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Old 11-12-2007, 09:16   #1
sider
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Ingegno italiano: carburante dai rifiuti

Ho trovato questa cosa in rete, in effetti ne avevo già sentito parlare in passato.
La posto qui per i risvolti "politici" che una simile trovata potrebbe avere negli equilibri economici mondiali.


17/09/2007
La stupidità italiana
"La benzina? Non ci servirà mai più. Raffino i rifiuti al posto del petrolio"
di Stefano Lorenzetto - domenica 16 settembre 2007, 09:18
Un ingegnere genovese di 63 anni, insieme con una biologa statunitense di 71, ha liberato il mondo dalla schiavitù del petrolio e dalla morsa dell’inquinamento per i secoli a venire. Luciano Patorno e Nancy Ho sono riusciti a rimpiazzare la benzina con l’etanolo ricavato dai rifiuti urbani. Un giacimento inesauribile. Lo so, detta così può ricordare la più impraticabile delle trovate: mettere in moto l’automobile dopo aver fatto pipì nel serbatoio. Ma questa non è una barzelletta.
In Canada già funziona una bioraffineria «made in Italy» che produce il carburante e lo vende alla Shell. E85 è il nome alla pompa del nuovo oro verde: 85% di etanolo, 15% di benzina. Una miscela, per il momento. Con un piccolo ritocco ai motori domani potrà essere utilizzato al 100%, essendo un alcol etilico concentrato pressoché anidro, cioè privo d’acqua.
L’etanolo (bioetanolo, per l’esattezza) che la professoressa Ho, docente universitaria di origine cinese immigrata da molti anni negli Usa, è stata in grado di fabbricare su larga scala grazie all’impianto creato dall’ingegner Patorno, imprenditore trasferitosi dalla Liguria a Modena, ha qualche altra caratteristica talmente unica da farlo sembrare un inaspettato dono del cielo all’umanità giunta sull’orlo del baratro: «Può alimentare da subito i propulsori Flex fuel montati su numerosi modelli di vetture. Non affama il Terzo mondo e non fa aumentare i prezzi del pane, della pasta, del latte, della carne perché non fagocita le coltivazioni di cereali destinate all’alimentazione umana e animale, anzi non le intacca minimamente, e di conseguenza non dissipa le già limitate risorse d’acqua del pianeta. Presenta un contenuto netto di energia tre volte più alto dell’etanolo tradizionale. Elimina il 70-75% del peggiore dei gas serra, l’anidride carbonica, principale responsabile dell’innalzamento delle temperature. Abbatte del 5-10% le emissioni di ossidi d’azoto e di zolfo. È privo di metalli pesanti. Azzera i particolati, meglio noti come polveri sottili. È totalmente biodegradabile. Libera il globo da larga parte dell’immondizia. E, ultimo ma non ultimo, ha un prezzo alla produzione di 0,30 euro il litro, 580 lire, esattamente come la benzina verde. Mentre l’etanolo distillato dal mais o dalla canna da zucchero costa il doppio».
Guardatevi intorno, o scoperchiate la pattumiera: tutta roba buona per far marciare la vostra auto. Giornali, riviste, involucri per alimenti, fogli di carta, corrispondenza, cartoncini, cartoni, opuscoli. E poi la lolla del riso e del frumento, i cartocci delle pannocchie, le bagasse della canna da zucchero, gli steli del mais, i residui e le eccedenze di coltivazioni agricole, il legno, la segatura, l’erba, le ramaglie, i rifiuti industriali delle cartiere. Insomma Patorno tramuta in carburante per autotrazione tutto ciò che contiene cellulosa.
Contitolare con un socio della Sipatech di Sassuolo, laurea in ingegneria elettrotecnica e meccanica, l’inventore s’è sempre occupato di automazioni industriali: per la Caterpillar, per la New Holland (Fiat), per la Hoechst (Sanofi-Aventis). In campo biomedicale ha brevettato strumenti rivoluzionari, dall’Endofixer, una suturatrice endovascolare che nell’aneurisma dell’aorta consente di fissare un manicotto dentro l’arteria senza intervenire chirurgicamente sul paziente, all’Anastomosis, che ricollega elasticamente i vasi sanguigni recisi in sala operatoria oppure dissecca le vene varicose con le onde elettromagnetiche evitando il bisturi.
Patorno è tornato alla sua antica passione, l’energia, dal 1999, quando gli hanno chiesto d’escogitare un sistema per il riciclaggio degli pneumatici usati. Nel nostro Paese se ne accumulano 400.000 tonnellate l’anno: metà finiscono in discarica e metà vengono trasformati in gomme rigenerate, conglomerati per bitumazioni, materiale per pavimenti antiscivolo. L’inventore ha fatto anche qui il miracolo: un brevetto che li riconverte negli idrocarburi d’origine.
Come c’è riuscito?
«Sono nato ingegnere. Mio padre era tecnico all’Ansaldo di Genova. La nostra casa si trovava dentro lo stabilimento. A 5 anni già giravo per i reparti. Ho visto dal vivo l’infinità di sottoprodotti, almeno un centinaio, che escono dal ciclo di depurazione del carbon coke: benzolo, naftalina, etilene, catrame».
Com’è arrivato all’etanolo ricavato dai rifiuti cellulosici?
«Mi ha contattato la Purdue University, che si trova a West Lafayette, nell’Indiana, 200 chilometri da Chicago, 100 da Indianapolis. Avevano bisogno di alcuni sensori particolari per le macchine dei loro laboratori. E là ho incontrato Nancy Ho, biologa molecolare premiata al Congresso dal presidente George Bush per aver messo a punto dopo 14 anni di ricerche un enzima geneticamente modificato. La professoressa è partita dai Saccharomyces cerevisiae, microrganismi che hanno una funzione fondamentale nelle fermentazioni da cui si ottengono il vino e la birra».
Che cosa fa questo enzima?
«Trasforma il glucosio e lo xilosio, due zuccheri, in etanolo. Invece chi distilla l’etanolo dai cereali non riesce a modificare lo xilosio, e ciò riduce del 40% la resa finale di carburante. Ma alla professoressa Ho mancava l’impianto in grado di industrializzare il processo. Ha chiesto a me di farlo. Così ho progettato una raffineria di alcol, anziché di petrolio».
Vi siete messi in società.
«Per gli Usa il brevetto se lo gestiscono gli americani. Per l’Europa io. Nel resto del mondo siamo partner».
Ma le bioraffinerie sono di là da venire.
«Non direi. Una è già stata aperta a Toronto dalla Iogen corporation: da una tonnellata di paglia spreme 350 litri di etanolo. In quattro anni è già arrivata a 128 milioni di litri. Un’altra è in costruzione in Pennsylvania. Torno adesso da un viaggio in Cina, dove già operavo con la Aodevices per progettare stabilimenti che purificano il silicio indispensabile alla produzione di pannelli fotovoltaici in Europa e Medio Oriente. Gli enti governativi di Pechino mi sono piombati addosso come falchi. I cinesi sono affamati di energia».
Gli italiani no?
«In Italia è tutto difficile. Ho interpellato la Hera, il gruppo quotato in Borsa che eroga elettricità e gas ai Comuni dell’Emilia Romagna: parole. Ho interpellato il Cpl, Consorzio productions logistics della Legacoop: parole. Ho interpellato la Confcooperative coinvolta nel rigassificatore di Brindisi: parole».
Ha interpellato le persone sbagliate.
«Non ho agganci politici. Ho interpellato le banche: parole anche lì».
Siamo sicuri che esistano biomasse cellulosiche sufficienti per estrarre l’etanolo?
«Mi offende. Ogni anno l’Italia produce 100 milioni di tonnellate di rifiuti: 40 milioni sono urbani. Il 35% di questi sono cellulosici, cioè carta, cartone e legni, però non riciclabili. Quindi stiamo parlando di 14 milioni di tonnellate che oggi si buttano in discarica. Si potrebbe ricavarne, con 30 dei miei impianti, 4,8 miliardi di litri di etanolo. Vale a dire il 30% del fabbisogno nazionale, visto che gli italiani consumano ogni anno 16 miliardi di litri di benzina».
E il restante 70% del fabbisogno?
«Ci sono da sfruttare i residui legnosi industriali: cassette della frutta, trucioli di falegnameria, segatura, mobili vecchi, pallet, traversine ferroviarie, bobine di cavi elettrici, imballaggi. Una città di medie dimensioni, come Perugia, sciupa ogni anno 15.000 tonnellate di potature. Valgono 5 milioni di litri di bioetanolo. E poi pensi solo alla pulizia dei boschi».
Ma se ancora non bastassero?
«Ho letto l’intervista che Mauro Tedeschini, direttore di Quattroruote, ha fatto col professor Carlo Rubbia nel numero di settembre. In questo Paese vi sono un milione d’ettari di terreni non coltivati, ha spiegato il premio Nobel. Potremmo metterci a dimora piante non commestibili la cui resa energetica è enorme. Il miscanthus, per esempio. È una canna ricchissima di cellulosa che cresce spontaneamente in Cina e in Giappone. Supera i 4 metri d’altezza, la densità delle foglie è tale che una persona non riesce a passarci in mezzo, prospera nei climi temperati come il nostro, richiede poca acqua, dura circa 15 anni e si raccoglie d’inverno, un momento ideale per gli agricoltori. Idem la canapa, adatta per i terreni aridi del nostro Sud. Idem i pioppi. Un pioppeto lungo 10 chilometri e largo altrettanto potrebbe alimentare all’infinito, col suo ciclo vegetativo, la più grande delle bioraffinerie che ho progettato, 160 milioni di litri di etanolo annui».
Bioraffineria che costerà un patrimonio, suppongo.
«È un investimento da 65 milioni di euro. Calcolati i costi di produzione con l’ammortamento, i ricavi dalla vendita del bioetanolo e l’extra utile derivante dalla defiscalizzazione, fin dal primo anno genera un profitto netto di quasi 44 milioni di euro. Tenga presente che in Italia l’etanolo è defiscalizzato al 20%, ma dovrebbe arrivare almeno al 47%, anche perché in Germania, Spagna, Belgio e Slovacchia è al 100%, in Francia al 57%, in Finlandia al 55%. Mettiamo che lo Stato o l’Eni aprissero 100 bioraffinerie: con un investimento di 12.500 miliardi di vecchie lire, circa un terzo della manovra economica annunciata dal governo per il 2007, avrebbero affrancato per sempre il Paese dalla benzina».
Non credo che gli sceicchi arabi siano molto contenti di lei.
(Allarga le braccia).
Non teme per la sua vita?
«Le dirò: qualche timore ce l’ho».
Il petrolio è destinato a esaurirsi?
«Per forza. È un dato di fatto. O entro 20 anni o entro 50, ma finirà. Lo dimostra la speculazione sui prezzi: oggi è a 80 dollari il barile, contro i 30 di tre anni fa, mentre dovrebbe costarne non più di 55. E anche se non si esaurissero i giacimenti, diventerebbe sempre più difficile estrarlo. Per cui i costi, in termini di energia impiegata nel pompaggio, supererebbero i ricavi. Lo stesso dicasi se andassimo a cercarlo sul fondo degli oceani».
Resta il fatto che di auto pronte per l’etanolo non se ne vedono molte in circolazione.
«Più che altro mancano i distributori. Ma da fine luglio è in vendita anche in Italia la Renault New Mégane alimentabile a E85. Il gruppo Peugeot-Citroën sta per presentare un’ampia gamma di modelli biocompatibili. Saranno presto sul mercato Ford, Opel, Saab, Volvo e Cadillac. Io stesso ho guidato da Chicago a Lafayette una Ford che funzionava con miscela all’85% di alcol e al 15% di benzina. Non c’è area di servizio d’America dove manchi la colonnina dell’E85».
Una Ferrari che va etanolo?
«Perché no? Le prestazioni migliorano. La formula chimica dell’etanolo è C2H5OH: nel radicale OH è presente ossigeno, come in tutti gli alcoli. Equivale a sovralimentare il motore. Per di più nell’etanolo non occorre aggiungere gli antidetonanti, indispensabili nella benzina. Un tempo la super veniva addizionata con tetraetile di piombo, un inquinante micidiale. Oggi la verde richiede il benzene, che inquina meno, però inquina. Al traffico stradale si imputa il 93% delle emissioni di ossido di carbonio, il 60% di quelle di idrocarburi e ossidi di azoto e il 12% di quelle d’anidride carbonica, c’è poco da fare».
Il professor Antonino Zichichi sostiene che l’anidride carbonica è senz’altro aumentata da quando è iniziata l’era industriale, ma che l’uomo incide solo per il 10% sul clima, il resto dipende dai fenomeni naturali, a cominciare dai raggi cosmici. In mezzo milione di anni la Terra ha perso e ritrovato il Polo Nord e il Polo Sud già quattro volte.
«Sono d’accordo. Ma il nostro guaio è che, a causa del massiccio utilizzo dei combustibili fossili, per la prima volta nella storia dell’umanità l’anidride carbonica si accumula in tempi troppo veloci e si concentra nelle aree urbane e industrializzate. Ristagnasse sull’oceano, sarebbe diverso».
Però del Brasile, che fa il 48% dell’etanolo per autotrazione prodotto nel mondo, io ricordo il lezzo pestilenziale dei biocarburanti.
«Invece l’etanolo ricavato dagli scarti di cellulosa è inodore».
Ma ho letto che corrode i motori.
«Lo escludo. Ai metalli non può far nulla».
La sua bioraffineria non provoca odori e fumi?
«No. La fermentazione avviene in autoclave. È un sistema che richiede la mancanza di contatto con l’aria. Gli enzimi sono anaerobi, vivono solo in assenza di ossigeno».
Avrà bisogno di una discarica per i residui della lavorazione.
«Al contrario. Sono io che devo insediarmi vicino alle discariche per recuperare quanto di buono vi è contenuto».
La sua bioraffineria non produce scarti? Impossibile.
«Certo che li produce. Ma non li chiamerei scarti, bensì sottoprodotti: mangimi, fertilizzanti chimici per l’agricoltura, polimeri della plastica, lubrificanti, adesivi. Tutta roba che è fuori dal conto economico di cui le ho parlato prima e che va dunque ad ampliare il margine di guadagno».
Avrà bisogno di molti dipendenti e di tanta energia elettrica.
«La forza lavoro per il ciclo produttivo di 24 ore su 24 assomma a un centinaio di persone. L’energia me la produco da solo: il primo elemento da togliere nella fase di pretrattamento dei rifiuti cellulosici è la lignina, che ha un alto potere calorifero».
Avrà bisogno di una vasta area.
«La bioraffineria più grande si estende su 60.000 metri quadrati. È la superficie occupata dall’inceneritore di rifiuti urbani della città di Brescia, quello dipinto con i colori del cielo che si vede dall’autostrada A4».
Una direttiva europea fissava al 2% la quota di mercato dei biocarburanti che gli Stati membri erano invitati a raggiungere entro il 2005. Il quantitativo salirà al 5,75% nel 2010. L’Italia che cos’ha fatto?
«Niente. Però l’11 marzo 2006 il governo ha varato la legge 81 che prevede l’obbligatorietà dell’integrazione di bioetanolo nelle benzine in percentuali crescenti: dai 320 milioni di litri nel 2006 fino ad arrivare ai 920 milioni di litri nel 2010».
E quanti ne abbiamo prodotti finora?
«Neanche mezzo litro».
(390. Continua)
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Old 11-12-2007, 09:29   #2
trallallero
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Gli italiani no?
«In Italia è tutto difficile. Ho interpellato la Hera, il gruppo quotato in Borsa che eroga elettricità e gas ai Comuni dell’Emilia Romagna: parole. Ho interpellato il Cpl, Consorzio productions logistics della Legacoop: parole. Ho interpellato la Confcooperative coinvolta nel rigassificatore di Brindisi: parole».
Ha interpellato le persone sbagliate.
«Non ho agganci politici. Ho interpellato le banche: parole anche lì».
che vergogna
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Old 11-12-2007, 09:32   #3
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Fino a quando vorranno speculare sulla vendita del petrolio noi ci attacchiamo e continueremo ad inquinare e spendere soldi per farlo!
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Old 11-12-2007, 09:46   #4
Necromachine
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Tutto bello, ma mi ci gioco le palle che anche questa finirà nel dimenticatoio e non ne sentiremo più parlare ...
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Old 11-12-2007, 10:04   #5
bjt2
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Ma se io volesso autoprodurmi l'etanolo, per usarlo puro in un motore normale (diciamo una 2000 turbo sovralimentata), a cosa vado incontro? Battiti in testa? Che numero di ottano ha? Perchè non ci metto nulla a farmi variare la mappatura della centralina nel caso... P.S.: non è catalitica, quindi non mi frega di rovinare il catalizzatore. E' ad iniezione elettronica e multipoint...
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Old 11-12-2007, 10:08   #6
ulk
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Città: WOLF 389 VULCANO ** Ho scelto di vivere per sempre............................ per ora ci sono riuscito.
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Mi sa che abbiamo la memoria corta....

Anni fa era venuto in Italia un altro di questi tizi che proponeva di riciclare rifiuti per farne petrolio.

E non dimenticherei neanche l'idea di gardini sul bio etanolo basta semplicemente sul rapido esaurimento delle risorse petrolifere.
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Old 11-12-2007, 10:09   #7
Solertes
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Ma se io volesso autoprodurmi l'etanolo, per usarlo puro in un motore normale (diciamo una 2000 turbo sovralimentata), a cosa vado incontro? Battiti in testa? Che numero di ottano ha? Perchè non ci metto nulla a farmi variare la mappatura della centralina nel caso... P.S.: non è catalitica, quindi non mi frega di rovinare il catalizzatore. E' ad iniezione elettronica e multipoint...
Lo puoi miscelare in parti 85 Etanolo - 15 benzina ottenendo il carburante E85.
Il problema è che l'etanolo è corrosivo per le parti plastiche (guarnizioni, condotti) che andrebbero sostituite....però moltissimi dei motori moderni (es. il FIRE) non hanno particolari problemi a funzionare con E85 (credo che però una rimappatura sia utile).
E' comunque evasione fiscale
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Old 11-12-2007, 10:25   #8
gigio2005
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guardate che non ci voleva questo genio per "inventare" il biocarburante...

ci sono milioni di articoli e ricerche al riguardo...da me ad esempio c'e' addirittura un tesista che fa biodiesel...
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Old 11-12-2007, 10:28   #9
CYRANO
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Posso fare una battutaccia ?
Se faran sto carburante coi rifiuti , allora la campania diventera' ricchissima !




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Old 11-12-2007, 10:41   #10
Paganetor
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ìE' comunque evasione fiscale
sicuro? se me la faccio in casa (e compro la benzina che mi occorre alla pompa) non credo di evadere...
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Old 11-12-2007, 10:46   #11
sider
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Originariamente inviato da gigio2005 Guarda i messaggi
guardate che non ci voleva questo genio per "inventare" il biocarburante...

ci sono milioni di articoli e ricerche al riguardo...da me ad esempio c'e' addirittura un tesista che fa biodiesel...
Non hai letto bene l'articolo

La trovata è questa


Che cosa fa questo enzima?
«Trasforma il glucosio e lo xilosio, due zuccheri, in etanolo. Invece chi distilla l’etanolo dai cereali non riesce a modificare lo xilosio, e ciò riduce del 40% la resa finale di carburante. Ma alla professoressa Ho mancava l’impianto in grado di industrializzare il processo. Ha chiesto a me di farlo. Così ho progettato una raffineria di alcol, anziché di petrolio».
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Old 11-12-2007, 10:46   #12
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sicuro? se me la faccio in casa (e compro la benzina che mi occorre alla pompa) non credo di evadere...
Certo che è evasione, dato che non pagheresti le accise
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Old 11-12-2007, 10:47   #13
Paganetor
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Certo che è evasione, dato che non pagheresti le accise
be', anche se mi produco elettricità in casa non pago l'iva...
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Certo che è evasione, dato che non pagheresti le accise
Quindi anche se mi compro un'auto elettrica e la ricarico con la corrente evado le accise?
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Old 11-12-2007, 10:54   #15
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Quindi anche se mi compro un'auto elettrica e la ricarico con la corrente evado le accise?

Le accise sono sui "carburanti" ma è un argomento già ampiamente dibattuto anche sul caso "olio di colza".
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Old 11-12-2007, 10:56   #16
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Le accise sono sui "carburanti" ma è un argomento già ampiamente dibattuto anche sul caso "olio di colza".
io sapevo che l'utilizzo dell'olio di colza (e probabilmente di queso nuovo carburante) fa decadere la garanzia delle auto... ma dl discorso evasione non sapevo nulla!
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be', anche se mi produco elettricità in casa non pago l'iva...
Le accise sono specifiche sui carburanti per autotrazione, quindi non capisco il tuo esempio.
Inoltre credo che anche la distillazione di alcool in casa sia soggetta a tassazione. Se poi la butti nel serbatoio diventa carburante.
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Old 11-12-2007, 11:21   #18
Tefnut
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al di la del dibattito evasione, parliamo un po' di questa scoperta


verrà portata avanti?
quanto inquina? ho letto le cifre ma ci capisco poco
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Si chiude una porta.. si apre un portone

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Old 11-12-2007, 11:26   #19
Paganetor
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verrà portata avanti?
secondo me no...

forse (e sottolineo forse) in ambito produzione di elettricità, ma sicuramente non nell'autotrazione...
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Old 11-12-2007, 11:32   #20
sider
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Questo è interessante

Gli enti governativi di Pechino mi sono piombati addosso come falchi. I cinesi sono affamati di energia

Sicuramente non è tutto oro quello che luccica, però anche se si riuscisse a produrre il 25% del fabbisogno eliminando nel contempo tonnellate di rifiuti non sarebbe male.
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