un numerero molto considerevole di persone,una generazione almeno.I numeri in ballo credo che siano grossi in termini di famiglie.
Resta il fatto che tutte le produzioni a basso valore verranno "cinesizzate".
Quello che sta sulle balle comunque nn è il capo/scarpa cinese che finisce sulle bancarelle o nei negozi,infatti sono prodotti scarsi.
Il problema è il benetton,il marina yachting,l'harry cotton's che sono prodotti a costo molto cinese e venduti aprezzo italianissimo!!!Il problema è questo,c'è gente che sta facendo una barca di soldi,dopo aver mortificato l'acquirente medio licenziandolo e togliendogli potere d'acquisto.
Molti imprenditori prima hanno licenziato per delocalizzare e adesso parlano di incentivi alle imprese.Per carità comprensibile,ma uno che sposta la produzione
così puo' dire quello che vuole basta che nn pronunci mai la parola qualità,perchè nn gli crede nessuno...
Allora importiamo i cinesi in Italia... Scherzo.
Il discorso della qualità è risibile. Chiunque è in grado, oggi, di ottenere qualità sufficiente a prodotti di fascia media un po' in tutti i settori: è ovvio che prima di vedere vestiti paragonabili a quelli di Brioni o Loro Piana passerà molto tempo, ma quelle sono produzioni di altissimo livello.
Il fatto che la qualità cinese sia bassa è un luogo comune. Un mio professore universitario mi ha raccontato un paio d'anni fa che in Cina hanno macchinari che nel biellese (tanto per parlare di un distretto rovinato dalla Cina) si sognano.
La produzione cinese non è solo quella delle bancarelle: il cartellino "Made in Italy" si può apporre anche a capi solo rifiniti in Italia, ma con semilavorati provenienti dalla Cina. L'Italia dovrebbe puntare tanto sul terziario, come tutte le economie avanzate che hanno tanti laureati, ed invece noi continuiamo a importare servizi (le società di servizi finanziari/gestionali sono in gran parte straniere, per esempio). L'industria va bene solo se avanzata. Secondo me al posto della cassintegrazione sarebbe meglio dare a chi è in esubero la possibilità di reinserirsi, anche in età avanzata, nel mondo del lavoro.
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Old 22-03-2006, 10:52   #17
ironmanu
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L'unica soluzione sarà tornare al nucleare: ne sono certo, tra qualche anno saremo costretti a farlo. Tanto inquinano meno delle altre centrali, e comunque non siamo immuni dal rischio di contaminazioni (a Lione c'è una centrale enorme, la si vede passando col treno, e lo stesso dicasi per la Slovenia). Questa decisione la prenderà pure Prodi, se sarà lui a governare, pur se continua a dire fesserie del tipo "le centrali turbogas sono efficienti": ma se qualunque ingegnere energetico dice che sono uno dei modi + costosi per ottenere energia...
beh purtroppo le centrali termiche (gas o vapore) hanno un rendimento alto solo se sono di una certa dimensione,ovviamente sono posizionate per nn dare fastidio ai grossi centri urbani.
In questo senso abbiamo rinunciato alla possibilità di realizziare importanti sistemi di teleriscaldamento,negli impianti cogenerativi si puo' raggiungere anche l'80% in termini di rendimento quindi un bel risparmio...

Un abbattimento sostanzioso del costo dell'energia è possibile o col nucleare o con le alternative (se ben pianificate pero') ed entrambe le soluzioni nn darebbero beneficii prima del medio periodo almeno.Tutto imho ovviamente.
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Old 22-03-2006, 11:05   #18
ironmanu
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E purtroppo ti devo smentire anche su questo punto, ci sono produzioni cinesi di qualità anche più alta di quella italiana, e sempre con costi di produzione cinese.

La globalizzazione va fatta fino in fondo, portando le stesse regole sulla produzione/vendita in tutti i paesi o perlomeno in quelli che vogliono vendere le proprie merci in Europa/Occidente altrimenti si prende solo il lato peggiore della globalizzazione, fabbriche in cina dove la sicurezza è una chimera e gli stipendi sono da fame, iniziamo a far applicare la 626 anche laggiù e a dare potere ai sindacati e vediamo se sarà ancora così conveniente delocalizzare la produzione.
si ok ma io facevo un discorso leggermente diverso.Nessuno discute che ci siano prodotti cinesi di qualità (a parte che qualità puo' significare tutto e niente),ad esempio nei nostri cellulari che amiamo tanto...
Il problema che sollevavo lo riferivo essenzialmente ai settori che ho citato,abbigliamento essenzialmente.Qui nn me la sto prendendo con i cinesi che,poveracci loro,lavorano con criteri disumani.La mia è una precisa critica a certa classe imprenditoriale che credo di poter prendere per il naso a destra e a manca.
In qualsiasi business si operi sono convinto che una politica della qualità sia fondamentale.Il punto è che questa necessita di tempo,coinvolgimento di tutto il sistema produttivo dal management agli operatori.ora se tu oggi sei in romania,domani in cina e la prox settimana dici che torni in italia se ti diamo gli incentivi sai cosa stai facendo?semplice:
sfruttando a suo tempo le capacità e le competenze italiane hai creato un marchio forte.Ora lo stai semplicemente sfruttando per "far passare l'dea della qualità" e giustificare il prezzo.Stop.
Ripeto che mi sto riferendo a certi beni italiani prodotti all'esterno.

comunque 626 e sindacati nn è che li possiamo imporre noi,devono essere loro ad autopromuoversi,forse spedendo lì fausto...
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Old 22-03-2006, 11:09   #19
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Allora importiamo i cinesi in Italia... Scherzo.
Il discorso della qualità è risibile. Chiunque è in grado, oggi, di ottenere qualità sufficiente a prodotti di fascia media un po' in tutti i settori: è ovvio che prima di vedere vestiti paragonabili a quelli di Brioni o Loro Piana passerà molto tempo, ma quelle sono produzioni di altissimo livello.
Il fatto che la qualità cinese sia bassa è un luogo comune. Un mio professore universitario mi ha raccontato un paio d'anni fa che in Cina hanno macchinari che nel biellese (tanto per parlare di un distretto rovinato dalla Cina) si sognano.
La produzione cinese non è solo quella delle bancarelle: il cartellino "Made in Italy" si può apporre anche a capi solo rifiniti in Italia, ma con semilavorati provenienti dalla Cina. L'Italia dovrebbe puntare tanto sul terziario, come tutte le economie avanzate che hanno tanti laureati, ed invece noi continuiamo a importare servizi (le società di servizi finanziari/gestionali sono in gran parte straniere, per esempio). L'industria va bene solo se avanzata. Secondo me al posto della cassintegrazione sarebbe meglio dare a chi è in esubero la possibilità di reinserirsi, anche in età avanzata, nel mondo del lavoro.
ed uno che ha 45 anni ed ha sempre fatto scarpe mi spieghi come e dove lo
reinserisci?
cosa intendi puntare tanto sul terziario???nn sono le attività produttive che spingono il pil???
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Ultima modifica di ironmanu : 22-03-2006 alle 11:12.
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Old 22-03-2006, 11:10   #20
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