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Mi tocca quotarmi, sei mesi dopo e nulla è cambiato:
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Serve ancora qualche altra prova per capire che l'ONU, per come è strutturato ora, ha lo stesso potere di conciliare, intimidire o convincere di un bimbo di due anni?
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LIBANO 9/6/2006 18.45
NUOVO RINVIO PER DIALOGO NAZIONALE, ANNAN INSISTE PER ACCORDO BEIRUT-DAMASCO Si è conclusa con tensioni e con un sostanziale nulla di fatto la nuova fase del cosiddetto dialogo nazionale libanese, che vede gli esponenti delle 14 diverse correnti del Paese tentare di risolvere la crisi politica innescata dall’assassinio dell’ex primo ministro Rafik Hariri, avvenuto nel centro di Beirut il 14 febbraio 2005. Si tratta dell’ennesimo rinvio dallo scorso marzo, allorché la conferenza poté riunirsi per la prima volta. L’unico passo in avanti tra le parti è stato la firma di un ‘patto d’onore’, per porre fine alle continue aggressioni verbali che vedono come ‘campo di battaglia’ soprattutto i mezzi di comunicazione di massa nazionali. I colloqui dovrebbero riaprire il prossimo 29 giugno. Intanto, il segretario generale dell’Onu, Kofi Annan, ha di nuovo proposto a Libano e Siria di sottoscrivere un accordo per stabilire i rispettivi confini territoriale. Secondo Annan, è questa l’unica soluzione per ridurre lo stato di crisi tra i due Paesi e, al contempo, pervenire alla conclusione di un’altra tensione, quella tra Libano, Siria e Israele per la sovranità sulle cosiddette Fattorie di Sceeba, occupate da Tel Aviv nel 1967. Annan ritiene infatti, secondo quanto pubblicato oggi dal quotidiano libanese ‘An Nahar’, che solo la determinazione dei confini siro-libanesi possa permettere di fare “un passo per raggiungere un accordo” sulla zona di Sheeba, unico territorio dal quale Israele non ha richiamato i suoi soldati, nel maggio 2000, quando ha ritirato le sue truppe dal Libano meridionale (dopo 22 anni di occupazione). Tra Libano e Siria è però in corso una grave tensione, provocata sia dall’omicidio di Hariri, che gli anti-siriani di Beirut attribuiscono a Damasco, sia dal fatto che il ritiro dell’esercito siriano – dopo 29 anni di occupazione – non è coinciso con la restituzione di una serie di leve del potere che, a cominciare dalla presidenza della Repubblica e dai servizi di intelligence, continuano a restare nelle mani di forze favorevoli alla presenza di Damasco in Libano.
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15 Giugno 2006
LIBANO – ONU - SIRIA Per Brammertz “legami possibili” tra l’omicidio Hariri ed altri 14 attentati di Yousef Hourany Oggi l’Onu decide la proroga di un anno della Commissione d’inchiesta. Il giudice belga si dice soddisfatto dell’atteggiamento siriano. Beirut (AsiaNews) – Esistono “possibili legami” tra l’assassinio dell’ex primo ministro libanese Rafic Hariri ed “altri 14 attentati” compiuti nel Paese dei cedri dopo l’ottobre 2004. E’ l’opinione espressa ieri sera davanti al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite da Serge Brammertz, capo della Commissione di inchiesta dell’Onu sull’omicidio Hariri, il mandato della quale oggi sarà prorogata di un anno. Il 43enne giudice belga, in questi primi mesi di lavoro ha acquisito la stima di tutte le parti interessati, soprattutto dopo la presentazione del suo secondo rapporto, definito “scientifico, oggettivo e degno di essere rispettato” dal ministro degli Esteri libanesi, Fawzi Saloukh, ed in modo positivo anche dalle autorità siriane. Fonti diplomatiche prevedono anche la volontà dei membri del Consiglio di Sicurezza di allargare la competenza della commissione dell'ONU a tutti gli atti di violenza compiuti in Libano dall’ottobre 2004 fino all'assassinio del deputato giornalista anti-siriano, Gebran Tueini. L’ipotesi trae origine dalle parole pronunciate dal giudice Brammertz durante la riunione del Consiglio di sicurezza, quando ha sostenuto l'esistenza di un filo che lega l'attentato del 14 febbraio 2005, che è costato la vita a Rafic Hariri a tutti gli altri 14 attentati ed ha chiesto alla comunità internazionale di offrire il suo contributo agli organi giudiziari libanesi per poter chiarire le responsabilità e ristabilire la situazione in Libano, che ormai è stanco del “profumo di sangue”. Il giudice Brammertz si è anche detto soddisfatto per l’atteggiamento delle autorità siriane, che si sono mostrate molto disponibili ad offrire collaborazione, ed ha definito molto costruttivi gli incontri con il presidente siriano Bachar El Assad e con il suo vice Farouk Chareh. Sono stati 16, ha rivelato il capo della Commissione d’inchiesta, gli interrogatori di responsabili siriani e tutti hanno avuto risultato positivo. Il Segretario generale del ministero degli Esteri libanese, ambasciatore Boutros Asaker, ha espresso “la sua stima nei riguardi del lavoro compiuto dal giudice Brammertz con oggettività ed alto senso di responsabilità”. Lo steso vice-ministro degli Esteri siriano, Faysal Makdad, che si trova ancora a new York, ha rinnovato “la piena adesione del suo governo alle richieste della commissione d'inchiesta internazionale”. La stampa siriana di oggi definisce “oggettivo, fatto con alta professionalità”, il rapporto del giudice Bramertz. Vengono criticate invece le dichiarazioni dei “nemici della Siria”, che sono, secondo il giornale "Techrin" (Ottobre) “strumenti nelle mani di Israele”. Il giornale si riferisce alle dichiarazioni dell'ambasciatore americano all'ONU, John Bolton, che ha denunciato “la scarsa collaborazione del governo siriano con il giudice Bramertz” ed ha auspicato il compimento della missione della Commisione in modo capace di rivelare la verità sull'assassinio di Hariri. Techrin ripropone alcuni brani dell'intervista fatta dal vice-ministro Makdad alla televisione "Al Arabiya", nella quale ribadisce la non complicità del suo Paese nell'assassinio di Hariri, che era “l'amico della Siria” ed ha ripetuto le sue critiche contro il metodo seguito dal predecessore di Bramertz, il giudice Tedesco Detlev Mehlis, che “ha rovinato l'indagine ed era partito da un presupposto anti-siriano”.
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LIBANO – Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione che prolunga di un altro anno, fino al luglio 2007, la durata in carica della commissione internazionale d’inchiesta sull’omicidio dell’ex-primo ministro libanese Rafiq Hariri, ucciso con altre 22 persone da una potente autobomba nel centro di Beirut il 14 febbraio 2005. La proroga della scadenza del mandato era stata richiesta dal presidente della commissione, il belga Serge Bremmertz, che ha sostituito all’inizio dell’anno il tedesco Detlev Mehlis.
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20 Giugno 2006
SIRIA Cresce la repressione a Damasco: rimossi 17 alti funzionari statali di Jihad Issa Secondo l'Organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria, il loro licenziamento è dovuto all’appoggio dato alla “Dichiarazione di Damasco-Beirut”, che chiede la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi, e l’averlo fatto inusualmente sapere serve a intimorire altri attivisti dei diritti umani. Damasco (AsiaNews) – Nuova tappa nella repressione da parte del governo siriano di ogni forma di opposizione: ieri sono stati rimossi dai loro posti 17 alti funzionari statali. La causa dei provvedimenti, spiega l'Organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria (Adhs), è “l’appoggio da essi dato ad una petizione che chiede la liberazione di due attivisti per i diritti umani, arrestati a maggio”, per aver firmato la “Dichiarazione di Damasco-Beirut”, che chiede la normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. All’origine del provvedimento, l’aggravarsi della situazione politica e sociale in Siria, a causa della crescita delle pressioni esterne ed interne per rovesciare il regime del partito Baath, che governa il Paese da più di 40 anni, di fronte alle quali il governo del presidente Bachar El Assad cerca di mantenere la sua unità interna. Ne è indice l'annuncio del primo ministro, Mohammad Naji El Otari, della rimozione dei 17 funzionari di alto grado, (otto dal ministero dell'istruzione e dell'insegnamento superiore, gli altri dai ministeri di sanità, energia, finanze, agricoltura, informazione). Questo tipo di decisioni non era mai stato ufficializzato: si prendevano misure simili di nascosto. Il fatto di rendere noto l’allontanamento dei funzionari, spiega ad AsiaNews Mohamad Majzoub, un alto funzionario rimosso dal suo incarico nel ministero dell'istruzione e dell'insegnamento superiore, mira a bloccare le tendenze antigovernative. L'Organizzazione per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria in un comunicato molto critico nei riguardi del governo e dell'ultimo decreto chiede l'intervento immediato da parte degli amici “della libertà" per frenare l'abuso del governo siriano,che “non riesce a distinguere tra la mancanza disciplinare e la libertà di pensiero”, annunciando una campagna contro tutti gli abusi compiuti in questi ultimi mesi e per il risveglio delle coscienze di molti siriani. Ammar Korabi, presidente dellOrganizzazione nazionale per la difesa dei diritti dell'uomo in Siria, parlando con AsiaNews ha criticato “le ultime aggressioni del governo siriano contro la liberta dei cittadini”, ed ha chiesto l'aiuto di tutti, cristiani e musulmani per “poter bloccare la campagna del governo che mira a calpestare i diritti fondamentali dell'uomo”. Rispondendo a una domanda che riguarda il processo iniziato già contro molti aderenti al movimento patriota, ha riferito che ieri è proseguito il processo contro Kamal Al Libwani, accusato di “aver avuto contatti con gli Stati Uniti", per incitare ad una “aggressione contro la Siria”. In Siria, secondo alcune fonti, ci sono più di 20mila prigionieri politici.
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24 Giugno 2006
SIRIA - LIBANO Le Siria pone condizioni per cominciare a dialogare con Beirut di Jihad Hissa In una conferenza stampa ieri il ministro siriano dell’Informazione spiega: niente mediazione di Usa, Francia o Gran Bretagna; rispetto degli accordi in vigore, termine del dialogo inter-libanese per iniziare a discutere di confini e rapporti diplomatici. Damasco (AsiaNews) – La Siria elenca le condizioni necessarie per intraprendere colloqui sui rapporti con il Libano, deterioratisi dal 2004 quando, su pressione di Damasco, è stato esteso il mandato al presidente libanese Emile Lahoud, filo siriano. Ieri, in una conferenza stampa, il ministro dell’Informazione siriano Mohsin Bilal, ha dichiarato che come prima cosa “bisogna attendere la conclusione del dialogo interlibanese” (iniziato a Beirut lo scorso marzo e che procede ad intermittenza). “Conclusi i vostri incontri – ha detto ad una delegazione di giornalisti libanesi, in cui era presente anche AsiaNews - sarete i benvenuti in Siria”. Bilal ha poi sostenuto la disponibilità del suo governo ad iniziare un dialogo sincero, senza mediazione tra i due Paesi, prima di trattare di questioni pratiche. “Non aspettatevi che la Siria chieda a qualcuno di fare da mediatore con Beirut” ha avvertito sottolineando l’importanza degli accordi in vigore, che “devono essere rispettati”. Questo in risposta alle richieste della coalizione anti-siriana in Libano, che chiede invece una revisione di tutti gli accordi siglati in passato con la Siria. Il ministro ha chiaramente spiegato che Damasco riceverà chiunque voglia recarsi in Siria, "a condizione di non passare tramite Washington o Parigi”. Il Libano ha chiesto un incontro con funzionari governativi siriani, ma Damasco si è mostrata restia ad invitare il premier Fuad Siniora per colloqui. In senso più ampio il riferimento è alle pressioni internazionali esercitate da Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna, promotrici di una serie di risoluzioni Onu riguardanti il Libano. La più contrastata da Damasco è la risoluzione 1559 del Consiglio di Sicurezza che chiede alla Siria di porre fine alla sua ingerenza negli affari libanesi, definire i confini e stabilire rapporti diplomatici con Beirut. Bilal ha poi chiesto al governo francese “di assumere il suo ruolo storico", allontanandosi dagli Usa, che perseguono solo i “propri interessi” nella regione. La stampa siriana di oggi riporta che secondo fonti governative, il vertice di ieri tra il presidente siriano Bashar Assad e quello egiziano Hosni Moubarak, mediatore nel conflitto tra Libano e Siria, “non ha portato a nessun risultati positivo”. Anzi con l’occasione Damasco ha ribadito che “per il momento non tratta le questione delle frontiere e dei rapporti diplomatici”. Già all’inizio della settimana il ministro siriano degli Esteri, Walid Muallem aveva detto che “non è il momento adatto per instaurare rapporti diplomatici” tra Siria e Libano. Più ottimista invece il deputato libanese Saad Hariri. Ieri, da Parigi dove ha incontrato il presidente Chirac, il figlio dell’ex premier Rafic Hariri, assassinato l’anno scorso, ha detto che relazioni diplomatiche con la Siria “sono possibili”.
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Le promesse di Assad: un sogno svanito
Di Camille Eid [Avvenire] È capace la Siria del partito della "rinascita" (questo il significato del termine Baath) di rinascere dal letargo in cui si è chiusa da decenni? L'interrogativo è apparso una prima volta sulla bocca dei siriani quando, nel luglio del 2000, il presidente Bashar al-Assad è succeduto al padre Hafez. Sebbene la successione fosse avvenuta in perfetto stile monarchico attraverso un emendamento alla Costituzione (che fissava a 40 anni l'età minima del titolare della massima carica dello Stato), i siriani avevano confidato ugualmente in un cambiamento. Nel suo discorso di investitura il giovane Bashar (all'epoca 34 anni) aveva lasciato intendere che la strada della liberalizzazione dell'economia, della libertà di stampa e del pluralismo era ormai tracciata. E molti siriani gli hanno creduto. Specie quando alcuni intellettuali si sono messi a creare circoli politici con l'obiettivo di promuovere un dibattito teso a superare il monopolio del partito al potere e a combattere corruzione e censura. Ma nel giro di pochi mesi tutto, o quasi, era tornato come prima. I circoli sono stati chiusi con l'accusa di organizzare incontri sovversivi, mentre alcuni deputati sono stati incarcerati solo perché hanno sollecitato la fine dello stato di emergenza, in vigore dal lontano 1963. Della «primavera di Damasco» è rimasto il ricordo di qualche passo timido, come la liberazione di centinaia di detenuti politici e qualche misura di liberalizzazione in campo economico. Molti allora hanno additato la vecchia guardia del Baath, attaccata alle linee guida tracciate dal «leader eterno» Hafez, come responsabile della mancata introduzione delle riforme. Altri ritenevano Bashar ancora poco esperto e molto preoccupato di non allontanarsi troppo dal percorso tracciato dal padre, più avvezzo a giostrarsi tra gli intrighi politici. Anzi, a questi guai interni si sono aggiunti, a partire dal febbraio 2005, anche guai internazionali. La Siria di Bashar è sospettata di aver ordito l'attentato che ha messo brutalmente fine alla vita dell'ex premier libanese Rafiq Hariri, come pure di altri oppositori libanesi. Le pressioni esercitate da Usa e Francia, per non parlare delle massicce manifestazioni di piazza in Libano, hanno cosi' costretto Damasco a "mollare" un territorio che governava indisturbata da almeno quindici anni. A rafforzare l'isolamento internazionale del regime la recente alleanza politica tra i Fratelli musulmani, principale forza di opposizione, e Abdel-Halim Khaddam, ex numero due del regime. Come risposta a queste minacce Damasco non trova di meglio che incarcerare (come ha fatto con lo scrittore Michel Kilo) chiunque osi reclamare un'apertura in senso democratico.
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26 Giugno 2006
SIRIA - LIBANO Assad smentisce un suo ministro, a Damasco “porte aperte” per Siniora e Hariri Il card. Sfeir indirettamente dà il suo avallo a quanti chiedono la sostituzione del presidente della Repubblica libanese. Beirut (AsiaNews) – Si fa sempre più complessa la situazione dei rapporti tra Beirut e Damasco e tra filo-siriani ed antisiriani in Libano. Oggi, infatti, il presidente Assad, contraddicendo il suo ministro dell’informazione, si dice pronto ad accogliere il primo ministro libanese Fouad Siniora ed esponenti della maggioranza antisiriana del parlamento di Beirut, come Saad Hariri; ieri il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha di fatto avallato le posizioni di quanti chiedono l’elezione di un nuovo presidente della Repubblica, al posto del filosiriano Lahoud. L’intervento del patriarca maronita è avvenuto nel corso della messa celebrata a Bkerke: nel corso dell’omelia, dedicata ad ambiente ed inquinamento. Il card. Sfeir ha si è occupato della polemica scoppiata per il mancato invito del presidente libanese Emile Lahoud al vertice dei Paesi francofoni di Bucarest, dedicato agli stessi temi della sua riflessione per la messa. Il patriarca ha apertamente parlato di “una polemica sterile” verso Paesi le posizioni dei quali “sono conformi alle risoluzioni internazionali”, e che è causata da una vicenda che “non può mettere in discussione le amicizie storiche che abbiamo nel mondo”. Il riferimento del card. Sfeir è alla risoluzione 1559 del Consiglio di sicurezza dell’Onu che, tra l’altro, prevede elezioni libere del presidente della Repubblica, alle quali Lahoud si è finora opposto ed all’atteggiamento favorevoli al rinnovamento, assunto dal presidente francese Jacques Chirac. L’elezione del nuovo capo dello Stato, peraltro, è uno dei temi dei quali discutono, finora invano, i 14 partiti partecipanti al “dialogo interlibanese”. Dal fronte siriano arriva invece una intervista “difensiva” del presidente siriano Bachar Al-Assad al quotidiano Al-Hayat, nella quale egli afferma che il suo Paese è pronto ad accogliere il primo minstro libanese, Siniora, “anche senza ordine del giorno”. “Ma – aggiunge - è lui che non è venuto”. La frase si riferisce ad un’altra polemica che ha opposto Beirut e Damasco, proprio sul mancato invito a Siniora che si era detto pronto ad andare a parlare con Assad. Il presidente siriano appare peraltro in netto contrasto con quanto, venerdì 23, aveva sostenuto il ministro dell’Informazione siriano Mohsin Bilal, secondo il quale “bisogna attendere la conclusione del dialogo interlibanese” (iniziato a Beirut lo scorso marzo e che procede ad intermittenza). “Conclusi i vostri incontri – ha detto ad una delegazione di giornalisti libanesi, della quale faceva parte anche AsiaNews - sarete i benvenuti in Siria”. “Le porte – dice invece Assad - restano aperte” per Siniora, Saad Hariri e Michel Aoun. Di quest’ultimo, oggi accusato di posizioni filo-siriane ed candidatosi alla presidenza della Repubblica, Assad ricorda che in passato “hanno avuto rapporti difficili, ma ora lui ha smesso di attaccare la Siria e su alcuni punti la difende”. Su un'altra questione al centro di polemiche, quella dei rapporti diplomatici tra Libano e Siria, che l’Onu chiede vengano istituiti, ma che Damasco ha finora “rinviato”, Assad ora dice di aver proposto “da lungo tempo” di stabilire relazioni diplomatiche. Da registrare, infine, una critica all’Occidente, accusato di aver smesso di esercitare pressioni sul regime siriano. Da Londra Ali Bayaouni, leader di un’opposizione che raccoglie laici e gruppi curdi, sostiene che a fermare le pressioni occidentali è il timore che un collasso del regime di Damasco farebbe riprodurre in Siria quanto sta accadendo in Iraq.
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LIBANO – La polizia libanese ha arrestato una persona sospettata di aver collocato una bomba negli studi dell’emittente televisiva ‘Future Tv’, appartenente alla famiglia dell’ex primo ministro Rafik Hariri, assassinato con un’autobomba a Beirut il 14 febbraio 2005. Non è stato reso noto il nome del fermato né è stato spiegato dalle autorità se si tratti di un elemento considerato ‘filo-siriano’.
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28/6/2006 21.07
SIRIA "RISPONDE" A SORVOLO AEREI DA GUERRA ISRAELIANI Forze della difesa aerea di Damasco avrebbero risposto con non meglio precisati “tiri” contro due aerei israeliani che hanno sorvolato le coste della Siria, costringendolo ad “abbandonare” la rotta. Lo ha detto stasera la televisione di stato, secondo cui l’episodio sarebbe accaduto stamani all’alba. L’emittente non ha tuttavia precisato cosa quali “forze di difesa aerea” siano intervenute contro la presunta violazione dello spazio aereo siriano da parte dei caccia israeliani. L’episodio è stato definito dalla televisione come “un atto aggressivo e una provocazione inaccettabile”. Un portavoce delle forze israeliane ha confermato poi che due aerei militari dello Stato ebraico hanno sorvolato in mattinata il palazzo del presidente siriano Bachar al-Assad nel nord della Siria, aggiungendo che l’operazione sarebbe motivata dal “sostegno” del governo di Damasco al governo palestinese guidato da Hamas.
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LIBANO – Secondo il leader libanese druso Walid Jumblat il regime siriano di Bashar al-Assad vuole trasformare il Libano in un nuovo Iraq, inviando miliziani di al-Qaida nel paese. “Quando Assad dice che caccerà elementi di al-Qaida dalla Siria probabilmente questi si dirigeranno verso il Libano, e questo potrebbe essere pericoloso”, ha detto Joumblatt in una conferenza stampa.
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4 Luglio 2006
LIBANO - USA Card. Sfeir: “obbligo morale” degli Usa a favorire la pace in Medio Oriente di Youssef Hourany In visita negli Stati Uniti, il patriarca afferma che la soluzione del problema palestinese è la chiave della soluzione dei conflitti nella regione. In Libano occorre disarmare Hezbollah, ma “non è facile”, visti i rapporti del Partito di Dio con Siria e Iran. Beirut (AsiaNews) – E’ urgente che gli Stati Uniti si impegnino per favorire il processo di pace in Medio Oriente, il che comporta trovare una soluzione al problema palestinese, questione chiave della pace nella regione, ed è necessario che il Libano riacquisti la sua piena sovranità, e che quindi sia solo l’esercito a portare le armi. E’ intorno a questi argomenti che si è svolti il primo incontro del patriarca maronita, card. Nasrallah Sfeir, con i giornalisti nel corso della sua visita negli Usa, che potrebbe essere occasione anche di un incontro con il segretario di Stato Condoleezza Rice. L’inizio della terza visita pastorale del patriarca ai maroniti degli Stai Uniti, cominciata il 29 giugno a Saint Louis, ha avuto il suo momento centrale nella prestigiosa università dei padri gesuiti, dove ha ricevuto dalle mani del suo rettore, il padre Lorenzo Biondi, il dottorato "Honoris Causa", alla presenza delle massime autorità accademiche e civili. Per l'occasione il cardinale Sfeir ha ribadito “la posizione perenne della Chiesa maronita e la sua fedeltà ai principi già vissuti e predicati anche dai suoi predecessori”, insistendo sul ruolo fondamentale dei maroniti nella nascita del Libano “messaggio per l'Oriente e per l'Occidente”. Il Patriarca Sfeir, durante una conferenza stampa tenuta a Saint Louis prima della sua partenza per Chicago, seconda tappa della sua visita pastorale, ha parlato dell'”urgenza e dell'obbligo morale dei responsabili americani di facilitare il cammino del processo di pace in Medio-Oriente, perché la causa palestinese è la spada permanente che trafigge il cuore della regione, e una volta raggiunta una soluzione del problema palestinese, molti problemi e conflitti nella regione saranno risolti". Il Patriarca Sfeir ha poi ribadito il suo pieno appoggio al ristabilimento di un Libano sovrano, libero da ogni presenza armata non governativa. Ciò comporta il disarmo del partito di Dio, ma "disarmare gli aderenti a Hezbollah non è mica facile perché essi sono protetti dalla Siria e dall'Iran". Il patriarca ha quindi espresso la sua gratitudine alla comunità internazionale che grazie alle risoluzioni dell’Onu sta proteggendo i diritti dei libanesi già calpestati dai nemici del Paese. Giunto ieri a Chicago, il card. Sfeir ha presieduto l'incontro annuale dei maroniti degli Stati Uniti (NAN) che coincide quest'anno con la ricorrenza del 40.mo anniversario dell'erezione della prima diocesi maronita negli Stati Uniti e con la nomina del primo arcivescovo, mons Francis El Zayek. Il patriarca ha illustrato ai partecipanti il significato della sua visita negli Stati Uniti, come “applicazione immediata delle decisioni prese durante l'ultimo sinodo maronita sulla necessità di fortificare i legami tra i maroniti del LIbano e quelli della diaspora”, con un “invito forte” a contribuire alla rinascita del Libano, patria comune dei cristiani e dei musulmani. Fonti del seguito del patriarca Sfeir, hanno rivelato ad AsiaNews il desiderio e l’impegno di esponenti maroniti di ottenere un incontro di natura politica tra il cardinale Nasrallah Sfeir ed il segretario di Stato, Condoleezza Rice, soprattutto dopo l'assegnazione del dossier libanese ad un nuovo ambasciatore, Robert Danin, al posto di Elizabeth Debel.
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LIBANO - Almeno una persona ha perso la vita e altre sette sono rimaste ferite in due gravi scontri a fuoco tra gruppi drusi anti e pro-siriani, avvenuti nel sud-est del Libano. Da quando l’ex primo ministro libanese Rafik Hariri è stato ucciso, il 14 febbraio 2005, e l’esercito siriano è stato costretto a ritirarsi, dopo 29 anni di occupazione, nell’aprile successivo, la situazione politica in Libano si è notevolmente complicata, con decine di morti e un tentativo di conciliazione nazionale finora andato a vuoto.
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#75 |
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5 Luglio 2006
LIBANO – SIRIA Sfeir: la Siria ha tolto dal Libano l’esercito, ma ci ha lasciato servizi segreti e “amici” A proposito di Hezbollah, il patriarca dice che quando nello stesso Paese alcuni sono armati ed altri no, ciò rappresenta “una situazione di ineguaglianza, contraria alla Costituzione”. Beirut (AsiaNews) – L’esercito siriano ha abbandonato il Libano, ma ci ha lasciato i suoi servizi segreti e nel Paese dispone di “amici”; “la conclusione traetela da soli”. Il patriarca maronita Nasrallah Sfeir ha risposto così ai giornalisti americani che, ieri a Chicago, gli chiedevano spiegazioni sullo sviluppo della situazione libanese dopo l’assassinio dell’ex primo ministro Rafic Hariri, avvenuto il 14 febbraio dell’anno scorso, e l’intervento internazionale per il ritiro dei siriani. Il cardinale, che sta compiendo una visita pastorale ai maroniti statunitensi, ha nuovamente esposto il suo punto di vista su Hezbollah, in quanto movimento armato, ribadendo che quando nello stesso Paese alcuni sono armati ed altri no, ciò rappresenta “una situazione di ineguaglianza, contraria alla Costituzione”. In ongi caso, il patriarca è tornato ad affermare la sua convinzione che “una pace giusta per i palestinesi” è la chiave di volta dell’intera situazione mediorientale. Nel corso del suo soggiorno a Chicago, il card. Sfeir ha anche illustrato le conclusioni del sinodo della Chiesa maronita, appena conclusosi a Bkerke, in Libano, per ciò che riguarda il problema della diaspora, il dialogo con gli islamici ed il ruolo della Chiesa nella società. Essa, ha detto a quest’ultimo riguardo, deve essere “la coscienza della società” e per questo prendere posizioni coraggiose di fronte all’autorità, sia essa politica o economica, quano appare corrotta. Quanto al dialogo con gli islamici, esso è al centro della presenza cristiana in Oriente. E la situazione dei cristiani in Libano è legata a quella dell’intero Medio Oriente.
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10 Luglio 2006
LIBANO Sepolto Hrawi, il presidente libanese che chiese il fraterno aiuto siriano Considerato responsabile dell’avallo dell’occupazione siriana, gli viene comunque riconosciuto l’impegno per la riunificazione del Paese. Beirut (AsiaNews) – Salutato da 21 colpi di cannone, è stato sepolto ieri nella natia Zahle, nella Bekaa, l’ex presidente libanese Elias Hrawi, morto venerdì. Figura controversa, accusato di aver accolto la dominazione siriana – Assad in un telegramma ne ha lodato “la sincerità” nei rapporti con Damasco - ma del quale il cardinale Nasrallah Sfeir ha detto che seppe riunificare il Paese, “a costo della vita” e pose fine alla guerra civile. Cristiano maronita, Hrawi, che era nato il 3 settembre 1926 in una famiglia con 19 figli, lui stesso padre di cinque figli, deputato dal 1972, era arrivato alla carica di capo dello Stato dopo l'assassinio del presidente Rene Mouawad, nel 1989, in piena guerra civile. Ci restò fino al 1998. Fautore degli accordi di Taeff, che misero fine alla guerra civile, nel 1990 invocò l’intervento siriano come “forza araba d’aiuto’’ e nel 1991 firmò un “Trattato di fratellanza, coordinamento e collaborazione" con Damasco, di fatto avallando la presenza dell’esercito siriano, rimasto nel Paese dei cedri fino al 2005. Hrawi è stato ricordato da Ghassan Tueini nell'editoriale di An Nahar, come “Il Presidente della Sfida Repubblicana”. Il padre di Gebran Tueini, il deputato ucciso il 12 luglio dell'anno scorso, definisce Hrawi, “il presidente che è stato eletto senza la presenza di una Repubblica, senza palazzo presidenziale, anche senza una vera Costituzione”, che “di fronte a tale realtà è stato costretto ad inventare dei poteri”. Elias Hrawi “ha ricevuto il pesante incarico da un presidente ucciso e sarà ricordato - conclude Tueini - come il presidente che ha potuto affrontare la sfida dell'assenza della Repubblica con la fondazione di una Repubblica, che ha il suo palazzo presidenziale ristrutturato, un esercito unificato e delle Costituzioni Applicate". Dal canto suo, il giornalista Abib Chlouk, parlando con AsiaNews della figura del presidente Hrawi sostiene che, malgrado tutto, rimane nella mente e nella storia del Libano. Egli ha anche ricordato che nella sua autobiografia “La coscienza del Libano” lo stesso Hrawi afferma “la necessità di istaurare rapporti veri e mutui tra il Libano e la Siria, per poter ricostruire una pace durevole nei due paesi". Nella chiesa di San Giorgio, ove si sono svolti i funerali, mons. Youssef Tawk, segretario dell’Assemblea dei vescovi maroniti, ha letto l'orazione funebre del patriarca Sfeir, negli Usa per una visita pastorale. Nell'orazione si ricordano le “circostanze drammatiche” nelle quali avvenne l'elezione di Hrawi alla presidenza della Repubblica, e il fatto positivo che “la sua ossessione era unificare il Libano e lo Stato”. Al rito, accanto al successore di Hrawi, l’attuale presidente Emile Lahoud, e alle rappresentanze istituzionali e politiche libanesi, numerosi i rappresentanti di capi di Stato. Tra loro il ministro siriano per Affari presidenziali Ghassan al-Lahham, il primo dirigente di Damasco ad entrare in Libano dopo il ritiro delle truppe siriane dell’aprile 2005, che ha espresso il “profondo dolore” del presidente Assad.
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12 Luglio 2006
ISRAELE - LIBANO Hezbollah rapisce due soldati israeliani: scenari di guerra al confine con il Libano Hezbollah rapisce due militari israeliani e chiede rilascio di detenuti nelle carceri israeliane. Israele risponde con raid aerei, mentre truppe di terra oltrepassano il confine. “Tesissimo” il clima a Gerusalemme. Gerusalemme (AsiaNews) – Scenari di guerra al confine tra Israele e Libano (Linea blu) dopo il rapimento di due militari israeliani per mano delle milizie sciite Hezbollah. Fonti locali di AsiaNews parlano di una situazione “tesissima” a Gerusalemme, e confermano che l’esercito israeliano ha iniziato a richiamare la riserva nazionale. Un’iniziativa che non lascia molti dubbi sulle intenzioni del governo Olmert per affrontare la crisi. La situazione è in rapido deterioramento lungo la Linea blu da quando oggi Hezbollah ha annunciato di aver catturato due soldati israeliani, nel corso di un attacco dal Libano a postazioni sul confine dello Stato ebraico e in cui - secondo fonti di AsiaNews - sarebbero stati uccisi tre militari israeliani. Stando a quanto riferisce la polizia libanese, che ha confermato il sequestro, i due militari sono stati rapiti dopo che si erano ''infiltrati'' oltre il confine, nella cittadina libanese di Aita al-Chaab. In un comunicato il partito di Hezbollah ha fatto sapere che userà i due sequestrati israeliani “per chiedere la liberazione dei detenuti nelle carceri israeliane”. La risposta di Israele non si è fatta attendere: fonti della sicurezza libanese riferiscono che un bombardamento aereo ha colpito alcune infrastrutture civili nel sud del Libano, tra cui il ponte di Sitt ash-Shabbat, 30 km a nord della frontiera con Israele, provocando la morte di due civili e il ferimento di un soldato libanese. Israele ha mobilitato anche le forze di terra, che hanno oltrepassato il confine con il Libano per cercare i due soldati catturati. Il ministro israeliano della Difesa, Amir Peretz, ha avvertito che Israele ritiene direttamente responsabile il governo di Beirut per il destino dei due militari sequestrati; mentre l'inviato Onu in Libano, Geir Pedersen, ha chiesto ad Hezbollah il rilascio immediato dei due militari, per evitare una escalation “della già tesa situazione lungo la Linea blu”.
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12 Luglio 2006
LIBANO May Chidiac è tornata a Beirut Ieri il rientro della giornalista che a settembre era stata vittima di un attentato. Ad accoglierla personalità politiche, giornalisti e parenti di altre vittime di attentati. “Sarò – ha detto – la voce dei disperati, perché la speranza esiste, come prova la mia presenza”. Beirut (AsiaNews) – E’ tornata in Libano May Chidiac, dopo sette mesi trascorsi in Francia per curare le ferite dell’attentato del quale era stata vittima, il 25 settembre scorso. Scesa sorridente dall’aereo, la giornalista libanese della LBCI (la rete televisiva fondata dalle Forze libanesi nel 1983) è stata accolta ieri pomeriggio all'aeroporto internazionale di Beirut dal ministro dell'informazione Ghazi Aridi, a nome del primo ministro Fouad Siniora, dai ministri Nayla Moawad, Joe Sarkis, Marwan Hamadé et Ahmad Fatfat, dal rappresentante del presidente Lahhoud, il portavoce della presidenza, Rafic Chelala, dal rappresentante del presidente della Camera dei deputati Michel Moussa, e da numerosi parlamentari, giornalisti, religiosi ed amici. Il direttore generale della LBCI, Pierre Daher, nel dare il benvenuto a May Chidiac, ha promesso “di proseguire la missione della LBCI, che è la difesa della libertà malgrado tutto”, indicando nel tentativo di uccidere la Chidiac “la volontà di calpestare l'area democratica che regna ancora in Libano, grazie ai sacrifici di uomini e donne forti come la Chidiac”, ringraziando Dio e la Madonna del Libano per la sua protezione. Emozionata, May Chidiac, ringraziando, ha manifestato la sua ferma volontà di continuare la sua missione, dando appuntamento ai telespettatori “molto presto”. La giornalista ha parlato della sua dura prova, ringraziando Dio, senza il quale non avrebbe potuto resistere. “Sarò – ha detto – la voce dei martiri, io che ero un progetto di martirio; la voce dei disperati, perché la speranza esiste, come prova la mia presenza tra voi”. Direttamente dall'aeroporto, la Chediac ha voluto compiere la sua prima visita in terra libanese al monastero del Santo libanese maronita, Charbel Makhlouf, a Jbeil. Accolta da numerose persone, tra le quali il capo delle Foze libanesi, Samir Geagea, la giornalista ha partecipato ad una messa di ringraziamento celebrata per l'occasione dal superiore del monastero, padre Tannous Nehme. May Chidiac, 56 anni, nell'esplosione di un auto bomba, a Jounieh,vicino alla sede del patriarcato maronita, ha perso un piede una mano. Quella domenica di settembre, la giornalista aveva intervistato nel suo programma "Buona Giornata" il giornalista anti-siriano Sarkis Naoum, che aveva lanciato dure critiche contro la politica siriana nella regione. L’esplosione la colpì dopo una visita al monastero di San Charbel. Dopo due mesi di cure intensive nell'ospedale dell'università di S.Joseph (Hotel Dieu), è stata trasferita in Francia per proseguire la cura delle ferite e compiere il reimpianto del piede e della mano.
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12 luglio 2006 17.13
PARIGI RICE: LA CATTURA DEI SOLDATI DESTABILIZZA LA REGIONE [Avvenire] La cattura da parte degli Hezbollah libanesi di due soldati israeliani destabilizza la regione mediorientale. Lo ha detto la segretario di Stato Usa, Condoleezza Rice, a Parigi per un vertice dei ministri degli esteri dei sei grandi sul nucleare iraniano. La Rice ha anche chiesto che la Siria prema per una "soluzione positiva".
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12 luglio 2006 16.39
ISRAELE OLMERT: LA SIRIA HA UN GOVERNO TERRORISTA [Avvenire] Il premier israeliano Ehud Olmert ha lanciato oggi un duro attacco al governo siriano, in seguito al rapimento di due soldati israeliani da parte di un commando di guerriglieri Hezbollah, che sono sostenuti da Damasco oltre che da Teheran, sul confine israelo-libanese. «La Siria - ha detto Olmert - ha dimostrato nell'arco di tutto l'ultimo periodo di avere un governo dal carattere terroristico, un governo che appoggia i terroristi, un governo che appoggia e sostiene il terrorismo e che incoraggia le attività omicide sia di elementi terroristici al suo interno sia di elementi che sono da questo appoggiati esternamente». «È necessaria - ha aggiunto - un'opportuna preparazione per far fronte a questo comportamento del governo siriano».
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