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Old 19-09-2003, 10:13   #1
ni.jo
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inquinamento e clima

per non mandare ot la discussione sul disastro metereologico in usa, postiamo quì i pareri di chi è convinto che l'inquinamento causi disastri di questo tipo e chi non lo è.


Quote:
Il Resto del Carlino.it
E' CALDO. PIOVE TROPPO. UN CLIMA DA DISASTRO
Tratto da Il Resto del Carlino.it

L'Organizzazione metereologica mondiale ha diffuso i dati sul tempo registrato nel 2000

23 GENNAIO - Più caldo del normale, più piovoso del solito. Secondo i più accreditati centri mondiali di ricerca sul clima l'anno che sta per concludersi è stato il sesto più caldo mai misurato negli ultimi 140 anni, piazzandosi subito dopo il 1998, il 1997, il 1995, il 1990 e il 1999. Ad affermarlo, sulla base dei dati delle reti di monitoraggio del Met Office inglese e dell'università dell'East Anglia, è l'organizzazione metereologica mondiale (WMO) che non ha reso noto un rapporto preliminare sul clima del 2000.

"Il 2000 - ha detto il segretario generale del Wmo, Godwin Obasi - è il ventiduesimo anno consecutivo con tempertura al di sopra della media del periodo 1961-1990 e si piazza su livelli simili a quelli del 1999 nonostante il persistente effetto raffreddante rappresentato dalla corrente marina tropicale del Pacifico denominata El Nino. Se a questo si aggiunge il fatto che i dieci anni più caldi si sono tutti registrati dopo il 1983 e che sette di essi fanno parte degli anni 90 si può dire che il trend in atto è compatibile con il riscaldamento globale del quale si parla e questo dovrebbe quindi spingerci ad un taglio delle emissioni di quei gas che accentuano l'effetto serra".

Un appello non nuovo per Obasi, ma che sinora lo stallo dei negoziati sul clima ha lasciato cadere nel vuoto. Il mancato accordo alla conferenza delle parti svoltasi all'Aia lo scorso novembre e il dissenso che si è registrato anche nel successivo incontro informale di Ottawa non lasciano infatti ben sperare per gli appuntamenti successivi già fissati per giugnoo a Bonn e ad ottobre in Marocco.
I dati del Wmo sono confermati al millmetro da quelli della Noaa, l'agenzia governativa statunitense che si occupa di atmosfera e oceani. Il loro rapporto definitivo sul 2000 conferma la stima di sesto anno più caldo almeno dal 1880 ad oggi. Il 2000 è stato 0.59 gradi al di sopra delle medie. La Noaa aggiunge che a nord del ventesimo parallelo - cioè in gran parte dell'emisfero settentrionale - le temperature sono state ancora più calde risultando le terze mai misurate.

"Temperature più alte di 1-2 gradi rispetto alle medie 1960-1990 - prosegue la Noaa - sono state registrate in gran parte del Canada, in Scandinavia e nella maggior parte dell'Europa dell'est e dei Balcani. Una prolungata onda di calore ha interessato la maggior parte dell'Europa meridionale durante giugno e luglio con temperature anomale che hanno anche superato i 43 gradi e che hanno interessato Turchia, Gracia, Italia, Romania e Bulgaria. La sola vasta erea con temperature al di sotto della media è stata l'Australia".

La Noaa fornisce dati molto interessanti anche relativamente alla piovosità. "Nonostante molte regioni del globo abbiano sperimentato nel 2000 una devastante siccità - si osserva nel rapporto - le stime indicano che globalmente il 2000 è stato il terzo anno più piovoso mai misurato, con un aumento del 2,9% rispetto alle medie".

Il dato non sorprende visto che il Inghilterra e Galles il 2000 è stato l'anno più piovoso dal 1872 e che alluvioni e piogge record si sono avute in Italia, Svizzera, Indonesia, Pacifico occidentale, Bangladesh, Colombia, Cambogia, Thailandia, India, Guatemala, Nicaragua.

Tutto questo nonostante la siccità che ha interessato soprattutto Europa meridionale, Bulgaria, Medio Oriente, Asia Centrale fino alla Cina settentrionale e parte di Messico e Stati Uniti. E le previsioni per il 2.001 non sono confortanti. "A nostro avviso - osserva Alan Thorpe, direttore dell'Headley center dell'ufficio tereologico britannico - il 2001 sarà più caldo del 2000, e potrebbe essere il secondo più caldo di sempre, anche se molto dipenderà dallo sviluppo di El Nino".


Quote:
http://spazioinwind.libero.it/gpscienze/Terra/Atmosfera/ciclotropico.htm

I cicloni tropicali


I cicloni tropicali sono potenti depressioni che si formano nelle regioni tropicali. A seconda delle zone vengono chiamati con nomi diversi: willy-willy in Australia, ciclone nell’Oceano Indiano; nell’Oceano Pacifico si usa il termine tifone dal cinese "tai fung" che significa grande vento; nell’Oceano Atlantico, infine, il termine in uso è uragano, dal nome indio Hundrakan, la divinità dei temporali.



Il ciclone tropicale è una profonda depressione di limitata estensione che si origina sopra gli oceani tra gli 8° e i 15° di latitudine nord e sud dove è significativa la forza di Coriolis. Questi cicloni non si formano nei pressi dell’equatore, dove è minima la forza di Coriolis.
Le depressioni che, a causa dell'intensa evaporazione e della risalita per convezione si formano in queste zone, ruotano in senso antiorario nell'emisfero nord e in senso orario nell'emisfero sud. Una depressione si trasforma in ciclone se viene mantenuta attiva dalla presenza in quota di venti rotanti che aspirano parte dell'aria ascendente.


Un ciclone tropicale è una perturbazione quasi perfettamente circolare che viene rappresentata su una carta meteorologica come una serie di isobare concentriche e fitte, al cui centro, detto occhio, la pressione atmosferica scende fino a meno di 950 mb. L’intero sistema ha un diametro che va da 200 a 1.000 km ed è attivo da 3 a 15 giorni; essendo più piccolo di un ciclone delle medie latitudini, ruota più velocemente.

Le condizioni di partenza perché si sviluppi un uragano sono una temperatura delle acque superficiali dell’oceano di almeno 26 gradi, bassa pressione al livello del mare e alta pressione in quota.

Tra la base e la sommità di questa vera e propria macchina termica possono esserci differenze di temperatura anche di 100 gradi (da +25° a -75°).

Nel centro del ciclone, che ha un diametro di circa 25-30 chilometri, l’aria scende mantenendo temperature alte e scarsa umidità; il cielo si mantiene limpido, con solo qualche cirro e si hanno condizioni di calma di vento. Intorno all’occhio sale velocemente, con moto rotatorio, una colonna convettiva di aria calda e umida proveniente dalla superficie oceanica. La colonna convettiva ascendente può raggiungere l’altezza di 15 chilometri dove, trovando la strada bloccata dall’alta pressione, si allarga a ventaglio e produce una parete torreggiante di cumulonembi dai quali possono cadere fino a 5 cm di pioggia in un’ora. La condensazione e la precipitazione liberano massicce quantità di calore latente.

I venti raggiungono velocità superiori ai 120 km all’ora, che rendono il mare agitato per centinaia di chilometri dall’occhio del ciclone e causano mareggiate in grado di sommergere tratti di costa. La violenza dei venti è massima nelle zone periferiche, dove la loro forza distruttrice, accompagnata da nubifragi, può investire aree di grande vastità causando danni spaventosi.

Muovendosi il ciclone incontra acqua più fredda che riduce l’apporto di vapore ed energia. Vapore ed energia diminuiscono ulteriormente quando il ciclone si sposta sulla terra dove aumentano anche le perdite per attrito. Alla fine il ciclone svanisce o si trasforma in un ciclone extratropicale di medie latitudini se incontra aria fredda umida. Il mare fornisce l’energia necessaria a mettere in moto il fenomeno, sotto forma di calore. Il flusso di calore dal mare può raggiungere i 60.000 miliardi di calorie al secondo. Questa cessione di calore provoca un abbassamento della temperatura della superficie del mare, riducendo la possibilità che altri fenomeni dello stesso tipo si possano ripetere entro breve tempo. Questi cicloni interessano esclusivamente sei regioni oceaniche tropicali e subtropicali: Golfo del Messico e Mar dei Caraibi, Mare Cinese e Pacifico nord-occidentale, Golfo Persico e del Bengala, coste occidentali del Messico e dell’America Centrale, Oceano Indiano meridionale e Pacifico sud-occidentale.

In genere, i cicloni si spostano a velocità non molto elevata, compresa tra i 20 e i 100 km/h. Il loro sviluppo e il percorso sono oggi seguiti da satelliti; in questo modo gli uffici meteorologici sono in grado di preavvisare tempestivamente le località interessate.
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ni.jo è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 19-09-2003, 10:58   #2
jumpermax
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Quote:
da il foglio del 19 settembre 2003
Il catastrofismo scientifico è ormai un'epidemia
Infuria nella comunità scientifica il dibattito
su quanto paga il catastrofismo. Sull’ultimo
numero di Science, in un articolo
intitolato “Falsi allarmi sui falsi allarmi
ambientali”, S.W. Pacala e S.A. Levin, del dipartimento
di Ecologia e Biologia evolutiva
dell’Università di Princeton, e altri economisti
sostengono che è meglio esagerare negli
allarmismi, anche forzando le prove
scientifiche, che viceversa. Danno per scontato
che molte previsioni catastrofiche “finiranno
per rivelarsi sbagliate”, che molti
disastri annunciati hanno una probabilità
bassissima di verificarsi, ma argomentano
che “data la possibilità di salvare milioni di
vite, non è il caso di abbassare la sensibilità
dei nostri allarmi ambientali”. Non è una
tesi del tutto nuova. Giustifica sul piano economico
(calcolano che ogni vita salvata “valga”
da 3 a 5 milioni) quel che il biologo
Stephen Schneider, della Stanford University,
aveva sostenuto nel 1989 sulla rivista
Discover: che “per catturare l’immaginazione
del pubblico dobbiamo saper offrire scenari
spaventosi, fare dichiarazioni drammatiche
semplificatrici, sottacendo gli eventuali
dubbi. Ciascuno di noi deve trovare un
giusto equilibrio tra l’essere efficaci e l’essere
onesti”. Iain Murray, commentatore
britannico che vive a Washington, uno che
non perde occasione di bacchettare gli eccessi
ambientalisti, è intervenuto sul Financial
Times per dargli addosso, ricordandogli,
sull’onda della vecchia saggia favola
dell’“al lupo, al lupo”, che, etica della scienza
a parte, in genere “il pubblico non la
prende bene a essere preso per i fondelli,
anche se con la migliore delle intenzioni”.
Mentre quest’estate l’Europa cuoceva, in
America faceva molto più fresco del solito.
La stagione atipica, la pioggia e le nuvole
pare spingessero i newyorchesi (o almeno
quelli che se lo potevano permettere) a
“prenotare disperatamente viaggi ai Caraibi,
in Florida e in Europa”.
Ora 100.000 persone sono in fuga dal ciclone
Isabel, che sta per abbattersi sulla
West coast. Gli assicuratori, che di queste
cose se ne intendono, prevedono danni come
non se n’erano visti da un decennio (l’uragano
Andrew nel 1992 era costato 26 miliardi
di dollari). Ma Isabel potrebbe anche
sgonfiarsi. Nuove tecniche matematiche
permettono di studiare, in base ai dati disponibili
sul passato, la frequenza di “eventi
estremi”, anche così estremi da non avere
precedenti. Non solo cicloni o terremoti,
quindi, ma anche epidemie tipo Sars, recessioni
economiche e atti di terrorismo.
Ma in questi casi forse è meglio pentirsi per
aver preso troppe precauzioni anziché troppo
poche. Caldo anomalo e turbolenze anomale
sono considerate facce della stessa
medaglia. Ma il problema è che a certi eventi
non ci sono soluzioni, o quelle che vengono
proposte possono provocare più danni di
quelli che si vorrebbero evitare. Come
esempio di risultati disastrosi, o comunque
non convenienti, di iniziative politiche assunte
sull’onda di eventi terribili, l’ultimo
numero dell’Economist portava il caso dei
450 miliardi spesi in attrezzature frangifuoco
nel metrò di Londra, dopo l’incendio che
nel ’98 aveva fatto 31 vittime, miliardi che lo
stesso esperto allora incaricato dell’inchiesta,
Sir Bernard Crossland, ora dice che sarebbe
stato meglio investire in rilevatori di
fumo nelle case, dove gli incendi fanno 500
vittime all’anno; il caso dell’incidente ferroviario
del 2000, che aveva fatto 4 vittime, e
dopo il quale erano stati imposti limiti di
velocità e altre misure che hanno finito per
scoraggiare l’uso del treno e hanno convinto
più gente ad andare in auto, aumentando
di conseguenza gli incidenti stradali.
L’Economist parlava anche del caso delle
costosissime operazioni di pulizia post-incidente
della Exxon Valdez al largo dell’Alaska, che “si ritiene abbiano danneggiato
l’ambiente più della perdita originale di
greggio”. “Qualcosa (non) s’ha da fare”, la
conclusione del settimanale. Troppo allarme
può anche spingere all’incuria e alla
rassegnazione (tipo: se si sciolgono già il 90
per cento dei ghiacciai al mondo, che differenza
fa se riciclo o meno la spazzatura?).
Troppe catastrofi annunciate e poi non verificatesi
possono produrre assuefazione, lasciare
impreparati quando arriva davvero il
lupo. Dall’ambiente alla popolazione all’economia
alle guerre, si potrebbero riempire
volumi col solo elenco delle catastrofi
che non ci sono state. E delle conseguenze
impreviste. Un caso di catastrofe non prevista
(ma non imprevedibile) era stato l’11 settembre.
Ma se i rimedi siano stati adeguati
è ancora oggetto di discussione.
Il catastrofismo quindi è sempre e comunque
fuorviante e pericoloso? Non sempre.
In fin dei conti Cassandra aveva avuto
ragione. Il secolo scorso ci aveva fornito
esempi straordinari di catastrofi annunciate
che non si sono verificate: dalla macchina
del tempo di H. G. Wells, in cui il viaggiatore
nel tempo ritrova dopo 800.000 anni
solo due classi sociali, i discendenti degradati
della classe operaia e di quelle dominanti,
alla denuncia della tecnologia da parte
di Aldous Huxley nel suo “Brave New
World”, fino a “1984” di George Orwell, col
Grande fratello mezzo Stalin-mezzo Hitler.
Per fortuna non è andata così. Come non è
detto che si vada all’estinzione imminente
della razza umana su cui si incentra “Oryx
and Crake”, l’ultimo romanzo di Margaret
Atwood. Forse quelle profezie avevano contribuito
a scongiurare l’avverarsi delle profezie.
O forse no. Ma la cosa principale è che
non si facevano passare per “scienza”.
Siegmund Ginzberg
jumpermax è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 19-09-2003, 11:24   #3
lnessuno
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Città: The city of wasting disease
Messaggi: 7389
ma post per cui non sia necessario prendere ferie per leggerli no eh?


magari sabato lo leggo e domenica rispondo va
lnessuno è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 19-09-2003, 11:46   #4
ni.jo
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Quote:
Originariamente inviato da jumpermax
ma poi sono autorizzato a postare altre cose su altri argomenti, di SIEGMUND GINZBERG?

seriamente, i miei link facevano riferimento al sito dell'aereonautica e all'Organizzazione metereologica mondiale, un giornale come il foglio e giornalisti come GINZBERG e Murray...imho
Iain Murray del Financial si ricorda che il “pubblico non la
prende bene a essere preso per i fondelli,
anche se con la migliore delle intenzioni” solo per gli allarmi ambientali invece di preoccuparsi di balle ancor più grandi scritte anche sul suo giornale su fantomatiche adm a 40 min da Londra...
che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)
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Old 19-09-2003, 12:18   #5
bonsaka
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Che la temperatura media sia aumentata dalla rivoluzione industriale significa poco e nulla... Infatti il 1800 è stato il secolo in cui c'è stata una piccola era glaciale, quindi inevitabilmente le temperature sono più alte di allora adesso, fa parte di un ciclo...

L'uomo non è ancora in grado di modificare il clima globale, influenza al max il mircoclima delle grandi città...
Infatti la quantità di co2 che immette l'uomo nell'atmosfera non è delle stesse dimensioni di quelle che ne immettono gli organismi terrestri (nella fattispecie alberi e alghe)...
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bonsaka è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 19-09-2003, 12:39   #6
ni.jo
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Messaggi: 406
Ecco un esempio di parere opposto, del Direttore di ricerca all'Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) e consigliere scientifico al Centre international de l'enfance et de la famille (Cidef), Parigi.
Mi lascia perplesso in qualche punto, ma lo posto come esempio di parere "estremo".
Appena o tempo ne cerco uno che dica il contrario, giuro.

Quote:
di Dominique Frommel*

Dicembre 1999

LE RESPONSABILITà UMANE NELL'EFFETTO SERRA
Un pianeta troppo caldo
I costruttori di automobili non si danno certo molto da fare per costruire automobili "pulite". Eppure, l'aumento importante e in costante crescita delle emissioni di gas carbonico, legate al trasporto, alla produzione di energia e all'industria, aumenta abnormemente l'effetto serra, con rischi di sconvolgimenti climatici e di catastrofi sanitarie. Al vertice delle Nazioni unite sul cambiamento del clima, tenutosi all'inizio di novembre a Bonn, oltre 60 stati hanno accettato di ratificare, prima del 2002, il protocollo di Kyoto, firmato nel 1997, che impegna i paesi industrializzati a ridurre le emissioni di gas a effetto serra. Ma il senato americano continua a opporsi alla sua ratifica da parte degli Stati uniti che, già a Kyoto, stavano per far fallire i negoziati.


Questo secolo sarà stato segnato da uno sconvolgimento notevole del ciclo naturale del clima. A causa dell'accumulo di gas a effetto serra nell'atmosfera terrestre, la crescita della temperatura media globale del pianeta durante gli ultimi cento anni è stata pari a quella verificatasi nel corso dei diecimila anni precedenti. L'effetto serra è tuttavia un fenomeno necessario, senza il quale la temperatura della superficie del globo cadrebbe sotto lo 0&oord C. E' dovuto alla presenza nell'atmosfera di vapore acqueo e di alcuni gas come il diossido di carbonio (gas carbonico o CO2) e il metano. Questi gas formano un filtro permeabile ad alcuni raggi luminosi e nello stesso tempo sono in grado di trattenere parte dell'irradiazione solare riflessa dalla superficie della terra. E' grazie a questo schermo che il pianeta offre una temperatura favorevole alla vita. Non c'è più nessuno che contesti seriamente la responsabilità dell'uomo nell'anormale aumento della temperatura terrestre.
Sappiamo infatti che, a causa della combustione di energia fossile che implicano, l'espansione demografica e l'industria sono all'origine dell'aumentata percentuale di gas carbonico nell'atmosfera (1). Se la politica del "lasciar fare" in materia di immissione di gas a effetto serra dovesse perdurare nel prossimo secolo, la temperatura potrebbe aumentare da 1,0&oordC circa a 3,5&oord C, contro 0,5&oordC circa nel XX secolo. Dai tempi della prima conferenza mondiale sull'ambiente nel 1972, le preoccupazioni ecologiche si sono affermate in modo crescente nella coscienza collettiva. Da lusso riservato ai paesi ricchi, la prevenzione del rischio climatico è diventata una delle sfide maggiori dello sviluppo sostenibile. Tuttavia la questione dell'"effetto serra", per quanto mediatizzata, rimane confusa e misconosciuta. Su questo problema essenziale, che lo riguarda direttamente, il cittadino comune ritiene di non avere alcuna competenza e delega il dibattito pubblico e la responsabilità decisionale in materia agli esperti e ai politici.
Per partecipare al dibattito, basta tenere in mente due o tre questioni essenziali: quali sono le conseguenze dell'aumento della temperatura sugli ecosistemi e sulla salute? Esistono strumenti in grado di ridurne l'impatto e, in caso di risposta positiva, quali sono? Gli scienziati non sono ancora in grado di anticipare con precisione l'eventualità e l'intensità dei cambiamenti climatici in questa o in quella parte del mondo. Ciò significa che sussistono incertezze per quanto riguarda l'entità del riscaldamento nel corso del XXI secolo. Ma si può fin d'ora affermare, senza rischio di sbagliare, che gli sconvolgimenti non saranno uniformi nel pianeta. Si tradurranno essenzialmente in una esasperazione delle condizioni climatiche estreme e, pur colpendo per prime le popolazioni più vulnerabili, non risparmieranno nessuno. Di fronte alla crescente produzione di CO2, lo scenario più probabile si immagina facilmente: accentuazione dell'effetto serra, aumento della temperatura del globo, accelerazione del ciclo dell'acqua, aumento dell'evaporazione e della percentuale di vapore acqueo nell'atmosfera. Si accentuerà l'effetto schermo mentre si intensificheranno le piogge su tutti i continenti.
L'innalzamento del livello del mare, alimentato dallo scioglimento dei ghiacci polari, renderà fragili i litorali, provocherà la salinizzazione dei delta e l'allagamento delle terre litoranee e degli arcipelaghi. Ricorrenti periodi di siccità ridurranno l'estensione e la varietà degli spazi vegetali e aggraveranno la penuria di acqua potabile. A tutti questi squilibri si aggiungerà una maggiore frequenza delle catastrofi naturali: cicloni, inondazioni, incendi di foreste e smottamenti di terreni (2). Abbiamo visto che, nel 1997-1998, il fenomeno El Niûo ha scatenato nella cintura dell'Oceano Pacifico perturbazioni e danni di una intensità mai vista prima. Certo, alcuni ecosistemi possono adattarsi ai cambiamenti climatici ma al prezzo di modificazioni radicali che comportano di per sé pesanti conseguenze. Grazie alla sua azione fertilizzante, il CO2 in elevata concentrazione favorisce la crescita delle specie vegetali più resistenti, a scapito di quelle più deboli. Ne deriva una minore diversità biologica (3). Quanto all'impatto delle variazioni della temperatura sulla salute dell'uomo, nonostante le numerose analisi prospettive e multidisciplinari svolte al riguardo, a prima vista le conclusioni sono poco significative tanto è alta la capacità di adattamento dell'essere umano. Certo, le ondate di caldo e di freddo sono seguite da picchi di mortalità e i paesi del Sud pagano duramente cicloni, inondazioni ed eruzioni vulcaniche.
Sappiamo inoltre che l'aumento del flusso dei raggi ultravioletti accresce notevolmente i rischi di tumori della pelle e altera il sistema immunitario (4). Peraltro, le particelle in sospensione aerosol liberate dalla combustione fossile fragilizzano l'apparato respiratorio e sono all'origine di malattie invalidanti. Dal 1964 al 1990, la percentuale di casi di asma rispetto alla popolazione è raddoppiata sia in Gran Bretagna e in Australia che in Africa orientale. Tuttavia il pericolo principale sta altrove, nella dipendenza dell'uomo dal suo ambiente. Le migrazioni, l'iperconcentrazione umana nelle città, l'impoverimento delle riserve acquifere, l'inquinamento e la povertà hanno da sempre generato condizioni propizie alla diffusione di microrganismi infettivi. Ma la capacità riproduttiva e infettiva di numerosi insetti e roditori, vettori di parassiti o di virus, è legata alla temperatura e all'umidità ambientali. In altre parole, un aumento della temperatura, anche modesto, lascia la porta aperta all'espansione di numerosi agenti patogeni per l'uomo e per l'animale. Questo spiega l'aumento, negli ultimi anni, di malattie parassitarie come la malaria, le schistosomiasi e la malattia del sonno, o di certe infezioni virali come la dengue, e di alcune encefaliti e febbri emorragiche. Sia che esse siano riapparse in zone dalle quali erano scomparse, sia che colpiscano regioni finora risparmiate. Nel corso degli ultimi dieci anni, la malaria ha superato la quota dei 1.800 metri in Africa orientale e a Madagascar, un'altitudine che in passato non oltrepassavano. Le proiezioni per l'anno 2050 mostrano che a quella data la malaria minaccerà tre miliardi di esseri umani.
Altro motivo di preoccupazione: dal 1955 al 1970, i paesi colpiti dalle arbovirosi, malattie trasmesse principalmente dalle zanzare, erano soltanto nove. Nel 1996 se ne contavano 28 in più. Parimenti, si moltiplica il numero di malattie trasmesse dall'acqua. Il riscaldamento delle acque dolci agevola la proliferazione dei batteri. Quello delle acque saline soprattutto quando sono arricchite da effluenti umani permette ai fitoplancton, veri e propri vivai di bacilli del colera, di riprodursi a una cadenza accelerata. Praticamente scomparso in America latina a partire dal 1960, il colera ha fatto 1.368.053 vittime dal 1991 al 1996. Parallelamente, nuove infezioni sorgono o superano largamente le nicchie ecologiche nelle quali erano finora rimaste confinate (5). Recenti esempi hanno mostrato quanto disarmata sia la medicina, nonostante i progressi compiuti, di fronte all'esplosione di molte patologie insospettate. Nel XXI secolo, l'epidemiologia delle malattie infettive ancora oggi responsabili di quasi un terzo dei decessi nel mondo potrebbe assumere volti nuovi, in particolare dopo l'espansione delle zoonosi, infezioni trasmissibili dall'animale vertebrato all'uomo e viceversa. Segnale rivelatore: gli americani che sono raramente in ritardo di una strategia hanno già lanciato una nuova rivista medica intitolata Emerging Infectious Diseases (6). Certi paesi, così come varie agenzie dell'Onu in particolare l'Oms (Organizzazione mondiale della sanità) e l'Omm (Organizzazione meteorologica mondiale) sono consapevoli di questa minaccia (7). Così finanziano ricerche in climatologia, riuniscono regolarmente areopaghi di esperti e hanno permesso la messa in opera di convenzioni che limitano le emissioni di gas a effetto serra. Ma il problema supera quello della regolazione e del trasferimento del "diritto di inquinare" (8). Gli impegni presi nel 1997 alla conferenza di Kyoto un accordo che riduce del 5,2%, entro il 2012, l'emissione dei principali gas a effetto serra da parte dei paesi industrializzati sono stati peraltro sospesi alla conferenza di Buenos Aires sul clima, del 1998, per la loro insufficienza a circoscrivere il pericolo. La conferenza successiva, conclusasi a Bonn il 5 novembre scorso, ha prodotto anch'essa un risultato modesto. Certo, oltre 60 stati, fra cui quelli dell'Unione europea, il Giappone e la Nuova Zelanda (un gruppo che rappresenta da solo il 41% delle emissioni di gas a effetto serra dei paesi industrializzati), si sono impegnati a ratificare il protocollo di Kyoto in tempo perché entri in vigore prima del 2002 (9). Ma, una volta di più, i paesi petrolieri hanno tentato di bloccare la convenzione e gli Stati uniti il paese del mondo che emette la più alta quantità di gas a effetto serra si fanno pregare, condizionando la ratifica agli esiti della prossima conferenza che si terrà all'Aja nel novembre 2000 (10). Da alcuni anni, certi economisti si associano alle preoccupazioni degli ecologisti. Calcolano il valore degli ecosistemi o "attivi naturali", valutano il prezzo del loro degrado, il sovrapprezzo dei ritardi nella messa in opera di provvedimenti di riduzione dell'inquinamento, nonché i potenziali benefici derivanti dal ricorso a nuove tecnologie.
Insomma, illustrano agli industriali quali profitti essi potrebbero trarre dalla salvaguardia delle risorse naturali.
Tuttavia, il nuovo concetto di "redditività della lotta all'inquinamento" non è sufficiente e, in una economia che si esprime esclusivamente in termini di scambio, non esiste una mano invisibile che guidi il mercato verso il bene più grande per tutti. Per questa ragione alcuni obbiettivi apparentemente modesti, presi a livello individuale e locale, potrebbero rivelarsi convincenti. Di fronte alla minaccia che grava sulla nostra salute, e più ancora su quella dei nostri figli e nipoti, bisogna imperativamente invocare anzitutto il principio di precauzione. Applicare questo principio significa ammettere le nostre incertezze e la nostra ignoranza, ma senza brandire la nostra impotenza come alibi per l'inazione. Un altro merito del principio di precauzione è di costringere il promotore non l'avversario di un progetto, industriale o altro, a dimostrare l'innocuità ecologica e sanitaria dell'operazione progettata. Sarebbe probabilmente ancora più efficace l'introduzione, fin dalla scuola materna, di una "educazione ambientalista" e dell'insegnamento di una geografia fisica e umana rinnovata. Per aprire ogni individuo a una consapevolezza planetaria, questa educazione dovrebbe sottolineare l'interdipendenza dell'uomo e della terra e insistere sulla co-evoluzione degli ecosistemi e della vita umana. Riassumendo, sarebbe opportuno sensibilizzare e responsabilizzare ogni singolo individuo molto prima che raggiungesse l'età adulta.



note:

* Direttore di ricerca all'Inserm (Institut national de la santé et de la recherche médicale) e consigliere scientifico al Centre international de l'enfance et de la famille (Cidef), Parigi.
(1) L'espansione demografica sarà responsabile, da qui al 2020, del 50% circa dell'aumento del diossido di carbonio nella troposfera.
(2) Leggere la serie di Jean-Paul Besset, "La terre se réchauffe", Le Monde, 26, 27, 28 novembre 1997 e S.H. Schneider, Où va le climat? Que connaissons-nous du changement climatique?, ed. Silence, Loriol, 1996.
(3) Leggere Ignacio Ramonet, "Un pianeta da salvare"e Alain Zecchini, "La natura appesa a un filo", Le Monde diplomatique/Il manifesto, rispettivamente novembre 1997 e ottobre 1998.
(4) M. R. Sear, "Descriptive epidemiology of asthma", The Lancet, Londra, ottobre 1997.
(5) M. E. Wilson, "Infectious diseases: an ecological perspective", British Medical Journal, 23 dicembre 1995. J. A.
Patz, P.R. Epstein, T.A. Burke, M. Balbus, "Global climate change and emerging infectious diseases", Journal of the American Medical Association, 17 gennaio 1996. Si veda inoltre: L. Garrett, The Coming Plague, Farrar, Straus and Giroux, New York, 1994.

(6) Pubblicata dal National Center for Infectious Diseases, GA 30333, Atlanta, Usa.

(7) In una riunione ministeriale tenutasi a Londra, il 16 e 17 giugno 1999 su iniziativa dell'Oms, 50 paesi europei hanno adottato una dichiarazione nella quale affermano la propria volontà di prendere misure concrete per ridurre gli effetti nefasti del degrado ambientale sulla salute.
(8) Leggere Monique Chemillier-Gendreau, "Les enjeux de la conférence de Kyoto. Marchandisation de la survie planétaire", Le Monde diplomatique, gennaio 1998. Questo articolo si trova anche nel Cd rom "Capire la globalizzazione" realizzato da Le Monde diplomatique e dal manifesto.

(9) Per entrare in vigore, il protocollo deve esser ratificato da 55 paesi che rappresentano il 55% delle emissioni di gas a effetto serra . Cfr. "La ratifica del protocollo di Kyoto finalmente in vista, una speranza per limitare i cambiamenti di clima", Greenpeace, Bonn, 3 novembre 1999.

(10) Il senato americano si oppone alla ratifica finché non saranno soddisfatte due condizioni: gli impegni di riduzione devono poter essere mantenuti ricorrendo senza limitazione al meccanismo del mercato, e grandi paesi in via di sviluppo, come l'India e la Cina, devono impegnarsi a limitare le proprie emissioni (attualmente, soltanto 14 di essi hanno ratificato il protocollo di Kyoto)
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Old 19-09-2003, 12:53   #7
jumpermax
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ma poi sono autorizzato a postare altre cose su altri argomenti, di SIEGMUND GINZBERG?

seriamente, i miei link facevano riferimento al sito dell'aereonautica e all'Organizzazione metereologica mondiale, un giornale come il foglio e giornalisti come GINZBERG e Murray...imho
Iain Murray del Financial si ricorda che il “pubblico non la
prende bene a essere preso per i fondelli,
anche se con la migliore delle intenzioni” solo per gli allarmi ambientali invece di preoccuparsi di balle ancor più grandi scritte anche sul suo giornale su fantomatiche adm a 40 min da Londra...
che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)
beh.... quando non si riesce a controbattere certe affermazioni nel merito si tenta di screditarne le fonti.... Per quanto mi riguarda potrebbe averlo scritto anche il mio cuginetto che fa le elementari, ma questo non sposta di un pelo le mie considerazioni su quanto riportato. Che ci sia un eccessivo catastrofismo in certe previsioni mi sembra un'affermazione abbastanza condivisibile.
Se davvero dovessimo considerare tutti i possibili rischi in per ogni nostra azione probabilmente non faremmo nulla. Una certa dose di rischio è insita in ogni cosa sono più 5000 anni che l'uomo modifica in modo profondo l'ecosistema in cui vive. Non ne possiamo fare a meno, perché non possiamo sopravvivere altrimenti, fin dal primo fuoco acceso in qualche lontana notte preistorica abbiamo iniziato ad inquinare.
Certo oggi il potere che abbiamo nelle nostre mani e immenso e questo richiede una cautela adeguata ai rischi connessi. Ma non si può certo agire tenendo in considerazione solo l'aspetto ambientale come fanno certuni...
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Old 19-09-2003, 12:58   #8
ni.jo
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beh.... quando non si riesce a controbattere certe affermazioni nel merito si tenta di screditarne le fonti.... Per quanto mi riguarda potrebbe averlo scritto anche il mio cuginetto che fa le elementari, ma questo non sposta di un pelo le mie considerazioni su quanto riportato. Che ci sia un eccessivo catastrofismo in certe previsioni mi sembra un'affermazione abbastanza condivisibile.
Se davvero dovessimo considerare tutti i possibili rischi in per ogni nostra azione probabilmente non faremmo nulla. Una certa dose di rischio è insita in ogni cosa sono più 5000 anni che l'uomo modifica in modo profondo l'ecosistema in cui vive. Non ne possiamo fare a meno, perché non possiamo sopravvivere altrimenti, fin dal primo fuoco acceso in qualche lontana notte preistorica abbiamo iniziato ad inquinare.
Certo oggi il potere che abbiamo nelle nostre mani e immenso e questo richiede una cautela adeguata ai rischi connessi. Ma non si può certo agire tenendo in considerazione solo l'aspetto ambientale come fanno certuni...
beh, controbatterà qualche scienziato, in quel senso blah, ma non volevo screditare la fonte, anzi se viene approvata ha scritto delle cosette interessanti...insomma non scrive solo sul "foglio"!
Sul resto sono completamente in sintonia con l'ultima parte del tuo discorso
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Old 19-09-2003, 13:19   #9
SaMu
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che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)
Adesso mi leggo i papiri che avete postato ma prima vorrei dire qualcosa su questo che ho quotato che reputo un perfetto esempio di come si possa fuorviare la discussione

Sull'aumento della superficie desertica e sul ritiro di alcuni ghiacciai delle nostre montagne non ci sono dubbi, ci sono le foto a documentare

MA

e questo ma bisognerebbe raddoppiarlo ancora di grandezza, non esistono prove scientifiche della relazione tra l'inquinamento e ciò!

Purtroppo l'uomo è tanto superbo da pensare che senza di lui, nulla muterebbe.. non è così! Il clima sulla terra cambia ciclicamente da molti milioni di anni. Se l'uomo si estinguesse domani e cessasse qualsiasi attività, il clima sulla terra non rimarrebbe "eterno ed immutabile" allo stato attuale. Continuerebbe a evolversi come fa da milioni di anni, in modo tendenzialmente ciclico.

Questo non è chiaro alla gente. E infatti molti (anche involontariamente magari, sapendo che non è così) tracciano la relazione:

il clima si sta riscaldando => la causa è l'uomo => la causa è l'inquinamento

Paradossalmente se fossimo in una fase (come quelle che la Terra ha già incontrato tante e tante volte) di generale raffreddamento, potremmo assistere ad un aumento dell'inquinamento e contemporaneamente ad un raffreddamento del clima.

Sono fenomeni di cui al momento non esiste prova scientifica di una relazione.



Comunque, sono tendenzialmente poco incline a partecipare a questa discussione. Ho già visto più volte in passato come, in mancanza di argomenti migliori a sostegno delle proprie tesi , chi sostiene le tesi "catastrofiste" ha gioco facile nel bollare come sostenitore dell'inquinamento e nemico dell'ambiente chi non la pensa come lui.

Io sono contrario alle balle, non al rispetto dell'ambiente, quindi mi irrito facilmente se qualcuno per sostenere le sue tesi (a mio avviso sbagliate) si appropria di principi (che sono anche i miei) e mi etichetta quale non sono.. per questo sono scettico sulla possibilità di sostenere le mie idee in questo thread a meno di non dover fare precisazioni su precisazioni ad ogni frase anche lontanamente interpretabile..
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Old 19-09-2003, 13:24   #10
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Quello che mi chiedo è come realmente si pensi di fare per ridurre le emissioni inquinanti. L'idea delle targhe alterne mi sembra buona solo come incentivo a comprare vetture più pulite, ma certo non possono essere un sistema valido, attualmente solo i limiti sulle emissioni per le vetture nuove sono efficaci. Certo se poi continuano a girare autobus vecchi di 10 anni inquinanti quanto un migliaio di vetture nuove... a Bologna ho visto che negli utimi tempi si sono rivisti i filobus e per le linee non elettrificate hanno introdotto gli autobus a metano. Interessante mi sembrano le leggi californiane che prevedono fascie di veicoli e quote minime di veicoli non inquinanti da vendere, in sostanza se vendi un pick up 5000 devi vendere tot veicoli a basso inquinamento...
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Old 19-09-2003, 13:24   #11
ni.jo
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Adesso mi leggo i papiri che avete postato ma prima vorrei dire qualcosa su questo che ho quotato che reputo un perfetto esempio di come si possa fuorviare la discussione

Sull'aumento della superficie desertica e sul ritiro di alcuni ghiacciai delle nostre montagne non ci sono dubbi, ci sono le foto a documentare

MA

e questo ma bisognerebbe raddoppiarlo ancora di grandezza, non esistono prove scientifiche della relazione tra l'inquinamento e ciò!

Purtroppo l'uomo è tanto superbo da pensare che senza di lui, nulla muterebbe.. non è così! Il clima sulla terra cambia ciclicamente da molti milioni di anni. Se l'uomo si estinguesse domani e cessasse qualsiasi attività, il clima sulla terra non rimarrebbe "eterno ed immutabile" allo stato attuale. Continuerebbe a evolversi come fa da milioni di anni, in modo tendenzialmente ciclico.

Questo non è chiaro alla gente. E infatti molti (anche involontariamente magari, sapendo che non è così) tracciano la relazione:

il clima si sta riscaldando => la causa è l'uomo => la causa è l'inquinamento

Paradossalmente se fossimo in una fase (come quelle che la Terra ha già incontrato tante e tante volte) di generale raffreddamento, potremmo assistere ad un aumento dell'inquinamento e contemporaneamente ad un raffreddamento del clima.

Sono fenomeni di cui al momento non esiste prova scientifica di una relazione.



Comunque, sono tendenzialmente poco incline a partecipare a questa discussione. Ho già visto più volte in passato come, in mancanza di argomenti migliori a sostegno delle proprie tesi , chi sostiene le tesi "catastrofiste" ha gioco facile nel bollare come sostenitore dell'inquinamento e nemico dell'ambiente chi non la pensa come lui.

Io sono contrario alle balle, non al rispetto dell'ambiente, quindi mi irrito facilmente se qualcuno per sostenere le sue tesi (a mio avviso sbagliate) si appropria di principi (che sono anche i miei) e mi etichetta quale non sono.. per questo sono scettico sulla possibilità di sostenere le mie idee in questo thread a meno di non dover fare precisazioni su precisazioni ad ogni frase anche lontanamente interpretabile..
per ora non mi pare stia accadendo, se qualcuno ti accusa di essere uno zozzone ti difendo io.
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Old 19-09-2003, 13:26   #12
jumpermax
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Adesso mi leggo i papiri che avete postato ma prima vorrei dire qualcosa su questo che ho quotato che reputo un perfetto esempio di come si possa fuorviare la discussione

Sull'aumento della superficie desertica e sul ritiro di alcuni ghiacciai delle nostre montagne non ci sono dubbi, ci sono le foto a documentare

MA

e questo ma bisognerebbe raddoppiarlo ancora di grandezza, non esistono prove scientifiche della relazione tra l'inquinamento e ciò!

Purtroppo l'uomo è tanto superbo da pensare che senza di lui, nulla muterebbe.. non è così! Il clima sulla terra cambia ciclicamente da molti milioni di anni. Se l'uomo si estinguesse domani e cessasse qualsiasi attività, il clima sulla terra non rimarrebbe "eterno ed immutabile" allo stato attuale. Continuerebbe a evolversi come fa da milioni di anni, in modo tendenzialmente ciclico.

Questo non è chiaro alla gente. E infatti molti (anche involontariamente magari, sapendo che non è così) tracciano la relazione:

il clima si sta riscaldando => la causa è l'uomo => la causa è l'inquinamento

Paradossalmente se fossimo in una fase (come quelle che la Terra ha già incontrato tante e tante volte) di generale raffreddamento, potremmo assistere ad un aumento dell'inquinamento e contemporaneamente ad un raffreddamento del clima.

Sono fenomeni di cui al momento non esiste prova scientifica di una relazione.



Comunque, sono tendenzialmente poco incline a partecipare a questa discussione. Ho già visto più volte in passato come, in mancanza di argomenti migliori a sostegno delle proprie tesi , chi sostiene le tesi "catastrofiste" ha gioco facile nel bollare come sostenitore dell'inquinamento e nemico dell'ambiente chi non la pensa come lui.

Io sono contrario alle balle, non al rispetto dell'ambiente, quindi mi irrito facilmente se qualcuno per sostenere le sue tesi (a mio avviso sbagliate) si appropria di principi (che sono anche i miei) e mi etichetta quale non sono.. per questo sono scettico sulla possibilità di sostenere le mie idee in questo thread a meno di non dover fare precisazioni su precisazioni ad ogni frase anche lontanamente interpretabile..
appunto come dice ni.jo... fasciarsi la testa prima di romperla non serve a nulla. Di la tua senza farti problemi!
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Old 19-09-2003, 13:32   #13
bonsaka
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Quello che mi chiedo è come realmente si pensi di fare per ridurre le emissioni inquinanti. L'idea delle targhe alterne mi sembra buona solo come incentivo a comprare vetture più pulite, ma certo non possono essere un sistema valido, attualmente solo i limiti sulle emissioni per le vetture nuove sono efficaci. Certo se poi continuano a girare autobus vecchi di 10 anni inquinanti quanto un migliaio di vetture nuove... a Bologna ho visto che negli utimi tempi si sono rivisti i filobus e per le linee non elettrificate hanno introdotto gli autobus a metano. Interessante mi sembrano le leggi californiane che prevedono fascie di veicoli e quote minime di veicoli non inquinanti da vendere, in sostanza se vendi un pick up 5000 devi vendere tot veicoli a basso inquinamento...
Questo è un altro discorso, non c'entra con il clima ma con la tutela della qualità dell'aria che si respira nelle grandi città.
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Old 19-09-2003, 13:33   #14
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...che ci siano correlazioni con i disastri non lo dò per scontato, ma che dalla rivoluzione industriale in poi la temperatura stia crescendo in modo preoccupante e che l'effetto serra influisca su di essa si.
Sulla gravità cito una ricerca dell'onu che prevede la desertificazione di alcune zone della penisola italica per il 2040.
(in sardegna ci sono già delle zone semidesertiche)...
che ci vedi di fuorviante, SaMu?
Non si può assolutamente mettere in relazione l'aumento delle temperature con l'effetto serra?
Non si fà altro da decenni...lo fanno a scuola...lo fanno scienziati di tutto il mondo tacciati or ora di catastrofismo...all'improvviso è un ciclo naturale sfortunato (come la congiuntura economica ) e l'uomo non influisce in modo sensibile perche è una pulce...
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Old 19-09-2003, 13:49   #15
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Quello che mi chiedo è come realmente si pensi di fare per ridurre le emissioni inquinanti.
Ci sono molte vie, alcune "sottovalutate" altre "trascurate" altre più note ma di impatto quantitativo molto meno rilevante.


Il primo e inesorabile metodo per ridurre l'inquinamento, è ridurre la sua più grossa causa (cito sempre Giovanni Sartori ): gli uomini!

La gente non ha piena consapevolezza del fatto che, se fossimo gli stessi di inizio secolo, le emissioni inquinanti sarebbero meno della metà! Avete capito bene.. meno della metà delle emissioni, pur con la maggiore industrializzazione.. e questo, grazie al progresso tecnico che ha ridotto le emissioni unitarie di quasi tutte le produzioni.

La principale causa delle emissioni e dell'inquinamento in generale è l'aumento della popolazione. La misura antiinquinamento più efficace, ma forse impopolare e poco "politically correct", sarebbe frenare le nascite.


Il progresso tecnico fa e farà tantissimo. Non ho qui i dati (magari ve li posto stasera, sono sul libro di Fisica tecnica) ma sono impressionanti. Il confronto tra le emissioni inquinanti e il rendimento energetico di processi come produzione dell'energia in impianti a vapore, motori termici, produzione dell'acciaio, produzione del cemento, è impressionante. I rendimenti sono aumentati moltissimo, le emissioni inquinanti diminuite, e sono in continua diminuzione. E qui si ritorna al punto precedente: ogni kilowatt prodotto spreca meno energia ed ha minori emissioni, ma dato che siamo in 6 miliardi e continuiamo a crescere, servono sempre più kilowatt e il valore assoluto delle emissioni invece di diminuire cresce, o rimane stabile.

Paradossalmente però i produttori automobilistici e i produttori di energia sono considerati "grandi inquinatori", mentre dovrebbero essere lodati e la qualfica di "grandi inquinatrici" andare alle mamme di tutto il mondo che continuano a sfornare figli.



Tornando ad argomenti più seri , una panoramica degli incredibili miglioramenti tecnici realizzati nella produzione di energia (e non solo) si può trovare ad esempio sul sito dell'Enel:

http://www.enel.it/ambiente/progetto/index_it.shtm
http://www.enel.it/ambiente/
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Old 19-09-2003, 16:24   #16
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Originariamente inviato da SaMu
Ok accetto l'invito.. e la protezione
...

La gente non ha piena consapevolezza del fatto che, se fossimo gli stessi di inizio secolo, le emissioni inquinanti sarebbero meno della metà! Avete capito bene.. meno della metà delle emissioni, pur con la maggiore industrializzazione.. e questo, grazie al progresso tecnico che ha ridotto le emissioni unitarie di quasi tutte le produzioni.
...
c'è una cosa che non capisco, nel tuo aderire all'accantonamento di Kyoto* e nel il tuo evidente apprezzamento per il calo delle emissioni inquinanti grazie alle nuove tecnologie.
Le industrie seguono sopratutto il fatturato, se non ci fossero vincoli di legge pochissime investirebbero nell'abbattimento delle emissioni inquinanti; non dico che tutti siano ecoterroristi, ci mancherebbe...anzi i progressi che tu hai elencato li riconosco...
ma (sento U.Eco che ride) ricordo bene un discorso alla nazione di Bush che anteponeva il benessere economico della sua nazione ai vincoli e alle scadenze di Kyoto...non l'ho sognato...non parlava mica di nazioni poco virtuose, diceva che i vincoli erano troppo rigidi e irrealizzabili...che tuttosommato a lui interessava insomma il benessere a breve, il PIL per fare 'na battuta sull'altro 3d, piuttosto che il benessere futuro...il chè ci riporta al detto "..nel lungo periodo saremo tutti morti..."

a domani ciao!


*con la giustificazione che "...paesi che non firmano fanno meglio e altri che han firmato sono virtuosi ma magari inquinano anche di più..." primo perchè allora la stessa cosa varrebbe per tutti i protocolli compresi quelli sui diritti umani (in effetti in dicofficoltà anch'essi ultimamente...) secondo perchè un protocollo serio oltre a scadenze e obbiettivi (proprio quelli su cui si è incagliata la retifica) dovrebbe avere sanzioni...magari economiche così si toccano anche quei cattivoni di Cinesi]
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Ultima modifica di ni.jo : 19-09-2003 alle 16:26.
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Old 19-09-2003, 17:46   #17
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che ci vedi di fuorviante, SaMu?
Non si può assolutamente mettere in relazione l'aumento delle temperature con l'effetto serra?
Non si fà altro da decenni...lo fanno a scuola...lo fanno scienziati di tutto il mondo tacciati or ora di catastrofismo...all'improvviso è un ciclo naturale sfortunato (come la congiuntura economica ) e l'uomo non influisce in modo sensibile perche è una pulce...
Noneee, l'aumento della temp rispetto all'1800, lo ripeto, sembra elevato solo perchè nel 1800 c'è stata una piccola epoca glaciale, per molti ghiacciavano molti fiumi, come il "caldo" tamigi; quindi si puo solo dire che da quel trend climatico glaciale si è passato a questo più temperato, e comunque il clima terrestre ha vissuto periodi molto ma molto più caldi di quello attuale...

Nel medioevo faceva molto più caldo di ora, si coltivava la vite in inghilterra, quindi parlare di catastrofismi è sbagliato; ma quando non prescinde dal fatto che l'impatto dell'uomo sulla natura è sicuramente negativo.
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Old 19-09-2003, 19:00   #18
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c'è una cosa che non capisco, nel tuo aderire all'accantonamento di Kyoto* e nel il tuo evidente apprezzamento per il calo delle emissioni inquinanti grazie alle nuove tecnologie.
Le industrie seguono sopratutto il fatturato, se non ci fossero vincoli di legge pochissime investirebbero nell'abbattimento delle emissioni inquinanti; non dico che tutti siano ecoterroristi, ci mancherebbe...anzi i progressi che tu hai elencato li riconosco...
ma (sento U.Eco che ride) ricordo bene un discorso alla nazione di Bush che anteponeva il benessere economico della sua nazione ai vincoli e alle scadenze di Kyoto...non l'ho sognato...non parlava mica di nazioni poco virtuose, diceva che i vincoli erano troppo rigidi e irrealizzabili...che tuttosommato a lui interessava insomma il benessere a breve, il PIL per fare 'na battuta sull'altro 3d, piuttosto che il benessere futuro...il chè ci riporta al detto "..nel lungo periodo saremo tutti morti..."

a domani ciao!
Certo che è così.. e fai bene a ricordarlo.. pochi hanno chiaro che "ambientalismo" ed "economia" sono fratelli siamesi..

Le emissioni potremmo ridurle anche domani: chiudere tutte le aziende.. perchè non lo facciamo? Non per criteri di "equità sociale" o per paura di offendere gli imprenditori.. ma perchè le imprese producono quello di cui noi viviamo, ci riscaldiamo, mangiamo.. limitare l'inquinamento è un'esigenza, anche quelle lo sono, qualsiasi stato con le sue leggi cerca un trade-off, un equilibrio virtuoso tra le 2..

Vincoli rigidi e irrealizzabili non significa "tecnicamente impossibili".. ad esempio, si potrebbero ridurre le emissioni chiudendo tutte le centrali con rendimento inferiore alle migliori oggi prodotte.. però questo ha un costo..

Alcuni pensano che questo "costo" sia solo una tassa sulle imprese e cazzi loro.. il fatto è che l'imprenditore non è una dote naturale, non è una caratteristica genetica.. se per nuove norme antiinquinamento certe produzioni diventano antieconomiche, l'impresa chiude.. liquida.. e si da' ad altre attività.. capisci?

Il costo economico di una misura antiinquinamento non è un ghiribizzo, o una rivalsa verso qualcuno.. è un vincolo implicito alla sua realizzazione.. in un mondo a risorse infinite, guideremmo già tutti oggi macchine a idrogeno.. in un mondo a risorse finite, mancano i soldi perchè tutti possano acquistare delle BMW 745 Hidro..

Per questo una misura antiinquinamento deve confrontarsi da una parte con lo stato della tecnica, dall'altra con l'economia.. sono 2 vincoli imprescindibili.. possiamo persino rinunciare a parte dello sviluppo economico è chiaro.. ma dev'essere chiaro a tutti che non è un'operazione a costo zero.. o a costi per qualcun altro e basta... non è così..
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Old 20-09-2003, 07:42   #19
ni.jo
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Originariamente inviato da SaMu
Certo che è così.. e fai bene a ricordarlo.. pochi hanno chiaro che "ambientalismo" ed "economia" sono fratelli siamesi..

Le emissioni potremmo ridurle anche domani: chiudere tutte le aziende.. perchè non lo facciamo? Non per criteri di "equità sociale" o per paura di offendere gli imprenditori.. ma perchè le imprese producono quello di cui noi viviamo, ci riscaldiamo, mangiamo.. limitare l'inquinamento è un'esigenza, anche quelle lo sono, qualsiasi stato con le sue leggi cerca un trade-off, un equilibrio virtuoso tra le 2..

Vincoli rigidi e irrealizzabili non significa "tecnicamente impossibili".. ad esempio, si potrebbero ridurre le emissioni chiudendo tutte le centrali con rendimento inferiore alle migliori oggi prodotte.. però questo ha un costo..

Alcuni pensano che questo "costo" sia solo una tassa sulle imprese e cazzi loro.. il fatto è che l'imprenditore non è una dote naturale, non è una caratteristica genetica.. se per nuove norme antiinquinamento certe produzioni diventano antieconomiche, l'impresa chiude.. liquida.. e si da' ad altre attività.. capisci?

Il costo economico di una misura antiinquinamento non è un ghiribizzo, o una rivalsa verso qualcuno.. è un vincolo implicito alla sua realizzazione.. in un mondo a risorse infinite, guideremmo già tutti oggi macchine a idrogeno.. in un mondo a risorse finite, mancano i soldi perchè tutti possano acquistare delle BMW 745 Hidro..

Per questo una misura antiinquinamento deve confrontarsi da una parte con lo stato della tecnica, dall'altra con l'economia .. sono 2 vincoli imprescindibili.. possiamo persino rinunciare a parte dello sviluppo economico è chiaro.. ma dev'essere chiaro a tutti che non è un'operazione a costo zero.. o a costi per qualcun altro e basta... non è così..
evidentemente per qualcuno quel costo è indispensabile per altri no, e attenzione, "altri no" sono pure tutti quei paesi che continuano a tagliare la ricerca, campando di reddita come fà l'Italia, ad esempio, chi le esporta in Cina (che mi pare non rispetti Kyoto) per abbassare il costo del lavoro, del "traffico di emissioni" europeo o del rifiuto di un protocollo che (tenendo conto "dello stato della tecnica, dall'altra con l'economia") ne regoli gli aspetti?
In altre parole, da quello che dici, non si capisce chi dovrebbe convincere le aziende (che nessuno vuole chiudere) a regolare le emissioni (e assieme alle aziende le "casalinghe" e gli automobilisti ecc..): da soli io penso che non ci si regoli affatto.
Infine su chi debba pesare il costo, è pacifico che ricadrà sulla comunità...anche se si decidesse di appioppare le spese di adeguamento alle aziende i costi ricadrebbero comunque sulla comunità sottoforma di aumenti di prezzo...mi chiedo però perchè non penalizzare il profitto delle aziende più inquinanti (o premiare con gli incentivi già esistenti solo quelle più virtuose).
scappo, cià.
__________________
Primo Officiante della Setta dei Logorroici - Arconte della prolissità - Crociato della Replica|Custode Di Lomaghiusa e Muffin|
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Old 20-09-2003, 08:52   #20
Max2
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Città: Empoli
Messaggi: 2549
senza entrare troppo nel merito .. posto solamente un paio di documentini :

qui:


http://themes.eea.eu.int/Environment...limate/reports


http://www.wupperinst.org/Sites/wp.html
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