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Old 26-04-2008, 19:47   #1
Fritz!
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Il miracolo di Torino

per una volta che si parla bene dell'Italia all'estero vale la pena segnalare

Recovery at Fiat
The miracle of Turin


Apr 24th 2008
From The Economist print edition
The lessons that other carmakers can learn from the fixing of Fiat



SOME corporate turnarounds are the result of a big change in strategy. Nokia, for instance, was a messy conglomerate in a backwoods Baltic country until it abandoned the rubber boots and loo paper and concentrated on mobile phones. Some are the consequence of a brilliant new invention. Apple was just a bit player in the personal-computer market until it invented the iPod. And some are brought about by the realisation that the company has lost its way and needs to focus once more on what it's good at. Fiat belongs to the last category; and the remarkable story of the recovery of a company long written off as one of the sickest firms in Europe's sickest economy (see article) holds lessons for other carmakers.

Fiat had long been synonymous with Italian industry: celebrated, at its best, for making beautiful products yet derided for inflexibility in the workplace and bureaucratic management. By the time Sergio Marchionne came along in 2004, most of the beauty had gone and the stiffness had become sclerotic. Born in Italy but educated in Canada and schooled in business outside the car industry, Mr Marchionne combined an insider's sense of how the system worked with an outsider's vision of how badly it needed to change. He managed to get his homeland's politicians, unions and bankers behind him by making clear early on that he could restore Fiat by rebuilding rather than just slashing and burning.

Mr Marchionne first focused on making Fiat more supple. He tackled the company's massive debt, partly by persuading General Motors to cough up $2 billion to be rid of the obligation it had entered into in happier days to take over Fiat. With the help of a rights issue, he was able to pay off the banks to whom Fiat had owed €3 billion. Within 60 days he had slimmed Fiat's corpulent administration to a size more suited to its modest output. He took control of the car division, installing a new breed of young manager and introducing a culture of transparency and honesty. He gave his new team both clear targets and the support needed to hit them. Engineers were told to cut out duplication in car parts that could easily be shared across the whole range.

Then he focused on making cars that people would want to be seen driving. Fiat's three car brands were told to think hard about what defined them and to deliver products that would engage buyers' emotions. All the designers were put under one roof with orders to give up the wilful eccentricity that had led to some notably ugly cars. Development was speeded up by going further with “virtual engineering” than any other carmaker. This allowed a dowdy range to be refreshed within three years and gave product planners a vital speed advantage over competitors. Freed from the stifling embrace that had put clunky American engines in Alfa Romeos (to the dismay of Alfistas all over Europe), Mr Marchionne has sought out new partners with pragmatic promiscuity, while refusing to sell Fiat's best technology to rivals.
Look and learn

What can Detroit's troubled Big Three learn from the miracle of Turin? First, that they should not have been seduced into neglecting their primary business, carmaking, by the easy profits earned from concentrating too much on pick-up trucks and thus surrendering market share to Japanese and European firms when fashion and high gas prices turned against them.

Second, that they could and should have addressed their own operational and product-line problems sooner. General Motors has been grinding away along similar lines to Fiat, but it has taken a decade to improve quality and deal with its burden of health-care and pension costs. True, it was lumbered with powerful unions, but so was Mr Marchionne, and he won them round by communicating the seriousness of Fiat's crisis. Ford may at last be slowly sorting itself out—under Alan Mulally, formerly of Boeing, another car-industry outsider—but took too long to ditch peripheral brands and leverage the engineering skills of its successful European arm. Chrysler may have found the owners it needs in private equity, but it is too soon to tell. Detroit may get back on the road, but had its bosses been as bold and as honest as Mr Marchionne, they too might already be motoring merrily.


articolo completo
Fiat: rebirth of a carmaker
http://www.economist.com/displaystor...ry_id=11090197
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Old 26-04-2008, 19:48   #2
Fritz!
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Old 28-04-2008, 11:37   #3
Fritz!
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fosse stato un articolo che gettava merda ci sarebbero già 4 pagine di discussione.
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Old 28-04-2008, 11:41   #4
D.O.S.
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forse dovresti tradurlo ...
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Old 28-04-2008, 11:41   #5
Gig4hertz
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Old 28-04-2008, 11:43   #6
FabioGreggio
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fosse stato un articolo che gettava merda ci sarebbero già 4 pagine di discussione.
Ma la Fiat degli Agnelli non sono un obbligatorio scagazzatoio della destra?

fg
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Old 28-04-2008, 11:43   #7
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forse dovresti tradurlo ...
e la fettina di culo
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Old 28-04-2008, 11:44   #8
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Ma la Fiat degli Agnelli non sono un obbligatorio scagazzatoio della destra?

fg
La Fiat è uno scagazzatoio generale....
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Old 28-04-2008, 11:44   #9
LucaTortuga
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Ma no, è che non si fidano più dell'Ecomunist da quando si è permesso di pubblicare una serie di ovvietà riguardanti il Silvione nazionale.
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"Personalmente non ho nulla contro chi crede in un Dio, non importa quale. Sono contrario a chi pretende che il suo Dio sia l’autorità che gli permette di imporre delle restrizioni allo sviluppo e alla gioia dell’umanità" (Alexander S. Neill, «Summerhill», 1960).
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Old 28-04-2008, 11:46   #10
Burrocotto
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fosse stato un articolo che gettava merda ci sarebbero già 4 pagine di discussione.
Non l'avevo visto.
Cmq,è già tanto che la gente non rompe le palle dicendo che la Fiat deve restituire i soldi allo stato.
L'altra settimana leggevo su Libero (il sito,non il giornale) un intervista a un esponente della Lega...che diceva che bisognava togliere gli ecoincentivi dato che la Fiat ormai è tornata in attivo.
Certo,in un mercato italiano dove la Fiat ha solo il 35% dello share,gli ecoincentivi son fatti proprio per lei.

Quote:
Originariamente inviato da FabioGreggio Guarda i messaggi
Ma la Fiat degli Agnelli non sono un obbligatorio scagazzatoio della destra?
Tradotto in italiano?
__________________
Anche voi non prendete fischi per fiaschi: solo questo è un fischio maschio senza raschio!
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Old 28-04-2008, 11:49   #11
FabioGreggio
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Tradotto in italiano?
Uno dei luoghi comuni su cui la destra si imbufalisce:

Toghe Rosse
Cooperative Rosse
Sindacati
Rai3
Fiat
Immigrati

e i premi nobel Dario Fo e Rita Levi Montalcini
molto più insopportabili di Lando Buzzanca.

fg
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Old 28-04-2008, 11:50   #12
D.O.S.
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e la fettina di culo
allora un riassuntino ..... un piccolo abstract

tu pretendi troppo dagli avventori del sito : navigano mentre lavorano e tu li fai fare pure una traduzione per cominciare a discutere ????


poi non lamentarti ...
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Old 28-04-2008, 11:51   #13
Burrocotto
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Originariamente inviato da FabioGreggio Guarda i messaggi
Uno dei luoghi comuni su cui la destra si imbufalisce:

Toghe Rosse
Cooperative Rosse
Sindacati
Rai3
Fiat
Immigrati

e i premi nobel Dario Fo e Rita Levi Montalcini
molto più insopportabili di Lando Buzzanca.

fg
Ahhh,ora ho capito.
Che poi,a dirla tutta...gli Agnelli son sempre stati un po' come delle zoccole,andavano con qualsiasi idea politica gli aiutasse (vedi il nonno Agnelli che era pappa e ciccia coi fasci ).
E ora Mr. B. vuole che Montezuma entri nel suo governo...
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Old 28-04-2008, 11:53   #14
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Non l'avevo visto.
Cmq,è già tanto che la gente non rompe le palle dicendo che la Fiat deve restituire i soldi allo stato.
L'altra settimana leggevo su Libero (il sito,non il giornale) un intervista a un esponente della Lega...che diceva che bisognava togliere gli ecoincentivi dato che la Fiat ormai è tornata in attivo.
Certo,in un mercato italiano dove la Fiat ha solo il 35% dello share,gli ecoincentivi son fatti proprio per lei.

Fa parte dei topici nazionali sparare sulla Fiat.

L'articolo comleto è comunque piu dettagliato.

Le riflessioni che a me fa venire in mente sono:

1)L'Italia ha le competenze per sostenere imprese competitive globalmente. a dispetto di quelli che vedono un paese fatto solo da caciottari. A questo proposito, forse non tutti sanno, che la GM aveva aperto una sede a Torino dopo l'accordo degli anni '90. Tramontato l'accordo la sede di Torino aveva poco senso. Ciononostante la GM ha deciso di riposizionarsi e ha trasformato la sede di Torino negli HQ europei del gruppo, spostandosi dalla Germania dove era precedentemente. Soprattutto in termini di ricerca e innovazione sta investendo in questo periodo parecchio, ritenendo che la qualità degli ingegneri giovani che trova a Torino e in Italia sia superiore a quelli che poteva trovare prima in Germania.

2) E' significante che la riorganizzazione Fiat sia avvenuta sotto Marchionne, ovvero sotto una gestione in cui Management e proprietà (fam Agnelli) hanno ruoli nettamente separati. Oggi la Fiat è meno impresa da capitalismo famigliare italiano e piu somogliante a una public company.
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Old 28-04-2008, 11:54   #15
dr-omega
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Old 28-04-2008, 11:55   #16
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allora un riassuntino ..... un piccolo abstract

tu pretendi troppo dagli avventori del sito : navigano mentre lavorano e tu li fai fare pure una traduzione per cominciare a discutere ????


poi non lamentarti ...
solo perchè sei tu
http://www.ilsole24ore.com/art/SoleO...lesView=Libero

Economist: Fiat, il miracolo di Torino una lezione per le Big Three
di Elysa Fazzino

25 aprile 2008
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«Il miracolo di Torino»: è il titolo dell'editoriale che l'Economist dedica alla rinascita del gruppo Fiat con l'arrivo nel 2004 dell'amministratore delegato Sergio Marchionne. L'editoriale esalta il successo della casa torinese, un rilancio che rappresenta «una lezione per le altre case automobilistiche». L'editoriale, pubblicato sul numero del settimanale britannico in edicola oggi, è accompagnato da un lungo articolo, dal titolo «Rinascita di un costruttore d'auto», che racconta la «stupefacente» ripresa del gruppo torinese.
«Alcune svolte aziendali – si legge nell'editoriale - sono il risultato di grandi cambiamenti strategici», altre invece «sono la conseguenza di brillanti invenzioni». Alcune poi sono dovute «all'aver realizzato che la società ha perso la propria direzione e ha bisogno di concentrarsi di nuovo su ciò che sa fare meglio». Fiat «appartiene a quest'ultima categoria» e la storia del rilancio di una compagnia a lungo considerata «una delle aziende più malate nell'economia più malata d'Europa» è di lezione agli altri produttori automobilistici.
La Fiat, celebrata nei momenti migliori per i suoi bellissimi prodotti, era però derisa per «l'inflessibilità sul luogo di lavoro e il management burocratico». Il commento elogia l'operato di Marchionne. Prima di tutto, l'amministratore delegato si è concentrato sul «rendere la Fiat più agile». Ha affrontato gli ingenti debiti, persuadendo General Motors a sganciare 2 miliardi di dollari per liberarsi dell'obbligo di acquisire la Fiat. Nel giro di 60 giorni ha snellito la «corpulenta» amministrazione. Ha preso il controllo diretto della divisione auto e ha dato al nuovo team «obiettivi chiari» e tutto «il supporto necessario per raggiungerli». Si è concentrato sul costruire automobili che piacciono alla gente.
Dal miracolo di Torino hanno da imparare in particolare le "Big Three" di Detroit, General Motors, Ford e Chrysler. «Marcerebbero anch'esse felici e contente» alla stregua della nuova Fiat, «se i loro capi fossero stati coraggiosi e onesti come Marchionne».
Il lungo articolo, cifre alla mano, racconta la rinascita del gruppo torinese e parla dei progetti e degli obiettivi futuri annunciati da Marchionne. La «rimarcabile svolta industriale e finanziaria» è di quelle che si insegnano alle scuole di business, scrive l'Economist. C'è una rinnovata fiducia, esibita al salone dell'auto di Ginevra, dove l'immagine dominante del salone dell'auto di Ginevra era la Fiat 500.
L'approccio di Marchionne, nato in Italia e cresciuto in Canada, «è decisamente anglosassone»: esige «completa apertura, comunicazione veloce, responsabilità». Quando è arrivato, lo stato della produzione di auto era così malandato che Marchionne «non aveva altra scelta che agire in fretta». La prima cosa da fare era smantellare la struttura organizzativa, cosa che ha fatto in 60 giorni rimuovendo vecchi leader e dando grande margine di manovra a gente nuova. Poi c'era il compito di togliere la Fiat dalla partnership con General Motors nei termini migliori possibili. Dopodiché la priorità era rilanciare la Fiat. E' stata sfornata la Grande Punto, un successo immediato. Nel 2007 è arrivata la Bravo. A sottolineare l'importanza dello stile, Marchionne ha messo tutti i designer insieme nel palazzo di Mirafiori chiamato Officina 83, sotto la direzione di Lorenzo Ramaciotti, ex Pininfarina.
Un vantaggio della Fiat, sottolinea l'Economist, è la sua determinazione nello sfruttare l'efficienza energetica delle sue auto. Quando entreranno in vigore le nuove regole Ue sulle emissioni di anidride carbonica, la Fiat conta di avere emissioni in media più basse dei concorrenti. Ha in arrivo una nuova generazione di motori, Multiair, con una nuova tecnologia brevettata Fiat.
Ma c'è anche stata una buona stella. Un vero colpo di fortuna è stata la decisione di affidare a Carla Bruni la pubblicità della Lancia: Marchionne assicura che non stava ancora con il presidente francese Nicolas Sarkozy quando è stata contattata.
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Old 28-04-2008, 11:58   #17
FastFreddy
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Certo,in un mercato italiano dove la Fiat ha solo il 35% dello share,gli ecoincentivi son fatti proprio per lei.
Una sola azienda che ha solo il 35% del mercato?

Alla faccia...

Per l'ecoincentivo ci son ben altri motivi per esserne contrari, in primis perchè i soldi potrebbero essere spesi per potenziare il trasporto pubblico anzichè quello privato.

Comunque ogni punto in più di attivo conquistato da fiat non può che rendermi felice, se l'industria tira, tira anche il lavoro e di conseguenza l'economia... Alla faccia di tedeschi, francesi e compagnia bella e delle loro scatolette.
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Old 28-04-2008, 12:09   #18
Burrocotto
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Fa parte dei topici nazionali sparare sulla Fiat.
Purtroppo devo sottoscrivere.
Io ho pure un fratello anti Fiat...

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1)L'Italia ha le competenze per sostenere imprese competitive globalmente. a dispetto di quelli che vedono un paese fatto solo da caciottari.
Beh,ad essere realisti,molte nostre industrie sono medio piccole. C'è anche da dire che non c'è bisogno di aver 100k dipendenti per essere una grande azienda. Puoi essere competitivo anche con un organico non enorme.

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2) E' significante che la riorganizzazione Fiat sia avvenuta sotto Marchionne, ovvero sotto una gestione in cui Management e proprietà (fam Agnelli) hanno ruoli nettamente separati. Oggi la Fiat è meno impresa da capitalismo famigliare italiano e piu somogliante a una public company.
Io non vedo come una cosa brutta avere un dirigente proprietario. Dipende sempre e solo dalle capacità. L'attuale presidente di Fiat ora è Montezemolo,noto ai più come il "figlio illegittimo di Gianni Agnelli"
Certamente era impensabile dar ruoli seri agli Elkann, anche se John è il vicepresidente fantoccio .
Nel cda Ford sono presenti ancora parecchi eredi di Henry...

Quote:
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Una sola azienda che ha solo il 35% del mercato?
Alla faccia...
Lo sai vero che in Francia i 2 gruppi d'identità nazionale (Renault+Psa) detengono quasi il 60% del mercato,no?
La sola azienda italiana conta 3 marchi distinti (Fiat,Alfa Romeo e Lancia (lasciam stare Ferrari e Maserati )),ne più ne meno di quanto disponga la Francia (Renault +Peugeot/Citroen).
In Giappone solo il 5% delle macchine immatricolate è di provenienza straniera...

Quote:
Per l'ecoincentivo ci son ben altri motivi per esserne contrari, in primis perchè i soldi potrebbero essere spesi per potenziare il trasporto pubblico anzichè quello privato.
L'ecoincentivo è una manovra che non costa. Nel 2007 quello che è stato speso elargendo l'ecoincentivo è rientrato sottoforma di iva,grazie all'aumento delle vendite.
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Ultima modifica di Burrocotto : 28-04-2008 alle 12:15.
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Old 28-04-2008, 12:32   #19
Fritz!
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Purtroppo devo sottoscrivere.
Io ho pure un fratello anti Fiat...


Beh,ad essere realisti,molte nostre industrie sono medio piccole. C'è anche da dire che non c'è bisogno di aver 100k dipendenti per essere una grande azienda. Puoi essere competitivo anche con un organico non enorme.
Si ma infatti ho parlato di competenze, non di "imprese". Le competenze sono in primo luogo le persone. Tieni anche conto del fatto che lo stock di investimenti esteri in Italia è piu basso di Svezia o Spagna, circa un terzo di quello in UK e metà di Francia e Germania.
Per me questi sono due indizi che indicano che c'è un potenziale molto poco sfruttato.

Quote:
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Io non vedo come una cosa brutta avere un dirigente proprietario. Dipende sempre e solo dalle capacità. L'attuale presidente di Fiat ora è Montezemolo,noto ai più come il "figlio illegittimo di Gianni Agnelli"
Certamente era impensabile dar ruoli seri agli Elkann, anche se John è il vicepresidente fantoccio .
Nel cda Ford sono presenti ancora parecchi eredi di Henry...
Secondo me invece la figura dell'imprenditore proprietario è molto piu limitante al giorno d'oggi.
Innanzitutto per una mera questione "statistica". Magari il figlio del padrone è anche bravo ma le possibilità che al di fuori del gruppo dei famigliari ci sia qualcuno molto piu adatto a fare l'AD sono altissime. Limitare la gestione all'ambito famigliare implica anche una chiusura dell'azienda alle novità dall'esterno.
Questa anomalia italiana è molto piu grande di quanto si creda. Ad esempio un po' di tempo fa mi ero imbattuo sul lavoro dii una associazione francese che raggruppa tutte grandi le aziende al MONDO che sono a gestione famigliare da almeno 3 generazioni. La metà dei mebri sono italiani.!!!

Poi c'è anche un'altra questione. Tutte le tecniche di management moderno sviluppate negli ultimi 20 anni hanno al centro la questione dell'allineamento degli interessi di shareholder e management (il value based management).
L'imnprenditore proprietario non vive questa dicotomia. MA questo è un aspetto negativo in quanto non c'è nessun contrappeso al suo potere decisionale. E soprattutto i suoi interessi personali sono presto o tardi quasi sempre in conflitto con gli interessi aziendali. Le motivazioni possono essere varie, la politica, il prestigio personale o della famiglia, la preferenza personale di interessi che sono in contraddizione col core business (questo è ad esempio lampante nel caso degli agnelli che hanno investito in cose che non c'entravano nulla con l'auto), gli inevitabili problemi famigliari che si ripercuotono sulla azienda, soprattutto quando ci sono le successioni.

Prendi ad esempio il caso di Telecom e Pirelli. E' un caso in cui le scelte di investimento sono assolutamente insensate da un punto di vista industriale, e non possono essere inquadrate senza tener conto della specificità dell' imprenditore proprietario che cercava la realizzazione di obiettivi personali
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Old 28-04-2008, 12:47   #20
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Lo sai vero che in Francia i 2 gruppi d'identità nazionale (Renault+Psa) detengono quasi il 60% del mercato,no?
La sola azienda italiana conta 3 marchi distinti (Fiat,Alfa Romeo e Lancia (lasciam stare Ferrari e Maserati )),ne più ne meno di quanto disponga la Francia (Renault +Peugeot/Citroen).
In Giappone solo il 5% delle macchine immatricolate è di provenienza straniera...
Parlando di Francia direi che non c'è nulla di cui stupirsi , PSA e Renault sono in 2 a dividersi il 60% del mercato, qua ce n'è uno solo a spartirsi il 35, non che si sia molto lontani in fin dei conti....

Per quel che riguarda l'iva che va a compensare l'incentivo, bisogna vedere quanto abbiano inciso gli incentivi sull'aumento delle vendite, visto che l'iva la si paga comunque anche senza incentivi. Non è detto che lo stato c'abbia guadagnato. (e poi bisogna vedere se l'iva è calcolata sul prezzo con o senza incentivo)
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Ultima modifica di FastFreddy : 28-04-2008 alle 12:54.
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