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Old 01-04-2006, 13:33   #1
dantes76
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La scuola e l'università dei programmi elettorali

31-03-2006
La scuola e l'università dei programmi elettorali
Daniele Checchi

L’istruzione della Casa delle libertà

Nel programma della Casa delle libertà il tema dell’istruzione è trattato con estrema superficialità. Si promette "aiuto e sostegno alla famiglia, garantendo servizi pubblici sempre più di qualità nella scuola", tema che poi viene articolato in un non meglio precisato "libretto vincolato per ogni nuovo nato, per aiutare le famiglie nel costo degli studi". L’unico riferimento di spesa che compare è il "sostegno alle famiglie per una effettiva libertà di scelta educativa tra scuola pubblica e scuola privata" che riteniamo possa leggersi come un rifinanziamento del buono scuola introdotto nella Finanziaria del 2005.

In un altro punto si parla anche di "continuità nell’assegnazione di libri di scuola gratuiti per le famiglie meno agiate ed estensione fino al diciottesimo anno di età per garantire la fruizione del diritto/dovere all’istruzione". Non è chiaro come questa assegnazione gratuita, che attualmente si applica solo fino al quattordicesimo anno, in violazione dell’obbligatorietà della scuola fino al quindicesimo, possa tradursi in sostegno per coloro che intraprenderanno l’alternanza scuola-lavoro attraverso l’apprendistato.

A livello di università e ricerca viene promessa la "libera trasformabilità delle università in fondazioni", proposta che curiosamente è stata per la prima volta avanzata da Nicola Rossi e Gianni Toniolo. Si parla anche di "incremento degli investimenti pubblici in ricerca pubblica e privata" senza che però questo venga quantificato. Nessuna menzione viene fatta dell’Iit, l’Istituto italiano di tecnologia, su cui sono state investite ingenti risorse pubbliche senza che a tutt’oggi questo progetto abbia preso un deciso avvio.

Sulla attuazione di quanto promesso cinque anni fa, vi è da segnalare che il Governo in carica ha esercitato una pervasiva azione legislativa, cui non hanno fatto seguito coerenti impegni di spesa . La spesa complessiva del Governo centrale non è infatti aumentata significativamente nella legislatura, attestandosi poco sopra i 40mila milioni di euro, con un leggero declino in termini di incidenza sul Pil. Il personale della scuola e dell’università è rimasto altrettanto costante, con un incremento della quota del personale a tempo indeterminato.

Scuola, università e ricerca per l’Unione

Nel programma dell’Unione la scuola, l’università e la ricerca sono un tema dominante.

Al potenziamento dell’istruzione e della formazione vengono attribuiti compiti di varia natura, dal rafforzamento del potenziale di competitività del paese, al miglioramento dell’inclusione sociale, allo sviluppo dl mezzogiorno. Lo strumento attuativo principale è il rafforzamento dell’autonomia scolastica, che verrebbe realizzato mantenendo al Governo centrale il compito di garantire "il carattere unitario del sistema nazionale pubblico di istruzione" istituendo nel contempo "un servizio di valutazione qualificato ed indipendente, in grado di intervenire per ridurre le disuguaglianze".

L’autonomia gestionale viene quantificata in termini del 15-20 per cento . L’obiettivo ambizioso di "portare tutti i ragazzi al conseguimento di un titolo di studio superiore: ad un diploma superiore e/o ad una qualifica professionale (almeno triennale)" verrebbe perseguito attraverso l’elevamento dell’obbligo scolastico a sedici anni, con spostamento verso l’alto dell’orientamento (elementi già presenti nella precedente riforma Berlinguer-DeMauro). Coerentemente, viene proposto l’innalzamento del divieto di lavoro a sedici anni.

Enfasi viene anche posta sul varo di "una legge per alfabetizzare e rialfabetizzare, riconquistare ai livelli d’istruzione dell’obbligo e di istruzione-formazione anche oltre l’obbligo". Ne resta però imprecisata la modalità attuativa.

Le proposte dell’Unione sull’università sono analizzate in profondità nell’articolo di Pietro Reichlin, pubblicato come seconda pagina.
Quanto all’Iit, mancano anche in questo caso riferimenti precisi, se si esclude un cenno al quinquennio appena concluso, caratterizzato da "l’accentuazione del particolarismo e del clientelismo nell’allocazione delle risorse".

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31-03-2006
La scuola e l'università dei programmi elettorali
Daniele Checchi
L'università e un programma deludente, di Pietro Reichlin

Il sistema universitario italiano è malato a causa di una scarsa produttività, di un abnorme invecchiamento del corpo docente e di un numero intollerabile di studenti fuori corso. Questi fenomeni sono aggravati dall’eccessivo egualitarismo, dal ricorso continuo a stabilizzazioni e promozioni di docenti e ricercatori mediante concorsi riservati, da una scarsissima partecipazione degli studenti e delle imprese ai costi dell’istruzione.

È chiaro a tutti che per uscire dalla crisi non serve creare nuove fasce di docenza, né dare il posto a vita a ricercatori di ogni ordine e grado, né imporre che la laurea sia un lasciapassare per l’impiego pubblico. Se vogliamo salvare l’istruzione pubblica, dobbiamo usare con più coraggio la leva degli incentivi, lasciando maggiore libertà di iniziativa agli atenei.

Basterebbe guardare a ciò che si sta facendo in altri paesi per conciliare efficienza ed equità nell’istruzione universitaria pubblica: crediti agevolati per pagare le rette universitarie, borse di studio adatte a incentivare la mobilità e la scelta degli studenti, stipendi legati alla produttività scientifica, liberalizzazione dei criteri di reclutamento e apertura al mercato accademico internazionale.



Il programma dell’Unione



Quali sono le idee nuove del centrosinistra italiano? Cosa cambierebbe, nel concreto, se vincesse le elezioni?

Il programma dell’Unione per l’università e la ricerca scientifica contiene propositi ambiziosi: dare spazio ai giovani, promuovere il talento, rilanciare la ricerca e l’istruzione universitaria mediante maggiori finanziamenti (fino al 2 per cento del Pil), costituire un “piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato”, adeguare l’entità delle borse di studio ai livelli europei (“le borse di studio dovranno essere garantite a tutti coloro che ne hanno diritto”).

Tutto ciò sarà fatto a carico delle finanze pubbliche senza alcun accenno alla partecipazione ai costi da parte degli utenti. In buona sostanza, il programma accredita la tesi, discutibile, che i mali del sistema universitario italiano siano dovuti alla mancanza di fondi. Poiché la ricerca e l’università non sono la sola voce di bilancio a cui l’Unione vuole destinare risorse aggiuntive, dubito che queste promesse saranno mantenute in tempi ragionevoli. Il deficit tendenziale dello Stato sembra essere fuori controllo.

Il programma è vago (a volte criptico) su ogni aspetto che riguarda la ripartizione dei finanziamenti ministeriali e la definizione delle regole concorsuali. Ad esempio, si propongono selezioni “con distinzione tra reclutamento e promozioni di carriera, che coniughino l’autonomia di scelta degli atenei con le garanzie di standard internazionali di merito e di trasparenza dei processi selettivi”. Su distribuzione dei fondi, autonomia e competizione tra università, non si segnalano novità. Il programma riafferma il valore legale della laurea, propone di rendere più “equi” e “stabili” nel tempo i finanziamenti ministeriali. Inoltre, compare la promessa di trasformare il ruolo di ricercatore in una terza fascia di docenza. Per quale motivo la moltiplicazione delle fasce dovrebbe migliorare la produttività scientifica o didattica degli atenei?

L’impressione è che gli autori del programma siano principalmente interessati a “rassicurare” il personale accademico invece che a risolvere problemi, rimanendo impigliati in una logica attendista e contraddittoria. Da una parte, si riafferma il valore dell’autonomia “responsabile” degli atenei, si vuole dare spazio ai giovani e promuovere i talenti. Dall’altra, si accenna a riequilibri territoriali, stabilità dei finanziamenti ordinari, piani di assunzione a tempo indeterminato che tengano conto dell’urgenza di stabilizzare i precari. (1) Infine, si vuole imporre un “rapporto equo tra servizi offerti, contribuzione studentesca e strumenti del diritto allo studio”, cioè, deduco, limitare ulteriormente, con metodo dirigistico, i livelli delle tasse universitarie.

In altre parole, il testo è un passo indietro persino rispetto alla situazione presente, già ampiamente funestata da vincoli ministeriali, uniformità delle procedure, limiti all’utilizzo di nuove forme contrattuali e ai criteri di reclutamento. Nessun punto del programma suggerisce lo sviluppo di una maggiore concorrenza tra gli atenei per aumentare l’efficienza del sistema. Né si incoraggiano le università a cercare risorse sul mercato.

L’unico punto programmatico in controtendenza è l’idea di legare una quota dei finanziamenti degli atenei alla valutazione di un’agenzia indipendente (“incentivi finanziari premiali”). Tuttavia, non si argomenta quale sia la novità rispetto al sistema di valutazione Civr, che è stato appena costituito e di cui sono stati appena pubblicati i risultati, e non si accenna minimamente all’entità della quota di finanziamenti che sarebbero condizionati alla valutazione: un regresso rispetto alla proposta Moratti, che quantifica la quota di incentivazione al 30 per cento dei fondi complessivi.

Speriamo che emerga maggiore consapevolezza dell’entità della crisi del nostro sistema d’istruzione superiore in un futuro non troppo lontano.





(1) Testualmente: “urgenza di incidere profondamente sull’enorme numero di persone che lavorano nelle università e negli enti di ricerca con forme innumerevoli di precariato”.



Tratto da: http://www.lavoce.info/news/view.php?cms_pk=2092
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Old 01-04-2006, 16:44   #2
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Quali sono le idee nuove del centrosinistra italiano? Cosa cambierebbe, nel concreto, se vincesse le elezioni?

Il programma dell’Unione per l’università e la ricerca scientifica contiene propositi ambiziosi: dare spazio ai giovani, promuovere il talento, rilanciare la ricerca e l’istruzione universitaria mediante maggiori finanziamenti (fino al 2 per cento del Pil), costituire un “piano pluriennale di assunzioni a tempo indeterminato”, adeguare l’entità delle borse di studio ai livelli europei (“le borse di studio dovranno essere garantite a tutti coloro che ne hanno diritto”).

Tutto ciò sarà fatto a carico delle finanze pubbliche senza alcun accenno alla partecipazione ai costi da parte degli utenti. In buona sostanza, il programma accredita la tesi, discutibile, che i mali del sistema universitario italiano siano dovuti alla mancanza di fondi. Poiché la ricerca e l’università non sono la sola voce di bilancio a cui l’Unione vuole destinare risorse aggiuntive, dubito che queste promesse saranno mantenute in tempi ragionevoli. Il deficit tendenziale dello Stato sembra essere fuori controllo.

Il programma è vago (a volte criptico) su ogni aspetto che riguarda la ripartizione dei finanziamenti ministeriali e la definizione delle regole concorsuali. Ad esempio, si propongono selezioni “con distinzione tra reclutamento e promozioni di carriera, che coniughino l’autonomia di scelta degli atenei con le garanzie di standard internazionali di merito e di trasparenza dei processi selettivi”. Su distribuzione dei fondi, autonomia e competizione tra università, non si segnalano novità. Il programma riafferma il valore legale della laurea, propone di rendere più “equi” e “stabili” nel tempo i finanziamenti ministeriali. Inoltre, compare la promessa di trasformare il ruolo di ricercatore in una terza fascia di docenza. Per quale motivo la moltiplicazione delle fasce dovrebbe migliorare la produttività scientifica o didattica degli atenei?

L’impressione è che gli autori del programma siano principalmente interessati a “rassicurare” il personale accademico invece che a risolvere problemi, rimanendo impigliati in una logica attendista e contraddittoria. Da una parte, si riafferma il valore dell’autonomia “responsabile” degli atenei, si vuole dare spazio ai giovani e promuovere i talenti. Dall’altra, si accenna a riequilibri territoriali, stabilità dei finanziamenti ordinari, piani di assunzione a tempo indeterminato che tengano conto dell’urgenza di stabilizzare i precari. (1) Infine, si vuole imporre un “rapporto equo tra servizi offerti, contribuzione studentesca e strumenti del diritto allo studio”, cioè, deduco, limitare ulteriormente, con metodo dirigistico, i livelli delle tasse universitarie.

In altre parole, il testo è un passo indietro persino rispetto alla situazione presente, già ampiamente funestata da vincoli ministeriali, uniformità delle procedure, limiti all’utilizzo di nuove forme contrattuali e ai criteri di reclutamento. Nessun punto del programma suggerisce lo sviluppo di una maggiore concorrenza tra gli atenei per aumentare l’efficienza del sistema. Né si incoraggiano le università a cercare risorse sul mercato.

L’unico punto programmatico in controtendenza è l’idea di legare una quota dei finanziamenti degli atenei alla valutazione di un’agenzia indipendente (“incentivi finanziari premiali”). Tuttavia, non si argomenta quale sia la novità rispetto al sistema di valutazione Civr, che è stato appena costituito e di cui sono stati appena pubblicati i risultati, e non si accenna minimamente all’entità della quota di finanziamenti che sarebbero condizionati alla valutazione: un regresso rispetto alla proposta Moratti, che quantifica la quota di incentivazione al 30 per cento dei fondi complessivi.

Speriamo che emerga maggiore consapevolezza dell’entità della crisi del nostro sistema d’istruzione superiore in un futuro non troppo lontano.
Finalmente qualcuno che giudica con occhio critico le future "riforme" dell'Unione.
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Old 01-04-2006, 18:06   #3
Lucrezio
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Non riesco a capire. Prodi è un professore universitario, dovrebbe conoscere l'ambiente come pochi! Vi ha lavorato, vi ha fatto carriera, vi ha studiato... eppure sembra incapace anche lui di programmare una riforma che alla nostra univeristà, una volta grande, oggi sempre più vicina ai livelli piuttosto mediocri della maggior parte degli stati (in nome del "dobbiamo essere tutti dottori" ), faccia recuperare il terreno perduto.
Non ci mancano né le menti né le strutture né la tradizione: abbiamo la grande scuola di eccellenza (una delle migliori al mondo, se non la migliore), abbiamo atenei con 700 anni di storia, dove hanno insegnato Galilei, Pascoli, Carducci... e tanti altri grandi.
Possibile che dobbiamo esserci ridotti così?
Quando capiranno che l'università deve essere un'istituzione meritocratica?
Che la laurea è per un 30% (secondo me anche meno) e non per tutti?
Che la ricerca è l'unico vero saldo punto di partenza per la creazione di un sistema economico dinamico e produttivo?
Davvero, da Prodi mi aspettavo qualcosa di più...

P.S.: non parliamo poi degli stipendi del personale docente, fra i più bassi di europa...
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Old 01-04-2006, 18:23   #4
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Proprio perchè Prodi è un esponente delle baronie imperanti nelle università non farà nulla per cambiarle...
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Old 01-04-2006, 19:44   #5
dantes76
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Proprio perchè Prodi è un esponente delle baronie imperanti nelle università non farà nulla per cambiarle...
strano che sei d'accordo, con qualcosa che proviene da quel sito
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Old 01-04-2006, 19:45   #6
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Non riesco a capire. Prodi è un professore universitario, dovrebbe conoscere l'ambiente come pochi! Vi ha lavorato, vi ha fatto carriera, vi ha studiato... eppure sembra incapace anche lui di programmare una riforma che alla nostra univeristà, una volta grande, oggi sempre più vicina ai livelli piuttosto mediocri della maggior parte degli stati (in nome del "dobbiamo essere tutti dottori" ), faccia recuperare il terreno perduto.
Non ci mancano né le menti né le strutture né la tradizione: abbiamo la grande scuola di eccellenza (una delle migliori al mondo, se non la migliore), abbiamo atenei con 700 anni di storia, dove hanno insegnato Galilei, Pascoli, Carducci... e tanti altri grandi.
Possibile che dobbiamo esserci ridotti così?
Quando capiranno che l'università deve essere un'istituzione meritocratica?
Che la laurea è per un 30% (secondo me anche meno) e non per tutti?
Che la ricerca è l'unico vero saldo punto di partenza per la creazione di un sistema economico dinamico e produttivo?
Davvero, da Prodi mi aspettavo qualcosa di più...

P.S.: non parliamo poi degli stipendi del personale docente, fra i più bassi di europa...
partono da 800/900€ al mese, per arrivare dopo una media di 5 anni a circa 2540€
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Old 01-04-2006, 22:53   #7
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strano che sei d'accordo, con qualcosa che proviene da quel sito
A differenza di altri utenti di questa sezione io penso con la mia testa, non ripeto a pappagallo quello che dicono certi giornalisti o certi politici.
Tra l'altro quell'articolo dice che è meglio quello che ha fatto il cdx e la Moratti delle future "innovazioni" di Prodi... strano, vero?
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Old 02-04-2006, 11:56   #8
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partono da 800/900€ al mese, per arrivare dopo una media di 5 anni a circa 2540€
HAHAHHAHAHAH
Fonte? tuo cugggggino???
ok partono da 800 euro ma che dopo 5 anni si arriva a circa 2540
Certo se "stranamente" riesci a vincere un concorso da ordinario dopo 2 anni dalla fine del dottorato e sorpassando ricercatori ed associati ci posso anche credere.
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Old 02-04-2006, 14:01   #9
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Fonte? tuo cugggggino???
ok partono da 800 euro ma che dopo 5 anni si arriva a circa 2540
Certo se "stranamente" riesci a vincere un concorso da ordinario dopo 2 anni dalla fine del dottorato e sorpassando ricercatori ed associati ci posso anche credere.
nulla si parla di piu' di quello che meno si sa', cmq hai ragione:


A lavorare come scienziato in Italia non si rischia di diventare ricchi. Questo si sa. Ma a quanto ammontano gli stipendi dei ricercatori?

Un ricercatore appena assunto porta a casa 1171 euro netti mensili, che diventano 1.445 dopo il secondo anno. C'è poco da scialare.
Dopo dieci anni di servizio, un ricercatore guadagna 2.020 euro e dopo venti anni 2.368 euro.

Per quelli che diventano professori le cose vanno un pò meglio, ma sempre peggio rispetto a molti colleghi stranieri. Un professore ordinario di prima fascia (cioè il livello più alto) va da 2575 a 4860 euro mensili.
Chi è interessato troverà in questa tabella gli stipendi dei ricercatori di tutti i ruoli e anzianità (anno 2005).
In uno dei prossimi post proveremo a confrontare gli stipendi nostrani con quelli degli altri paesi.

Tratto da: http://sciencebackstage.blogosfere.i..._guadagna.html
tabella: http://xoomer.virgilio.it/alpagli/Tabella2005.htm
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Old 02-04-2006, 14:04   #10
dantes76
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A differenza di altri utenti di questa sezione io penso con la mia testa, non ripeto a pappagallo quello che dicono certi giornalisti o certi politici.
Tra l'altro quell'articolo dice che è meglio quello che ha fatto il cdx e la Moratti delle future "innovazioni" di Prodi... strano, vero?
strano che l'abbbia postato, facciamo cosi posto un articolo sulla moratti e sui soldi dati alle scuole pubbliche e a quelle private, vediamo se trovo lo stesso entusiasmo...

Ps:
Per il pappagallo succede anche nel rispondere ad alcuni utenti...
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Old 02-04-2006, 14:29   #11
thotgor
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Old 03-04-2006, 00:06   #12
Lucrezio
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Per quelli che diventano professori le cose vanno un pò meglio, ma sempre peggio rispetto a molti colleghi stranieri. Un professore ordinario di prima fascia (cioè il livello più alto) va da 2575 a 4860 euro mensili.
Scusa, ma netti o lordi?
Se sono lordi è poco, se sono netti mi sembra davvero troppo...
Te lo dico perché mio padre è professore ordinario di prima fascia a fine carriera con tutta l'anzianità di questo mondo (ormai sono più di 20 anni che è ordinario) e 4860 € non li prende nemmeno nei suoi sogni...
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Old 03-04-2006, 00:32   #13
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Scusa, ma netti o lordi?
Se sono lordi è poco, se sono netti mi sembra davvero troppo...
Te lo dico perché mio padre è professore ordinario di prima fascia a fine carriera con tutta l'anzianità di questo mondo (ormai sono più di 20 anni che è ordinario) e 4860 € non li prende nemmeno nei suoi sogni...
A tempo pieno? Forse dipende da ateneo ad ateneo, è probabile che i più grandi abbiano stipendi più alti.
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A tempo pieno!
Tra il resto penso che Trento grossi problemi di soldi non ne abbia, anzi...
Boh...
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Tra il resto penso che Trento grossi problemi di soldi non ne abbia, anzi...
Boh...
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