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Old 16-10-2003, 08:12   #1
cerbert
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Crisi dimenticate: Bolivia

Ma non avete mai la sottile impressione di essere presi un pochetto per i fondelli. In Bolivia si è arrivati allo scontro di piazza con cifre che vanno da 50 a 70 morti nelle ultime settimane e i carrarmati nelle strade e noi quanto ne siamo informati?
Niente. Solo un quotidiano ha dedicato la prima pagina.

Quote:
Bolivia, appelli alla calma mentre la rivolta giunge a La Paz
LA PAZ, Bolivia (Reuters) -
In Bolivia il governo in stato di emergenza ha richiamato all'ordine ieri migliaia di minatori, contadini e allevatori che si trovavano in marcia verso La Paz per unirsi alla rivolta popolare, mentre il numero delle vittime negli scontri con i militari sale a 53.

Fonti ufficiali hanno detto che almeno un altro lavoratore è stato ucciso nel quartiere di El Alto mentre in migliaia protestano contro la linea politica dell'impopolare presidente Gonzalo Sanchez de Lozada's aperta al libero mercato e incapace di contrastare la povertà endemica nella nazione economicamente più debole del Sud America.

Le manifestazioni del mese scorso, che hanno bloccato gli approvvigionamenti di cibo e carburante nella capitale, erano state provocate dal progetto di esportare il gas naturale negli Stati Uniti, per cui molti boliviani temevano che i benefici dell'operazione non avrebbero toccato la popolazione.

Il presidente ha bloccato il progetto lunedì, ma l'opposizione all'esportazione di gas è esplosa anche per molti altri problemi legati ad un'economia che è rimasta bloccata negli ultimi 20 anni.

Circa il 60% della popolazione sopravvive con 2 dollari al giono o meno.

I leader dei minatori e degli agricoltori hanno detto che i pilastri portanti della protesta, alcuni dei quali sono in marcia da due giorni, dovrebbero arrivare oggi a La Paz-- dove nelle strade sono state erette barricate.

"Chiediamo di bloccare le proteste e le manifestazioni di violenza," ha detto ai manifestanti Mauricio Antezana, portavoce del presidente .
Quote:

Bolivia: Lozada Perde Appoggi Ma Non Protezione Militari
(AGI) - La Paz, 15 ott. - Il presidente boliviano Gonzalo Sanchez de Lozada e' ancora piu' debole e solo, di fronte a una rivolta popolare che va avanti da tre settimane. Il capo delle forze armate del paese, il solido piedistallo su cui poggiava il potere di Lozada, ha annunciato che i militari non sostengono piu' il presidente, anche se rispetteranno la Costituzione e dunque continueranno a proteggerlo e a garantire l'ordine. Il presidente ha gia' perso il supporto del suo vice Carlos Mesa e di 15 ministri, e la situazione nel paese e' ogni giorno piu' drammatica: solo lunedi', secondo l'ultimo bilancio, 28 persone sono morte sotto i colpi dei soldati mentre manifestavano nella capitale La Paz. L'opposizione e i sindacati, anche quelli dei produttori di cocaina, si oppongono in particolare alla costruzione di un gasdotto fino al Cile, per le esportazioni verso Usa e Messico di a prezzi giudicati tropo bassi. E' presto per dire quali conseguenze avra' la presa di posizione delle forze armate, anche se dalle parole del generale Roberto Claros non sembra comunque profilarsi in Bolivia un colpo di Stato. I militari non appoggiano il presidente "come persona", ha spiegato il generale in un'intervista all'emittente privata Atb, ma rispetteranno la Costituzione che stabilisce il dovere dell'esercito di "difendere un governo insediatosi legittimamente".
Quote:
Bolivia: Ancora Scontri Per Gasdotto, Piu' Di 20 Morti
(AGI) - La Paz, 13 ott. - Bagno di sangue a El Alto, fulcro della protesta contro la costruzione di un gasdotto dalla Bolivia verso gli Stati Uniti. Secondo fonti cattoliche, nelle cinque settimane di rivolta 26 contadini sono stati uccisi e altri 90 sono stati feriti. L'agenzia 'Fides' e gruppi pacifisti hanno accusato l'esercito di aver utilizzato armi pesanti contro la popolazione dell'abitato e a riprova della tensione nell'area, la compagnia di bandiera boliviana ha deciso di sospendere i voli in partenza e in arrivo all'aeroporto internazionale di La Paz, che si trova a meta' strada tra la capitale ed El Alto. I manifestanti vogliono costringere alle dimissioni il presidente Gonzalo Sanchez de Lozada. Una delle cause scatenanti della protesta e' il progetto da 5 miliardi di dollari per la costruzione di un gasdotto che dovra' trasportare la materia prima boliviana fino alla costa del Pacifico passando per il Cile, Paese guardato con sospetto da molti boliviani. I sindacati ritengono inoltre insufficiente il 18% degli introiti che lo Stato boliviano si e' riservato nell'affare.
Ovviamente, puntuale come la morte, il governo del mio amicone ha fatto la sua mossa con la consueta lungimiranza e disinteresse.

Quote:
Copertura totale dalla Casa Bianca. Al presidente della Bolivia, Gonzalo Sanchez de Lozada, che negli ultimi tre giorni ha lasciato sulle strade 55 cadaveri, va tutta la stima degli Stati Uniti d'America. Lo assicura il portavoce del dipartimento di Stato, Richard Boucher: «Il popolo statunitense e il governo appoggiano il presidente della Bolivia democraticamente eletto e i suoi sforzi per costruire un futuro più giusto e più prospero per i suoi concittadini» . Lo ripete l'ambasciata di Washington a La Paz: «Questo governo non deve essere sostituito da uno imposto con la violenza delinquenziale» .
Insomma, non è che un gasdotto si possa bloccare così, da un giorno all'altro...
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Eroi da non dimenticare: Nicola Calipari (04/03/2005) e Vittorio Arrigoni (14/04/2011) e Bradley Manning.
Sono certo che anche i francesi si indignarono per il fatto che i tedeschi, piuttosto che veder dissolvere la loro nazione, preferirono il nazismo. Chi non impara la storia...
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Old 16-10-2003, 08:21   #2
dado82
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Bravo Cerbert, era una notizia che non veniva assolutamente nominata in nessuntg e non disfuggita!

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Old 16-10-2003, 08:33   #3
cerbert
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Seguono stralci da un articolo piuttosto accurato sulla situazione.
L'articolo è, ovviamente, "di parte" ("Le monde diplomatique") ma attualmente non abbondano articoli sulla situazione che siano, ad un tempo, argomentati ed "imparziali"
Ah, non fate caso al titolo, il Fondo Monetario Internazionale, finora, le ha azzeccate tutte :eheh:

Quote:
Un altro fallimento per il Fondo monetario internazionale
Eruzione annunciata del vulcano boliviano

[...]
Walter Chávez

Il 6 agosto 2002, Gonzalo Sánchez de Lozada, dirigente del Movimento nazionalista rivoluzionario (Mnr) è stato nominato per la seconda volta presidente della repubblica boliviana, dopo aver vinto le elezioni del 30 giugno 2002 con appena il 22% dei voti! Avendo vissuto a lungo negli Stati uniti, parla meglio inglese che spagnolo. In visita a Washington il 14 novembre ha dichiarato che «gli Stati uniti sono la speranza del futuro», per poi riunirsi con alcuni funzionari del Fondo monetario internazionale (Fmi) e perfezionare i piani economici che avrebbe applicato in Bolivia. Allo scopo di creare 200.000 posti di lavoro destinati, tra l'altro, alla costruzione di una rete stradale che interesserà tutto il paese, il presidente ha immediatamente lanciato un Piano Bolivia (1). Tuttavia, per ottenere i 5 miliardi di dollari necessari, il nuovo governo ha dovuto adottare misure urgenti per risanare l'economia. L'Fmi ha chiesto che venissero applicati «i vecchi metodi» e ha inviato una commissione a La Paz. Gli esperti dell'Fmi sono arrivati nei primi giorni del febbraio 2003 per procedere a un severo riaggiustamento del deficit fiscale, che supera l'8,5% del prodotto interno lordo.
Per soddisfare l'ortodossia dell'Fmi, il governo ha preso in considerazione solo due soluzioni: aumentare le tasse sui combustibili, in particolare la benzina, o tagliare i redditi della popolazione, una delle più povere dell'America latina, escludendo qualunque ipotesi di imposta sui profitti di impresa o sul patrimonio. Alla fine il governo ha scelto la seconda soluzione e ha presentato al parlamento un progetto di legge finanziaria che penalizza i redditi che superano gli 840 bolivianos (circa 110 euro) con una tassa del 12,5%. È stata questa la scintilla che ha fatto scoppiare gli incidenti.
Poche settimane prima il movimento sociale (2) aveva organizzato alcuni blocchi stradali, iniziati il 13 gennaio a Cochabamba e a Santa Cruz, regione dove si trova la produzione di coca del Chapare.
Brutalmente repressa, l'azione di protesta contro lo sradicamento forzato delle «coltivazioni illegali» aveva fatto 15 morti tra i contadini (3). Ma questa azione di protesta, nonostante il successo relativo, aveva comunque costretto il governo a fare alcune concessioni.
Il 20 gennaio l'opposizione annunciava la formazione di uno stato maggiore del popolo boliviano e il dirigente del Movimento verso il socialismo (Mas), Evo Morales, arrivato a sorpresa secondo alle elezioni, aveva lanciato un ultimatum al presidente: accogliere le rivendicazioni o dimettersi.
Tuttavia l'11 febbraio è il Gruppo speciale di sicurezza della polizia (Ges) a sollevarsi! Una delle sue richieste raccoglie il consenso della maggior parte dei boliviani: l'abolizione della nuova imposta sul reddito.

Quando la rivolta del Ges comincia, la missione dell'Fmi è ancora a La Paz (4). Dalle finestre del suo albergo a cinque stelle, la delegazione può sentire e vedere il malcontento popolare. È una protesta che prende proporzioni tali da trasformarsi in rivolta, rischiando di travolgere le basi stesse del potere. Attorno alla polizia, questo conflitto improvviso unisce in uno stesso schieramento i lavoratori, i liceali, i disoccupati e una parte della società civile. Ricorrendo a cecchini appostati sugli edifici pubblici, l'esercito diventa l'ultimo baluardo di difesa della classe dirigente e delle istituzioni: in due giorni si contano 33 morti e più di 200 feriti per colpi d'arma da fuoco.

[...]

La crisi del paese dura da quattro anni e tende a radicalizzarsi ogni giorno di più, soprattutto perché il modello economico istituito a partire dal 1985 dallo stesso Mnr (durante la presidenza del suo leader storico, Victor Paz Estenssoro) mostra sempre di più i suoi limiti. Dopo aver bloccato l'inflazione, privatizzato le imprese di stato (5) e puntato tutto sull'arrivo di investimenti esteri, i governi successivi non sono stati in grado di frenare la fuga all'estero dei capitali.
[...]

In Bolivia non esiste un vero e proprio mercato interno: la concentrazione accelerata della ricchezza e l'impoverimento di gran parte della popolazione hanno avuto l'effetto di distruggere l'economia,

[...]

Dal 1985 il sistema politico si basa soprattutto sui partiti tradizionali e sui loro patti di governabilità: accordi tra partiti eletti da ridotte minoranze per impedire l'affermazione di programmi alternativi (che del resto non esistono). La politica si concentra nelle mani di élite (proprietari terrieri, imprese, rappresentanti di organismi multilaterali, tecnocrati), che condividono gli stessi interessi.

Si è così instaurato un clima di rassegnato consenso nei confronti della politica neoliberale, con il sostegno incondizionato dei media.
Al tempo stesso si è cercato di depoliticizzare la società e di distruggerne il tessuto sociale di base, attraverso l'indebolimento delle corporazioni e dei sindacati.
Questo sistema ha funzionato alla perfezione fino al 1999. Gli aspetti drammatici della crisi hanno impiegato del tempo a manifestarsi, poiché gli indicatori macroeconomici si sono mantenuti stabili, e l'inflazione è stata contenuta in termini ragionevoli (un'ulteriore conferma della concentrazione della domanda) e la popolazione non era obbligata a fare la fila per comprare da mangiare come in passato.
I movimenti sociali hanno cominciato a svilupparsi sulla scena nazionale nell'aprile e nel settembre 2000.

[...]

Nelle elezioni del giugno 2002, il Mas di Morales, arrivato al secondo turno, si è visto privato della presidenza della repubblica solo per un patto dell'ultima ora tra il Movimento della sinistra rivoluzionaria (Mir, più o meno socialdemocratico) e l'Mnr. In ogni modo il Mas ha rappresentato un rinnovamento storico del potere legislativo, ottenendo 35 nuovi seggi parlamentari. In un paese fino ad allora diretto dai bianchi e dai meticci, il 20% dei membri del Congresso è ormai indigeno! Questa vittoria rimane però solo simbolica. In sette mesi, di fronte alla feroce opposizione della coalizione ufficiale di maggioranza, il Mas non è riuscito a far adottare alcuna legge in favore dei settori che rappresenta.
Nel frattempo il sistema politico si organizza contro i movimenti sociali. Ciò ha portato ai disordini iniziati il 13 gennaio. Morales lancia un messaggio alla nazione nel quale, di fronte all'impossibilità di modificare il sistema attraverso la via parlamentare, chiede la mobilitazione popolare. Vi vede l'unico mezzo per impedire la consegna da parte del governo boliviano delle risorse di idrocarburi al capitale multinazionale (soprattutto il gas, che sta per essere venduto alla multinazionale Pacific Lng), lo sradicamento totale della coca nella regione del Chapare e l'integrazione del paese nell'Area di libero scambio delle Americhe (Alca). Sono i tre punti principali della mobilitazione sociale dei blocchi stradali, duramente repressi dalle forze militari e di polizia.

[...]

Così il 19 febbraio Sánchez de Lozada decide di cambiare parte del governo. Sostituisce quattro dei sedici ministri e fa ricorso a misure demagogiche, come rinunciare al suo stipendio e promettere la riduzione di quello dei suoi ministri. Al centro di questo programma di buone intenzione vi è la nomina di un segretario di stato per la revisione delle privatizzazioni. L'Fmi, che aveva voluto imporre una riduzione del deficit fiscale del 3,1%, si limita al 2,1%, inoltre non vi sarà un aumento delle tasse sui combustibili, l'altra soluzione di riserva.
Salvare il paese Ma questi palliativi non garantiscono affatto una normalizzazione della situazione. I movimenti sociali continuano a essere sul piede di guerra e già si prevede un duro conflitto quando Sánchez de Lozada annuncerà la vendita del gas alla Pacific Lng. «Un grande progetto di sviluppo» ha affermato il presidente. Ma forti sono le critiche sul prezzo al quale sarà venduto questo gas, sui miseri profitti che andranno al paese e sull'incapacità del governo a definire un'effettiva strategia di sviluppo nazionale.

[...]

Inoltre si sono scoperte manovre sospette quando il governo ha chiesto all'impresa Intec di procedere a uno studio «imparziale» sui requisiti necessari per permettere alla Bolivia di esportare questo gas negli Stati uniti a condizioni più favorevoli per il paese. Di fatto alcuni ricercatori indipendenti hanno scoperto che l'Intec, finanziata per 386.000 dollari dall'agenzia americana Trade development Agency per condurre questa ricerca, non solo è associata alla multinazionale Bechtel, ma è anche in contatto con la Repsol-Ypf, la British Gas e la Bp Amoco, multinazionali che formano il gruppo Pacific Lng (10).

Ma perché allora Sánchez de Lozada non si è dimesso il 13 febbraio?
La risposta deriva dalle debolezze dei movimenti sociali. Queste organizzazioni infatti, anche se hanno una forte densità locale e strutture regionali di potere, non sono riuscite a svilupparsi a livello nazionale. Sembrano inoltre essere entrate in crisi di sviluppo e il loro discorso si fa sempre più radicale e meno innovatore.


[...]

Sempre più indirizzati verso lo scontro aperto, questi movimenti sono stati superati dalla stessa popolazione durante gli avvenimenti del 13 febbraio; è stata quest'ultima, infatti, a portare il governo sull'orlo del crollo.

[...]

Tuttavia questa evoluzione, per quanto limitata, rischia di preoccupare i circoli del potere e il loro grande sponsor continentale. In un rapporto consegnato al governo boliviano il 28 marzo l'ambasciatore americano David Greenlee ha denunciato l'esistenza di un progetto di colpo di stato, previsto in aprile, da parte dei deputati del Mas Evo Morales e Filemon Escobar. Ma, fatto ancora più preoccupante, Greenlee, che nel 1988 era il numero uno della Cia in Bolivia, aggiunge che «un gruppo all'interno del Mas ha intenzione di assassinare Evo Morales e Filemon Escobar» durante questo colpo di stato.
Si sta forse preparando, mescolando le carte, il prossimo arresto o la scomparsa del carismatico Evo Morales?
L'articolo completo su: http://www.ilmanifesto.it/MondeDiplo...05lm20.01.html
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Old 16-10-2003, 08:55   #4
ni.jo
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La guerra del gas insanguina la Bolivia

Domenica scorsa nella cittadina El Alto, non lontano dalla capitale La Paz, è esplosa una massiccia contestazione popolare, violentemente repressa dalle forze armate. Il bilancio delle vittime nel fine settimana è stato di 26 morti e un centinaio di feriti. Ma già dal lunedì il numero ha ripreso a salire.

Il presidente Gonzalo Sánchez de Lozada non ha esitato a impiegare l’esercito per porre fine a una protesta contro la sua intenzione di esportare il gas naturale in Messico e negli Stati Uniti, senza soddisfare prima l’altissima domanda interna, in un paese che vive in condizioni di estrema povertà. La stampa boliviana e dei paesi limitrofi commenta il tragico esito della cosiddetta «guerra del gas».

I due principali quotidiani nazionali, il liberale La Razón e l’indipendente Los Tiempos utilizzano toni drammatici ma danno interpretazioni differenti. La Razón, che esprime posizioni vicine al mondo degli affari, pur condannando l’uso della violenza, titola «La democrazia innanzitutto», denuncia l’opposizione e non vede di buon occhio i manifestanti: «L’opposizione dovrebbe abbandonare la logica dell’interesse di partito e delle ambizioni presidenziali del suo leader che mettono in pericolo la stabilità del paese. Le manifestazioni dietro la pretesa di difendere la democrazia raccolgono proprio coloro che fanno di tutto per distruggerla».

Il quotidiano condanna chi commette atti di vandalismo e chiede reazioni ferme: «L’ordine pubblico dev’essere mantenuto a ogni costo, perché se il banditismo e il vandalismo dilagheranno le conseguenze possono essere ancora più drammatiche».

Los Tiempos invoca un «ritorno alla saggezza» e invita tutti a un comportamento responsabile. In primo luogo il movimento popolare: «La popolazione deve dimostrare il suo senso di responsabilità e agire con maturità». Anche la stampa deve fare il suo dovere «informando con grande attenzione ma senza calcare i toni, né nel resoconto dei fatti né nei commenti. Altrimenti contribuirebbe a spargere il panico». Tuttavia il quotidiano non risparmia una severa critica all’azione del governo: «Non solo non è stato capace di dare una risposta accettabile alle voci che giravano, ma anzi, ha contribuito a diffonderle denunciando l’esistenza di un complotto contro il potere di La Paz. Descrivere il movimento popolare come “un colpo di stato” ha dimostrato in pieno l’inadeguatezza della retorica del nostro governo».

Nel resto del continente le analisi dei quotidiani si muovono in direzioni differenti: «Non c’è davvero niente di sorprendente – scrive Claudio Mario Aliscioni sull’argentino Clarín – nell’ondata di violenza che sta scuotendo la Bolivia. Semmai bisognerebbe chiedersi come mai non sia esplosa prima, considerando gli indici di povertà africana in cui vive la gran parte della popolazione».

Secondo Aliscioni la questione del gas è solo «la punta dell’iceberg» di una situazione critica che vede contrapporsi «da una parte le organizzazioni indigene e contadine, che rappresentano una larga maggioranza della popolazione; e dall’altra lo stato, incarnato dal presidente Sánchez de Lozada, la classe politica e quella imprenditoriale». «La questione del gas è un simbolo della sfiducia dei settori più dimenticati del paese nei confronti di una sempre più ingombrante presenza economica straniera».

Simile l’opinione di Emir Sader, sociologo brasiliano, pubblicata sul quotidiano messicano La Jornada: «Dal 2002 i movimenti sociali boliviani hanno lanciato avvertimenti molto chiari: se il governo di La Paz fosse andato avanti con l’esportazione del gas in Messico e negli Stati Uniti attraverso i porti cileni, nonostante la ferma opposizione della gran parte della popolazione sarebbe scoppiata una guerra civile. Il governo non si è fermato e quello che sta succedendo ora nel paese potrebbe proprio essere l’anticamera di un conflitto civile».

Sader sottolinea come la linea dura del governo e conclude: «Il clima generale fa presagire scontri sempre più gravi e probabilmente il governo verrà isolato. Questo porterà o alla sua rinuncia o a una definitiva militarizzazione del paese e potrebbe sfociare quindi in una crisi di proporzioni inedite negli ultimi anni in America Latina».


• Fonti: La Razón, Los Tiempos, Clarín, La Jornada
• Posted: 15 ott 2003
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Old 16-10-2003, 08:58   #5
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BOLIVIA

Aeroporti chiusi, strade blindate. La Bolivia, secondo gli osservatori internazionali, è sull'orlo del baratro. Da tre settimane il paese è bloccato da uno sciopero generale contro il progetto governativo che prevede l'esportazione del gas naturale boliviano verso Messico e Stati Uniti. I manifestanti chiedono le dimissioni del premier

Servizio di Matilde Germani dal TG1 ore 8 00 del giorno 15 ottobre 2003


si trova sul sito della Rai, cmq l'avevo già sentito su qualche tg qualche giorno fa

in merito all'argomento, non conosco bene cosa succeda (e cerbert è troppo sospetto )
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Old 16-10-2003, 09:01   #6
Bet
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e come al solito si trovano info sul sito di misna
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Old 16-10-2003, 09:54   #7
cerbert
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BOLIVIA
Servizio di Matilde Germani dal TG1 ore 8 00 del giorno 15 ottobre 2003
Eh, beh era comprensibile, nel TG dei "prime time" dovevano mettere i servizi sulle sfilate di moda, mica c'è spazio per una quasi guerra civile.



Meno male che c'è Misna
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Old 16-10-2003, 10:12   #8
Bet
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cerby, qualche sera fa ho visto un servizio sulla Bolivia pure la sera... del resto i tg serali sono gli unici che riesco a vedere
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Old 16-10-2003, 10:20   #9
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Originariamente inviato da Bet
cerby, qualche sera fa ho visto un servizio sulla Bolivia pure la sera... del resto i tg serali sono gli unici che riesco a vedere
Bet, io personalmente non riesco a seguire i tg.
Preferisco la radio e i giornali.
Ciononostante io sono "inciampato" sulla rivolta di TRE SETTIMANE attualmente in corso solo oggi, vedendola per la prima volta sulla prima pagina di un giornale decisamente poco "mainstream".
Forse i miei ricordi sono confusi, ma 10-15 anni fa, una rivolta di TRE SETTIMANE con 70 morti e carri armati nelle strade avrebbe avuto uno "spot" di aggiornamento praticamente ogni giorno con inviato sul luogo.
Il mio parere sull'informazione contemporanea resta pesantemente negativo.
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Old 16-10-2003, 10:42   #10
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Bolivia: strage dell'esercito, almeno 20 morti
Scritto da F.Poglio (13/10/03 - 11:09:48)

Almeno venti morti e numerosi feriti. Questo è il bilancio degli scontri tra esercito e manifestanti che hanno insanguinato ieri il sobborgo di El Alto, nei dintorni della capitale La Paz, già teatro di scontri nei giorni precedenti.
Il conto sale così a più di trenta morti dall'inizio delle proteste contro la svendita del gas naturale ad un cartello anglo-spagnolo di multinazionali dell'energia, gas che verrebbe fatto transitare attraverso un porto cileno fino negli Stati Uniti e Messico.

I lavoratori di quasi tutte le categorie dei settori pubblici e privati, campesinos, minatori e studenti, si sono uniti nel Coordinamento per il Gas; da due settimane hanno messo in atto uno sciopero generale e bloccano molti importanti nodi di comunicazione stradale, avendo di fatto isolato la capitale nella quale cominciano ad esserci problemi a reperire i generi alimentari.

Il Presidente Gonzalo Sánchez de Lozada, accusato di essere il responsabile della mala gestione e della svendita delle risorse naturali e al quale vengono chieste le dimissioni, ha inviato l'esercito a El Alto, sede dell'aeroporto internazionale, ed uno dei maggiori centri della protesta. I soldati non hanno esitato ad usare le armi per disperdere i manifestanti e rompere i blocchi stradali, uccidendo venti persone e ferendone decine. Secondo una fonte della MISNA i militari avrebbero addirittura proceduto a dei rastrellamenti casa per casa, per cercare gli oppositori ed i capi della protesta.

Le giustificazioni addotte per una tale strage sono che i militari dovevano stroncare sul nascere una rivolta che aveva l'obbiettivo di rovesciare il Governo e prendere il potere, con l'aiuto di non ben precisati agenti stranieri. Il leader del MAS (Movimento al Socialismo) Evo Morales, uno dei responsabili del Coordinamento per il Gas, ha respinto ogni accusa ed ha invitato le forze dell'ordine ed i soldati ad unirsi ai manifestanti.

All'aeroporto di El Alto, che era già da giorni presidiato dall'esercito, la compagnia di bandiera boliviana ha sospeso i propri voli, mentre i voli internazionali proseguono a singhiozzo sotto il controllo dei militari.

Il Coordinamento per il Gas, un cartello di sindacati, associazioni ambientaliste e movimenti per i diritti dei campesinos, come il MAS, chiede che il gas naturale di cui la Bolivia è ricca sia rinazionalizzato e venduto all'estero al suo giusto prezzo, garantendo così degli introiti che possano essere reinvestiti nel Paese in opere pubbliche ed infrastrutture per i poveri villaggi degli Indios.

Attualmente l'esportazione del gas grezzo è nelle mani di un gruppo di multinazionali: la Pacific LNG, la Repsol-YPF, la British Gas e la Panamerican Gas, azienda sussidiaria della British Petroleum. Sembra che fin dal 1994 le esportazioni di gas naturale vengano gestite da queste aziende che lo pagano un prezzo che è la metà del normale prezzo di mercato. Il gas naturale compie un lungo viaggio verso il nord America, ove viene raffinato e poi rivenduto. Le stesse multinazionali gestiscono anche la rete di vendita del gas ai Boliviani che alla fine acquistano, ad un prezzo molto maggiorato, il loro stesso gas.

La Bolivia perde, così, l'82% dei guadagni che avrebbe da una gestione diretta delle proprie risorse naturali.

Fulvio Poglio
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Pulso,Bolivia
12 giugno 2003

Bolivia
Una storia esemplare
Una zona fertile e ricca della Bolivia ha conosciuto un improvviso benessere e un altrettanto rapido declino. Puerto Quijarro sorge al confine con il Brasile, nel cuore dell’America Latina, lungo un fiume che arriva fino all’Atlantico. È l’ultima stazione ferroviaria prima della frontiera. Nel 1984 ci vivevano appena trecento persone, ma il boom economico degli anni novanta fece crescere la popolazione fino a superare i tredicimila abitanti.

Dieci anni di commerci fiorenti col Brasile avevano prodotto grandi ricchezze, ma anche un’impennata incontrollabile del costo della vita. Così, quando è arrivata la crisi brasiliana i suoi effetti sull’economia di frontiera della Bolivia sono stati devastanti. “Oggi”, scrive il settimanale Pulso, “il 30 per cento degli abitanti del paese ha un’ipoteca da pagare”, e molti vivono per la strada.

L’approvazione di una nuova legge doganale e il restringimento delle importazioni da parte del Brasile, hanno reso ancora più difficili i commerci. L’impoverimento di Puerto Quijarro sembra inarrestabile. E non serve che nella zona ci siano preziosi giacimenti di ametista. Il commercio della pietra arricchisce concessionari brasiliani e spagnoli, e quasi nulla finisce nelle tasche della popolazione locale.


El Siglo
Panama
11 aprile 2003

Bolivia
La forza della terra
La Bolivia si dibatte tra l’aspirazione al progresso e alla giustizia di una parte sempre più numerosa dei suoi abitanti e la violenza di coloro che da sempre sono al governo. È un paese ricchissimo di risorse naturali, possiede tra i più vasti giacimenti di gas del mondo, ma al tempo stesso costringe il 60 per cento della popolazione a vivere al di sotto della soglia di povertà.

Negli ultimi tempi, però, la Bolivia è diventata il simbolo della resistenza alle politiche imperialiste che si attuano nel continente, una resistenza che si è espressa non solo nelle piazze ma anche a livello elettorale. Secondo Evo Morales Ayma, leader del movimento socialista e operaio boliviano intervistato da El Siglo, “per la maggioranza della nazione il modello neoliberista non è un’alternativa di sopravvivenza.

Le imposizioni del Fondo monetario internazionale provocano tensioni sociali e un governo che le accoglie in modo servile crea solo sofferenze”. La Bolivia è ricca, ma esporta solo persone costrette a cercare lavoro all’estero. Questo spiega “la grave crisi economica che stiamo attraversando” e il successo del movimento degli agricoltori locali: gli indigeni “non hanno un padrone, sia esso lo stato, un imprenditore o una multinazionale. Avere la terra significa essere liberi”.

Pulso
Bolivia
4 aprile 2003

Bolivia
L’ultima chance
Sono passati quasi due mesi da quando una manifestazione delle forze di polizia in Bolivia è finita in un violento scontro a fuoco con l’esercito lasciando sul campo 33 vittime. Ma il governo non sembra in alcun modo capace di far luce sull’accaduto e il pericolo è che la crisi possa portare a un colpo di stato. È un rischio avvertito con forza dalla società civile, che negli ultimi tempi si è fatta promotrice di numerose iniziative per tentare di sbloccare la situazione.

La chiesa ha promosso la definizione di un patto sociale per restituire ai cittadini un po’ di fiducia verso le istituzioni. L’idea è quella di concordare con le forze politiche la linea da seguire per risolvere i problemi del paese, tra cui, non ultimo, quello del conflitto con i coltivatori di coca. Nella stessa direzione va la proposta di convocare un vertice tra le istituzioni di governo e l’assemblea permanente dei diritti umani. I partiti hanno accolto con prudenza queste iniziative.

Ma il vero problema, secondo il settimanale Pulso, è l’atteggiamento del presidente Sánchez de Lozada, che “non ha ancora capito che il patto sociale è la sua ultima opportunità per continuare a governare il paese ed evitare che precipiti in una spirale autoritaria”.
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Ultima modifica di ni.jo : 16-10-2003 alle 10:51.
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Old 16-10-2003, 12:43   #11
cerbert
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Mah, non mi sembrava un argomento da lasciar andare nel dimenticatoio. UP
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Eroi da non dimenticare: Nicola Calipari (04/03/2005) e Vittorio Arrigoni (14/04/2011) e Bradley Manning.
Sono certo che anche i francesi si indignarono per il fatto che i tedeschi, piuttosto che veder dissolvere la loro nazione, preferirono il nazismo. Chi non impara la storia...
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Old 16-10-2003, 12:57   #12
SaMu
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Re: Crisi dimenticate: Bolivia

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Ma non avete mai la sottile impressione di essere presi un pochetto per i fondelli. In Bolivia si è arrivati allo scontro di piazza con cifre che vanno da 50 a 70 morti nelle ultime settimane e i carrarmati nelle strade e noi quanto ne siamo informati?
Niente. Solo un quotidiano ha dedicato la prima pagina.

Ovviamente, puntuale come la morte, il governo del mio amicone ha fatto la sua mossa con la consueta lungimiranza e disinteresse.

Insomma, non è che un gasdotto si possa bloccare così, da un giorno all'altro...
Vedo che fin dal primo post hai già messo in chiaro da che parte stanno i buoni e da che parte stanno i cattivi anche in questa vicenda, eh Cerbert?

Da una parte (nell'ordine) el presidente, il libero mercato, il gasdotto, le multinazionali, gli Stati Uniti, Bush.

Dall'altra (nell'ordine) la revolucion, i campesinos, la nazionalizzazione, i sindacati, le associazioni ambientaliste.

Ho una certa sensazione di dejavu.
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Old 16-10-2003, 13:16   #13
cerbert
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Naturalmente sono sempre pronto a accogliere prove che dimostrino, nell'ordine che:

1) il presidente non è contestato ormai persino dai suoi stessi ministri e (in maniera abbastanza ambigua) da polizia ed esercito

2) il Fondo Monetario Internazionale non ha proposto, dagli '80 a questa parte, le ricette economiche applicate in Bolivia. Nella fattispecie, la privatizzazione a tappe forzate della preesistente industria nazionale degli idrocarburi, la riduzione della spesa pubblica per la calmierazione degli alimentari di prima necessità e l'assorbimento di parte della produzione agricola.

3) le multinazionali degli idrocarburi non sono sospettabili di "gioco sporco" avendo controllo della "ditta di consulenza" che ha consigliato il presidente.

4) il governo USA, che non fa MAI separazioni tra buoni e cattivi, non ha affermato, tramite il suo ambasciatore: "Questo governo non deve essere sostituito da uno imposto con la violenza delinquenziale". "Violenza delinquenziale", si noti...

5) io, personalmente, NON HO postato un articolo in cui, tra l'altro, si afferma:
Quote:
"Ma perché allora Sánchez de Lozada non si è dimesso il 13 febbraio?
La risposta deriva dalle debolezze dei movimenti sociali. Queste organizzazioni infatti, anche se hanno una forte densità locale e strutture regionali di potere, non sono riuscite a svilupparsi a livello nazionale. Sembrano inoltre essere entrate in crisi di sviluppo e il loro discorso si fa sempre più radicale e meno innovatore.

[...]

Sempre più indirizzati verso lo scontro aperto, questi movimenti sono stati superati dalla stessa popolazione durante gli avvenimenti del 13 febbraio; è stata quest'ultima, infatti, a portare il governo sull'orlo del crollo."
Ecco, io sarei contento che mi dimostrassi i suddetti punti od altri a tuo piacere attinenti all'argomento. Altrimenti, se anche questa volta la tua comparsata si riduce a quattro righe prive di argomenti ma strabordanti di insinuazioni personali, sarò io ad avere una sensazione di deja-vu.
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Sono certo che anche i francesi si indignarono per il fatto che i tedeschi, piuttosto che veder dissolvere la loro nazione, preferirono il nazismo. Chi non impara la storia...
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Old 16-10-2003, 13:31   #14
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Re: Re: Crisi dimenticate: Bolivia

Quote:
Originariamente inviato da SaMu
Vedo che fin dal primo post hai già messo in chiaro da che parte stanno i buoni e da che parte stanno i cattivi anche in questa vicenda, eh Cerbert?

Da una parte (nell'ordine) el presidente, il libero mercato, il gasdotto, le multinazionali, gli Stati Uniti, Bush.

Dall'altra (nell'ordine) la revolucion, i campesinos, la nazionalizzazione, i sindacati, le associazioni ambientaliste.

Ho una certa sensazione di dejavu.
anch'io...proprio un deja vù...
Quote:
...il modello economico istituito a partire dal **** mostra sempre di più i suoi limiti. Dopo aver bloccato l'inflazione, privatizzato le imprese di stato (5) e puntato tutto sull'arrivo di investimenti esteri, i governi successivi non sono stati in grado di frenare la fuga all'estero dei capitali.

In *** non esiste un vero e proprio mercato interno: la concentrazione accelerata della ricchezza e l'impoverimento di gran parte della popolazione hanno avuto l'effetto di distruggere l'economia
Dal ****il sistema politico si basa soprattutto sui partiti tradizionali e sui loro patti di governabilità: accordi tra partiti eletti da ridotte minoranze per impedire l'affermazione di programmi alternativi (che del resto non esistono). La politica si concentra nelle mani di élite (proprietari terrieri, imprese, rappresentanti di organismi multilaterali, tecnocrati), che condividono gli stessi interessi.
che nazione è?
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Old 16-10-2003, 13:35   #15
SaMu
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Mi sono documentato e la sensazione di dejavu si è trasformata in certezza.

Abbiamo tutte le caratteristiche tipiche delle solite contrapposizioni.

Da una parte c'è un presidente eletto democraticamente nel 2002, che però ha la grave colpa di aver studiato da giovane negli Stati Uniti, di voler aprire la Bolivia ad un'economia di mercato, e di voler (addirittura) esportare gas naturale negli Stati Uniti!

Dall'altra c'è un movimento socialista MAS, il cui leader sia si autodefisce cocalero (coltivatore di coca), ha buoni rapporti con Fidel Castro e Rigoberta Menchu, e vuole nazionalizzare l'estrazione e il trattamento del gas.

L'ultima crisi inizia il 13 Febbraio 2003, quando per protestare contro l'aumento delle tasse manifestanti mettono a ferro e fuoco la capitale La Paz. Ora non so se l'aumento delle tasse era cosa buona o meno, ma mettere a ferro e fuoco la capitale non è un buon modo di opporsi a un presidente eletto democraticamente 6 mesi prima, ed al suo secondo mandato.

La crisi continua con la cosidetta "guerra per il gas". Qui un link a carattere "enciclopedico", che se non altro presenta i fatti senza le consuete categorie e simpatie che in tutti gli articoli che hai postato Cerbert, non mi sembrano nascoste.

http://en.wikipedia.org/wiki/Bolivian_Gas_War

Sulla questione dell'estrazione di gas, da una parte c'è chi propone (il governo) di sfruttare i giacimenti scoperti nei primi anni 1990, concedendo l'estrazione alle principali compagnie occidentali, in cambio ovviamente di royalties sui campi di estrazione e sulla vendita del gas estratto.

Il MAS risponde che l'estrazione andrebbe nazionalizzata, il trattamento del gas dovrebbe avvenire in Bolivia, e andrebbe rivenduto solo il prodotto finale.

Il governo risponde che la Bolivia non ha ne' le competenze tecniche (i giacimenti sono stati scoperti dalle suddette compagnie) per procedere all'estrazione, ne' i soldi per svilupparle, ne' l'affidabilità creditizia perchè gli investori stranieri prestino soldi allo stato per svilupparle.

Il MAS risponde che si potrebbe iniziare a estrarre il gas e con i proventi della vendita nazionalizzare l'estrazione, e in seguito anche la raffinazione.

Il governo risponde che nessuna compagnia straniera investirà mai ne' per l'estrazione ne' per la raffinazione, se esiste il rischio che gli impianti siano poi nazionalizzati (aka espropriati) e che quindi il suo progetto è l'unico fattibile, che il progetto del MAS è lasciare il gas nel sottosuolo, portare a termine un colpo di stato alimentando rivolte, e una volta giunti al potere riprendere lo stesso progetto del governo che è l'unico potenzialmente realizzabile.

Questo è il sunto di quanto ho raccolto dagli articoli del Corriere e di altre fonti in questi 20 minuti.
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Old 16-10-2003, 13:38   #16
evelon
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Re: Re: Crisi dimenticate: Bolivia

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Vedo che fin dal primo post hai già messo in chiaro da che parte stanno i buoni e da che parte stanno i cattivi anche in questa vicenda, eh Cerbert?

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Old 16-10-2003, 13:45   #17
SaMu
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Ho dimenticato 2 cose.


Lula in Brasile con gli sfruttamenti dei giacimenti di petrolio off-shore sta agendo ESATTAMENTE secondo il collaudato schema proposto dal governo boliviano per il gas, e cioè far estrarre e raffinare a compagnie straniere (quelle che hanno scoperto i giacimenti, e le uniche che hanno le competenze per farlo), vendendo i diritti di estrazione e incassando royalties sul combustibile estratto.

Difatti tra presto tramontando come "mito della sinistra" e alcuni dei compagneros più radicali già mugugnano.. la riprova sui giornali italiani di una certa area, in cui non c'è più l'entusiasmo di qualche mese fa.. ma come, non nazionalizza? Ma come, non statalizza?

Questo a riprova che quando i compagneros vanno al governo, fanno quanto contestano prima di andarci perchè è la modalità più efficiente e conveniente per i loro paesi, nel vincolo di essere realizzabile e non solo basata su ipotesi di fantasia (quali quelle del MAS: chi sono gli investitori che presterebbero ad un governo boliviano guidato da un cocalero, 10 miliardi di dollari per estrarre e raffinare il gas, nella prospettiva che un giorno decida di nazionalizzare tutto in onore alla sua ideologia?).


La seconda è che non so di certo quale sia la soluzione "migliore", ma che la vostra (un "vostra" in generale, ci si metta chi ci si senta) costante presentazione della realtà con i buoni da una parte, i cattivi dall'altra, sempre gli stessi, sempre con gli schemi del 1918, sempre con l'ideologia marxista quale unica chiave di lettura della realtà e il petrolio (o gas naturale qui) come combustibile fisso di questa lettura, andrebbe perlomeno revisionata.
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Old 16-10-2003, 13:46   #18
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Re: Re: Re: Crisi dimenticate: Bolivia

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Originariamente inviato da evelon
Tra i cattivi manca il FMI
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Old 16-10-2003, 13:51   #19
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Old 16-10-2003, 14:06   #20
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Originariamente inviato da SaMu
Mi sono documentato e la sensazione di dejavu si è trasformata in certezza.

Abbiamo tutte le caratteristiche tipiche delle solite contrapposizioni.

Da una parte c'è un presidente eletto democraticamente nel 2002, che però ha la grave colpa di aver studiato da giovane negli Stati Uniti, di voler aprire la Bolivia ad un'economia di mercato, e di voler (addirittura) esportare gas naturale negli Stati Uniti!

Dall'altra c'è un movimento socialista MAS, il cui leader sia si autodefisce cocalero (coltivatore di coca), ha buoni rapporti con Fidel Castro e Rigoberta Menchu, e vuole nazionalizzare l'estrazione e il trattamento del gas.

L'ultima crisi inizia il 13 Febbraio 2003, quando per protestare contro l'aumento delle tasse manifestanti mettono a ferro e fuoco la capitale La Paz. Ora non so se l'aumento delle tasse era cosa buona o meno, ma mettere a ferro e fuoco la capitale non è un buon modo di opporsi a un presidente eletto democraticamente 6 mesi prima, ed al suo secondo mandato.

La crisi continua con la cosidetta "guerra per il gas". Qui un link a carattere "enciclopedico", che se non altro presenta i fatti senza le consuete categorie e simpatie che in tutti gli articoli che hai postato Cerbert, non mi sembrano nascoste.

http://en.wikipedia.org/wiki/Bolivian_Gas_War

Sulla questione dell'estrazione di gas, da una parte c'è chi propone (il governo) di sfruttare i giacimenti scoperti nei primi anni 1990, concedendo l'estrazione alle principali compagnie occidentali, in cambio ovviamente di royalties sui campi di estrazione e sulla vendita del gas estratto.

Il MAS risponde che l'estrazione andrebbe nazionalizzata, il trattamento del gas dovrebbe avvenire in Bolivia, e andrebbe rivenduto solo il prodotto finale.

Il governo risponde che la Bolivia non ha ne' le competenze tecniche (i giacimenti sono stati scoperti dalle suddette compagnie) per procedere all'estrazione, ne' i soldi per svilupparle, ne' l'affidabilità creditizia perchè gli investori stranieri prestino soldi allo stato per svilupparle.

Il MAS risponde che si potrebbe iniziare a estrarre il gas e con i proventi della vendita nazionalizzare l'estrazione, e in seguito anche la raffinazione.

Il governo risponde che nessuna compagnia straniera investirà mai ne' per l'estrazione ne' per la raffinazione, se esiste il rischio che gli impianti siano poi nazionalizzati (aka espropriati) e che quindi il suo progetto è l'unico fattibile, che il progetto del MAS è lasciare il gas nel sottosuolo, portare a termine un colpo di stato alimentando rivolte, e una volta giunti al potere riprendere lo stesso progetto del governo che è l'unico potenzialmente realizzabile.

Questo è il sunto di quanto ho raccolto dagli articoli del Corriere e di altre fonti in questi 20 minuti.
Evidentemente ti manca ancora qualche informazione, dal momento che:

1) la Bolivia è "aperta" (anzi apertissima) al libero mercato dal 1985, anno in cui un team di esperti dell'FMI lascia un programma di aggiustamenti strutturali i cui risultati sono:
Quote:
Non si può comunque negare che la ricetta del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, imposta ora all'ex impero sovietico, abbia avuto in passato alcuni importanti successi. Tra questi uno dei più famosi è senza dubbio la Bolivia, salvata nel 1985 dal disastro grazie alla 'nuova politica economica' somministratale da quegli esperti che adesso esercitano le loro arti nell'Europa Orientale: il numero dei dipendenti pubblici venne drasticamente ridotto, l'ente nazionale delle miniere fu venduto ai privati provocando il licenziamento di gran parte dei suoi dipendenti, i salari reali diminuirono, gli insegnanti nelle campagne si dimisero in massa, nuove tasse indirette colpirono i lavoratori, l'economia si contrasse insieme agli investimenti produttivi, le ineguaglianze aumentarono. Nella capitale boliviana, scrive Melvin Burke, "c'è un contrasto tra venditori ambulanti e mendicanti da una parte e le boutique di lusso, gli alberghi sfarzosi e le Mercedes-Benz dall'altra". Il prodotto nazionale lordo pro capite si è ridotto a tre quarti di quello del 1980, mentre il debito estero assorbe il 30% dei guadagni provenienti dalle esportazioni. Come premio per questo miracolo economico, il F.M.I., l'"Interamerican Development Bank" ed il club parigino dei G7 offrirono alla Bolivia un'ampia assistenza finanziaria, compresi fondi neri per i ministri del governo.

Il miracolo tanto osannato consisterebbe nel fatto che i prezzi si sono stabilizzati e le esportazioni sono in netta crescita. Ma oggi, secondo Burke, circa due terzi dei proventi delle esportazioni derivano dalla produzione e dal commercio della coca e quindi la stabilizzazione dei prezzi ed il rafforzamento della divisa si spiegherebbero proprio con gli introiti del narcotraffico.

[articolo di Noam Chomsky: http://www.tmcrew.org/archiviochomsky/501_3_4.html ]
Sempre Noam Chomsky, in un altro articolo cita la rivolta del 2000 (cioè nel precedente mandato del presidente "regolarmente eletto" che promise 500.000 posti di lavoro e ne perse quasi altrettanti) e cita un parere del Financial Times abbastanza inequivocabile.

Quote:
Nell'informare sulle proteste per i prezzi dell'acqua ed i programmi di eradicazione, il Financial Times osserva che "la Banca Mondiale e il FMI hanno considerato la Bolivia come una specie di modello", uno dei principali successi del "consenso di Washington", però le proteste di aprile dimostrano che "il successo dei programmi di eradicazione del Perù e della Bolivia hanno avuto un alto costo sociale". Il periodico cita le parole di un diplomatico europeo in Bolivia, il quale afferma che "sino ad un paio di settimane fa la Bolivia era considerata un successo" - da coloro che "prendono in considerazione" un paese senza tenere in alcuna considerazione i suoi abitanti -. Però adesso, prosegue, "la comunità internazionale deve riconoscere che le riforme economiche non hanno fatto realmente nulla per dare soluzione ai sempre più importanti problemi della povertà"; al contrario li hanno aggravati

http://www.nuovacolombia.net/cartell...ia/chomsky.htm
2) sto cercando di non buttarmi a terra dal ridere di fronte alla constatazione che la "Bolivia" mancherebbe di competenze estrattive dopo essere stato secolarmente uno dei paesi latini con la più estesa industria estrattiva/mineraria. Comunque, ammettendo per amore della risata che sia vero, una suddivisione della torta 18 contro 82 mi pare quantomeno discutibile tenendo conto che si tratta del SECONDO paese latinoamericano in quanto a riserve di gas.

3) infine non mi pronuncio sul velato disprezzo che riservi al "cocaleros". Bisogna sapere ben poco della Bolivia per non essere al corrente della percentuale di popolazione impegnata nella coltivazione di coca. Mah...
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