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Old 20-05-2010, 10:26   #1
MesserWolf
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De Benedetti ? Un Berlusconi di serie B

riporto un articolo interessante pubblicato dal sole 24 ore :

Quote:
L'occasione è stata il libro «Guzzanti vs De Benedetti», di cui il Fatto Quotidiano il 12 maggio ha pubblicato ampi stralci, ma la lite che si consuma ora sulle prime pagine dei giornali tra Massimo D'Alema e Carlo De Benedetti arriva da lontano.

Restiamo però a quello che è accaduto negli ultimi giorni. Il presidente del gruppo
editoriale Espresso-Repubblica, parlando con Paolo Guzzanti nel volume citato, dice dell'ex premier: «Credo che D'Alema abbia fatto tantissimi errori e non capisca più la sua gente, come il caso Puglia insegna. In quanto a Berlusconi, il mio giudizio su di lui come uomo politico è estremamente negativo, ma almeno Silvio ha fatto qualcosa. D'Alema e quelli come lui non hanno fatto niente. Mi odiano, ci odiano e adesso si sono messi in testa che Ezio Mauro voglia diventare il leader del Pd e questo li fa impazzire, e naturalmente non è vero nulla, è una panzana pura ma se la sono messa in testa e sono scatenati contro di noi. Sono ridotti così male che hanno inventato questa leggenda».

«Mi sta dicendo che è in pessimi rapporti con il Partito democratico che una volta era la luce dei suoi occhi?» chiede Guzzanti «No - risponde De Benedetti - guardo i fatti e le persone. Ad esempio, io stimo moltissimo Bersani: è stato un eccellente ministro e di lui come persona e uomo di governo posso soltanto dir bene. Ma come leader? Suvvia, è totalmente inadeguato. Lui e D'Alema stanno ammazzando il Pd, per non parlare della storia dell'alleanza fra loro e Casini in Puglia, alleanza che poi è fallita perché Vendola ha vinto sia le primarie che le elezioni regionali. Pensi quale alto livello politico».


La replica arriva durante un dibattito per la presentazione di un libro. Massimo D'Alema non cita l'editore di Repubblica ma il riferimento è ovvio a tutti in sala. Anche a sinistra alberga il berlusconismo, avverte l'ex premier che mette in guardia i democratici dall'imitare la ricetta politica del leader Pdl. In fondo, dice D'Alema, Berlusconi non ha inventato nulla. E sottolinea che il presidente del Consiglio «ha operato in un campo ampiamente destrutturato», ma la distruzione della politica ha contagiato il resto del paese, diventando un fenomeno
tipicamente italiano. «In nessun paese del mondo - prosegue - si oserebbe dire a un uomo politico che siccome ha fatto politica, non ha combinato nulla nella vita. A nessuno verrebbe
in mente di dirlo a Sarkozy. Da noi - aggiunge - questo fa parte della cultura dominante».
Poi osserva come il berlusconismo abbia sfondato anche a sinistra: «Di alti imprenditori che ambirebbero di fare i Berlusconi ce n'è anche da questa parte, anche da noi c'è un lungo elenco di persone che pretenderebbero di fare e di condizionare la politica». E conclude: «Di gente che fa il verso a Berlusconi ce n'é una sfilza. Sono berluschini, dei berlusconi di serie B».

Ma l'ultimo parola, per ora, l'ha avuta Carlo De Benedetti. «D'Alema? Un problema umano», dice l'ingegnere parlando alla London School of Economics sul futuro dell'Europa.
«Quando invece di rispondere nel merito una persona si mette a parlare della luna non
me ne può fregare di meno».

Questo è ciò che è accaduto negli ultimi giorni, ma le ruggini tra i due non sono cosa nuova.
Lo sa bene Walter Veltroni, la cui candidatura alla segreteria del partito, secondo i maligni, nacque nell'estate del 2007 dopo la pubblicazione da parte delle intercettazioni sul caso Bnl-Unipol, che tiravano in ballo anche D'Alema e Fassino. Nell'ultimo congresso Pd, poi, quello che ha decretato l'elezione a segretario di Pier Luigi Bersani, considerato un dalemiano di ferro, uno degli imput che aleggiava neanche tanto nascostamente nell'aria era la necessità di sganciarsi da una presunta sudditanza a Repubblica, di cui sono stati accusati i due segretari precedenti, Veltroni e Franceschini.

Cristiano Sociali news, nell'ultimo numero, lo scrive chiaramente: «Oggi è evidente che l'antagonista principale di Bersani nel Pd e nel centrosinistra è il gruppo Repubblica-L'Espresso» e imputa la sconfitta alle regionali alle colpe della gestione passata, quella di Veltroni prima e Franceschini poi, accusando la minoranza interna al Pd di remare contro l'attuale gruppo dirigente. In quest'ottica Repubblica-L'Espresso sarebbero il braccio armato della minoranza Pd. Tanto che quella del gruppo editoriale guidato da De Benedetti è definita «una battaglia di potere nel senso più stretto». Cristiano Sociali news sostiene che «il gruppo fu già decisivo nella scelta di Rutelli al posto di Amato nel 2001, tentò senza successo di sostituire il tandem Cofferati-Moretti alla coppia di comando Ds Fassino-D'Alema negli anni successivi. Riconquistò con Veltroni il comando del Pd. E ora vuole ribaltare il risultato del congresso nel quale è stato sconfitto. Vuole fare il leader». Analisi che confermerebbe la tesi di De Benedetti:
«Mi odiano, ci odiano e adesso si sono messi in testa che Ezio Mauro voglia diventare il leader del Pd e questo li fa impazzire, e naturalmente non è vero nulla».
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...lesView=Libero

De Benedetti ricordo che è un imprenditore "rivale" di Berlusconi, dal 2009 è divenuto un cittadino svizzero ( e oggi sempre sul sole c'è un suo articolo http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...crescita.shtml ), e ha in mano "l'altra informazione" italiana (il che la dice lunga su come stiamo messi in italia se volete .... )
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"It's so much easier to suggest solutions when you don't know too much about the problem." - Malcolm Forbes
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Old 20-05-2010, 10:41   #2
dave4mame
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stanno attivamente lavorando per contentire anche agli eredi politici di berlusconi di mantere il potere in italia....
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Old 20-05-2010, 18:50   #3
MesserWolf
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wow vedo che l'articolo ha suscitato un interessante dibattito


E si che ho scritto Berlusconi nel titolo .....
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Old 21-05-2010, 06:16   #4
painofsalvation
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se questo e' l'erede di berlusconi... meglio berlusconi!
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Old 21-05-2010, 07:37   #5
^TiGeRShArK^
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E questo sarebbe l'erede di berlusconi?
Certo che ce ne vuole a credere alle sparate del berlusconiano sotto mentite spoglie d'alema.
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Old 21-05-2010, 08:30   #6
MadJackal
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Personalmente, concordo almeno in parte con quanto dice De Benedetti.
E' innegabile che la dirigenza del PD non capisca i suoi elettori o gli elettori in generale - e la Puglia è un ottimo esempio di questo problema.
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командир роты - Quando la CAUSA chiama, l'esercito del male risponde!
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Old 21-05-2010, 09:14   #7
rip82
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Personalmente, concordo almeno in parte con quanto dice De Benedetti.
E' innegabile che la dirigenza del PD non capisca i suoi elettori o gli elettori in generale - e la Puglia è un ottimo esempio di questo problema.
Lo sapevamo anche prima che De Benedetti ci illuminasse, anche prima delle primarie in puglia, e' lapalissiano che il PD prenda voti nonostante quello che fa.
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Old 21-05-2010, 09:46   #8
MadJackal
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Lo sapevamo anche prima che De Benedetti ci illuminasse, anche prima delle primarie in puglia, e' lapalissiano che il PD prenda voti nonostante quello che fa.
Il punto è che finalmente qualcuno l'ha detto. L'ha detto in faccia a D'Alema ed alla dirigenza del PD - che invece d'affrontare il problema hanno dato del "berluschino" a De Benedetti. Ora, a me De Benedetti non piace, ma forse è il caso che *qualcuno* cominci a pensare a come risolvere i problemi del suo partito.
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Old 21-05-2010, 10:13   #9
frankytop
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De Benedetti indagato per il "crac Coppola"

L'ingegnere era nel cda della banca che concesse 100 milioni a Zunino: chiuso un occhio sui fidi all'immobiliarista. Ora rischia il rinvio a giudizio per aver mentito a Bankitalia. I pm di Roma hanno chiuso le indagini: 41 persone sono finite nel loro registro

E così tra i «furbetti del quartierino» (Stefano Ricucci dixit) è finito anche l’Ingegnere: indagato a Roma rischia il rinvio a giudizio insieme ad altre 40 persone. Una compagnia imbarazzante per chi, anche in quanto a stile, è abituato a frequentare il meglio del capitalismo internazionale e che oggi sulle pagine dei giornali sarà accomunato a Danilo Coppola, pettinatura improbabile, origini da borgataro romano, e a Luigi Zunino, modi diretti da provinciale piemontese, oggi in disgrazia con il suo superindebitato gruppo immobiliare. A Carlo De Benedetti non rimane nemmeno la consolazione di aver giocato una partita importante e di essere inciampato in uno degli incidenti di percorso a volte considerati inevitabili da chi ama i soldi e quindi il rischio. No, il suo ruolo è quello di una semplice comparsa, in un proscenio affollato di protagonisti di serie B.

Nel mirino c’è un finanziamento da 100 milioni di euro concesso dalla Banca Intermobiliare di Torino (di cui era consigliere di amministrazione) al gruppo di Zunino. L’imputazione sarebbe quella di ostacolo all’attività di vigilanza: De Benedetti e i suoi colleghi del cda avrebbero mentito alla Banca d’Italia pur di poter continuare a finanziare uno Zunino ormai in crisi di liquidità. Nella stessa inchiesta dei pm Casini e Sabelli (ieri è stato firmato l’atto di chiusura delle indagini, preliminare alla possibile richiesta di un processo), si parla anche di associazione a delinquere, bancarotta, appropriazione indebita, falso, impiego di denaro di provenienza illecita. Accuse, insomma, non proprio da poco e a cui dovranno far fronte gli altri indagati.

Al centro della vicenda c’è il già citato Coppola, immobiliarista improvvisamente balzato alla ribalta nazionale e subito diventato protagonista della stagione delle scalate bancarie (in palio c’erano Bnl e Antonveneta). Seguendo le sue prodezze e il suo crac da 300 milioni i magistrati hanno iniziato a indagare sui finanziamenti generosamente concessi da una banca, Intermobiliare, appunto. Tra l’istituto torinese e il giovane immobiliarista rampante il rapporto era strettissimo: «È come fosse mio figlio», disse in una famosa assemblea Franca Bruna Segre, presidente e vera anima della banca, difendendo il pupillo, ormai in disgrazia.

Il fatto è che Franca Bruna Segre non è una qualunque: da sempre appartiene al gotha del business piemontese e da sempre è considerata la «commercialista» di De Benedetti, che già aveva rapporti strettissimi con suo marito, morto anni fa. Per questo De Benedetti era nel consiglio di amministrazione, che, secondo i magistrati, non era proprio rigorosissimo nelle pratiche di fido. Non solo quando serviva a Coppola. Nel 2005 bisognava decidere se finanziare per 100 milioni Zunino (legato a Coppola da alcuni affari conclusi insieme). Una regola prudenziale imposta dalla Banca d’Italia è che un istituto di credito non possa dare troppi soldi a un singolo imprenditore.

E la banca aveva già superato il tetto massimo di prestiti erogabili all’ex patron di Risanamento. L’ostacolo fu superato: il prestito fu concesso a una società, «Immobiliare D» e alla sua amministratrice, Stefania Cossetti, trascurando il fatto che l’immobiliare era in pratica nelle mani di Zunino (era lui il vero «dominus» della situazione, come dicono in termini giuridici i magistrati) e che fu lui a incassare i soldi. Un anno dopo lo stesso giochetto fu ripetuto per Coppola. In questo caso i soldi furono dati a sua moglie. Ma qui De Benedetti non c’entra, visto che non era più nel consiglio.

Il risultato è che oggi sotto accusa, oltre a Coppola, ci sono gli uomini a lui più vicini, a partire da suo cognato Luca Necci. Con loro anche Paolo Colosimo, avvocato, già in carcere per un’inchiesta sul riciclaggio internazionale di denaro. Dalla parte della banca rischiano il processo l’amministratore delegato Pietro D’Aguì, la già citata Franca Bruna Segre, il figlio Massimo, e tutti i consiglieri che votarono la delibera incriminata. Quanto a De Benedetti, i suoi rapporti con le banche erano già stati in passato sfortunati. All’inizio degli anni Ottanta entrò nell’azionariato del Banco Ambrosiano con una quota del 2%, ricevendo la carica onoraria di vicepresidente. Chiese di vedere i conti e iniziò subito a litigare con i vertici. Dopo appena due mesi fu generosamente liquidato e uscì dall’istituto. Il passaggio gli costerà una condanna, poi cancellata in Cassazione. Allora a convincerlo all’operazione fu il carisma di Roberto Calvi. Oggi paga il rapporto con la Segre. Frequentazioni sfortunate.

Il Giornale.it
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Old 21-05-2010, 10:42   #10
rip82
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L'ingegnere era nel cda della banca che concesse 100 milioni a Zunino: chiuso un occhio sui fidi all'immobiliarista. Ora rischia il rinvio a giudizio per aver mentito a Bankitalia. I pm di Roma hanno chiuso le indagini: 41 persone sono finite nel loro registro

E così tra i «furbetti del quartierino» (Stefano Ricucci dixit) è finito anche l’Ingegnere: indagato a Roma rischia il rinvio a giudizio insieme ad altre 40 persone. Una compagnia imbarazzante per chi, anche in quanto a stile, è abituato a frequentare il meglio del capitalismo internazionale e che oggi sulle pagine dei giornali sarà accomunato a Danilo Coppola, pettinatura improbabile, origini da borgataro romano, e a Luigi Zunino, modi diretti da provinciale piemontese, oggi in disgrazia con il suo superindebitato gruppo immobiliare. A Carlo De Benedetti non rimane nemmeno la consolazione di aver giocato una partita importante e di essere inciampato in uno degli incidenti di percorso a volte considerati inevitabili da chi ama i soldi e quindi il rischio. No, il suo ruolo è quello di una semplice comparsa, in un proscenio affollato di protagonisti di serie B.

Nel mirino c’è un finanziamento da 100 milioni di euro concesso dalla Banca Intermobiliare di Torino (di cui era consigliere di amministrazione) al gruppo di Zunino. L’imputazione sarebbe quella di ostacolo all’attività di vigilanza: De Benedetti e i suoi colleghi del cda avrebbero mentito alla Banca d’Italia pur di poter continuare a finanziare uno Zunino ormai in crisi di liquidità. Nella stessa inchiesta dei pm Casini e Sabelli (ieri è stato firmato l’atto di chiusura delle indagini, preliminare alla possibile richiesta di un processo), si parla anche di associazione a delinquere, bancarotta, appropriazione indebita, falso, impiego di denaro di provenienza illecita. Accuse, insomma, non proprio da poco e a cui dovranno far fronte gli altri indagati.

Al centro della vicenda c’è il già citato Coppola, immobiliarista improvvisamente balzato alla ribalta nazionale e subito diventato protagonista della stagione delle scalate bancarie (in palio c’erano Bnl e Antonveneta). Seguendo le sue prodezze e il suo crac da 300 milioni i magistrati hanno iniziato a indagare sui finanziamenti generosamente concessi da una banca, Intermobiliare, appunto. Tra l’istituto torinese e il giovane immobiliarista rampante il rapporto era strettissimo: «È come fosse mio figlio», disse in una famosa assemblea Franca Bruna Segre, presidente e vera anima della banca, difendendo il pupillo, ormai in disgrazia.

Il fatto è che Franca Bruna Segre non è una qualunque: da sempre appartiene al gotha del business piemontese e da sempre è considerata la «commercialista» di De Benedetti, che già aveva rapporti strettissimi con suo marito, morto anni fa. Per questo De Benedetti era nel consiglio di amministrazione, che, secondo i magistrati, non era proprio rigorosissimo nelle pratiche di fido. Non solo quando serviva a Coppola. Nel 2005 bisognava decidere se finanziare per 100 milioni Zunino (legato a Coppola da alcuni affari conclusi insieme). Una regola prudenziale imposta dalla Banca d’Italia è che un istituto di credito non possa dare troppi soldi a un singolo imprenditore.

E la banca aveva già superato il tetto massimo di prestiti erogabili all’ex patron di Risanamento. L’ostacolo fu superato: il prestito fu concesso a una società, «Immobiliare D» e alla sua amministratrice, Stefania Cossetti, trascurando il fatto che l’immobiliare era in pratica nelle mani di Zunino (era lui il vero «dominus» della situazione, come dicono in termini giuridici i magistrati) e che fu lui a incassare i soldi. Un anno dopo lo stesso giochetto fu ripetuto per Coppola. In questo caso i soldi furono dati a sua moglie. Ma qui De Benedetti non c’entra, visto che non era più nel consiglio.

Il risultato è che oggi sotto accusa, oltre a Coppola, ci sono gli uomini a lui più vicini, a partire da suo cognato Luca Necci. Con loro anche Paolo Colosimo, avvocato, già in carcere per un’inchiesta sul riciclaggio internazionale di denaro. Dalla parte della banca rischiano il processo l’amministratore delegato Pietro D’Aguì, la già citata Franca Bruna Segre, il figlio Massimo, e tutti i consiglieri che votarono la delibera incriminata. Quanto a De Benedetti, i suoi rapporti con le banche erano già stati in passato sfortunati. All’inizio degli anni Ottanta entrò nell’azionariato del Banco Ambrosiano con una quota del 2%, ricevendo la carica onoraria di vicepresidente. Chiese di vedere i conti e iniziò subito a litigare con i vertici. Dopo appena due mesi fu generosamente liquidato e uscì dall’istituto. Il passaggio gli costerà una condanna, poi cancellata in Cassazione. Allora a convincerlo all’operazione fu il carisma di Roberto Calvi. Oggi paga il rapporto con la Segre. Frequentazioni sfortunate.

Il Giornale.it
Mbeh? Nessuno l'ha passato per un santo, gli si e' riusto riconosciuto il merito di aver tirato uno schiaffo meritatissimo al PD.
Comunque sarebbe l'ennesima dimostrazione che in italia l'imprenditoria di grosso calibro sia marcia, dal silvio in giu'.
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Old 21-05-2010, 10:57   #11
dave4mame
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Città: Verona... finchè non mi buttano fuori :D
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con tutto quello che posso pensare male di CdB (e perdio, ne penso...) mi sembra che a sto giro il giornale abbia proprio cercaro di tirarlo nel guano...
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Old 22-05-2010, 21:04   #12
painofsalvation
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Messaggi: 332
LUI E’ PEGGIO DI ME di G.P.

Tra Berluschini di serie “B” e nipotini di Togliatti di serie “C” volano gli stracci e gli strali. Botta e risposta tra una sorta di finanziere che usa la politica per farsi gli affari suoi ed una sottospecie di tirannosauro politico interessato alla finanza e alle banche. Stiamo ovviamente parlando della diatriba al fulmicotone tra De Benedetti, ex tessera n.1 del Pd e noto rifilatore di bidoni allo Stato, e “Maximo” D’Alema ex compagno spezzaferro ed attuale “assaltabanche” a tradimento, nonché bombarolo antislavo di “mandamento” americano.
Il film è della serie “Lui è peggio di me” con scambio di accuse vicendevoli che si attaccano perfettamente alla coda impagliata di entrambi i protagonisti, i quali ci forniscono così un’autorappresentazione dettagliata delle nefandezze di cui sono capaci. Lascia che due uomini si insultino e verrà fuori la verità su ciò che fanno. L’uno giudice dell’altro e tutti e due di testa nel fango.
Partiamo da De Benedetti. Senza andare a scandagliare troppo nelle vecchie storie, nelle commesse regalategli dallo Stato e nei tentativi di comprare a quattro lire gruppi nazionali che valevano almeno dieci volte tanto, l’uomo che ha sempre detto di non occuparsi di politica, come riporta un articolo di Geronimo del 2009, tentò nel ’91 in coppia con Agnelli - un vero sodalizio biblico quello degli agnelli-(de)benedetti – di farsi un governo chiedendo allo stesso Pomicino di diventarne ministro. E perché Carletto il finanziere voleva farsi un esecutivo à la carte? Forse per poter meglio razziare i gioielli pubblici in un momento di difficoltà economica generale? Purtroppo per lui, la gioiosa macchina da guerra che doveva favorirne gli interessi si era inceppata sul più bello, tutto per colpa di un Cavaliere nero che si era messo in testa di scendere nell'agone politico per evitare di fare la fine del Cinghialone, suo mentore e predecessore. Ma nel palazzo c’era ancora chi voleva del bene all’indomito ingegnere e prima di sloggiare dal potere costui (Ciampi) ebbe il tempo di far prevalere “Sua telescrivente obsoleta” in una gara per assurgere al ruolo di secondo gestore di telefonini in Italia. Questa licenza gli fece presto ottenere un altro beneficio, quello della rete telefonica ferroviaria, già assegnata alla Telecom pubblica e poi “stornata” alla Omnitel per un prezzo più basso grazie all’intercessione di Giuliano Amato. Così concludeva vantaggiosamente gli affari l’ingegner De Benedetti, gran costruttore di fortune proprie grazie agli appoggi in alto loco.
Sempre come riporta Geronimo, la rete telefonica ferroviaria per la quale la Telecom avrebbe dovuto sborsare 1.100 mld di lire fu appunto venduta alla Omnitel per 750 mld con pagamento rateizzato in 14 anni. Omnitel-Infostrada, con in pancia tutto questo bendidio, sarà di lì a breve ceduta ai tedeschi della Mannesmann per 14 mila mld di lire, ovviamente cash e non spalmati su diversi lustri, per il gaudio del duo Colaninno-De Benedetti, due veri cittadini del mondo, due indomabili capitani coraggiosi senza remore nazionalistiche e sentimentalismi patriottici.
Certo che solo ai coglioni di sinistra poteva venire in mente di accogliere e di considerare alla stregua di un padre della patria un affarista “apolide” di tal fatta. Eppure De Benedetti già negli anni ’80 e ’90 aveva fatto capire di che materiali vili era impastato il suo carattere: dal Banco Ambrosiano dalla Olivetti. Anche qui dopo aver fatto danni e saccheggi si tirò fuori con le tasche piene di soldi. Davvero uno che ha costruito molto distruggendo però altrettanto, se non di più.
Passiamo a D’Alema. Delle sue giravolte politico-ideologiche è inutile dire. Ma dei suoi legami con personaggi loschi della finanza si può fare qualche ripasso veloce. Chi si ricorda della Banca del Salento e di quel suo pupillo, tale De Bustis, che inventava prodotti finanziari ad altissimo rischio ma con nomi rassicuranti (Btp-tel o Btp-index) che mandarono in fumo i risparmi di tanti pugliesi ignari? Fu lo stesso baffetto sovrano di Gallipoli a presentarlo al mondo come uno dei manager più promettenti della nuova era finanziaria. Quello ricambiò sostenendo la campagna elettorale dei Ds nel Salento e fece bene perché fu poi salvato proprio dal “lider” benemerito allorché la già citata banca ormai fallita venne caritativamente rilevata dal MPS. De Bustis, dunque, invece di andare in galera finì sulla poltrona di DG dello stesso Monte dei Paschi, caso unico al mondo di istituto inglobante che si mette nelle mani dell’Ad della banca inglobata. Secondo voi a chi sarà venuta la bella idea?
E poi c’è il caso dell’Unipol e di quel Consorte che chiamava al telefono la trimurti Latorre-Fassino-D’Alema per solleticarne i sogni di banchieri del "popolo". I tre, eccitati come bambini, gli replicavano gagliardamente e gaglioffamente “o la banca o la vita”. Andò male, ma solo per un pelo, quel pelo che oggi è rimasto sullo stomaco del dirigente abruzzese, il quale, prontamente scaricato dalle divinità sinistre, minaccia ora di pregare su altri altari e di far scorrere sangue sacrificale.
D’Alema ha tuttavia raggiunto il massimo del ridicolo quando, in queste ultime ore, per ribattere a De Benedetti che lo accusava di non aver mai costruito niente, ha affermato che nessuno oserebbe rimproverare Sorkozy di essere soltanto un politico di professione. Eh già, quest’uomo è proprio senza pudore come gli ha ricordato giustamente Guzzanti: “Sarkozy infatti abita all’Eliseo, mentre D’Alema può vantarsi, come massimo risultato, di essere stato accompagnato per mano da Francesco Cossiga a Palazzo Chigi allo scopo di aiutare gli americani nella guerra contro la Serbia (vedi le memorie di Carlo Scognamiglio che di D’Alema fu Ministro della Difesa) e di aver fatto dire da Guido Rossi del suo Governo che era l’unica merchant bank in cui non si parlasse inglese”.
“Zero tituli, zero cummenti”.

http://conflittiestrategie.splinder....o-di-me-di-g-p
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