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Old 24-02-2009, 11:10   #81
GianoM
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O magari ha solo una "morale" diversa dalla media..
E magari ce l'ha nel DNA...

Ma per favore, su.
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Old 24-02-2009, 11:15   #82
ania
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21/04/2008
Incubo stupri, il silenzio delle innocenti

“Allarme stupri”.
L’Italia periodicamente si sveglia e si allarma sulla violenza sulle donne quando qualcuna, più coraggiosa o più drammaticamente ferita, denuncia lo stupro subito.
O quando, come nel caso di Roma, passanti che assistono alla violenza chiamano immediatamente la polizia.
Ma dorme, l’Italia, sulle migliaia di stupri e violenze non denunciati: solo il 4% delle donne violentate denuncia quanto ha subìto.
Questo è il vero motivo di allarme: che la vasta maggioranza degli stupri resti nell’ombra, non denunciata e non punita.
Questa è la doppia tragedia: subire un trauma di questo tipo e tacere.
Perché non denunciano le donne?
Per paura, innanzitutto.
Per non subire ritorsioni da parte degli amici del violentatore: fenomeno allarmante in USA e ora emergente anche da noi.
Per paura di subire rappresaglie, ritorsioni e nuove violenze da parte del violentatore: “Se mi denunci, te la faccio pagare!”.
“Se mi denunci, ti ammazzo!”.
Violenze, aggressioni, piccoli e grandi terrorismi che possono finire con la morte della donna che ha osato denunciare, dopo mesi o anni di persecuzioni, come è successo anche in alcuni tragici casi recente.
Perché sa che lo stupratore, quand’anche condannato, uscirà rapidamente di prigione: per un indulto, per “buona condotta”, perché l’avvocato di lui ha fatto ricorso in appello e nel frattempo sono decorsi i termini di carcerazione preventiva.
E sa che gliela farà pagare, questa è la pesante verità.
Altro che denunciare.
Non parla, la donna, anche per paura del giudizio sociale: la donna violentata diventa “res nullius”, cosa di nessuno, corpo oltraggiato, ferito, svalutato, “donna facile” come se una donna lo stupro “se lo andasse a cercare”, come se ci fosse una colpa intrinseca nell’essere violentate.
E non denuncia per vergogna, perché lei stessa, dopo uno stupro, si sente sporca, umiliata, ferita, oltraggiata nel corpo e nell’anima.
Come reagire?
Non con l’umoralità reattiva con cui si infiammano parole e animi di fronte al singolo episodio criminale.
Ma con la fermezza e il senso di responsabilità operativo che ogni cittadino e ogni politico deve avere nei confronti di una minaccia reale, quotidiana, pervadente e ingravescente, di cui solo a tratti emerge il volto più sanguinario o addirittura mortifero.
Dice il Viminale che le denunce per stupri nel 2007 sono state in calo rispetto al 2006.
Certo: ma non perché gli stupri sono in calo!
Bensì perché le poche donne che hanno parlano hanno pagato un prezzo personale così alto che le altre hanno imparato a stare zitte.
Soprattutto se non hanno dalla loro i mezzi culturali ed economici per difendersi: non a caso la maggioranza delle denunce sono fatte da donne professioniste o impiegate di livello, mentre tace la parte più povera e meno difesa, che nella realtà è anche la più oltraggiata.

Che cosa fare, in concreto?
Due sono le direzioni in cui agire, per ridurre i due grandi fattori della vulnerabilità: quello sociale e quello individuale.

Dal punto di vista sociale, contro i violentatori, è indispensabile avere:
1) una giustizia celere, innanzitutto, che diventi paradigma della necessità improcrastinabile di accelerare la giustizia italiana, prendendo esempio dalla Germania e dalla Francia, che hanno tempi molto più rapidi, a dimostrazione che la lentezza è un difetto grave tutto italiano;
2) nessuna attenuante, né patteggiamento: chi stupra è un assassino dell’anima, oltre che del futuro di una donna, e come tale va punito;
3) certezza della pena: basti indulti perché le carceri sono piene di delinquenti;
4) fuori dal Paese, con certezza dell’esecutività e irreversibilità dell’espulsione, dopo aver scontato completamente la pena, se si tratta di immigrati;
5) risarcimento personale della vittima, con i propri beni, se presenti (basterebbe riapplicare il Codice Giustinianeo del 533 dopo Cristo, che su questo tema era più avanzato di noi) o con il reddito del lavoro svolto in carcere. Insomma bisogna garantire che prima venga scontata completamente la pena.
Poi semmai si parlerà di riabilitazione.

E sul fronte della vulnerabilità delle donne?
E’ indispensabile che si sveglino innanzitutto i genitori, soprattutto per proteggere il crescente gruppo di adolescenti violentate nell’ombra e nel silenzio.
Sono i genitori che si devono allertare, educando i figli e le figlie ad una maggiore autoprotezione, che comincia dal tenere gli occhi aperti su alcuni evidenti fattori di rischio.
Dove sono i genitori di tutte le adolescenti che rientrano a notte fonda, ubriache o drogate?
Dove sono i genitori delle ragazze che escono di casa decentemente vestite per cambiarsi in auto o in taxi per andare a prostituirsi?
Dove sono i genitori delle ragazze con vestiti costosi e griffati, certamente non acquistabili con la paghetta settimanale?
Se vogliamo ridurre la vulnerabilità delle giovani donne, ma anche dei ragazzi, di cui cresce il numero di violentati che non denunciano, dobbiamo educarli individualmente:
1) all’autoprotezione;
2) a non aumentare la vulnerabilità a violenze e stupri, individuali o di gruppo, con alcool, droghe o atteggiamenti inutilmente provocanti;
3) a non buttarsi via, per conformismo, per imitazione, per disistima, per illusione di onnipotenza (“tanto a me non succederà mai niente di male”).
Dal punto di vista sociale, dobbiamo impegnarci tutti per avere città più sicure, perché ad ogni età, ormai, la violenza è in agguato.
Vedremo se questo Governo si impegnerà concretamente per tutelare la sicurezza, di cui abbiamo disperatamente bisogno.

Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano

(www.fondazionegraziottin.org).

Ultima modifica di ania : 24-02-2009 alle 12:37.
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Old 24-02-2009, 11:19   #83
nomeutente
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O magari ha solo una "morale" diversa dalla media.
La morale attiene comunque ad un processo psichico: se la morale è deviata, ci sono molte probabilità che tutta la mappa cognitiva del soggetto lo sia.
(preciso che non parlo da psicologo: la mia formazione è sociologica, quindi non sono in grado di approfondire l'argomento in maniera idonea)


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A proposito di "media" / cultura (patriarcal maschilista) in alcuni paesi è ad esempio consuetudine violentare mogli bambine, perchè un marito ha DIRITTO a pretendere le prestazioni che gli sono dovute..
Umhhh, non vorrei sbagliarmi ma mi pare che anche in Italia (nei nostri codici) si parlasse fino a pochissimo tempo fa di "doveri coniugali"..
La morale è, appunto, un prodotto sociale.
La nostra società si basa su una certa morale: se uno non l'ha introiettata, significa che la sua socializzazione primaria ha avuto lacune più o meno gravi. Anche la percezione della possibile punizione quale conseguenza di un atteggiamento antigiuridico può venir meno, in queste condizioni.
Ad es. non ha alcuna utilità minacciare la pena di morte per un reato di mafia: la morte è un deterrente per il ladruncolo, magari, ma non certo per chi ispira la sua vita al criterio dell' ""onore"" mafioso.
__________________
Inviato dal mio pollo di gomma™ usando la carrucola
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Old 24-02-2009, 11:20   #84
GianoM
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Old 24-02-2009, 12:23   #85
ania
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27/11/2006

Perché le donne non denunciano lo stupro


Perché più del 92.6 per cento delle donne stuprate in Italia non denuncia la violenza subita?
E perché dopo l’aumento di fiducia nel valore della denuncia, dagli anni Novanta in poi, specie in ambito metropolitano, si assiste oggi a un nuovo crescente silenzio?
Le ragioni sono molteplici, in parte legate alla donna e alle caratteristiche del contesto in cui la violenza è stata perpetrata, in parte, e soprattutto, relative al grado di sicurezza personale che la donna percepisce nel caso in cui si rivolga alla cosiddetta giustizia.
Sul fronte personale le ragioni più frequenti del silenzio sono lo scoraggiamento di fronte alla violenza subita e il senso di impotenza e di solitudine, sempre più drammatici, che la donna avverte.
Al silenzio contribuiscono anche lo shock subito (che rende difficile organizzare una difesa strutturata, qual è il rivolgersi subito al pronto soccorso e alle forze dell’ordine per la denuncia), la depressione reattiva, l’angoscia, la paura: queste ultime massime nelle adolescenti violentate da coetanei o da adulti che abbiano sull’adolescente un ascendente, se non un ruolo di potere, in teoria educativo (parenti, insegnanti, allenatori).
Contribuisce la vergogna, sia per quello che si è vissuto, sia all’idea di dover raccontare tutto, più volte, nei minimi dettagli: il che espone la donna alla doppia violenza del rivivere l’abuso subìto e di esporsi all’aggressività diretta e indiretta, o all’incredulità inquisitiva, di chi la interroga.
Non ultimo, contribuiscono al silenzio i sensi di colpa: soprattutto quando lo stupro è avvenuto in condizione di rischio obiettivo, in cui esista una netta, maggiore vulnerabilità della donna.
Per esempio, quando lei ha bevuto di più, o è sotto l’effetto di droghe, condizioni di nuovo più frequenti nelle adolescenti e che aumentano in modo significativo il rischio di abuso, mentre diminuiscono in modo proporzionale la capacità sia di evitare situazioni di rischio estremo, sia di opporvisi in modo efficace.
Quasi tutti questi fattori erano tuttavia presenti anche negli anni Novanta.
Che cosa riduce, oggi, la fiducia nel valore della denuncia?
Un insieme di sentimenti negativi, proprio sulla qualità dell’aiuto, del supporto e della giustizia che una donna può ottenere.
E, soprattutto, la crescente evidenza del rischio di ritorsioni, da parte del violentatore: da nuove violenze fino all’assassinio.
Dopo l’orgoglioso trionfalismo di dieci-quindici anni fa, è ormai chiaro che “ottenere giustizia” è un ideale calpestato, a destra come a sinistra.
Chi ha buona memoria ricorderà che la “certezza della pena” era tra i punti forti del programma elettorale dell’attuale governo.
A quanto si vede mancavano tre parole, in quel punto: “Certezza della pena per la vittima”.
Cui corrisponde la certezza dell’impunità per l’aggressore.
Cos’altro è stato l’indulto, per i cittadini per bene, e le vittime dei tanti delinquenti oggi in libera uscita?
Uno schiaffo, un pugno nello stomaco.
Ogni giorno di più, le ragioni di Abele – che includono la spaventosa violenza dello stupro – restano inascoltate, mentre sono i Caino d’ogni tipo a dettare di fatto le regole del gioco, e le deroghe stesse alle regole.
Leggere sui giornali che una giovane donna, che aveva denunciato il proprio aggressore, poi condannato e rapidamente tornato in libertà, è stata da questi tormentata, inseguita, minacciata per tre anni, fino ad essere poi uccisa, nonostante le sue ripetute segnalazioni alle Forze dell’Ordine sulla persecuzione di cui era vittima, dà ad ogni donna un messaggio inequivocabile.
Qualunque cosa ti succeda, taci.
Perché se parli, rischi di essere stuprata altre cento volte, fisicamente e moralmente.
Dal contesto sociale, per il quale una donna violentata resta comunque marchiata per sempre come un oggetto degradato, un corpo sporco, che ha perso quella dignità femminile di donna “intatta” che è rimasto come valore forte nell’inconscio collettivo.
E soprattutto dal violentatore, che grazie all’ennesimo indulto uscirà di galera subito, furiosamente incattivito e baldanzoso allo stesso tempo, e dai suoi amici, che spesso provvedono già durante la sua prigionìa a fartela pagare nel frattempo.
Quando poi non si tratti di uno stupro in gruppo, nel qual caso il rischio di vendetta si moltiplica in modo proporzionale.
Chi di noi parlerebbe, sapendo a che cosa andrà incontro, dopo?
Che ogni sera potrebbe essere aspettata dietro l’angolo, vicino a casa, o fuori dal posto di lavoro, per una resa dei conti che non avrà testimoni?
Sapendo che la polizia non può fare nulla?
Che nessuno ci proteggerà?
Che tutta la legislazione è ormai caratterizzata da un garantismo insultante per le vittime?
L’unica prevenzione è aumentare nettamente la soglia di autoprotezione: niente alcool o droghe che riducano la capacità di controllo sulle situazioni e l’intuizione del rischio; evitare di rientrare a casa tardi e da sole; evitare gli atteggiamenti provocatori; non dare informazioni su di sé, specie via Internet; ritornare a una sostanziale sobrietà di comportamenti, che comunque riduce, ma non azzera, il rischio di stupro.
E imparare un minimo di autodifesa.
E la libertà personale?
Quella è un mito in caduta libera: in una società sempre più obiettivamente violenta, in cui sono i delinquenti ad avere diritto a muoversi con la massima aggressività e il minimo rischio di giustizia, non resta che autolimitarsi per evitare il peggio.
Perché l’alternativa, insidiosa e pericolosa, è la giustizia privata.
Triste? Sì, ma necessario per sopravvivere.
Dolorosamente pragmatico.


Alessandra Graziottin
Direttore del Centro di Ginecologia e Sessuologia Medica H. San Raffaele Resnati, Milano


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Ultima modifica di ania : 24-02-2009 alle 12:35.
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Old 24-02-2009, 12:36   #86
Kharonte85
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27/11/2006

Perché le donne non denunciano lo stupro


Perché più del 92.6 per cento delle donne stuprate in Italia non denuncia la violenza subita?
E perché dopo l’aumento di fiducia nel valore della denuncia, dagli anni Novanta in poi, specie in ambito metropolitano, si assiste oggi a un nuovo crescente silenzio?
Le ragioni sono molteplici, in parte legate alla donna e alle caratteristiche del contesto in cui la violenza è stata perpetrata, in parte, e soprattutto, relative al grado di sicurezza personale che la donna percepisce nel caso in cui si rivolga alla cosiddetta giustizia.
Sul fronte personale le ragioni più frequenti del silenzio sono lo scoraggiamento di fronte alla violenza subita e il senso di impotenza e di solitudine, sempre più drammatici, che la donna avverte.
Al silenzio contribuiscono anche lo shock subito (che rende difficile organizzare una difesa strutturata, qual è il rivolgersi subito al pronto soccorso e alle forze dell’ordine per la denuncia), la depressione reattiva, l’angoscia, la paura: queste ultime massime nelle adolescenti violentate da coetanei o da adulti che abbiano sull’adolescente un ascendente, se non un ruolo di potere, in teoria educativo (parenti, insegnanti, allenatori).
Contribuisce la vergogna, sia per quello che si è vissuto, sia all’idea di dover raccontare tutto, più volte, nei minimi dettagli: il che espone la donna alla doppia violenza del rivivere l’abuso subìto e di esporsi all’aggressività diretta e indiretta, o all’incredulità inquisitiva, di chi la interroga.
Non ultimo, contribuiscono al silenzio i sensi di colpa: soprattutto quando lo stupro è avvenuto in condizione di rischio obiettivo, in cui esista una netta, maggiore vulnerabilità della donna.
Per esempio, quando lei ha bevuto di più, o è sotto l’effetto di droghe, condizioni di nuovo più frequenti nelle adolescenti e che aumentano in modo significativo il rischio di abuso, mentre diminuiscono in modo proporzionale la capacità sia di evitare situazioni di rischio estremo, sia di opporvisi in modo efficace.
Quasi tutti questi fattori erano tuttavia presenti anche negli anni Novanta.
Che cosa riduce, oggi, la fiducia nel valore della denuncia?
Un insieme di sentimenti negativi, proprio sulla qualità dell’aiuto, del supporto e della giustizia che una donna può ottenere.
E, soprattutto, la crescente evidenza del rischio di ritorsioni, da parte del violentatore: da nuove violenze fino all’assassinio.
Dopo l’orgoglioso trionfalismo di dieci-quindici anni fa, è ormai chiaro che “ottenere giustizia” è un ideale calpestato, a destra come a sinistra.
Chi ha buona memoria ricorderà che la “certezza della pena” era tra i punti forti del programma elettorale dell’attuale governo.
A quanto si vede mancavano tre parole, in quel punto: “Certezza della pena per la vittima”.
Cui corrisponde la certezza dell’impunità per l’aggressore.
Cos’altro è stato l’indulto, per i cittadini per bene, e le vittime dei tanti delinquenti oggi in libera uscita?
Uno schiaffo, un pugno nello stomaco.
Ogni giorno di più, le ragioni di Abele – che includono la spaventosa violenza dello stupro – restano inascoltate, mentre sono i Caino d’ogni tipo a dettare di fatto le regole del gioco, e le deroghe stesse alle regole.
Leggere sui giornali che una giovane donna, che aveva denunciato il proprio aggressore, poi condannato e rapidamente tornato in libertà, è stata da questi tormentata, inseguita, minacciata per tre anni, fino ad essere poi uccisa, nonostante le sue ripetute segnalazioni alle Forze dell’Ordine sulla persecuzione di cui era vittima, dà ad ogni donna un messaggio inequivocabile.
Qualunque cosa ti succeda, taci.
Perché se parli, rischi di essere stuprata altre cento volte, fisicamente e moralmente.
Dal contesto sociale, per il quale una donna violentata resta comunque marchiata per sempre come un oggetto degradato, un corpo sporco, che ha perso quella dignità femminile di donna “intatta” che è rimasto come valore forte nell’inconscio collettivo.
E soprattutto dal violentatore, che grazie all’ennesimo indulto uscirà di galera subito, furiosamente incattivito e baldanzoso allo stesso tempo, e dai suoi amici, che spesso provvedono già durante la sua prigionìa a fartela pagare nel frattempo.
Quando poi non si tratti di uno stupro in gruppo, nel qual caso il rischio di vendetta si moltiplica in modo proporzionale.
Chi di noi parlerebbe, sapendo a che cosa andrà incontro, dopo?
Che ogni sera potrebbe essere aspettata dietro l’angolo, vicino a casa, o fuori dal posto di lavoro, per una resa dei conti che non avrà testimoni?
Sapendo che la polizia non può fare nulla?
Che nessuno ci proteggerà?
Che tutta la legislazione è ormai caratterizzata da un garantismo insultante per le vittime?
L’unica prevenzione è aumentare nettamente la soglia di autoprotezione: niente alcool o droghe che riducano la capacità di controllo sulle situazioni e l’intuizione del rischio; evitare di rientrare a casa tardi e da sole; evitare gli atteggiamenti provocatori; non dare informazioni su di sé, specie via Internet; ritornare a una sostanziale sobrietà di comportamenti, che comunque riduce, ma non azzera, il rischio di stupro.
E imparare un minimo di autodifesa.
E la libertà personale?
Quella è un mito in caduta libera: in una società sempre più obiettivamente violenta, in cui sono i delinquenti ad avere diritto a muoversi con la massima aggressività e il minimo rischio di giustizia, non resta che autolimitarsi per evitare il peggio.
Perché l’alternativa, insidiosa e pericolosa, è la giustizia privata.
Triste? Sì, ma necessario per sopravvivere.
Dolorosamente pragmatico.


Alessandra Graziottin

Posso dire che è anche per questo per cui è importantissimo attivarsi per evitare che queste persone marciscano in carcere covando vendetta.

Un'altra cosa: in quell'articolo si assume come punto di vista solo i casi piu' rari (meno del 10%) della violenza di sessuale di gruppo o da parte di sconosciuti (il piu' delle volte già coinvolti in attività criminali), mentre non si evidenzia abbastanza che la probabilità di subire uno stupro è direttamente proporzionale al grado di conoscenza che si ha con quella persona.

La società non è affatto piu' violenta, è il senso di insicurezza che è cresciuto.
Kharonte85 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 24-02-2009, 12:36   #87
Fedozzo
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Echeppalle.
Sbaglia perchè fa pensare un criminale come una persona "normale" (che fa ragionamenti in condizioni "normali"). Solo non avere le basi della psicologia può farti pensare cose simili.

Recidiva non disponibile.
Davanti a una veritò oggettiva, riconosciuta da tutti, ovvero il fatto che la nostra fama porta nel nostro paese un'ondata di criminalità violenta.
Ricordo che il Ministro degli esteri di Bucarest ha affermato che da noi si trova il 40% dei latitanti rumeni perchè, ha motivato, tra i criminali si è sparsa la voce dell'ipergarantismo italiano.

Le pene sono leggere, non vengono scontate per intero, le espulsioni sono inesistenti.
Stiamo diventando il paradiso dei latitanti e dei delinquenti, e invece di pernderne atto e di mostrare serietà e criticare il nostro operato, facciamo congetture psicologiche.

In romania le pene sono almeno il 50% piu severe delle nostre, e vengono scontate dal primo all'ultimo giorno, sempre... ora è chiaro perchè quasi la metà della loro criminalità è qui da noi?

Non voglio dire che non debba esserci una componente rieducativa del carcere, ma voglio dire che è giusto e sacrosanto che il carcere faccia paura, perchè se i rumeni che hanno stuprato la bambina alla caffarella non avessero idea di uno stato fantoccio e garantista, forse quella creatura sarebbe ancora inviolata.
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Old 24-02-2009, 12:36   #88
Fritz!
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Non capisco che significato abbiano questi interventi.

La rieducazione non significa certo minimizzare il danno delle vittime.

Al contrario, proprio perché si tratta di un crimine cosi grave, mettere in opera gli strumenti affinché questi atti non si ripetano é una tutela per tutte le potenziali vittime.

Non basta punire il criminale per combattere il crimine.

E prevenire il crimine non significa in nessun modo giustificare il criminale.
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Old 24-02-2009, 12:37   #89
Fritz!
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da noi si trova il 40% dei latitanti rumeni perchè, .
non ha detto per la verità nulla di tutto cio
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Old 24-02-2009, 12:41   #90
Fedozzo
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non ha detto per la verità nulla di tutto cio
Lo ha detto eccome, e sei pregato di quotare e discutere i post e non tacciare di falsita dati che sono stati divulgati da tutti i tg due giorni fà.

Continuate a vivere nel mondo delle favole, signori

ecco la dimostrazione:

http://www.lastampa.it/redazione/cms...1331girata.asp

... -_-
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Old 24-02-2009, 12:42   #91
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In romania le pene sono almeno il 50% piu severe delle nostre, e vengono scontate dal primo all'ultimo giorno, sempre... ora è chiaro perchè quasi la metà della loro criminalità è qui da noi?

.
su quali basi fai questa affermazione?
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Old 24-02-2009, 12:44   #92
Fritz!
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Lo ha detto eccome, e sei pregato di quotare e discutere i post e non tacciare di falsita dati che sono stati divulgati da tutti i tg due giorni fà.

Continuate a vivere nel mondo delle favole, signori

ecco la dimostrazione:

http://www.lastampa.it/redazione/cms...1331girata.asp

... -_-

In Italia si trova il 40% dei romeni ricercati con mandato internazionale

la tua affermazione é scorretta, cosi come il titolo dell'articolo.

A volte bisognerebbe provare a leggere invece di fermarsi al titoletto
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Old 24-02-2009, 12:45   #93
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su quali basi fai questa affermazione?
Ho colleghi rumeni che mi parlano spesso di come funzionano le cose lì: 6 anni per il furto, ad esempio, che vengono sempre scontati.
Inoltre da due anni le autorità rumene ci riprendono per il nostro garantismo.
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Old 24-02-2009, 12:46   #94
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In Italia si trova il 40% dei romeni ricercati con mandato internazionale

la tua affermazione é scorretta, cosi come il titolo dell'articolo.

A volte bisognerebbe provare a leggere invece di fermarsi al titoletto
Beh.. complimenti, cambia molto la questione, anzi, la peggiora (saranno ancora piu pericolosi ed efferrati a questo punto).
E' tutto normale.
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Ho colleghi rumeni che mi parlano spesso di come funzionano le cose lì: 6 anni per il furto, ad esempio, che vengono sempre scontati.
Inoltre da due anni le autorità rumene ci riprendono per il nostro garantismo.
ti riferisci a colleghi rumeni esperti in diritto (avvocati, magistrati ecc)? in caso contrario evitiamo di fare riferimento al diritto di altri paesi se non vogliamo cadere in una analisi comparata in stile "buona domenica".....
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Old 24-02-2009, 12:50   #96
Fedozzo
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Originariamente inviato da Gos Guarda i messaggi
ti riferisci a colleghi rumeni esperti in diritto (avvocati, magistrati ecc)? in caso contrario evitiamo di fare riferimento al diritto di altri paesi se non vogliamo cadere in una analisi comparata in stile "buona domenica".....
Puoi non fidarti dei miei colleghi (che sono scienziati/laureandi e non avvocati) ma non sono il primo ad affermare questo, le stesse cose sono state dette, da molto tempo, dalle autorità rumene.
In ogni caso ciò che mi è stato riferito per lo meno è sintomo che in romania si ha l'idea di un italia garantista e bonacciona, e questo basta.
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Old 24-02-2009, 12:55   #97
Gos
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Puoi non fidarti dei miei colleghi (che sono scienziati e non avvocati) ma non sono il primo ad affermare questo, le stesse cose sono state dette, da molto tempo, dalle autorità rumene.
non è una questione di fiducia, è una questione di attendibilità. Un'analisi comparata tra il diritto di due paesi fatta da uno scienziato non è attendibile; come non è attendibile un'analisi scientifica su un certo materiale (tanto per fare un esempio) fatta da un giurista.
Quello che ti dicono i tuoi colleghi è tanto attendibile quanto quello che ti potrebbe dire la casalinga di voghera sul nostro diritto penale.
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Old 24-02-2009, 12:57   #98
Fedozzo
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non è una questione di fiducia, è una questione di attendibilità. Un'analisi comparata tra il diritto di due paesi fatta da uno scienziato non è attendibile; come non è attendibile un'analisi scientifica su un certo materiale (tanto per fare un esempio) fatta da un giurista.
Quello che ti dicono i tuoi colleghi è tanto attendibile quanto quello che ti potrebbe dire la casalinga di voghera sul nostro diritto penale.
Non hai commentato tutto il post però
Sono certo che non è la prima volta che senti che le autorità rumene giustificano l'incredibile rateo di criminalità rumena in italia con l'idea garantista che essi hanno del nostro paese.
Sembra che io stia dicendo una novità
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Old 24-02-2009, 12:57   #99
Fritz!
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Beh.. complimenti, cambia molto la questione
si la questione cambia parecchio.

Quanto alle lodi della giustizia romena, l'anno scorso la commissione ha bloccato i finanziamenti alla romania proprio perché la romania non contrasta la dilagante corruzione tra forze dell'ordine e magistratura.

Se fossero cosi efficienti i latitanti sarebbero in carcere invece che latitanti.
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Old 24-02-2009, 12:58   #100
Fedozzo
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si la questione cambia parecchio.

Quanto alle lodi della giustizia romena, l'anno scorso la commissione ha bloccato i finanziamenti alla romania proprio perché la romania non contrasta la dilagante corruzione tra forze dell'ordine e magistratura.

Se fossero cosi efficienti i latitanti sarebbero in carcere invece che latitanti.
Non lo metto in dubbio, ma questo non toglie che almeno hanno paura di finire in carcere, lì, tanto da venire qui.
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