Microsoft in lockdown: attivisti fanno irruzione nell'ufficio del presidente Brad Smith

Microsoft in lockdown: attivisti fanno irruzione nell'ufficio del presidente Brad Smith

Proteste a Redmond: attivisti di “No Azure for Apartheid” occupano l’ufficio di Brad Smith, slogan e striscioni in diretta su Twitch; sette persone coinvolte rimosse dalla polizia, mentre Microsoft ribadisce un’indagine interna sull’uso di Azure in Medio Oriente dopo le rivelazioni del Guardian

di pubblicata il , alle 09:11 nel canale Web
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Microsoft è stata costretta a mettere temporaneamente in sicurezza un edificio del suo quartier generale di Redmond dopo che un gruppo di attivisti è riuscito ad accedere all' ufficio del presidente Brad Smith nel Building 34, inscenando un sit-in trasmesso in diretta su Twitch (ora rimosso) e chiedendo la fine dei contratti cloud con il governo israeliano.

I manifestanti, tra i quali vi sarebbero anche attuali ed ex dipendenti dell'azienda, hanno organizzato un sit-in con striscioni e cori "Brad Smith you can't hide, you're supporting genocide!", esponendo anche un avviso simbolico "The People's Court"che convocava Smith per presunti "crimini contro l'umanità". Nel frattempo, per massimizzare la visibilità della protesta, all'ingresso del Building 34 sono stati riversati palloncini e utilizzati dispositivi sonori. Le proteste si inseriscono in una campagna più ampia della coalizione No Azure for Apartheid, che da mesi chiede a Microsoft di interrompere ogni rapporto con governo ed esercito israeliani.

La mobilitazione si è consumata a meno di una settimana da arresti avvenuti nel campus di Redmond, quando la polizia ha affermato che alcuni manifestanti erano “diventati aggressivi” durante un’azione nella East Campus Plaza, circostanza contestata dagli attivisti che parlano di repressione e uso della forza; in quell’occasione sono finite in manette anche la software engineer Anna Hattle e gli ex dipendenti Vaniya Agrawal, Hossam Nasr e Joe Lopez.

La presenza di Hattle, Agrawal, Nasr e Lopez al sit-in di protesta presso l'ufficio di Smith è stata confermata da Abdo Mohamed, organizzatore organizzatore di No Azure for Apartheid ed ex tecnico licenziato da Microsoft. Nel pomeriggio di ieri, Brad Smith ha precisato che sette persone in tutto erano coinvolte nella protesta all'interno dell'edificio, di cui due dipendenti Microsoft. Tutte le persone sono state portate via dalla polizia di Redmond dopo essersi rifiutati di lasciare l’ufficio su richiesta.

Negli ultimi mesi, le azioni hanno toccato anche eventi pubblici dell’azienda: un ex dipendente ha interrotto la celebrazione del 50° anniversario accusando il CEO di Microsoft AI Mustafa Suleyman di “war profiteer”, mentre altri interventi hanno disturbato più volte la conferenza Build, seguiti da misure interne come il blocco delle email contenenti “Palestine” secondo ricostruzioni mediatiche del movimento e della stampa tech locale.

Il fronte degli attivisti richiama inoltre l’attenzione su un’inchiesta del Guardian (in collaborazione con +972 Magazine e Local Call) secondo cui il governo israeliano si appoggerebbe ai servizi cloud Microsoft per archiviare dati e registrazioni fino a “un milione di chiamate l’ora” provenienti da palestinesi, elemento che ha ulteriormente alimentato la contestazione.

Poche ore dopo l’irruzione, Brad Smith ha organizzato una conferenza stampa estemporanea dal proprio ufficio, definendo “insolita” la giornata e riaffermando l’impegno dell’azienda a far sì che “i principi sui diritti umani e i termini contrattuali” siano rispettati in Medio Oriente.

Smith ha spiegato che Microsoft ha avviato un’indagine interna a inizio mese, in seguito al report del Guardian sull’uso di Azure per la sorveglianza dei palestinesi, sostenendo di non condividere alcune conclusioni dell’inchiesta ma di ritenere altre degne di ulteriore verifica, con l’impegno a “lavorare ogni giorno per arrivare in fondo” alla vicenda.

Commentando la dinamica dell’occupazione, Smith ha criticato comportamenti come “assaltare un edificio, occupare un ufficio, chiudere fuori altre persone, e installare dispositivi di ascolto, anche in forma rudimentale, come telefoni cellulari nascosti dietro libri o sotto i divani”, definendoli “non accettabili”, soprattutto dopo il rifiuto di lasciare i locali quando richiesto.

Smith ha inoltre riferito che i manifestanti avrebbero provato a reperire planimetrie della struttura e avrebbero tentato di bloccare una porta con mobili, sottolineando le implicazioni di sicurezza in un edificio ad accesso controllato.

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