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#1 |
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Epidemie di colera in 11 nazioni africane
Africa - Epidemie di colera si diffondono in numerosi Paesi.
L'agenzia stampa missionaria 'Misna' segnala che epidemie di colera nelle ultime settimane vengono segnalate in diversi Paesi africani: Burundi, Senegal, Uganda, Niger, Guinea Bissau, Burkina Faso, Liberia, Repubblica democratica del Congo, Mauritania e Sierra Leone. In quest’ultimo, così come in Centrafrica, Ciad o in Etiopia, l’epidemia non è stata ancora ufficialmente dichiarata, ma a causa delle alluvioni i funzionari temono che ormai sia solo questione di giorni prima che il vibrione cominci a propagarsi rapidamente e su larga scala. La più letale e vasta di queste epidemie resta quella in corso dallo scorso giugno in Guinea Bissau, dove sono morte 177 persone e altre 9.200 sono state contagiate. Altrettanto grave il bilancio che il colera ha fatto segnare finora in Liberia, dove il numero di vittime è salito alle 134 dell’ultimo bilancio diffuso la scorsa settimana dalle 29 che venivano segnalate ai primi di agosto. Tra Mauritania e Burkina Faso si contano centinaia di contagi e almeno una decina di vittime; in Burkina Faso, l'epidemia più recente, 6 morti e 236 contagi, segue di qualche settimana quella dello scorso giugno in un'altra zona del paese e conclusasi con un bilancio di 111 vittime. (peacereporter) ![]()
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#2 |
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i tg se ne guardano bene dal parlarne?
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#3 |
Bannato
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Stando a pensare che un batterio causi ancora nel 2005, per concause legate alla povertà (scarsa igiene, scarse strutture sanitarie), così tanti drammatici problemi in un intero continente viene da
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#4 | |
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Per questo motivo non guardo più i tg nazionali da anni.
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#5 |
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Lebbra, dramma dimenticato dal mondo
EMERGENZA SANITARIA
L’impegno in Mozambico e a Capo Verde: «Quando sono arrivato nell’isola c’erano 800 malati, alla mia partenza ne erano rimasti 50» Lebbra, dramma dimenticato dal mondo L’esperienza dei volontari: «Se ci si mobilita, peggiorano le statistiche, perché si arriva in zone abbandonate a se stesse»«Il più bel ricordo? Una ragazza africana che con il nostro aiuto rifiutò d’andare nella foresta, guarì e ritornò al suo villaggio» Dal Nostro Inviato A Pescara Lucia Bellaspiga Lebbra. Solo la parola fa paura. L'immagine che viene è quella deforme di mani e piedi senza dita, corpi mutilati e tumefatti, volti simili a teschi, vuoti le orbite e il naso. Perché la lebbra ti smangia e ti rende cieco, ti colpisce la pelle poi entra, prende i nervi, i muscoli, le ossa. Prima c'è il dolore, insopportabile, quindi si perde la sensibilità, e il movimento. Non c'è epoca e non esiste società che non abbia messo al bando i lebbrosi, ancora oggi scacciati dalle comunità, rinchiusi in ghetti fetidi, sorvegliati dietro recinti di filo spinato, abbandonati nei deserti o nelle foreste, persino sugli scogli, in modo che trovino morte certa lontano dagli occhi dei sani. Sono forse venti milioni nel mondo, (in Italia nuovi dieci casi l'anno), ma sono venti milioni di paradossi: perché la lebbra si cura facilmente, presto, con pochi spiccioli e fino a guarigione completa. La lebbra, insomma, è un problema risolvibile. O così sarebbe, se ignoranza, superstizione e indifferenza non ne facessero un flagello. Tra i lebbrosi senza paura È al convegno dell'Aifo, l'Associazione amici di Raoul Follereau, che incontriamo Massimo Tomaselli, 41enne, romano, coordinatore dell'Aifo per il Mozambico. Non è medico, «perché la lebbra prospera dove c'è povertà, dove mancano pozzi, igiene, latrine, cibo», così i responsabili dei progetti sono spesso ingegneri come lui. La sua vita, con la moglie francese e i loro tre bambini, è tra i lebbrosi. La domanda è automatica: ma non ha paura del contagio? «Io? E perché? - dice irridente - si cura!». Poi spiega meglio: «Tu hai paura di prendere il raffreddore? Non te ne importa niente, no?». Chiaro. Ma allora l'incubo mondiale, quei reietti tumefatti, la segregazione? Se la lebbra si cura, perché non lo si fa? Sorride a metà tra pazienza e commiserazione: «Anche la fame si sa come guarirla: duemila calorie a persona, eppure...». «E per favore, non scriva anche lei di milioni di morti di lebbra...». Semplicement e perché di lebbra non si muore: il bacillo (diffuso non per semplice contatto ma la saliva o uno starnuto) è lentissimo, ti cova dentro anche venti anni senza sintomi, poi la prima macchia sulla pelle, la deformità, il "mostro", lo stigma, il marchio, l'abbandono... L'«imbroglio» dei numeri Secondo i piani dell'Oms, la lebbra doveva sparire dal mondo entro il 2005. Ora ci siamo. Ma ci sono quei venti milioni di lebbrosi, e soprattutto quei 380mila casi nuovi l'anno, pochi rispetto ai 760mila del 2002. Buon segno, no, dottore? «In teoria sì, il crollo di infettati significa che il lavoro dell'Oms e delle Ong in Africa, Asia e Sud America sta dando i suoi frutti: se individui presto il malato e gli somministri gli antibiotici, subito smette di essere contagioso ed entro sei mesi-un anno è guarito...». Perché in teoria? C'è sotto dell'altro? C'è. E riguarda la "contabilità" nei registri mondiali: «Quando medici e volontari raggiungono le zone più povere e desolate, di lebbrosi ne trovano sempre più. Se invece si fermano e lavorano un po' meno... i casi caleranno per forza! Insomma: meno attività faccio e più belli sono i numeretti». Un esempio lampante è la recente esplosione di lebbra a Tambara, in Mozambico: «Un nuovo contagio? No, semplicemente abbiamo raggiunto un'isola nel fiume Zambesi dove erano tutti malati ma nessun medico era mai arrivato». «Tra la feccia dell'umanità» In India come in Africa o in Brasile, la storia è sempre quella, i malati sono espulsi definitivamente dal clan e nemmeno la guarigione li salverà: "lebbrosi" per sempre. «La vera guerra è contro questo marchio a fuoco, non contro un bacillo ormai sconfitto», dicono i volontari Aifo. «Il più bel ricordo? Il giorno in cui una ragazza africana col nostro aiuto rifiutò di essere gettata nella foresta, raggiunse il centro di salute, guarì, tornò al villaggio, ebbe la forza di imporsi e dopo due anni si sposò». Sembrano "innamorati" della lebbra i tanti volontari torn ati in Italia da ogni parte del mondo per il convegno dell'Aifo. Sono ricchi dentro, anche se «tra i reietti non ci vai per fare soldi, ma per un'idealità». «Sì - ammette Tomaselli - la lebbra mi attira, perché dove c'è lei c'è la feccia dell'umanità, trovi di certo i più sfortunati, sei dove nessuna Ong può andare perché manca la strada, il giornalista non arriva perché "per l'intervista un lebbroso di città mi va benissimo", non esiste una scuola, niente...». La lebbra è figlia dell'indigenza più che del bacillo, tanto che in Europa è quasi scomparsa quando ancora i medicinali non esistevano, semplicemente col benessere. «Quello che invece non potremo mai curare sono le orrende disabilità degli ex malati». Chi ha mani e piedi si trascina spesso tra cancrene perché non sente il dolore ma, quando si ferisce, la cancrena avanza inesorabile. Il medico si sposa nel lebbrosario Abituati a incutere disgusto, sono gli stessi lebbrosi a ritirarsi e desiderare l'oblio. Loro stessi a rifuggire il contatto fisico. E tra gli intoccabili ha scelto di fare la sua festa di nozze Mario Figoni, medico infettivologo, 48 anni, romano, divenuto esperto nei lebbrosari dell'India e poi di mezza Africa. Un filmino da mostrare agli amici - questo sì -, non tra spiagge esotiche ma nel lebbrosario di Fogo, isole di Capo Verde: una selva di mani tese ad abbracciarlo seppure senza dita, sorrisi, nessuna paura del "contatto". La moglie Milita è di Capo Verde, lavorava nella farmacia dell'ospedale locale e l'ha conosciuta tenendo corsi di aggiornamento sulla malattia. Hanno due bambini, il motivo per cui, quando di recente il più grande ha preso la malaria, sono venuti a vivere in Italia: «Oggi curo l'Aids al Cotugno di Napoli». Però ogni anno quando ha le ferie torna giù tra i suoi lebbrosi, «in Ciad, Mali, Ghana...». Anche lui "contagiato" dal volontariato, una «malattia cronica, proprio come la lebbra». Il suo è un amore che nasce da lontano, quando, appena laureato, va in Afri ca con Mani Tese, poi prosegue con le missioni targate Aifo e la guerra alla lebbra: «A Capo Verde sono arrivato che c'erano 800 malati, sono ripartito che ce n'erano 50. È la mia gratificazione più grande».(Avvenire)
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#6 |
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Sudan:75 morti e 300 contaggi
SUDAN 12/11/2005 16.09
DENGUE: 75 VITTIME E 300 CONTAGI IN ‘SOUTH KORDOFAN’ [Misna]È salito a 75 il numero di persone morte nello stato del South Kordofan, Sudan centrale dove, dopo le analisi dell’Organizzazione mondiale della Sanità (Oms) e delle autorità sudanesi, è stata confermata un’epidemia di Dengue che ha contagiato altre 300 persone. Nei giorni scorsi le autorità sanitarie sudanesi avevano riportato la morte di almeno una cinquantina di persone (dai primi di novembre) in seguito alla diffusione di una non meglio precisata “febbre emorragica”, che successivamente con l’aiuto degli esperto dell’Oms hanno stabilito essere Dengue. “Abbiamo predisposto un vasto piano di disinfestazione nelle zone interessate per combattere la zanzara che trasmette la malattia” hanno detto i responsabili dell’Oms in Sudan. Presente allo stato endemico in gran parte del Sudest Asiatico, in Africa, in America Centrale e Meridionale e in Oceania; il dengue ‘classico’ colpisce soprattutto i bambini sotto forma di affezione febbrile accompagnata da eruzione cutanea, mentre nei soggetti adulti può avere effetti più devastanti. Tra i sintomi della dengue, che secondo l’Oms contagia ogni anno quasi 100 milioni di persone (delle quali circa il 5 per cento muore), ci sono febbre, dolori muscolari e, nei casi più gravi, emorragie interne.[MZ] ----------------------- Chi sa perchè nei media fa più prima pagina la sorte di vacche e polli....
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#7 |
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Camerum:esperti per discutere di malaria
AFRICA 15/11/2005 0.45
CAMERUN: ESPERTI SOPRATTUTTO AFRICANI PER DISCUTERE DI MALARIA (misna) Per sconfiggere una malattia che ancora oggi uccide non meno di 1,5 milioni di persone all'anno nel mondo – soprattutto bambini e per la maggior parte in Africa – oltre duemila esperti sono riuniti a Yaoundé, capitale del Camerun, per la quarta conferenza panafricana della Multilateral Initiative on Malaria (Mim), rete multidisciplinare istituita nel 1997 a Dakar, con il coinvolgimento di istituzioni mediche e di ricerca africane e del resto del mondo. La maggior parte degli studiosi – il maggior numero di partecipanti mai raccolti da questa iniziativa – proviene da paesi africani; nei prossimi cinque giorni discuteranno sullo stato della ricerca scientifica, terapie e metodi di prevenzione della malaria. Nella prima giornata dei lavori, forte risalto è stato dato alla necessità di incoraggiare con borse di studio la formazione di specialisti africani nelle diverse discipline per elaborare la lotta all’epidemia: non solo medici ma anche biologi, entomologi, tossicologi, epidemiologi e biostatistici. Secondo gli ultimi dati disponibili, nel 1999 erano 752 i ricercatori formati nell’Africa subsahariana specializzati in malaria. Sembra che nell’ultimo lustro il loro numero sia aumentato, sebbene non pochi preferiscano abbandonare il Paese e andare a lavorare in istituzioni mediche fuori dal continente. Oltre alla ricerca medico scientifica, grande enfasi viene attribuita al bisogno di studiare efficaci soluzioni ambientali e compatibili con la salute umana per impedire la proliferazione delle zanzare che trasmettono l’agente patogeno. La lotta alla malaria in Africa, dice l’Unicef, sta facendo passi avanti: attualmente 23 nazioni africane hanno accettato di introdurre un nuovo protocollo medico per la somministrazione di Artemisinina, derivata dalla pianta di Artemisia e dimostratasi efficace contro alcuni agenti patogeni resistenti ad altri farmaci; altri 22 paesi stanno applicando le strategie suggerite da Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Undp e Unicef per prevenire la diffusione della malattia tra i bambini, tra cui istruire adeguatamente le mamme.
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#8 |
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Speriamo di liberarci quanto prima di questa malattia
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#9 |
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South Kordofan (Sudan):OMS si mobilita perepidemia d febbre gialla
SUDAN 22/11/2005 19.37
SOUTH KORDOFAN: OMS SI MOBILITA PER EPIDEMIA DI FEBBRE GIALLA (MISNA) È di febbre gialla e non di dengue, come si era sospettato in un primo momento, l’epidemia che dai primi di novembre colpisce lo Stato del South Kordofan, in Sudan centrale, dove ha causato la morte di 121 persone e il contagio di altre 448; lo ha detto l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms-Who) dopo aver analizzato i campioni di sangue inviati dalle autorità sudanesi. La malattia si contrae a causa del morso della zanzara ‘aedes’, vettore dell’agente patogeno, e i sintomi sono molto simili a quelli della dengue. Se non curata nei primi stadi la febbre gialla può essere mortale, con un’incidenza che differisce da contesto a contesto. Si è stimato che l’attuale epidemia sudanese abbia un tasso di mortalità del 21%. L’unica prevenzione possibile è la vaccinazione, e gli esperti del Oms hanno invitato il governo sudanese a lanciare immediatamente una massiccia campagna di vaccinazione tra le popolazioni a rischio nel South Kordofan, che sono prevalentemente comunità di pastori nomadi. Il ministro della Salute di Khartoum ha chiesto e ottenuto l’invio di vaccini dall’Alleanza globale per le emergenze di immunizzazione che ha autorizzato una prima spedizione di 1,7 milioni di dosi. L’ultimi epidemia di febbre gialla in South Kordofan si era verificata nel 1940 con 15.000 casi inclusi 1500 decessi.
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#10 |
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Epidemie dimenticate dai media
SUD DEL MONDO 27/11/2005 12.39
TUBERCOLOSI: COME UNA DOZZINA DI TSUNAMI OGNI ANNO (MISNA)“Il mondo ha attribuito alla sindrome d'immunodeficienza acquisita una priorità; e la tubercolosi è stata quasi dimenticata”: a dirlo è stato recentemente Nelson Mandela, probabilmente il sopravvissuto più famoso a una malattia che, secondo gli ultimi dati diffusi dall’Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) uccide una persona ogni 15 secondi, 5.000 vite al giorno per un totale di oltre 2 milioni di morti l’anno. La MISNA ne parla con Marcos Espinal, segretario della ‘Stop TB Partnership’, la campagna dell'OMS, a Roma per il vertice dei Nobel per la Pace. “Per millenni la tubercolosi è stata una grande piaga per l’umanità. Si stima che abbia ucciso più di due miliardi di persone nel mondo, molto più di qualsiasi malattia infettiva. Dopo le scoperte mediche che diedero il via alla lotta contro la tubercolosi (nel 1882 Robert Koch individua il batterio responsabile e nel 1920 viene messo a punto il vaccino Bcg) e il successo dell’opera di contrasto che portò nel 1970 la malattia ad essere cancellata dalla lista delle minacce alla salute pubblica, la tubercolosi è finita in un dimenticatoio pericoloso che ha contribuito al fatto che oggi nel mondo circa 9 milioni di persone ne siano affette e che due milioni di esseri umani muoiano ogni anno per una malattia la cui cura è nota e disponibile” dice Espinal e aggiunge: “L’impatto, in pratica, è paragonabile a quello di una dozzina di tsunami l’anno”. Riuniti lo scorso agosto a Maputo, in Mozambico, i ministri della Sanità dei paesi africani hanno dichiarato per la prima volta l'emergenza Tubercolosi su tutto il continente. La decisione (arrivata termine di giornate dedicate dai responsabili dei dicasteri africani e dei funzionari dell’Oms ad analizzare i dati dell’impressionante ritmo di crescita di contagi e vittime che la malattia continua ad avere sul continente) ha soprattutto lo scopo di attirare l’attenzione della comunità internazionale sulla tubercolosi nella speranza di attrarre finanziamenti. La malattia – seconda in Africa, per numero di contagi e morti, solo alla sindrome di immunodeficienza acquisita (sida/aids) a cui spesso è associata – può essere curata con un trattamento completo e a base di medicinali che ormai è possibile reperire per soli 15 dollari, come ha recentemente ricordato Desmond Tutu, l’arcivescovo sudafricano, anch’egli come Mandela, sopravvissuto alla Tb. “È tragico che questa malattia non sia ancora controllata, perché io sono la prova vivente che la tubercolosi può essere trattata e curata” ha sottolineato l’arcivescovo Tutu in occasione della riunione di Maputo. “Pensate che una cura intera, comprensiva di ricovero ospedaliero, contro la tubercolosi resistente (il ceppo più letale della malattia, ndr) costa, negli Stati Uniti, solo 180 dollari; una cura generica costa, invece, 15 dollari. L’obiettivo deve essere trovare questi fondi e investirli dunque nell’acquisto e nella distribuzione di cure per salvare milioni di vite” ha concluso Espinal. Nonostante il terribile impatto che la malattia ha sull’Africa – dove dal 1990 ad oggi sono quadruplicati il numero di casi e dove muore un quarto delle vittime che la malattia causa nell’intero pianeta - solo Etiopia e Mozambico, dei nove paesi maggiormente colpiti dall’epidemia di tubercolosi, hanno programmi di controllo sulla diffusione pienamente operativi perché completamente finanziati. Per questo l’OMS ha chiesto lo stanziamento di quasi 2 miliardi di euro da destinare a una serie di programmi da lanciare nel continente tra il 2006-2007 nel tentativo di controllare la diffusione.
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#11 |
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SUD DEL MONDO 27/11/2005 12.25
ALDO MORRONE: “Z59.5”, LA MALATTIA PIU’ GRAVE (intervista esclusiva) “La vera emergenza sanitaria mondiale? Si chiama ‘Z59.5’. Con questa sigla ormai già da 10 anni l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dato un codice internazionale a una malattia mortale: la povertà estrema”. A parlare alla MISNA è il professor Aldo Morrone, direttore della Struttura di Medicina Preventiva delle Migrazioni dell’Istituto San Gallicano di Roma, convinto rappresentante di una cultura sanitaria non ‘medicalizzata’ bensì multidisciplinare e coraggiosamente ‘a basso costo’. “Attenzione! Non sto dicendo che l’Oms ha indicato la povertà estrema come causa di malattia, ma che essa stessa è da considerasi una malattia – sottolinea Morrone - proprio dal punto di vista ‘eziopatogenetico’, come si dice in letteratura medica. La malnutrizione, soprattutto, ma anche la mancanza di acqua potabile o per lavarsi, le condizioni abitative, lo stress della violenza continua e della precarietà quotidiana sono la vera coltura di riproduzione di virus e batteri nel corpo umano. La povertà attacca il sistema immunitario! Eppure questa rivoluzionaria ammissione dell’Oms non è bastata a far cambiare direzione a un approccio sanitario imperante che scruta la malattia solo attraverso il microscopio di laboratorio, sentenzia la diagnosi e prescrive la terapia, quest’ultima possibilmente molto costosa”. Sono infatti i costi l’altra determinante variabile che stabilisce la gravità di una malattia: “L’attenzione dedicata a una patologia, e ai malati, è direttamente proporzionale al movimento economico che questa riesce ad innescare” sostiene il professor Morrone. “Altrimenti, se fosse solo questione del numero di persone a rischio, non si spiega perché alla malaria - che minaccia 3 miliardi di persone e ne uccide ogni anno 2 milioni, di cui la metà bambini, mentre sono 400.000 i nuovi casi ogni anno – non viene data la stessa attenzione dedicata all’Aids-Hiv dalle case farmaceutiche, dalle istruzioni internazionali, ma anche dai mass media e, voglio essere provocatorio, anche dalle organizzazioni non governative”. Ma alla lista vanno aggiunte altre ‘malattie dimenticate’ non meno mortali o invalidanti come la leishmaniosi mucocutanea o viscerale, che in occidente colpisce i cani ma nei paesi poveri infetta 300.000 persone l’anno, o la oncocercosi fluviale, una delle principali cause di cecità in Africa che colpisce 90.000 persone l’anno e 125 milioni sono a rischio. Oppure la tubercolosi, con 2 milioni di morti l'anno su 9 milioni di malati. “Vale la pena ricordare – aggiunge Morrone - che la prima causa di mortalità infantile al mondo non è né l’Aids/Hiv né la malaria, ma la disidratazione da diarrea: ne muoiono 12 milioni l’anno. Una flebo reidratante che può salvare una vita umana costa 50 centesimi di euro. Appare evidente, dunque, che meno costoso è un intervento sanitario meno mobilitazione c’è intorno alla terapia”. Morrone ribadisce che nella sue esperienza di medico ha trovato più spesso ostacoli ad applicare soluzioni efficaci ma a ‘basso costo’ che complicate analisi di laboratorio e costose terapie sperimentali, intorno alle quali, anche in Occidente, prolifera un mercato della salute. L’approccio multidisciplinare dell’intervistato lo porta, infine, a ridimensionare o meglio a contestualizzare l’intervento medico in una rete di altri interventi altrettanto necessari. “Alcune delle malattie che ho citato sono trasmesse da insetti, in particolare da zanzare; oppure sono la conseguenza di mancanza di strutture igieniche. La mia opinione è che non si può fare vera medicina senza coinvolgere la tutela dell’habitat, l’urbanistica, l’educazione e, ribadisco, bisogna garantire il diritto a una sufficiente ed equilibrata alimentazione, senza la quale anche un farmaco, in un corpo debilitato e sotto peso, si può trasformare in un veleno”. (a cura di Barbara Fabiani)
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#12 |
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SUD DEL MONDO 27/11/2005 13.03
QUEL COLERA GIUNTO DALL'ASIA.... (PIME)Sono quasi 50.000 le persone coinvolte nelle innumerevoli epidemie di colera che nei mesi scorsi si sono registrate in varie zone dell’Africa e soprattutto nella regione occidentale del continente. Un fenomeno, quello di quest’anno, definito eccezionale dalla stessa Organizzazione mondiale della Sanità (OMS) che nei mesi scorsi ha addirittura organizzato un vertice urgente per cercare di porre rimedio a una situazione che in pochi mesi ha causato la morte verificata di un migliaio di persone ma che si teme abbia mietuto molte più vittime nelle zone rurali dei paesi africani interessati. Un fenomeno, quello del colera, considerato ormai endemico in molte zone dell’Africa, dove le epidemie si susseguono ogni anno a ogni stagione delle piogge, ma che in realtà è relativamente nuovo per il continente. “Il particolare tipo di colera che causa epidemie come quelle dei mesi scorsi era sconosciuto in Africa fino a 30 anni fa” ha detto alla MISNA Gianfranco de Maio, responsabile di Medici senza frontiere (Msf). Il vibrione che lo causa, infatti, è arrivato dall’Asia negli anni’70, anche se ormai la sua presenza è quasi endemica in molte zone d’Africa. La scarsità di infrastrutture (soprattutto idriche) e il boom dell’urbanizzazione cominciato negli anni ’70, con i quartieri poveri cresciuti spontaneamente e al di fuori di qualsiasi programmazione, sono tra i fattori che hanno contribuito maggiormente a diffondere il colera in Africa. “Quest’anno stiamo comunque assistendo – aggiunge il dottor de Maio– a una diffusione particolarmente forte”. È così difficile contrastare il colera? “Rispetto ad altre epidemie - risponde De Maio - la diffusione del colera è particolarmente semplice da bloccare: è fondamentale isolare i pazienti, successivamente curarli con acqua e sali minerali per bloccare il processo di disidratazione e infine individuare il focolaio e disinfettarlo con pastiglie di cloro. Questo in casi di un’emergenza, mentre sul lungo periodo è fondamentale informare la popolazione sulle poche ed elementari misure preventive da attuare. Ad esempio bisognerebbe ripetere all’infinito che non conviene bere l’acqua dei principali laghi africani, dove il vibrione sembra ormai endemico”.
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#13 |
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M raccomando stiamo in fila che tutti avremo il nostro turmo per commentare la notizia.
Il problema è questo, Ewigen... roba lontana di cui interessa poco... la vera notizia ce l'hai quando non trovi l'aspirina nella farmacia sotto casa. |
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#14 |
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purtroppo niente di nuovo...
i media si mobilitano solo per cose eclatanti e neanche sempre, per esempio si sono dimenticati del terremoto in pakistan... migliaia di morti al giorno per un male che vediamo così lontano non toccano l'audience e rendono quelle persone ancora più sole e dimenticate. |
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#15 |
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dimenticate no ...
e' che se cominci a parlarne secondo me scateni ancora di piu' questa voglia di razzismo che giorno dopo giorno cresce ... e non e' un caso che in isolamento negli ospedali piu' grossi d'italia abbiamo casi di malattie da noi dimenticate da decenni ... malattie guarda cas presenti in sud africa e zone analoghe ... |
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#16 | |
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese) "Sono un liberale di destra, come potrei votare uno come Berlusconi?" Marcello Dell'Utri, fondatore del partito Forza Italia, è stato condannato per mafia. |
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#17 | |
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#18 | |
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Non è vero che interessa poco, thread come questi vengono letti, ma molti non postano perchè non sanno cosa dire, sia perchè si conosce poco o nulla della storia, della geografia e della realtà di quelle nazioni. Purtroppo la geografia in Italia (insegnata malissimo per colpa dei programmi ministeriali) è troppo in secondo piano rispetto alla storia e alla politica interna. Inoltre nel caso dell'Africa, del Sud America o di molte nazioni asiatiche non c'è un dualismo in cui schierarsi (occidente vs islam, polo vs ulivo, cattolicesimo vs laici/altre religioni) Per i Tg e la gran parte dei media italiani quelle nazioni non esistono; non è il pubblico che decide quali notizie vengono date dai telegiornali (che sono sempre sempre più programmi di intrattenimento e di pubblicità a programmi di rete, film, dischi e libri degli stessi autori). L'importante alla fine è informare e fare divulgazione su quello che succede in tutti i paesi del mondo, non solo in Europa, Medio Oriente e USA.
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#19 | |
Senior Member
Iscritto dal: May 2002
Città: Patrie dal Friûl
Messaggi: 3779
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Quote:
Come dici tu l'importante è rendere presente alla comunità che esistono certi problemi, e quella di HWU forse è abbastanza grande da creare un effetto "passaparola". Inoltre non è vero che questi problemi non ci riguardano: prima di tutto stiamo parlando di uomini come noi che soffrono, secondo, anche se dal punto di vista umano la cosa non ci riguardasse, dobbiamo tener presente che un'area così vasta afflitta da problemi così grandi è una polveriera che rischia di esplodere da un momento all'altro. Pensiamo per esempio all'immigrazione: moltissimi se ne lamentano, ma magari non valutano l'ipotesi che questa si placherebbe se ci si impegnasse a risolvere certi problemi presenti negli stati a più elevato tasso di emigrazione. Certo la cosa non è semplice, soprattutto considerando la situazione politica che interessa la maggior parte di questi posti, ma se non si comincia almeno a parlarne la situazione non verrà mai risolta. Ciao!
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John Donuts |
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#20 | ||||||
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2005
Messaggi: 3759
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Sia chiaro che non intendo accusare/insultare nessuno. Mi metto anch'io nel mazzo, perché sono il primo che va a leggere e rispondere a post inerenti problemi che mi toccano più da vicino. E' comprensibile e deprimente allo stesso tempo. Quote:
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Ci sono senz'altro tante persone che condividono, ma temo che siano molte di più quelle che pensano che questi sono solo "piccoli difetti", per cui questi temi saranno sempre e solo considerati marginali, perché se venissero messi al centro significherebbe mettere in discussione tutti quei bei principi e belle parole su cui si fonda l'occidente. |
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