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Old 03-10-2004, 12:30   #281
twinpigs
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Messaggi: 423
in ogni caso (anche se sono di parte ... o più precisamente contro una parte)

Kerry secondo me è stato più chiaro, più dettagliato ed ha proposto e spiegato una caterva di alternative alla politica di bush (non parlo di fare politica antitetica ... ma fatta di diplomazia, intelligence e reintegrare le tonnellate di fondi tolti alla sicurezza interna, welfare e lotta al vero terrorismo, insomma tutte le altre priorità ... tutti fondi tolti per l'iraq).

Bush invece le sue critiche le motivava con i soliti slogan demenziali e puerili ed i discorsi da saloon
__________________
È un bene che gli abitanti della nazione non capiscano abbastanza il nostro sistema bancario e monetario, perché se lo facessero, credo che ci sarebbe una rivoluzione prima di domattina.
Henry Ford
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Old 03-10-2004, 15:34   #282
Paracleto
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Iscritto dal: Jun 2004
Messaggi: 3
"I'll never give a veto to any country over our security. But . . ."
"I believe in being strong and resolute and determined. And I will hunt down and kill the terrorists, wherever they are. But . . ."
"We have to be steadfast and resolved, and I am. And I will succeed for those troops, now that we're there. We have to succeed. We can't leave a failed Iraq. But . . ."
"I believe that we have to win this. The president and I have always agreed on that. And from the beginning, I did vote to give the authority, because I thought Saddam Hussein was a threat, and I did accept that intelligence. But . . ."
"I have nothing but respect for the British, Tony Blair, and for what they've been willing to do. But. . ."
"What I want to do is change the dynamics on the ground. And you have to do that by beginning to not back off of the Fallujahs and other places, and send the wrong message to the terrorists. You have to close the borders. You've got to show you're serious in that regard. But . . ."
"I couldn't agree more that the Iraqis want to be free and that they could be free. But . . ."
"No president, through all of American history, has ever ceded, and nor would I, the right to pre-empt in any way necessary to protect the United States of America. But . . ."
"I've never wavered in my life. I know exactly what we need to do in Iraq, and my position has been consistent: Saddam Hussein is a threat. He needed to be disarmed. We needed to go to the U.N. The president needed the authority to use force in order to be able to get him to do something, because he never did it without the threat of force. But . . .".





http://www.nytimes.com/auth/login?UR...Q26positionQ3D


L'editoriale del WaPo non dice chi ha vinto né chi ha peso, ma critica Bush solo perché per non ha riconosciuto che in Iraq le cose non vanno bene, mentre Kerry per non essere riuscito ad essere chiaro: "But Mr. Kerry had a more complicated position to defend, and it showed at times. He called the war a mistake and a diversion, but later said that American soldiers were not dying for a mistake. He implied that money being spent in Iraq could be better spent on prescription drugs for seniors, but insisted, "I'm not talking about leaving. I'm talking about winning." Mr. Bush was skillful and relentless in underlining these "mixed messages," and in arguing that a president who sent them could not effectively lead U.S. forces or recruit allies. "So what's the message going to be? Please join us in Iraq for a grand diversion?" he demanded at one point. Mr. Kerry seemed not to have an answer to this challenge; his argument that "the real war on terrorism [is] in Afghanistan against Osama bin Laden" seemed to us unconvincing alongside Mr. Bush's repeated insistence that success in Iraq and on other fronts is equally vital to U.S. security. After all, not so long ago Mr. Kerry said he, too, believed that Saddam Hussein represented a grave threat that the United States could not afford to ignore".

http://www.washingtonpost.com/wp-dyn...-2004Oct1.html
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Paracleto____ °~°The Alpha Group°~°

Ultima modifica di Paracleto : 03-10-2004 alle 15:36.
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Old 03-10-2004, 15:54   #283
ni.jo
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Old 03-10-2004, 16:17   #284
ni.jo
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Città: torino but i'm sard inside.
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Originariamente inviato da Proteus
Carina questa, e poi la trovo adeguata nel descrivere la pochezza di entrambi i personaggi.

Ciao
in effetti con 'sti due stiamo a cavallo...non ci posso credere che in tutti gli States non ci siano due pesone più adatte a ricoprire un ruolo così importante....cmq imho almeno in Kerry la materia grigia occupa un pò di spazio...e il flip flop è una caratteristica molto italica, che me lo rende quasi simpatico
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Old 04-10-2004, 10:54   #285
IpseDixit
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L'ultima rilevazione di Gallup che va da 1 al 3 ottobre da i due candidati al 49 %.
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Old 04-10-2004, 12:03   #286
tatrat4d
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http://www.drudgereport.com/dnc57.htm

Sgandalo, sgub del progiesso al dibbattito!!!
Ci vuole la batente a bunti per i candidati!!!

Tanto per sdrammattizzare (non so neanche se sia vero o un fake).
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In letargo intermittente... Comunque vi si legge, ogni tanto ci si desta
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Old 04-10-2004, 12:31   #287
GioFX
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si beh, e questo allora?

http://bellaciao.org/en/article.php3?id_article=3562





cmq non so quanto sia il caso di prendere seriamente certe fonti così schierate e poco attendibili.
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Ultima modifica di GioFX : 04-10-2004 alle 12:37.
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Old 04-10-2004, 12:51   #288
tatrat4d
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Caspita, ci ritroviamo Nader Presidente per esclusione!!!
Non vorrei appassionarmi a roba del genere, però noi abbiamo anche le immagini, la "vostra" è solo una volgare congettura!!!
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Old 04-10-2004, 13:00   #289
GioFX
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Quote:
Originariamente inviato da tatrat4d
Caspita, ci ritroviamo Nader Presidente per esclusione!


mmh, beh... almeno è ambientalista e firmerebbe il protocollo di Kyoto...

Quote:
Non vorrei appassionarmi a roba del genere, però noi abbiamo anche le immagini, la "vostra" è solo una volgare congettura!!!
voi avete le immagini, noi abbiamo l'audio e le immagini...
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Old 04-10-2004, 13:07   #290
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Quote:
Originariamente inviato da GioFX
voi avete le immagini, noi abbiamo l'audio e le immagini...
Ha reagito alla prima luce, si vede benissimo. E comunque se c'era Karl Rove all'apparecchio era ben rinco pure lui: Bush (o chi attraverso lui ) non ha usato quasi nessuno degli spunti del suo team seziona dibattito anti flip-flop. Io ricordo ancora quando alle primarie del 2000 Rove distrusse McCain arrivando ad insinuare che i Vietcong gli avessero fatto il lavaggio del cervello: pessimo gusto a parte, dubito che sia diventato un così bravo ragazzo.
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Old 04-10-2004, 13:11   #291
GioFX
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Quote:
Originariamente inviato da tatrat4d
Ha reagito alla prima luce, si vede benissimo. E comunque se c'era Karl Rove all'apparecchio era ben rinco pure lui: Bush (o chi attraverso lui ) non ha usato quasi nessuno degli spunti del suo team seziona dibattito anti flip-flop. Io ricordo ancora quando alle primarie del 2000 Rove distrusse McCain arrivando ad insinuare che i Vietcong gli avessero fatto il lavaggio del cervello: pessimo gusto a parte, dubito che sia diventato un così bravo ragazzo.
Beh, Rove è rinco per definizione... dopo Bush, sia chiaro...
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Old 04-10-2004, 14:51   #292
jumpermax
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il dibattito integrale...
Quote:
IL GIRO DEL MONDO IN 90 MINUTI
Il dibattito tosto di politica estera tra Bush e Kerry

LEHRER: Buona sera dall’University of
Miami Convocation Center di Coral Gables,
Florida. Sono Jim Lehrer, presentatore
del programma “The Newshour”, trasmesso
sulla PBS. Vi do il benvenuto al
primo dibattito presidenziale tra George
W. Bush, il candidato repubblicano, e il senatore
John Kerry, il candidato democratico.
Questi dibattiti sono sponsorizzati
dalla Commission on Presidential Debates.
Il dibattito di questa sera durerà 90
minuti, secondo regole precise concordate
dai rappresentanti dei due candidati. Il
tema generale è la politica estera e la sicurezza
nazionale, ma le domande specifiche
sono state preparate direttamente
da me e né i candidati né nessun altro ne
sono stati informati. Per ogni domanda è
prevista una risposta di due minuti, una
replica di un minuto e mezzo e, a mia discrezione,
una discussione aggiuntiva di
un minuto. Una luce verde si accenderà
quando rimarranno soltanto 30 secondi a
disposizione per la risposta, diventando
gialla quando ne rimarranno 15 e mettendosi
a lampeggiare quando il tempo sarà
scaduto. C’è anche un sistema di avvertimento
sonoro, in caso di necessità. I candidati
non possono rivolgersi direttamente
domande. Avranno a disposizione due
minuti per una dichiarazione conclusiva,
ma non ci saranno dichiarazioni d’apertura.
Nella sala c’è un pubblico, ma rimarrà
in assoluto silenzio per tutti i prossimi novanta
minuti, fatta eccezione per dare, insieme
a me, il benvenuto al presidente
Bush e al senatore Kerry.
(APPLAUSI)
LEHRER: Buona sera signor presidente,
senatore Kerry. Come stabilito a sorte,
la prima domanda è per lei, senatore
Kerry. Ha due minuti a sua disposizione.
Lei pensa che potrebbe fare meglio del
presidente Bush per prevenire un altro attentato
terroristico contro gli Stati Uniti
come quello dell’11 settembre?
KERRY: Sì, ne sono convinto. (…) Sono
in grado di rendere l’America un luogo
più sicuro di quanto abbia fatto il presidente
Bush. Sono certo che il presidente
Bush e io amiamo allo stesso modo il nostro
paese. Ma abbiamo due visioni diverse
su come rendere l’America più sicura.
Ritengo che l’America sia più sicura e più
forte quando si pone alla guida del mondo
e di solide alleanze. Non porrò mai un veto
contro qualsiasi paese sulla nostra sicurezza.
Ma so anche come guidare queste
alleanze. Il presidente Bush le ha mandate
a pezzi in tutto il pianeta, e ora in Iraq
ci dobbiamo sobbarcare il 90 per cento
delle perdite e dei costi. Penso che sia
sbagliato, e penso che potremmo fare di
meglio. Ho un piano migliore per garantire
la sicurezza interna. Ho un piano migliore
per combattere la guerra contro il
terrorismo, rafforzando il nostro esercito
i nostri servizi segreti, facendo ciò che è
necessario per ricostruire le alleanze, facendo
arrivare il nostro messaggio al mondo
musulmano (cosa che il presidente non
stato … capace di fare) e cominciando a
isolare i musulmani radicali invece di lasciare
che siano loro a isolare gli Stati
Uniti. So che posso ottenere migliori risultati
in Iraq. Ho intenzione di organizzare
un summit con tutti gli alleati, cosa
che il presidente non è stato capace di fare.
So che possiamo fare di meglio per addestrare
le forze irachene e per organizzazare
le prossime elezioni. Possiamo fare
tutto questo e migliorare in particolare
sicurezza interna, (…).
BUSH: (…) L’11 settembre ha cambiato
modo in cui l’America guarda il mondo.
Da quel giorno, la nostra nazione ha adottato
una strategia molteplice per garantire
la propria sicurezza. Abbiamo stanato
Qaida dovunque abbia cercato di nascondersi.
Il 75 per cento dei capi di al
Qaida sono stati assicurati alla giustizia. E
quelli che ancora rimangono sanno che li
stiamo cercando. Abbiamo sostenuto la
dottrina secondo la quale, se qualcuno
protegge un terrorista, diventa altrettanto
colpevole. I talebani non sono più al potere.
In Afghanistan, dieci milioni di persone
si sono registrate per votare nelle prossime
elezioni presidenziali. In Iraq, abbiamo
visto una minaccia; dopo l’11 settembre
ci siamo resi conto che dovevamo
prendere sul serio le minacce, e agire prima
che si materializzassero fino in fondo.
Oggi Saddam Hussein si trova dietro le
sbarre. Grazie a ciò, l’America e il mondo
sono più al sicuro. Continuiamo a seguire
nostra politica, tesa a impedire la proliferazione
delle armi di distruzione
massa. La Libia ha rinunciato al proprio
programma di armamento. Allo stesso
tempo, perseveriamo nella nostra strategia
di promuovere la libertà in tutto
mondo; perché sono convinto che le nazioni
libere rifiutano il terrorismo. Le nazioni
libere danno corso alle speranze
alle aspirazioni dei loro popoli. Le nazioni
libere ci aiuteranno a realizzare quella
pace che tutti desideriamo.
LEHRER: Ritiene che l’elezione del senatore
Kerry farebbe aumentare le possibilità
che gli Stati Uniti siano colpiti da
nuovo attacco terroristico come quello
dell’11 settembre?
BUSH: No, non penso. Sono convinto
che vincerò, perché il popolo americano
che io ho la capacità di guidarlo. Ho dimostrato
al popolo americano che sono
grado di farlo. So che non tutti in questo
paese sono d’accordo con le decisioni
preso. E ho preso delle decisioni molto
severe. Ma la gente sa da che parte
schierato. La gente sa in che cosa credo.
E questo è il modo migliore per mantenere
la pace. Questa nostra nazione
assunta il solenne impegno di sconfiggere
l’ideologia dell’odio. Ecco che cosa sono
veramente i nostri nemici: una banda
assassini che uccide non soltanto qui,
uccide bambini in Russia e attacca senza
pietà in Iraq, sperando di piegare la nostra
volontà. Abbiamo il dovere di sconfiggere
questi nemici. Abbiamo il dovere
proteggere i nostri figli e i nostri nipoti.
Il modo migliore per sconfiggerli
quello di non vacillare mai, di essere
di usare ogni mezzo a nostra disposizione,
di rimanere sempre all’offensiva
allo stesso tempo, di diffondere la libertà.
è proprio questo ciò che la gente vede
avvenire in Afghanistan. Dieci milioni
cittadini si sono registrati per il voto.
numero straordinario. Gli è stata data
un’opportunità per essere liberi, e si presenteranno
ai seggi. Il 41 per cento di queste
persone sono donne. In Iraq, senza
dubbio, è una situazione difficile. E’ un lavoro
duro. Incredibilmente duro. Sapete
perché? Perché il nemico ha compreso
qual è la posta in gioco. Il nemico ha capito
che un Iraq libero sarebbe una disatrosa
sconfitta per la sua ideologia dell’odio.
Ecco perché combatte con tanta ferocia.
Questi nemici sono comparsi in Afghanistan,
ma non sono riusciti a batterci.
Ora appaiono in Iraq per la stessa ragione.
Stanno cercando di sconfiggerci. E
noi perdiamo la nostra volontà, saremo
battuti. Ma se restiamo decisi e determinati,
sconfiggeremo il nemico.
KERRY: Anche io credo nella decisione
nella determinazione. E darò la caccia
terroristi, ovunque si trovino. Ma dobbiamo
anche essere astuti. E essere astuti
significa non distrarre la propria concentrazione
dalla vera guerra contro il terrorismo
in Afghanistan per rivolgersi all’Iraq,
dove la commissione di indagine
11 settembre ha confermato che non c’erano
legami tra gli attentati e Saddam
Hussein, e dove la ragione per la guerra
erano le armi di distruzione di massa
non il rovesciamento di Saddam Hussein.
presidente ha compiuto, mi dispiace
dirlo, un enorme errore di giudizio. E
capacità di giudizio è proprio la qualità
che cerchiamo in un presidente degli Stati
Uniti d’America. In queste elezioni,
orgoglioso di avere al mio fianco importanti
personaggi del mondo militare:
l’ex presidente del Joint Chiefs of Staff
John Shalikashvili; il generale John Eisenhower,
figlio del generale Eisenhower;
l’ammiraglio generale William Crown;
generale Tony McBeak. Sono tutti convinti
che io sarei un più deciso comandante
capo. E ne sono convinti perché sanno
che non toglierei mai gli occhi dall’obiettivo:
Osama bin Laden. Purtroppo, Osama
fuggito nelle montagne di Tora Bora. L’avevamo
circondato. Ma non abbiamo impiegato
le forze americane, le meglio
addestrate
del mondo, per catturarlo e farlo
fuori. Il presidente si è affidato ai signori
della guerra afghani, appaltandogli anche
questo compito. E’ stato un errore.
LEHRER: “Errori clamorosi”. Quali sono,
a suo giudizio, gli errori clamorosi fatti
dal presidente Bush?
KERRY: Bene, da dove cominciare? Per
prima cosa, ha fatto l’errore di dire all’America
che avrebbe costruito una vera alleanza,
che avrebbe seguito le risoluzioni
dell’Onu e proseguito le ispezioni. In
realtà, non ne aveva la minima intenzione.
E’ stato solo quando l’ex segretario di Stato
Jim Baker e il generale Scowcroft, e altri
ancora, lo hanno pubblicamente esortato
affermando la necessità di consultare
l’Onu che il presidente ha finalmente
cambiato idea e deciso di recarsi all’Onu.
Avremmo potuto continuare con le ispezioni.
Saddam Hussein era in trappola.
Bush ha anche promesso all’America che
la guerra sarebbe stata l’ultima opzione.
Queste parole hanno un preciso significato
per me, come uomo che ha combattuto
in guerra. “Ultima opzione”. Bisogna essere
in grado di guardare negli occhi i genitori
dei soldati e dirgli: “Ho fatto tutto il
possibile per evitare la perdita dei suoi figli”.
Io non credo che gli Stati Uniti l’abbiano
fatto. E abbiamo messo da parte i
nostri alleati. Così, oggi, subiamo il 90 per
cento delle perdite e ci sobbarchiamo il 90
per cento dei costi: 200 miliardi di dollari.
200 miliardi di dollari che avrebbero potuto
essere utilizzati per la sanità, le scuole
o i lavori pubblici, e che invece vengono
spesi per la guerra in Iraq. Per di più,
l’Iraq non è nemmeno il cuore della guerra
contro il terrorismo. Il centro di questa
guerra è l’Afghanistan, dove, detto per inciso,
quest’anno sono già morti più americani
che in tutto l’anno scorso; dove la produzione
dell’oppio rappresenta il 75 per
cento della produzione mondiale; dove
quasi il 60 per cento dell’economia si basa
sul traffico di oppio; e dove, infine, le
elezioni sono state rimandate per ben tre
volte. Il presidente ha fatto spostare le nostre
truppe, tanto che ora in Iraq c’è un
numero di soldati dieci volte superiore a
quello che si trova in Afghanistan, dove si
nasconde bin Laden. Questo significa forse
che Saddam Hussein era dieci volte più
importante di bin Laden? Non credo.
BUSH: Nel 2002, il mio avversario ha
avuto sotto gli occhi le stesse informazioni
che ho avuto io e ha dichiarato che Saddam
Hussein era una grave minaccia. Ha
anche detto, nel dicembre 2003, che
chiunque dubitasse che il mondo non fosse
più sicuro senza Saddam Hussein non
aveva il diritto di diventare presidente.
Sono d’accordo con lui. Il mondo è più sicuro
senza Saddam Hussein. Speravo che
la diplomazia potesse funzionare. Comprendo
perfettamente cosa significa impegnare
le nostre truppe in un conflitto.
E’ la decisione più difficile che un presidente
debba prendere. Così sono andato
all’Onu. E non c’è stato bisogno che qualcuno
mi dicesse di andarci. Sono stato io
deciderlo. E ci sono andato sperando
che, una volta per tutte, il mondo libero
avrebbe agito di concerto per obbligare
Saddam Hussein a ubbidire alle nostre richieste.
L’Onu ha approvato una risoluzione
che dichiarava: “Aprire i propri arsenali
e disarmare, oppure subire serie
conseguenze”. Io penso che quando un organismo
internazionale si esprime ufficialmente,
deve intendere davvero ciò
che dice. Saddam Hussein non aveva alcuna
intenzione di disarmare. Perché
avrebbe dovuto farlo? C’erano già state altre
sedici risoluzioni, e non ne era stata
mai messa nessuna in pratica. Il mio avversario
parla di ispezioni. Il fatto è che
gli ispettori venivano sistematicamente
ingannati da Saddam Hussein. Così non
poteva funzionare. Era una mentalità pre-
11 settembre, fondata sulla speranza che,
in qualche modo, le risoluzioni e le inutili
ispezioni potessero rendere questo
mondo un luogo più pacifico. Saddam sperava
che prima o poi avremmo desistito.
Ma per fortuna non era il solo a pensare
che fosse necessario intervenire. Noi lo
abbiamo fatto. E il mondo è più sicuro
senza Saddam Hussein.
LEHRER: Cosa pensa dell’osservazione
del senatore Kerry, sulla priorità di concentrarsi
su bin Laden anziché su Saddam?
BUSH: Jim, abbiamo la capacità di fare
entrambe le cose. Di fatto, si tratta di un
impegno globale. Stiamo combattendo
contro della gente che nel proprio cuore
ha un odio così profondo che è pronta a
colpire ovunque e con ogni mezzo. Ed è
per questo che è essenziale stringere solide
alleanze, e noi lo abbiamo fatto. Ed è
altrettanto essenziale assicurare che le armi
di distruzione di massa non cadano
nelle mani di organizzazioni come al Qaida,
cosa che abbiamo fatto. Affermare che
la guerra contro il terrorismo abbia un solo
centro significa non avere compreso la
natura di questa guerra. Naturalmente
stiamo dando la caccia a bin Laden. E’ isolato.
Il 75 per cento dei suoi seguaci è stato
catturato. Khalid Sheik Mohammed, la
mente degli attentati dell’11 settembre, si
trova in prigione. Stiamo facendo progressi.
Ma il fronte di questa guerra non si trova
in un solo luogo. Nelle Filippine, ad
esempio, stiamo aiutando le autorità locali
a catturare gli affiliati di al Qaida. Ma,
naturalmente, l’Iraq è un punto centrale
nella guerra contro il terrorismo. Per questo
Zarqawi e la sua gente continuano a
combatterci. Spera che ci stanchiamo e
che ce ne andiamo. Il disastro più grave
che potrebbe accadere sarebbe quello di
non avere successo in Iraq. Ma avremo
successo. Abbiamo un piano. E la ragione
principale di questo sicuro successo sta
nel fatto che gli iracheni vogliono essere
liberi. Ho avuto l’onore di incontrare il
primo ministro Allawi. E’ un leader forte
e coraggioso. Crede nella libertà del popolo
iracheno. Non vuole, però, che la leadership
statunitense lanci segnali ambigui,
che facciano dubitare del suo impegno
a favore del popolo iracheno. Allawi
crede, come me, che gli iracheni siano
pronti a combattere per la loro libertà.
Hanno solo bisogno di essere aiutati ad
addestrare le proprie forze. A gennaio ci
saranno le elezioni. Stiamo spendendo denaro
per la ricostruzione. La nostra alleanza
è solida. E’ questo il piano per la
vittoria. Quando l’Iraq sarà libero, l’America
sarà più al sicuro.
KERRY: Il presidente ha appena parlato
dell’Iraq definendolo il centro della
guerra contro il terrorismo. Ma l’Iraq non
era affatto al centro di questa guerra prima
che il presidente decidesse di invaderlo.
Il presidente aveva preso la decisione
di spostare le forze dall’Afghanistan
ancora prima che il Congresso approvasse
la preparazione per la guerra in Iraq. E si
è buttato nella guerra senza avere un piano
per vincere la pace. Ebbene, non è questo
il tipo di decisioni che deve prendere
un presidente degli Stati Uniti. Non si trascina
l’America in guerra se non si ha un
piano per vincere la pace. Non si inviano
in guerra i soldati senza tutto l’equipaggiamento
di cui hanno bisogno. In Ohio,
Wisconsin e Iowa ho incontrato diversi genitori
che acquistavano su internet gli
equipaggiamenti di migliore qualità per
mandarli ai loro ragazzi. Alcuni glieli spedivano
come regalo di compleanno. Secondo
me così non va. Dei 12.000 Humvees
utilizzati in Iraq, 10.000 non sono corazzati.
E se andate negli ospedali trovate ragazzi
che sono stati mutilati perché non
avevano l’armamento necessario. Non so
se il presidente si renda davvero conto di
ciò che sta effettivamente accadendo laggiù.
Ma ogni giorno la situazione peggiora.
A giugno abbiamo avuto il maggior numero
di soldati uccisi rispetto a tutti gli altri
mesi precedenti. E il numero è continuato
ad aumentare costantemente da luglio
a settembre. E ora assistiamo alle decapitazioni.
E ogni giorno armi di distruzione
di massa sono fatte passare lungo i confini,
e fanno saltare in aria la gente. E non
abbiamo abbastanze truppe.
BUSH: Innanzitutto, il mio avversario
vuole che dimentichiate che ha votato a
favore dell’uso della forza, mentre ora dice
che è una guerra sbagliata, nel momento
e nel posto sbagliato. Non capisco
come si possa portare il paese alla vittoria
in Iraq se si dichiara che è una guerra
sbagliata, nel momento e nel posto sbagliato.
Quale messaggio si manda alle
truppe? Quale messaggio si manda ai nostri
alleati? Quale messaggio si manda
agli iracheni? No, il modo migliore per
vincere è quello di rimanere decisi e determinati
e seguire il piano che ho appena
descritto.
KERRY: Sì, dobbiamo rimanere decisi
e determinati; e io lo sono. E otterrò la vittoria
per le nostre truppe, ora che sono
laggiù. Dobbiamo vincere. Non possiamo
lasciare un Iraq non democratizzato. Ma
questo non significa che non sia stato un
errore andare in Iraq e distogliere l’attenzione
da bin Laden. E’ stato un errore.
Ora, possiamo ancora vincere. Non credo
che il presidente Bush possa riuscirci.
Penso che abbiamo bisogno di un presidente
che abbia la credibilità sufficiente
per riportare al tavolo gli alleati e per fare
tutto ciò che è necessario per non lasciare
l’America da sola in questa lotta.
LEHRER: (…) Se fosse eletto presidente
cosa farebbe, specificamente, di aggiuntivo
o di diverso per migliorare la sicurezza
interna degli Stati Uniti rispetto alle iniziative
già assunte dal presidente Bush?
KERRY: (…) Prima di tutto, quale messaggio
si manda se, pur investendo per l’Iraq
500 milioni di dollari, si inviano per le
strade irachene agenti di polizia e se si tagliano
i finanziamenti per la polizia in
America? Quale genere di messaggio si
manda finanziando l’apertura di stazioni
di pompieri in Iraq e allo stesso tempo fae
cendone chiudere altre qui in America? Il
presidente non ha investito un solo nickel
per cercare di rendere più protetti i nostri
ponti, i nostri tunnel e le nostre metropolitane.
E’ per questo che, nei giorni
della convention repubblicana, a New
York si è dovuta chiudere la metropolitana.
Non abbiamo fatto nessuno dei lavori
che dovevano essere fatti. Il 95 per cento
dei container che arrivano nei porti della
Florida non è ispezionato. All’aeroporto,
i bagagli dei passeggeri vengono passati ai
raggi X, ma il carico degli aerei merci invece
no. Tutto questo vi fa sentire forse
più sicuri in America? Il presidente ha ritenuto
che concedere una riduzione delle
tasse alle persone più ricche del paese
fosse più importante che investire nella
sicurezza nazionale. Non sono questi i
miei valori. Io credo che la prima cosa sia
la protezione dell’America. E prima di
procedere a tagli alle tasse, io intendo investire
per la sicurezza nazionale e assicurarmi
che non si taglino i finanziamenti
alle forze di polizia, che le nostre stazioni
dei pompieri siano in piena efficienza
e che le nostre industrie chimiche
e nucleari siano adeguatamente protette.
E c’è ancora un enorme lavoro da fare per
tenere sotto controllo una grande quantità
di materiale nucleare disperso in tutto
il mondo, e che potrebbe finire nelle
mani dei terroristi. (…)
BUSH: Non penso che vogliamo addentrarci
ora nel modo in cui il senatore
Kerry troverebbe i soldi per soddisfare
tutte le promesse che ha fatto. (…) La mia
Amministrazione ha triplicato i finanziamenti
per la sicurezza nazionale, toccando
la cifra di 30 miliardi di dollari all’anno.
La mia Amministrazione ha collaborato
con il Congresso per creare il Dipartimento
di sicurezza interna al fine di coordinare
in modo più efficiente la protezione
dei nostri confini e dei nostri porti. Sul
confine meridionale, abbiamo già aumentato
di mille unità la polizia; sul confine
settentrionale, dobbiamo fare la stessa cosa.
Stiamo modernizzando le nostre frontiere.
Abbiamo speso 3,1 miliardi di dollari
per la polizia e i vigili del fuoco. Ma il
modo migliore per difendere la nostra patria
è quello di stare sempre all’erta. Noi
dobbiamo essere sempre vigili, ma al nemico
basta una minima disattenzione per
colpirci. (…) Inoltre, abbiamo cambiato
l’impostazione dell’FBI, in modo da assegnarle
come priorità numero uno il controterrorismo.
Stiamo procedendo a riformare
i nostri servizi segreti. Il Patriot Act
ha un’importanza decisiva, ed è vitale che
il Congresso ne confermi la validità. (…)
KERRY: Il presidente ha appena detto
che l’FBI ha cambiato la propria impostazione.
Abbiamo letto sulle prime pagine
di tutti i giornali americani che ci sono
oltre 100.000 ore di registrazioni, ancora
non esaminate. D’altra parte, il punto
non è nemmeno se si stanno spendendo
più soldi. Il punto è: si sta facendo tutto
il possibile per rendere l’America più
sicura? Non avevamo bisogno di tagli alle
tasse. L’America aveva bisogno di essere
resa sicura.
BUSH: Naturalmente, stiamo facendo
tutto il possibile per proteggere l’America.
Ogni mattina mi sveglio pensando al
modo migliore per proteggere l’America.
E’ questo il mio compito. Lavoro insieme
a Mueller, il direttore dell’FBI: quando sono
a Washington, viene nel mio ufficio
ogni mattina, e discutiamo su come garantire
la protezione del paese. Ci sono davvero
molte brave persone che lavorano
duro per questo scopo. E’ un lavoro duro.
Ma, ancora una volta, voglio dire al popolo
americano che stiamo facendo tutto il
possibile, e che è meglio avere un presidente
che dà la caccia ai terroristi e li assicura
alla giustizia prima che possano
colpirci di nuovo.
LEHRER: Quali sono i criteri che userebbe
per stabilire il momento di riportare
a casa le nostre truppe inviate in Iraq?
BUSH: Il modo migliore per rendere sicuro
l’Iraq è addestrare i cittadini iracheni
a svolgere tutti i compiti di sicurezza.
Ed è proprio quello che stiamo facendo.
Finora ne abbiamo addestrati 100.000, che
diventeranno 125.000 alla fine di quest’anno
e 200.000 alla fine del prossimo. Non
avremo mai successo in Iraq se i cittadini
iracheni non vorranno assumersi la responsabilità
di proteggere se stessi e il
proprio paese. Io sono convinto che lo vogliono.
E anche il primo ministro Allawi
ne è convinto. Perciò, il criterio migliore
per stabilire quando riportare a casa le
nostre truppe (cosa che io intendo davvero
fare, ma non semplicemente per farle
tornare; voglio farlo perché abbiamo raggiunto
il nostro obiettivo) è quello di vedere
gli iracheni assumersi questa responsabilità.
Quindi la risposta alla domanda
è: quando il nostro generale e l’ambasciatore
Negroponte mi diranno che l’Iraq
è pronto per difendersi da questi terroristi,
a indire le elezioni e che sta avviandosi
a diventare una nazione libera.
Ecco quando. E spero che sia il più presto
possibile. Ma so che non serve fissare scadenze
artificiali. Il mio avversario una volta
ha detto: “Eleggettemi, e riporterò a casa
le nostre truppe in sei mesi”. Non si
può promettere questo e aspettarsi di vincere
la guerra contro il terrorismo. Il mio
messaggio alle nostre truppe è il seguente:
“Grazie per ciò che state facendo. Siamo
al vostro fianco. Vi daremo tutto l’equipaggiamento
di cui avete bisogno. E vi
riporteremo a casa non appena la missione
sarà compiuta, perché una missione di
importanza vitale”. Un Iraq libero sarà un
alleato nella guerra al terrorismo, e questo
è un fatto essenziale. Un Iraq libero
rappresenterà un esempio di grande forza
in una parte del mondo che ha una disperata
sete di libertà. Un Iraq libero aiuterà
la sicurezza di Israele. Un Iraq libero
rafforzerà le speranze e le aspirazioni dei
riformisti in paesi come l’Iran. Un Iraq libero
è essenziale per la sicurezza della
nostra nazione.
KERRY: Anche il mio messaggio alle
truppe è: “Grazie per ciò che state facendo”,
ma aggiungo: “Gli aiuti stanno arrivando”.
Credo che le truppe si meritino
qualcosa di più di quello che hanno ricevuto.
(…) L’altro giorno, mi trovavo in coda
all’aeroporto, ho incontrato due giovani
reduci, uno in servizio attivo e l’altro un riservista
della Guardia nazionale. Mi hanno
entrambi guardato e hanno detto: Abbiamo
bisogno di te. Ci devi aiutare laggiù.
(…) Come sapete, il padre del presidente
non è andato fino a Baghdad, si è fermato
a Bassora. E la ragione, ha detto (l’ha anche
scritto nel suo libro), era che non c’era
un via d’uscita percorribile. E ha detto
che le nostre truppe sarebbero diventate
delle forze d’occupazione in un territorio
ferocemente ostile. E’ la situazione in cui
ci troviamo oggi. Domina l’impressione di
un’occupazione da parte degli americani.
Il solo edificio che abbiamo protetto quando
le nostre truppe sono entrate a Baghdad
è stato il ministero del Petrolio. Non
abbiamo protetto neanche un impianto
nucleare. Non abbiamo protetto il ministero
degli Esteri, dove avremmo potuto
trovare informazioni sulle armi di distruzione
di massa. Non abbiamo protetto
confini. Praticamente a ogni passo, le nostre
truppe sono state lasciate sole a svolgere
queste missioni straordinariamente
difficili. Io so cosa significa uscire per una
di queste missioni senza sapere che cosa
c’è dietro l’angolo. E credo che le nostre
truppe abbiano bisogno dell’aiuto di altri
alleati. Ho intenzione di tenere quel summit
di cui ho parlato prima. Io posso dare
una nuova credibilità agli Stati Uniti, essere
un nuovo inizio; e insieme porteremo
a termine la nostra missione.
BUSH: Il mio avversario dice che gli
aiuti stanno arrivando, ma che significa
dire alle truppe sul campo “guerra sbagliata,
in un momento e in un luogo sbagliati”?
Non è certo il messaggio che deve
dare un comandante in capo. Senza dubbio,
gli aiuti stanno arrivando, ma ci vuole
davvero coraggio a dirlo dopo che si è
votato contro il finanziamento aggiuntivo
di 87 miliardi di dollari per l’equipaggiamento
delle nostre truppe. Non è il comportamento
d’un comandante in capo alla
guida delle sue truppe.
KERRY: Ebbene, quando ho parlato degli
87 miliardi di dollari, ho fatto un erro
re nel modo in cui parlo della guerra. Ma
il presidente ha commesso un errore a invadere
l’Iraq. Qual è l’errore più grave?
Secondo me, quando si scopre che c’è
qualcosa che non va, lo si rimette a posto.
E’ ciò che ho imparato in Vietnam. Quando
sono tornato in patria da quella guerra,
ho visto che era sbagliata. Qualcuno non
apprezza il fatto che mi sia alzato in piedi
e abbia detto “no”, ma l’ho fatto. Ed è
quello che ho fatto con quel voto. E condurrò
queste truppe alla vittoria.
LEHRER: Dopo essere rientrato dal
Vietnam, parlando davanti al Congresso
nel 1971, lei ha detto: “Come si può chiedere
a un uomo di essere l’ultimo a morire
per un errore?”. Oggi, in Iraq, gli americani
stanno morendo per un errore?
KERRY: No, e non dovranno farlo se
avremo la leadership giusta, quella che io
sto offrendo. Credo che dobbiamo vincere
questa guerra. Io e il presidente siamo
sempre stati d’accordo su questo. E fin
dall’inizio, ho votato per autorizzare l’uso
della forza, perché ritenevo che Saddam
Hussein costituisse una minaccia. Ma ho
anche presentato una precisa lista di cose
da fare per procedere da una posizione di
forza. E il presidente, di fatto, aveva promesso
di farle. A Cincinnati aveva detto:
“Faremo i piani con cura. Procederemo
con cautela. Non faremo in modo che la
guerra diventi inevitabile. Cammineremo
insieme ai nostri alleati”. Ma non ha fatto
nulla di tutto questo. La sua Amministrazione
non ha preparato nessun piano, e ha
lasciato quelli del Dipartimento di Stato
chiusi sul tavolo. Non ha nemmeno ascoltato
i consigli dei propri generali. Il generale
Shinsheki, capo dello staff dell’esercito,
aveva detto che sarebbero occorse
parecchie centinaia di migliaia di soldati.
Ma invece di ascoltarlo, l’Amministrazione
lo ha mandato in pensione. Il massimo
esperto di terrorismo, che ha lavorato con
ogni presidente fin dai tempi di Ronald
Reagan, ha detto: “Invadere l’Iraq in risposta
all’11 settembre sarebbe come se
Franklin Roosevelt avesse invaso il Messico
in risposta all’attacco di Pearl Harbor”.
Ecco qual è la realtà. Ciò di cui ora
abbiamo bisogno è un presidente che sappia
riunire gli altri paesi facendo loro riconoscere
qual è la posta in gioco in questa
guerra. Anche il destino di questi paesi
è, ed è sempre stato, in gioco. I paesi
arabi non vogliono avere una guerra civile.
I paesi europei non vogliono ritrovarsi
un caos assoluto davanti alla porta di casa.
Ma il presidente Bush non ha nemmeno
organizzato uno di quei summit ad alto
livello che mettono le autorità attorno a
un tavolo. Ha fatto esattamente l’opposto.
Quando il segretario generale Kofi Annan
ha offerto la collaborazione dell’Onu, il
presidente ha risposto: “No, ce la sbrighiamo
da soli”. Per assicurare alla Halliburton
il bottino di guerra, la sua Amministrazione
ha sottoscritto un memorandum
del dipartimento della Difesa nel
quale si dichiarava: “Se non avete partecipato
alla guerra insieme a noi, non sprecate
la fatica di richiedere qualche contratto”.
Non è certo questo il modo di invitare
la gente a collaborare.
BUSH: E’ un’affermazione del tutto assurda.
Naturalmente, le Nazioni Unite sono
state invitate a collaborare. E noi appoggiamo
l’impegno profuso in Iraq. Si sono
ritirate dopo l’uccisione di Sergio de
Mello; ma ora sono tornate e collaborano
all’organizzazione delle elezioni. Il mio avversario
dice che il punto centrale della
sua strategia per ottenere la vittoria in
Iraq è quello di chiamare in aiuto altre
nazioni. Il messaggio è dunque: “Per favore,
unitevi a noi in Iraq. Unitevi a noi in
una guerra che è la guerra sbagliata, nel
momento e nel luogo sbagliati”. Io so qual
è il modo di pensare di queste persone.
Ho a che fare con loro tutti i giorni. Mi siedo
al tavolo con i leader del mondo o gli
parlo al telefono. Non seguiranno qualcuno
che dice: “Questa è la guerra sbagliata,
nel momento e nel posto sbagliati”. Non
seguiranno qualcuno che continua a cambiare
le proprie convinzioni di fondo a seconda
del vento politico che soffia in America.
Infine, il senatore Kerry dice che
dobbiamo tenere un summit. Ebbene, ci
sono continuamente summit. In Giappone
sta per aprirsi un vertice dei finanziatori,
e ci sono già offerte per 14 miliardi di dollari.
Il primo ministro Koizumi chiederà il
errocontributo
di tutti. Poi ci sarà un summit
dei paesi arabi. Colin Powell sta contribuendo
all’organizzazione.
KERRY: L’Onu, attraverso Annan, ha offerto
aiuto dopo la caduta di Baghdad. Ma
gli Stati Uniti non hanno raccolto l’offerta
e non hanno fatto nulla di ciò che era necessario
per trasferire l’autorità e la responsabilità
della ricostruzione. E’ rimasto
sempre tutto nelle mani dell’America.
In secondo luogo, quando è iniziata la
guerra, avevamo al nostro fianco due soli
paesi: la Gran Bretagna e l’Australia. Non
è davvero una grande coalizione. Possiamo
fare di meglio.
BUSH: Dunque, innanzitutto si è dimenticato
la Polonia. E ora ci sono trenta
nazioni, i cui soldati sono schierati a fianco
delle nostre truppe. E io rendo onore ai
loro sacrifici. E non apprezzo che un candidato
presidenziale denigri il contributo
di questi coraggiosi soldati. Non si può
guidare il mondo se non si rende onore all’aiuto
di coloro che sono al nostro fianco.
Il senatore Kerry ha detto che sono stati
costretti e corrotti all’alleanza. Ma non è
così che si costruiscono le alleanze. La nostra
coalizione è forte. E rimarrà forte finché
io sarò presidente.
LEHRER: Signor presidente, lei ha detto
che, cito le sue parole, c’era stato un
“errore di calcolo” su quali sarebbero state
le condizioni in Iraq dopo la conclusione
della guerra? Qual è stato precisamente
questo “errore” e come si è verificato?
BUSH: No, ciò che io ho detto era che,
poiché avevamo ottenuto la vittoria con
estrema rapidità, sarebbero rimasti ancora
molti fedeli di Saddam in giro. Voglio
dire, pensavamo che ne avremmo beccati
molti di più durante l’invasione. Tuttavia,
dato che Tommy Franks ha pianificato l’operazione
in modo esemplare, siamo
avanzati con grande rapidità, e molti
baathisti e fedelissimi di Saddam hanno
deposto le armi e sono scomparsi. Pensavo
che sarebbero rimasti a combattere,
ma non l’hanno fatto. E ora noi li stiamo
combattendo. E’ un compito difficile. Lo
so perfettamente quanto sia difficile. Ogni
giorno osservo i rapporti sul numero delle
vittime. Lo vedo alla televisione quanto
sia duro. Ma è necessario. E sono ottimista.
Ecco, penso che si possa essere realisti
e ottimisti allo stesso tempo. So che
non vinceremo se mandiamo segnali ambigui.
So che non raggiungeremo il nostro
obiettivo se inviamo segnali ambigui alle
nostre truppe, ai nostri amici e ai cittadini
iracheni. Abbiamo un piano in corso di
attuazione. Il piano dice che ci saranno le
elezioni a gennaio, e così sarà. Il piano dice
che addestreremo i soldati iracheni a
svolgere anche i compiti più difficili, e lo
stiamo facendo. E non si tratta solo dell’America,
perché adesso interviene anche
la Nato, e la Giordania collabora nell’addestramento
delle forze di polizia, così
come gli Emirati Arabi Uniti. Per i prossimi
mesi abbiamo stanziato 7 miliardi di
dollari in interventi di ricostruzione. E i
progressi si vedono. Inoltre, la nostra alleanza
è forte. (…) E’ un lavoro duro. E’ difficile
trasformare una tirannia in una democrazia.
E’ difficile convertire un paese
in cui le persone devono subire il taglio
delle mani o la pena capitale in un luogo
dove la libertà è sovrana. Ma è necessario.
E un Iraq libero renderà questo mondo un
luogo più pacifico.
KERRY: Quello che, a mio parere, infastidisce
molta gente nel nostro paese è
che il presidente ha, in un certo senso,
appena descritto una specie di errore.
Eppure, ha affermato che, anche sapendo
che non c’erano armi di distruzione di
massa, che non c’era una minaccia imminente,
che non c’era una collegamento
con al Qaida, avrebbe comunque fatto
tutto senza cambiare nulla. Sono parole
sue. Ebbene, io no. Quindi sto semplicemente
cercando di dire la verità al popolo
americano e al mondo. La verità è la
base di una buona politica, la base di
una leadership. Il presidente sostiene
che starei diffamando quei soldati. Io rispetto
assolutamente gli inglesi, Tony
Blair e la loro disponibilità. Ma quando
l’esercito non americano più consistente
impegnato nelle azioni è quello della
Gran Bretagna, con 8.300 unità, seguito
da altri quattro con meno di 4.000 soldati
e, per il resto, gli altri contingenti si limitano
a poche centinaia, non mi si può
dire che il lavoro è nelle mani di una vera
coalizione. Non mi si può dire che il
giorno in cui siamo andati in guerra e
che tutto questo è iniziato… Insomma,
c’erano principalmente gli Stati Uniti,
l’America e la Gran Bretagna, e pochi altri.
E’ così. E oggi sono a nostro carico il
90 per cento delle vittime e il 90 per cento
dei costi. E intanto la Corea del nord
possiede armi nucleari. Si tratta di messaggi
contrastanti. Il presidente ha dichiarato:
“Non possiamo permettere alle
nazioni di entrare in possesso di armi nucleari.”
Ma la Corea del nord le ha. Io
cambierò questa situazione.
LEHRER: Senatore Kerry, lei ha ripetutamente
accusato il presidente Bush – non
stasera, in questa sede, ma altrove, in precedenza
– di non aver detto la verità sull’Iraq,
in sostanza di aver mentito al popolo
americano sulla questione irachena. Ci
fornisca alcuni esempi di quello su cui, a
suo parere, il presidente avrebbe mentito.
KERRY: Beh, non mi sono mai, mai
espresso in termini così estremi, come lei
ora. E cercherò di non farlo. Sono stato…
ma nonostante tutto vi dirò che ritengo
che il presidente non sia stato sincero con
il popolo americano. E vi spiegherò perché.
Innanzitutto, sappiamo tutti che nel
suo messaggio sullo stato dell’Unione il
presidente ha riferito al Congresso in merito
a materiali nucleari che non esistevano.
Sappiamo che aveva promesso all’America
di creare questa coalizione, che ho
appena descritto e che non è il tipo di coalizione
che ci era stata delineata durante
le discussioni sulla sua votazione. Il presidente
aveva dichiarato che avrebbe fatto
ricorso all’Onu, sfruttandone fino in
fondo ogni provvedimento riparatorio.
Questo non è avvenuto. L’organizzazione è
stata tagliata fuori, in modo quasi arbitrario.
Inoltre, sappiamo che erano in atto altri
tentativi diplomatici. E’ stato semplicemente

semplicemente
deciso che il tempo della diplomazia
era terminato e ci siamo lanciati in
guerra senza alcun piano per quello che
ne sarebbe seguito. Quindi, il presidente
ha ingannato il popolo americano quando,
nel suo discorso, aveva garantito una scrupolosa
pianificazione. E’ evidente che
questo non è stato fatto. Ha ingannato il
popolo americano dichiarando che la
guerra sarebbe stata l’ultima risorsa. Non
è stata l’ultima risorsa. E gran parte degli
americani capisce la differenza. Ora, questo
ci ha screditato profondamente agli occhi
del mondo. Ritengo sia importante dire
la verità al popolo americano. Ho lavorato
con i leader di cui parla il presidente,
ho lavorato con loro per 20 anni, più a
lungo di questo presidente. Conosco le
opinioni di molti di loro, e so come convincerli
a riprendere le trattative. E credo
che ricominciare da capo, con una nuova
credibilità e un presidente in grado di capire
cosa dobbiamo fare per raggiungere
l’opil
mondo musulmano e spiegare che questa
non è, vedete… Osama bin Laden sfrutta
l’invasione dell’Iraq per convincere la
gente che l’America ha dichiarato guerra
all’islam. Dobbiamo intraprendere la
guerra al terrorismo con una maggiore
abilità. Dobbiamo impedire che trovino
nuovi coscritti. Dobbiamo negare loro rifugi
sicuri. Dobbiamo ricostruire le nostre
alleanze. Credo che Reagan, Kennedy e
gli altri siano stati più efficaci a tale riguardo
e intendo seguire il loro esempio.
BUSH: Il mio avversario ha appena fatto
una dichiarazione sorprendente. Ha
detto che bin Laden sfrutta l’invasione
dell’Iraq come una scusa per diffondere
l’odio nei confronti dell’America. Non
sarà bin Laden a determinare il modo in
cui dobbiamo difenderci. Non sarà bin Laden
a decidere, ma il popolo americano.
Ho stabilito che il giusto intervento fosse
in Iraq. Il mio avversario lo definisce un
errore. Non è stato un errore. Sostiene che
ho ingannato il popolo americano sulla
questione irachena. Non credo che lui
mentisse quando, nell’autunno del 2002,
ha dichiarato che l’Iraq costituiva una grave
minaccia. Non credo che mentisse
quando, nella primavera del 2003, ha asserito
che era giusto disarmare l’Iraq. Non
credo che mentisse quando ha affermato
che chiunque dubitasse che il mondo sarebbe
stato un posto migliore senza Saddam
Hussein al potere non possedeva il
buonsenso necessario per essere presidente.
Non credo che mentisse. Per me è
un inganno sostenere che è possibile risolvere
con successo la questione irachena
continuando a cambiare opinione su
questa guerra. E Kerry lo ha fatto. Al variare
della politica, cambiano anche le
sue posizioni. E non è così che si comporta
un comandante in capo. Le informazioni
d’intelligence cui ho dato credito sono
le stesse che ha preso in considerazione il
mio avversario, proprio le stesse. (…)
KERRY: Non mentivo quando sostenevo
che Saddam era una minaccia, né ho
mentito il giorno in cui il presidente ha
deciso di andare in guerra, quando ho giudicato
un errore il non aver creato forti alleanze
e ho espresso la mia preferenza
per un ricorso a una maggiore diplomazia.
La mia posizione, che ho mantenuto con
coerenza, è che Saddam rappresentava
una minaccia. C’era un modo giusto e uno
sbagliato per disarmarlo. E il presidente
ha scelto quello sbagliato.
BUSH: L’unica cosa coerente nella posizione
del mio avversario è la sua incoerenza.
Cambia sempre opinione. E non è
consentito cambiare opinione in questa
guerra al terrorismo, se si intende vincerla.
Io intendo vincerla. E’ necessario vincerla.
(…)
LEHRER: La guerra in Iraq è valsa la
forte perdita di vite americane, 1.052 secondo
le ultime cifre?
BUSH: Ogni vita è preziosa. Ogni vita è
importante. L’aspetto più difficile di questo
compito è sapere di avere coinvolto le
pressione nel lungo termine solo divulgando
la libertà. Missy l’ha capito. E mi ha
confermato che l’aveva capito anche il marito.
Mi chiede se ne è valsa la pena? Ogni
vita è preziosa, è questo che ci differenzia
dal nemico. Ogni individuo per noi è importante.
Eppure penso che ne valga la pena,
Jim. Penso che ne valga la pena, perché
sono sicuro che, nel lungo termine, un
Iraq libero, un Afghanistan libero rappresenteranno
uno straordinario esempio in
una parte del mondo alla disperata ricerca
della libertà. Questo contribuirà a cambiare
il mondo e noi potremo voltarci indietro,
certi di aver fatto il nostro dovere.
KERRY: Capisco di cosa parla il presidente,
perché so cosa significa perdere
soldati in combattimento. E la domanda
se ne valga la pena mi ricorda il parere
che avevo al ritorno dalla guerra, mi ricorda
che è fondamentale non confondere
mai la guerra con i combattenti. E’ già
successo. Ed è uno dei motivi per cui ritengo
di essere in grado di portare a termine
il lavoro, perché sono determinato
per quei soldati e le loro famiglie, per
quei giovani che mettono a rischio la propria
vita. E’ un atto nobile, il più nobile in
assoluto. E voglio essere certo che i risultati
facciano onore a quella nobiltà. Ora ci
viene offerta una possibilità. Ho redatto
un piano grazie al quale ritengo che potremo
avere successo in Iraq: con un summit,
con un addestramento migliore, più
rapido, con tagli… con tutto ciò che è necessario
fare per quanto riguarda l’Onu e
la questione delle elezioni. In Iraq potrà
votare soltanto il 25 per cento della popolazione.
Un’elezione in questo momento è
improponibile. Il presidente non è in grado
di portare a termine il lavoro. Ora l’America
ha la possibilità di scegliere il piano
che ho elaborato in quattro punti, che
posso descrivere singolarmente in dettaglio
o che potete consultare sul mio sito.
Oppure può attenersi al piano del presidente,
che è riassumibile in due parole:
continuiamo così. Il mio piano è migliore.
Anche perché offre migliori opportunità
per sostenere quei soldati. Non abbandonerò
mai quei soldati, e darò la caccia e
ucciderò i terroristi ovunque siano.
BUSH: Sì, capisco cosa significhi essere
il comandante in capo. E se dovessi mai
dire: “Questa è una guerra sbagliata, nel
momento sbagliato e nel posto sbagliato”,
i soldati si chiederebbero: “Come posso fidarmi
di questo tipo?”. Non puoi guidare
una guerra al terrorismo se continui a
cambiare opinione sulla guerra, affermando
cose del tipo: “Beh, è solo una
grande diversione.” Non è una grande diversione:
è essenziale non fare errori.
Quindi, il piano di cui parla, semplicemente
non funzionerebbe.
KERRY: Il segretario di Stato Colin
Powell ha suggerito al presidente la regola
di Pottery Barn: “Se rompi, aggiusti”.
Ora, se rompi, hai fatto un errore. Hai fatto
la cosa sbagliata. Ma visto che la cosa
che hai rotto ti appartiene, devi aggiustarla
e tirarci fuori qualcosa. E’ questo che
dobbiamo fare. Non è una contraddizione.
I soldati laggiù sanno che le cose non vanno
per il verso giusto. Io sistemerò le cose
per quei soldati, perché è importante per
Israele, è importante per l’America, è importante
per il mondo, è importante per la
lotta contro il terrorismo. Ma io ho un piano
per farlo. Lui no.
truppe in una campagna pericolosa. Faccio
il possibile per dare conforto ai parenti
che hanno perso un figlio o una figlia, un
marito o una moglie. Penso a Missy Johnson,
una donna fantastica che ho conosciuto
a Charlotte, North Carolina. E’ venuta
a incontrarmi col figlio Brian. Il marito,
PJ, è rimasto ucciso. Era stato in Afghanistan,
è andato in Iraq. Vedete, è davvero
dura cercare di dimostrarle tutto il
mio affetto, nella consapevolezza che la
sua perdita è il risultato della mia decisione.
Dopo aver pregato e pianto – e anche
riso – le ho detto che pensavo che il sacrificio
di suo marito fosse stato nobile e
onorevole. Perché capisco la posta in gioco
in questa guerra al terrore. Capisco che
dobbiamo trovare al Qaida ovunque si nasconda.
Dobbiamo affrontare le minacce
prima che si materializzino in pieno. E
Saddam Hussein era una minaccia. Dobbiamo
diffondere la libertà, perché potremo
sconfiggere l’odio, la tirannia e l’opil
LEHRER: A proposito del suo piano,
un’altra domanda. Ci può indicare un programma
preciso – in termini di scenario,
tempistica, eccetera – per portare a termine
la maggior parte del coinvolgimento
militare statunitense in Iraq?
KERRY: La tempistica che mi sono prefissato…
ancora una volta voglio correggere
il presidente, perché questa sera ha
nuovamente frainteso le mie parole. Non
ho detto che avrei ritirato le truppe in sei
mesi. Ho detto che se faremo quello che
mi sono prefissato e avremo successo, potremmo
cominciare a ridurre il numero
dei soldati fra sei mesi. Una componente
fondamentale del successo in Iraq è riuscire
a convincere gli iracheni e il mondo
arabo che gli Stati Uniti non hanno programmi
a lungo termine su questo paese.
Da quello che vedo, stiamo costruendo circa
14 basi militari laggiù, e alcuni dicono
che abbiamo un progetto decisamente duraturo
nei loro confronti. Se sorvegli il midi
destra). Alla conclusione del dibattito durato novanta
uno scambio di battute nel corso della discussione
nistero del Petrolio, ma non controlli gli
impianti nucleari, l’idea che molta gente
potrà farsi sarà: “Ah, forse sono interessati
al nostro petrolio.” Quindi, il problema
è che questa Amministrazione non ha riflettuto
debitamente su questi aspetti.
Mentre sono aspetti che devono essere
considerati in modo approfondito. Quello
che voglio fare è cambiare le dinamiche
sul campo. E il modo per farlo è cominciare
non ritirandosi da Fallujah e altri
posti, mandando messaggi sbagliati ai terroristi.
Bisogna chiudere le frontiere. Bisogna
mostrare un atteggiamento di serietà
sulla questione. Ma bisogna anche
mostrare di essere disposti a coinvolgere
il resto del mondo e dividere la posta in
gioco. Farò una dichiarazione chiara: gli
Stati Uniti non hanno un progetto a lungo
termine di permanenza in Iraq. L’obiettivo
della mia Amministrazione sarà quello
midi
ritirare tutti i soldati, tranne un esiguo
numero necessario per l’addestramento e
la logistica, come facciamo in altri paesi
del mondo dopo un conflitto, per poter sostenere
la pace. E’ così che potremo conquistare
la pace: addestrando rapidamente
gli stessi iracheni. Persino l’Amministrazione
Bush ha ammesso di non aver
fatto l’addestramento, perché alcune settimane
fa ha riferito al Congresso e ha
chiesto una riprogrammazione completa
dello stanziamento di denaro. Che grande
ammissione ha fatto, 16 mesi dopo: “Oops,
non abbiamo fatto il nostro lavoro. Dobbiamo
cominciare a spendere il denaro
adesso. Ci date il permesso di spostare i
fondi nell’addestramento?”.
BUSH: Ci sono 100 mila soldati addestrati,
poliziotti, guardie, unità speciali,
pattuglie alle frontiere. Ne avremo addestrati
125 mila entro la fine dell’anno. Sì
che stiamo facendo il nostro lavoro. E’ che
è un lavoro duro. Lo sanno tutti che è un
novanta minuti sono salite sul palco oltre alle consorti
discussione in diretta televisiva
lavoro duro, perché dobbiamo affrontare
un nemico determinato che cerca di sconfiggerci.
Ora il mio avversario afferma di
avere intenzione di cambiare le dinamiche
sul campo. Beh, il primo ministro iracheno
Allawi è stato qui. E’ il capo di quel
paese. E’ un uomo molto coraggioso. Ma
quando è venuto e ha tenuto un discorso
al Congresso, il mio avversario ha messo
in dubbio la sua credibilità. Non puoi
cambiare le dinamiche sul campo dopo
aver criticato il coraggioso leader dell’Iraq.
Uno dei membri della sua campagna
ha insinuato che il primo ministro Allawi
era una marionetta. Non è questo il modo
di trattare un uomo coraggioso e intrepido,
che sta cercando di far progredire il
proprio paese. Il modo per garantire il nostro
successo è quello di inviare messaggi
chiari e coerenti al popolo iracheno, facendo
comprendere loro che quando noi
presidendiamo
la nostra parola, la manteniamo,
che siamo al loro fianco, che crediamo che
vogliono la libertà. E io lo sto facendo. Sono
convinto che 25 milioni di persone – la
stragrande maggioranza – non aspettino
altro che le elezioni. Rifiuto l’idea – e ritengo
che il mio avversario non abbia la
stessa opinione – di coloro che sostengono
che se sei musulmano non puoi essere libero,
non desideri la libertà. Dissento fermamente
da questo concetto.
KERRY: Non potrei credere più di così
che gli iracheni vogliono essere liberi e
potrebbero essere liberi. Ma, ancora una
volta, ritengo che il presidente non abbia
mostrato in che modo intende perseguire
correttamente questa linea. E farà altri errori.
Quando il primo ministro Allawi è venuto
qui, ha detto che i terroristi stanno
oltrepassando i confini. Questa è la valutazione
di Allawi. La valutazione dell’intelligence
nazionale, che è stata trasmessa
al presidente in luglio, ha riferito che la
prospettiva migliore è una prosecuzione
della situazione che stiamo vivendo oggi,
mentre quella peggiore è la guerra civile.
Io posso fare di meglio.
BUSH: Il motivo per cui il primo ministro
Allawi ha affermato che stanno superando
i confini è perché si è reso conto
che questa è una componente fondamentale
della guerra al terrorismo. Combattono
contro di noi perché combattono contro
la libertà. Hanno capito che un Afghanistan
libero o un Iraq libero rappresenterebbero
una grande sconfitta per loro.
Questa è la posta in gioco. E’ per questo
che è fondamentale non andarsene. E’ per
questo fondamentale che manteniamo la
posizione. Ed è essenziale che vinciamo. E
vinceremo. Sotto la mia leadership vinceremo
questa guerra in Iraq.
LEHRER: Presidente, l’esperienza in
Iraq rende più o meno probabile la prospettiva
che Lei coinvolga gli Stati Uniti in
un’altra azione militare preventiva?
BUSH: Spero di non doverlo mai più fare.
Mi rendo conto di quanto sia difficile
impegnare le truppe. Non ho mai voluto
impegnare le truppe. Durante la scorsa
campagna elettorale – quando abbiamo
fatto il dibattito nel 2000 – non ho mai pensato
che saremmo arrivati a questo punto.
Ma il nemico ci ha attaccati, Jim, e io ho il
dovere solenne di proteggere il popolo
americano, di fare tutto quanto in mio potere
per difenderci. Penso che se parliamo
chiaramente e mettiamo in pratica
quello che affermiamo, senza inviare messaggi
ambigui, è meno probabile che dovremo
ricorrere alla forza militare. Ma un
presidente deve essere sempre pronto a
impiegare le truppe. Deve farlo, come ultima
risorsa. Speravo che la diplomazia
potesse funzionare in Iraq. Si stava disgregando.
Non avevo dubbi che Saddam
Hussein stesse sperando che il mondo
avrebbe chiuso un occhio. E se fosse rimasto
al potere – in altre parole, se avessimo
detto: “Lasciamo che gli ispettori facciano
il loro lavoro, oppure, speriamo di
riuscire a dissuaderlo, forse con una 18
esima risoluzione ce la faremo” – sarebbe
diventato più forte e deciso, e il mondo oggi
sarebbe in condizioni molto peggiori.
Non ho dubbi che sarebbe venuto il giorno
in cui ci saremmo pentiti se Saddam
fosse rimasto al potere. Quindi, credetemi,
facciamo ricorso alla diplomazia tutte le
volte che possiamo. E spero di non dover
mai più usare la forza in futuro. Ma parlando
chiaramente e facendo capire alle
persone che crediamo in quello che diciamo,
abbiamo influenzato il mondo in un
modo positivo. Basta pensare alla Libia.
La Libia era una minaccia. E ora sta
smantellando pacificamente i propri programmi
di armamenti. Ha capito che l’America
e altri imporranno la loro dottrina
e per questo il mondo è molto migliore.
Quindi, per rispondere alla domanda, spero
di non doverlo mai più fare. Credo che,
agendo con fermezza e decisione, è meno
probabile che dovremo ricorrere all’uso
della forza.
KERRY: Jim, il presidente ha appena
fatto un’osservazione straordinariamente
significativa e onestamente molto importante
nell’economia di questo dibattito. In
risposta alla sua domanda riguardante l’Iraq
e l’invio di truppe in quel paese, il
presidente ha appena dichiarato: “Il nemico
ci ha attaccati”. Saddam Hussein
non ci ha attaccati. Al Qaida ci ha attaccati.
E quando siamo riusciti a mettere Osama
bin Laden con le spalle al muro nella
zona montuosa di Tora Bora, c’erano 1.000
dei suoi soldati con lui; eppure, nonostante
le forze militari americane fossero vicine
e schierate sul campo, non abbiamo
fatto ricorso alle truppe meglio addestrate
del mondo per mandarle a uccidere il
criminale e terrorista numero uno al mondo.
Hanno affidato questo compito ai signori
della guerra afghani, i quali – soltanto
una settimana prima – erano schierati
sull’altro fronte a combattere contro
di noi, e nessuno dei due schieramenti si
fidava dell’altro. E’ quello il nemico che ci
ha attaccato. E’ quello il nemico a cui è
stato concesso di lasciare indenne quelle
montagne. E’ quello il nemico che adesso
è presente in 60 paesi, con una schiera
sempre più folta di nuove leve. Il presidente
ha anche dichiarato che Saddam
Hussein sarebbe diventato più forte. I fatti
dimostrano che questa affermazione è
inesatta. Al momento dell’inizio di questo
conflitto, due terzi del paese erano una
“no fly zone”. Ci sarebbero state le sanzioni.
Sarebbero stati inviati gli ispettori
dell’Onu sul posto. Saddam Hussein si sarebbe
indebolito sempre di più giorno dopo
giorno. Se il Presidente avesse avuto la
pazienza di aspettare la conclusione di
un’altra tornata di risoluzioni, di sedersi a
tavolino con quei leader e chiedere loro:
“Che cosa vi serve? Di che cosa avete bisogno
adesso? Quanto ci vorrà ancora prima
che vi schieriate dalla nostra parte?”,
oggi ci troveremmo in una situazione di
maggior forza.
BUSH: Prima di tutto, è ovvio che so
che è stato Osama bin Laden ad attaccarci.
Lo so. In secondo luogo, pensare che
un’altra tornata di risoluzioni avrebbe indotto
Saddam Hussein a promuovere il
disarmo, a fare delle rivelazioni, è ridicolo,
a mio avviso. Mette semplicemente in
luce una divergenza d’opinioni significativa.
Abbiamo tentato la strada della diplomazia.
Abbiamo fatto del nostro meglio.
Saddam sperava che avremmo fatto
finta di niente. Certo, è vero, adesso sarebbe
in una posizione di maggiore forza
se non fossimo intervenuti noi. Aveva le
capacità di costruire le armi, avrebbe costruito
queste armi.
KERRY: Nell’istante in cui il Presidente
ha iniziato l’invasione, nel mondo c’era
un numero compreso tra 35 e 40 paesi che
disponevano di capacità più ampie di
Saddam Hussein per la realizzazione di
armi. E mentre noi siamo occupati a stornare
il pericolo rappresentato da Saddam,
con 9 divisioni su 10 del nostro esercito
impegnate attivamente a svolgere il
proprio servizio in partenza per l’Iraq, in
arrivo dall’Iraq o coinvolte nei preparativi
precedenti alla partenza, la Corea del
nord si è procurata armi nucleari e il
mondo è diventato un luogo più pericoloso.
L’Iran si sta muovendo nella stessa direzione,
e il mondo è diventato un luogo
più pericoloso. Nella regione del Darfur
è in corso un genocidio. Il mondo è diventato
un luogo più pericoloso. Io avrei
fatto una scelta migliore.
LEHRER: Senatore Kerry, qual è la sua
posizione nei confronti del concetto generale
di guerra preventiva?
KERRY: Il presidente ha sempre il diritto
di sferrare un attacco preventivo, e
ha sempre avuto questo diritto. Questa è
stata una teoria molto importante per tutta
la durata della guerra fredda. Ed è sempre
stata una delle questioni su cui abbiamo
discusso per quanto riguarda il
controllo sugli armamenti. Nessun presidente
in tutta la storia americana ha mai
rinunciato al diritto di agire preventivamente
in qualsiasi modo pur di difendere
gli Stati Uniti d’America, e anch’io farei lo
stesso. Tuttavia, quando e se si decide di
farlo, Jim, bisogna farlo in modo da superare
il test, vale a dire superare il test globale
rappresentato dai propri cittadini,
sapere cioè che il tuo popolo comprende
appieno il motivo per cui stai facendo
quello che stai facendo, e tu puoi dimostrare
dinanzi al mondo di aver agito mosso
da motivazioni legittime. Nel nostro caso,
il segretario di Stato del nostro paese
si è dovuto scusare di fronte al mondo per
la presentazione da lui fatta alle Nazioni
Unite. Tutti ci ricordiamo quando il presidente
Kennedy, durante la crisi missilistica
cubana, ha inviato il proprio segretario
di Stato a Parigi a incontrare Charles De
Gaulle. E nel bel mezzo della discussione,
per riferire ai francesi la questione dei
missili di Cuba, ha dichiarato: “Ecco, lasciate
che vi mostri le fotografie.” E De
Gaulle le ha allontanate con un gesto della
mano e ha affermato, “No, no, no, no. La
parola del presidente degli Stati Uniti per
me è sufficiente”. Quanti leader mondiali
ci risponderebbero ancora così oggi, dopo
aver visto che cosa abbiamo fatto? Quindi,
in questo momento è in gioco la credibilità
degli Stati Uniti e il modo in cui guidiamo
il mondo. E intanto, l’Iran e la Corea
del nord sono diventati più pericolosi.
Non so ancora dire se l’intervento preventivo
sia, in ultima analisi, la soluzione
che si dovrà adottare. Ma una cosa voglio
dirvela: se fossi il presidente, non distoglierei
mai lo sguardo da questo problema.
Ho sempre combattuto contro la proliferazione
da quando sono entrato al Congresso.
Congresso.
E abbiamo visto con i nostri occhi
l’attuale presidente distogliere volutamente
la propria attenzione da alcuni trattati
che erano oggetto di discussione. Non
si può chiedere l’aiuto delle altre nazioni
e non prendere in considerazione il trattato
contro il riscaldamento terrestre, per
esempio, o rifiutarsi di discutere approfonditamente
ogni questione con le
Nazioni Unite. Quel rispetto deve essere
meritato. E secondo me ci attende un lungo
periodo in cui quel rispetto dovremo riguadagnarcelo.
BUSH: Non credo di aver capito bene
che cosa intende dire con “superare il test
globale”, decidere di compiere un’azione
preventiva se si supera il test globale.
La mia strategia è quella di compiere
un’azione preventiva allo scopo di proteggere
il popolo americano, vale a dire per
intervenire a favore della sicurezza di
questo paese. Il mio avversario dice che
non avrei sottoscritto determinati trattati.
Vi voglio dire una cosa che io non ho sottoscritto,
e questo mette in evidenza la nostra
divergenza di opinioni. Non mi sono
espresso a favore del Tribunale penale internazionale
(Tpi). Si tratta di un organo
con sede all’Aia, nel quale magistrati e
pubblici ministeri non investiti di alcuna
responsabilità possono sottoporre a un
processo i nostri soldati o i nostri diplomatici.
Non ho sottoscritto questa proposta.
E mi rendo conto che per alcune capitali
del mondo questa non è stata una
mossa molto popolare. Eppure è la mossa
giusta da fare, decidere di non autorizzare
un tribunale straniero presso il quale
il nostro popolo potrebbe dover sottostare
a un processo. Il mio avversario è a favore
dell’appoggio al Tpi. A mio avviso,
andare a tutti i costi a caccia della popolarità
sul palcoscenico mondiale non ha
alcun senso se non è nel nostro interesse.
Il mio interesse è collaborare con le altre
nazioni. Ma non ho alcuna intenzione di
prendere decisioni che ritengo sbagliate
per l’America.
LEHRER: Una nuova domanda, presidente.
Ritiene che le vie diplomatiche e le
sanzioni possano risolvere i problemi nucleari
con la Corea del nord e con l’Iran?
Risponda pure nell’ordine che preferisce.
BUSH: Preferisco cominciare dalla Corea
del nord, e la risposta è sì, spero vivamente
di sì. Prima del mio insediamento
alla Casa Bianca, la politica di questo governo
era stata quella di intraprendere
negoziati bilaterali con la Corea del nord.
E avevamo sottoscritto un accordo con la
Corea del nord che poi – la mia amministrazione
ha scoperto – i nordcoreani non
stavano adempiendo. Pertanto ho deciso
che il modo migliore per affrontare la
questione fosse coinvolgere altre nazioni
al nostro fianco. E a Crawford, in Texas, io
e Jiang Zemin siamo giunti alla conclusione
unanime che una penisola – la penisola
coreana – libera dalle armi nucleari
fosse nel suo interesse, nel nostro interesse
e nell’interesse del mondo intero.
Quindi abbiamo avviato un nuovo dialogo
con la Corea del nord, un dialogo che non
coinvolgeva solamente gli Stati Uniti, ma
che ora comprende anche la Cina. E quest’ultimo
paese esercita un’influenza notevole
sulla Corea del nord, in certi casi
anche superiore alla nostra. Oltre alla Cina,
abbiamo coinvolto anche la Corea del
sud, il Giappone e la Russia. Pertanto
adesso ci sono cinque voci che si rivolgono
a Kim Jong Il, non solamente una. Di
conseguenza, se Kim Jong Il dovesse decidere
nuovamente di non onorare un accordo,
compirebbe un’ingiustizia non soltanto
nei confronti dell’America, ma anche
verso la Cina. Secondo me questo piano
funzionerà. Non funzionerà se apriremo
un dialogo bilaterale con Kim Jong Il,
che vuole mettere a repentaglio i colloqui
a sei, la coalizione delle cinque nazioni
che gli sta inviando un messaggio molto
chiaro. Per quanto riguarda l’Iran, spero
che riusciremo a fare lo stesso, a continuare
a collaborare col mondo per convincere
i mullah iraniani ad abbandonare
le loro ambizioni nucleari. Abbiamo lavorato
in stretta collaborazione con i ministri
degli Esteri di Francia, Germania e
Gran Bretagna, che hanno trasmesso ai
mullah il messaggio secondo cui, se vogliono
entrare a far parte del mondo delle
nazioni, devono sbarazzarsi dei loro
programmi nucleari. E’ coinvolta anche
l’Aiea . Di recente è stato approvato un
protocollo speciale che autorizza le ispezioni.
Spero che ce la faremo. Abbiamo
una buona strategia.
KERRY: Per quanto riguarda l’Iran, sono
stati i britannici, i francesi ed i tedeschi
a fare il primo passo senza gli Stati
Uniti, purtroppo, e a tentare di intervenire
per porre un freno alle possibilità nucleari
iraniane. A mio parere, avremmo
potuto fare di meglio. Gli Stati Uniti
avrebbero dovuto offrire la possibilità di
dichiare materiale fissile nucleare, metterli
alla prova, per verificare se erano effettivamente
alla ricerca di questo materiale
a scopi pacifici. Se non si fossero dimostrati
disposti a trovare un accordo,
avremmo potuto mettere insieme tutte le
nostre sanzioni. Il presidente non ha fatto
nulla di tutto ciò. Per quanto riguarda la
Corea del nord, ecco come sono andate
realmente le cose: avevamo già degli
ispettori e delle telecamere televisive nel
reattore nucleare situato in Corea del
nord. Era stato il segretario Bill Perry a
negoziare questo accordo ai tempi del
presidente Clinton. E noi sapevamo dove
si trovavano le barre di materiale fissile,
ed eravamo al corrente dei limiti della loro
potenza nucleare. Colin Powell, il nostro
segretario di Stato, un giorno ha annunciato
che avremmo proseguito il dialogo
per la collaborazione con i nordcoreani.
Il presidente lo ha smentito pubblicamente
in presenza del presidente della
Corea del sud. E a quel punto il presidendiamo
te della Corea del sud è rientrato in patria
confuso e imbarazzato, perché la sua politica
era stata contrastata: per due anni il
suo governo ha rifiutato qualsiasi contatto
con la Corea del nord. Durante questa situazione
di “non dialogo”, sono saltati fuori
i materiali fissili, gli ispettori sono stati
cacciati e anche le telecamere televisive.
E oggi ci sono da quattro a sette armi nucleari
nelle mani dei nordcoreani. E tutto
ciò accadeva sotto gli occhi dell’attuale
presidente. Ora, secondo me questa è una
delle smentite o dei messaggi confusi più
gravi che si possano trasmettere.
LEHRER: Scusate, signori, vorrei avere
la certezza che le persone che ci stanno
guardando si rendano conto delle diverse
opinioni che voi avete su questo tema. Lei
vuole proseguire sulla strada dei colloqui
multinazionali, vero?
BUSH: Esatto.
LEHRER: E lei è disposto a farlo?
KERRY: Sono disposto a fare entrambe
le cose. Voglio dei colloqui bilaterali che
mettano sul tavolo tutte le questioni, dall’armistizio
del 1952, alla questione economica,
a quella dei diritti umani, dello
smaltimento delle armi, della zona demilitarizzata
e del nucleare.
LEHRER: E lei è contrario, giusto?
BUSH: Nel momento in cui avvieremo
dei colloqui bilaterali, il dialogo a sei si
interromperà. E questo è ciò che vuole
Kim Jong Il. A questo proposito, la violazione
dell’accordo non si è verificata a
causa del plutonio. La violazione dell’accordo
aveva a che vedere con l’uranio arricchito.
E’ su questo che l’abbiamo colto
in fallo. Era questa la violazione dell’accordo.
Il mio avversario ha citato la questione
dell’imposizione delle sanzioni all’Iran:
abbiamo già sottoposto l’Iran a sanzioni.
Non possiamo imporne di ulteriori.
Ci sono già delle sanzioni in vigore contro
l’Iran. E, per concludere, facevamo anche
noi parte della convenzione, collaboravamo
con Germania, Francia e Gran Bretagna
per inviare i loro ministri degli Esteri
in Iran.
LEHRER: senatore Kerry, lei ha menzionato
il Darfur, la regione Darfur nel Sudan.
50.000 persone sono già morte nella
regione e più di un milione sono state cacciate
dalle loro case. Quello che sta succedendo
è stato definito una situazione di
continuo genocidio. Eppure, per quanto è
a mia conoscenza, nessuno di voi o nessun
altro del vostro staff ha mai avanzato la
possibilità di inviare delle nostre truppe.
Perché no?
KERRY: Beh, le dirò esattamente perché
no, ma prima voglio dire qualcosa sulla
questione delle sanzioni all’Iran. Sono
stati gli Usa a decidere le sanzioni da soli,
ed è questo esattamente quello di cui sto
parlando. Se vogliamo che le sanzioni abbiano
effetto, avremmo dovuto lavorare in
concerto con Gran Bretagna, Francia, Germania
e gli altri paesi. Ecco dove sta la
differenza tra il presidente e me. E qui, di
nuovo, lui ha come svicolato dalla domanda.
Ora, per quanto riguarda il Darfur, ebbene
sì si tratta di genocidio. E già mesi fa
alcuni di noi insistevano per intervenire.
Penso che a questo punto ci siano varie
ragioni se non diciamo di inviare truppe
Usa nella regione. La prima è che si può
farlo con l’Unione africana, sempre che
noi gli si fornisca il necessario supporto
logistico. Al momento tutto quello che fa il
presidente è inviare aiuti umanitari. Dobbiamo
fare di più. Devono avere la capacità
logistica di entrare nella regione e far
cessare lo sterminio. Per fare ciò è necessario
assai di più di quanto si faccia oggi.
Io penso che un’altra delle ragioni è… che
al momento siamo troppo impegnati. Chieda
ai rappresentanti delle forze militari.
Abbiamo Guardia nazionale e riserva che
fanno i doppi turni. Oggi in America continuiamo
a fare chiamate di leva: addetti
ai quali si dice che non possono essere
congedati; 9 su 10 delle nostre divisioni attive
sono impiegate in Iraq in un modo o
nell’altro, perché o stanno partendo o tornando
o preparandosi a entrare in azione.
Ecco il modo con il quale il presidente ha
eccessivamente impegnato gli Usa. Ecco
perché nel mio programma io prevedo la
creazione di due ulteriori divisioni per l’esercito
degli Stati Uniti, non per inviarle
in Iraq, ma per affrontare le necessità generali
nel resto del mondo. Ho anche intenzione
di raddoppiare il numero delle
forze speciali, così che si sia in grado di rispondere
meglio alla necessità di combattere
meglio il terrorismo nel mondo. Se attuiamo
questo programma saremo in grado
di reagire più rapidamente. Ma le dirò
una cosa: come presidente, se per le forze
americane si rendesse necessario in qualche
modo di intervenire a fianco dell’Unione
africana, io sarei pronto a farlo perché
non ci possiamo permettere un altro
Ruanda. Noi e il mondo abbiamo una responsabilità
morale.
BUSH: Soltanto un momento per ritornare
all’Iran. Non è stata la mia Amministrazione
a decidere le sanzioni all’Iran.
Ciò è successo assai prima che io arrivassi
a Washington D.C. Per quanto riguarda
il Darfur, sono d’accordo è genocidio. Così
ha dichiarato Colin Powell. Noi abbiamo
stanziato 200 milioni di dollari di aiuti.
Siamo quelli che nel mondo hanno stanziato
il più grande contributo per alleviare
le sofferenze di quelle popolazioni. E
continueremo a inviare aiuti. Siamo stati
molto attivi in seno all’Onu per decidere
le sanzioni da applicare al governo Bashir
del Sudan. Prima del disastro del Darfur,
l’ambasciatore Jack Danforth aveva negoziato
un accordo nord-sud che secondo le
nostre intenzioni avrebbe dovuto portare
la pace in Sudan. Sono d’accordo con il
mio sfidante che non dovremmo inviare
truppe. Dovremmo lavorare con l’Unione
africana, come abbiamo fatto in Liberia.
Siamo riusciti a stabilizzare la situazione
con l’impiego di poche truppe e ce ne siamo
andati all’arrivo di quelle dell’Unione
africana. La mia speranza è che l’Unione
africana si muova rapidamente per aiutare
a salvare la vita di questa gente. Per
fortuna, la stagione delle piogge sta per finire,
il che faciliterà l’invio degli aiuti per
portare sollievo alla popolazione.
LEHRER: Come abbiamo visto, ci sono
chiaramente delle notevoli differenze in
dri impegnati in campagna. Sono ammirato
dal fatto che ha servito il nostro paese
per 20 anni in Senato. Anche se non posso
dire di essere altrettanto ammirato per le
sue posizioni. Non gli rimprovererò di
aver frequentato Yale. Non c’è niente di
male. La mia preoccupazione riguardo al
senatore è che nel corso di questa campagna
ha sempre fatto molta attenzione alle
sue dichiarazioni e lui cambia idea sulla
guerra in Iraq. Lui cambia idea su qualcosa
così fondamentale che come sapete
nell’intimo del vostro io, nel profondo del
vostro cuore, è giusto per l’Iraq. Non potete
essere un leader se inviate messaggi
contradditori. Messaggi contradditori inviano
segnali erronei alle nostre truppe.
Messaggi contraddittori inviano segnali
erronei ai nostri alleati. Messaggi contraddittori
sono segnali erronei per i cittadini
iracheni. Ecco, questa è la mia maggiore
preoccupazione per quanto riguarda
il mio sfidante. Lo ammiro per il suo servizio
militare. Ma sapendo come gira il
mondo e cosa comporti l’esercizio del governo
ci deve essere certezza e continuità
da parte del presidente degli Usa. Naturalmente,
se serve, si possono cambiare le
tattiche, ma non cambiamo mai le nostre
certezze, le certezze strategiche che sono
necessarie per proteggere il nostro paese
nel mondo.
KERRY: Beh, anzitutto devo dire che
apprezzo molto i commenti di carattere
personale che il presidente ha appena
fatto. E li condivido. E mi rendo conto che
se si fa questo tipo di mestiere – e lui sicuramente
come presidente ne sa qualcosa
di più di me – si comincia ad avere
un’idea di quello che comporta per la famiglia.
E’ dura. E così devo ammettere
che le sue figlie io le ho osservate. Alcuni
dei loro commenti mi hanno proprio divertito.
(risate) E…
I segreti dell’eccezione
materia politica tra voi due. Ci sono anche
delle motivazioni di carattere personale
che secondo lei sono così rilevanti da pregiudicare
al senatore Kerry la possibilità
di svolgere il ruolo di comandante in capo
degli Stati Uniti?
BUSH: Questa è una domanda assai impegnativa.
Beh, prima di tutto io ho grande
considerazione per i meriti militari del
senatore Kerry. Lo considero un papà
straordinario. Ho apprezzato la gentilezza
delle sue figlie verso le mie per questa
che è un’esperienza piuttosto dura per
delle giovani ragazze… vedere i propri pa-
lato del carattere o no. Si tratta del problema
della sicurezza. Una cosa è essere
sicuri, ma si può essere sicuri anche nell’errore.
Altra cosa è essere sicuri ed essere
nel giusto, o essere sicuri e andare
nella giusta direzione, o essere convinti di
un principio e poi a causa di nuovi fatti,
prenderli in considerazione e utilizzarli
per correggere la propria linea politica.
Quello che mi preoccupa del presidente è
che non sembra riconoscere quello che
c’è in ballo: non ammette quello che sta
succedendo nella Corea del Nord, non riconosce
la realtà scientifica della ricerca
sulle cellule staminali, del generale riscaldamento
della terra ed altri problemi.
L’eccessiva certezza può talvolta procurarvi
dei guai.
BUSH: Beh, io penso – sentite, sono assolutamente
d’accordo che uno dovrebbe
cambiare tattica, e noi lo faremo in Iraq. I
nostri comandanti hanno tutta la capacità
di fare ciò che è necessario per raggiungere
l’obiettivo. Ma quello che non farò
mai sarà cambiare le mie intime convinzioni
a causa della politica o della pressione
degli eventi. Una delle cose che ho
imparato stando alla Casa Bianca è che il
presidente è sottoposto a enormi pressioni,
e non deve vacillare sotto di esse. Altrimenti
il mondo non migliorerà.
KERRY: Non ho nessuna intenzione di
vacillare. Non ho mai vacillato nella mia
vita. E non ho mai neanche esitato. So
esattamente quello che va fatto in Iraq e
Bush: “Un errore gravissimo
avere colloqui bilaterali con la
Corea del nord. Dobbiamo
avere la Cina al nostro fianco”
dell’eccezione americana e dei signori
BUSH: Sto cercando di metter loro un
guinzaglio.
KERRY: Beh, vedo. Io non ho ancora
imparato a farlo. (risate) E ho una grande
ammirazione per sua moglie. Penso che
sia una persona eccezionale…
BUSH: Grazie.
KERRY: … e una formidabile First
Lady. Ma noi due siamo differenti. Non
parlerò di differenze di carattere. Non
credo che faccia parte del mio incarico o
del mio lavoro. Ma lasciatemi parlare di
qualcosa che il presidente ha appena accennato.
Forse qualcuno lo considera un
andrebbe affrontata prendendo possesso
del suo nuovo incarico?
KERRY: La proliferazione nucleare. La
proliferazione nucleare. Ci sono oltre 600
tonnellate di materiale non in sicurezza
nell’ex Unione sovietica e in Russia. Al
tasso in cui l’attuale presidente sta sistemando
la faccenda, ci vorranno 13 anni
per la messa in sicurezza. Io mi sono molto
occupato della questione. Ho anche
scritto un libro in proposito vari anni fa –
sei, sette anni fa – che si intitolava “La
nuova guerra” che esplorava le complessità
di questa nuova rete criminale internazionale.
E tempo fa, abbiamo intercettato,
in un paese mediorientale, una valigia
contenente materiale nucleare. Il suo
prezzo al mercato nero era di 250 milioni
di dollari. Oggi sappiamo che ci sono terroristi
che stanno cercando di mettere le
mani su questo materiale. E, mi dispiace
dirlo, questo presidente, nei due anni successivi
all’11 settembre, ha messo in sicurezza
meno materiale nucleare di quanto
non fosse stato fatto nei due anni precedenti
l’11 settembre. Dobbiamo occuparci
di questa faccenda. E per farlo bene non
si possono tagliare gli stanziamenti necessari.
Il presidente ha invece ridotto gli
stanziamenti. Dobbiamo investire, reperire
i fondi e stabilire la nostra leadership
su questo problema. E inviare precisi
messaggi alla Corea del Nord fa parte di
questa leadership. Proprio in questo periodo
il presidente sta spendendo milioni
di dollari per la ricerca di armi nucleari
in grado di penetrare rifugi anti-nucleari.
Gli Stati Uniti stanno perseguendo la
creazione di una nuova generazione di armi
nucleari. E’ una cosa senza senso. A
proposito di messaggi contraddittori. Stiamo
dicendo ad altri: “Non potete avere armi
nucleari”, ma stiamo investendo in un
programma per la creazione di nuove ar-
la mia posizione è stata sempre uguale:
Saddam Hussein rappresentava una minaccia.
Era necessario disarmarlo. Dovevamo
ricorrere all’Onu. Il presidente doveva
ricevere l’autorizzazione a usare la
forza per poter essere in grado di obbligarlo
a fare qualcosa, dato che non ha mai
fatto nulla se non minacciato dall’uso della
forza. Ma non era necessario andare
precipitosamente in guerra senza aver fatto
un piano preciso per vincere la pace.
LEHRER: Nel caso lei sia eletto presidente
qual è secondo lei la più grave minaccia
alla sicurezza degli Stati Uniti che
mi nucleari che pensiamo magari di voler
eventualmente usare. Non succederà se
sarò eletto. Sospenderò il programma e
farò in modo che il mondo creda che siamo
seriamente intenzionati a contenere la
proliferazione nucleare. E faremo in modo
che tutto il materiale nucleare esistente
in Russia sia messo in sicurezza nel giro
di quattro anni. E costituiremo la più
potente rete internazionale per prevenire
la proliferazione nucleare. Questo corrisponde
a quello che il presidente Kennedy
aveva iniziato a fare con il trattato
sul bando agli esperimenti nucleari. E’
l’equivalente per la nostra generazione. E
intendo fare di tutto per realizzarlo.
BUSH: A dire il vero, da quando sono
in carica abbiamo diminuito del 35 per
cento i fondi per il problema della proliferazione
nucleare. Secondariamente, abbiamo
costituito quello che viene definito
– beh, prima di tutto sono d’accordo
con il mio contendente che la più grande
minaccia che questo paese deve affrontare
sia quella delle armi di distruzione di
massa finite eventualmente nelle mani di
terroristi. Ed ecco perché la proliferazione
è uno dei punti vitali di una strategia
multilaterale per aumentare la sicurezza
del paese. La mia Amministrazione ha
dato inizio a un programma chiamato
“Proliferation Security Initiative”. Più di
60 nazioni impegnate a impedire il trasferimento
di informazioni e/o materiale
concernente armi di distruzione di massa.
E abbiamo avuto successo. Abbiamo
annientato la rete di A. Q. Khan. Questa
era una rete di proliferazione, attiva in
Pakistan, che vendeva segreti militari a
nazioni quali la Corea del Nord e la Libia.
Abbiamo convinto la Libia a disarmare.
E’ una parte importante del problema
delle armi di distruzione di massa
e della proliferazione. Vi dirò che un altro
modo per difendere l’America in futuro
è quello di continuare nel programma
di difesa missilistica. E difatti abbiamo
un bel programma di ricerca e sviluppo
che è stato avviato durante il mio mandato.
A breve saremo in grado di completare
un sistema di difesa missilistica. E
questo è un altro modo per affrontare i
pericoli che ci attendono nel 21° secolo. Il
mio sfidante è contrario al programma di
difesa missilistica.
LEHRER: Solo per mettere a fuoco questa
discussione, anche se ci porterà via
qualche secondo: possiamo dire che ambedue
siete d’accordo, lei signor presidente
se sarà rieletto, e lei se sarà eletto,
che la minaccia maggiore sia la proliferazione
nucleare?
BUSH: Nelle mani di una rete terroristica
nemica.
KERRY: Le armi di distruzione di massa,
la proliferazione nucleare. Ma qui di
nuovo, ecco come si evidenzia la differenza
tra di noi. Il presidente ha avuto quattro
anni per gestire questo problema e la
Corea del Nord ha nel frattempo aumentato
il proprio arsenale; l’Iran sta preparandosi
ad averne. E continuando di questo
passo, ci vorranno 13 anni per mettere
in sicurezza l’arsenale nucleare russo. Io
lo farò in quattro anni e metterò in moto
immediatamente colloqui bilaterali con la
Corea del Nord.
LEHRER: Cosa risponde?
BUSH: Di nuovo, non posso che confermare
quanto sia un grave errore avere colloqui
bilaterali con la Corea del Nord. E’
precisamente quello che vuole Kim Jong
II. Sarà la fine dei colloqui a sei. Vorrà dire
che la Cina non sarà più coinvolta per
cercare di convincere assieme a noi Kim
Jong II a eliminare quelle armi. Sarebbe
un errore gravissimo. Dobbiamo assolutamente
avere la Cina al nostro fianco per
utilizzare il suo potere di persuasione su
Kim Jong II. E se si iniziano colloqui bilaterali,
saranno più che contenti di piantarci
in asso. Non penso proprio che funzionerebbe.
LEHRER: Va bene, signor presidente.
Eccole l’ultima domanda. Ha due minuti.
E’ un argomento nuovo – un argomento
nuovo e che riguarda il presidente Putin e
la Russia. Per caso lei si è sbagliato sul
suo conto o lei considera, lei ritiene che
quello che sta facendo a nome dell’antiterrorismo,
rivedendo alcuni processi di
democratizzazione, sia giusto?
BUSH: No, non penso che sia giusto e lo
ho anche detto pubblicamente. Penso che
in una democrazia ci debbano essere controlli
ed equilibri, e ho detto chiaramente
che consolidando il potere centrale del
governo, sta segnalando al mondo occidentale
e agli Stati Uniti, di non credere
nella necessità di questi controlli ed equilibri,
e io gliel’ho detto. Voglio dire, naturalmente
è un grande alleato nella lotta al
terrore. Lui è… veda hanno avuto una situazione
terribile a Beslan dove questi
terroristi hanno sparato a dei piccoli alunni.
Tra l’altro è così che si comporta il nemico.
Ecco perché dobbiamo essere decisi
e determinati a fare giustizia. Questo è
esattamente quello che vuol fare Vladimir
Putin. Ho un buon rapporto con Vladimir.
E’ importante che noi si sia in buoni rapporti
perché ciò mi permette meglio di
dirgli quello che penso e di discutere meglio
con lui le decisioni che prende. Ho
scoperto che, in questo mondo, è importante
avere dei buoni rapporti personali
con la gente, perché così se si è in disaccordo
si è ascoltati in maniera più efficace.
E così gli ho espresso la mia opinione
in proposito. Sono pronto ad affrontare di
nuovo la questione con lui più avanti. La
Russia è un paese che sta attraversando
un periodo di transizione. Vladimir dovrà
prendere alcune decisioni difficili. E penso
che sia molto importante per il presidente
americano, come per gli altri leader
occidentali, di ricordargli i grandi benefici
della democrazia, che la democrazia
aiuterà il suo popolo a realizzare le proprie
speranze, aspirazioni e sogni. E proseguirò
questa mia opera nei prossimi
quattro anni.
KERRY: Beh, lasciatemi dire in breve
che io ho avuto la straordinaria fortuna di
sperimentare da vicino e personalmente
la transizione della Russia, perché ero
proprio lì dopo il cambio di potere. E sono
stato probabilmente uno dei primi senatori,
assieme a Bob Smith, allora senatore
del New Hampshire, a entrare nei
sotterranei del KGB sotto la Piazza Treblinka
e a vedere le pile di fascicoli piene
di nomi. Era come aprire gli occhi sul processo
di transizione che la Russia stava
cercando di fare. Mi dispiace per quanto
è successo in questi ultimi mesi. E credo
francamente che vada oltre alla semplice
risposta al terrorismo. Putin controlla oggi
tutte le stazioni televisive. I suoi oppositori
politici finiscono in galera. Naturalmente
penso che sia importante per gli
Stati Uniti avere un buon rapporto di lavoro
perché è un paese molto importante
per noi. Vogliamo che sia un nostro partner.
Ma dobbiamo sempre sostenere la democrazia.
Come ha detto George Will l’altro
giorno: “La libertà avanza; ma non in
Russia al momento”. Ora, per un attimo,
vorrei tornare sull’argomento di prima riguardante
la Cina e i colloqui. Perché si
tratta di uno degli argomenti più critici: la
Corea del Nord. Il fatto che il presidente
affermi che non si possa fare – che si perderebbe
il sostegno della Cina – non significa
che la cosa non sia fattibile. Voglio
dire, questo è il presidente che affermò
“c’erano armi di distruzione di massa”,
disse “missione compiuta”, disse che sarebbe
stata una guerra da poco: niente di
tutto ciò si è rivelato vero. Potremmo avere
colloqui bilaterali con Kim Jong II. E
possiamo appropriarci di quelle armi e allo
stesso tempo non perdere la Cina. Perché
anche la Cina è interessata a risolvere
la faccenda.
BUSH: Voi conoscete la mia opinione
sulla Corea del Nord. Non potrei esprimermi
più chiaramente.
LEHRER: Va bene, ma quando ha usato
nuovamente la parola “verità”…
BUSH: Come dice?
LEHRER: …parlando della verità dei
fatti. Ha nuovamente usato la parola “verità”.
Non le ha fatto rizzare le penne?
BUSH: Oh, io sono un uomo abbastanza
calmo. Non la prendo come un’offesa personale.
LEHRER: Bene, bene.
BUSH: Sa, abbiamo esaminato gli stessi
rapporti della nostra intelligence e abbiamo
tratto le stesse conclusioni: Saddam
Hussein rappresentava una seria minaccia.
E non gliene voglio per aver detto che
rappresentava una grave minaccia. Non
passerò il mio tempo andando in giro per
il paese a dire che non ha detto la verità,
quando ha esaminato gli stessi documenti
che ho visto io.
KERRY: Era una minaccia. Non è questo
il problema. Il problema era come andava
affrontata. Il Presidente disse che
avrebbe costituito una vera coalizione,
esplorato tutti i mezzi consentiti dall’Onu
e poi come misura estrema sarebbe andato
in guerra. Quelle parole avevano un
loro significato. Ma, disgraziatamente, non
è andato in guerra, come misura estrema.
Ora ci troviamo con questo incredibile imbroglio
in Iraq: 200 miliardi di dollari.
Non è proprio quello che il popolo americano
si aspettava quando ha votato.
LEHRER: Va bene, questo ci porta alle
conclusioni finali. E, dal responso della
moneta, senatore Kerry tocca a lei per primo
e ha due minuti.
KERRY: Molte grazie, Jim. Molte grazie
ancora all’università. Grazie, signor presidente.
Miei cari concittadini americani,
come ho già detto all’inizio di questo dibattito,
sia io sia il presidente Bush amiamo
molto il nostro paese. Credo che su
questo non ci possa essere alcun dubbio.
Ma abbiamo opinioni diverse su cosa fare
per rendere il nostro paese più forte internamente
e di nuovo rispettato nel mondo.
So che molti di voi, seduti a casa, e che
hanno i figli in Iraq, vorrebbero sapere
chi potrebbe essere il comandante in capo
che potrebbe far tornare a casa i vostri
ragazzi, facendo quello che va fatto e vincendo
la pace. E a tutti gli altri genitori in
America che hanno i figli che vanno a
scuola o in giro per il mondo e che si stanno
chiedendo in quale mondo essi cresceranno,
vorrei dire guardandoli negli occhi:
ho difeso il mio paese da giovane andando
in guerra e lo difenderò da presidente
degli Stati Uniti. Ma io la vedo in
maniera diversa da questo presidente. Io
credo che noi siamo più forti quando stendiamo
la mano, guidando il mondo e costruendo
solide alleanze. Io ho un piano
per l’Iraq. Non sto parlando di lasciare il
paese, sto parlando di vincere. Dobbiamo
ripartire di nuovo, crearci una nuova credibilità,
un presidente che porti altri alleati
dalla nostra parte. Ho anche un piano
per sconfiggere il terrorismo, costruendo
sicurezza interna, rafforzando il
nostro esercito, tagliando le nostre spese,
aprendoci al mondo per ricostruire solide
alleanze. Credo che per l’America siano
in serbo giorni migliori, perché credo che
il futuro sia della libertà e non della paura.
Questo è il paese per il quale mi batterò.
E vi chiedo di darmi la possibilità di
rendervi orgogliosi. Vi chiedo di darmi
l’opportunità di guidare questa grande
nazione, così da essere più forti qui a casa
nostra, più rispettati nel mondo e avere
la giusta leadership responsabile che
ci meritiamo. Grazie a voi tutti e Dio benedica
l’America.
BUSH: Molte grazie stasera, Jim. Senatore.
Se l’America si mostrerà indecisa o
debole in questo decennio, il mondo intero
scivolerà nella tragedia. Questo non avverrà
fino a quando io sarò il vostro presidente.
Nei prossimi quattro anni continueremo
a rafforzare le nostre difese interne.
Consolideremo il nostro sistema di
raccolta di intelligence. Riformeremo il
nostro esercito. L’esercito sarà costituito
solo da volontari. Continueremo a stare all’offensiva.
Combatteremo i terroristi nel
mondo in modo da non doverli affrontare
qui in casa. Continueremo a costruire alleanze.
Non consegnerò mai il bisogno di
sicurezza nazionale dell’America a leader
stranieri, anche se continuiamo a costruire
queste alleanze. E continueremo a
diffondere la libertà. Io credo nel potere
di trasformazione della libertà. Credo che
avere un Iraq libero sia nell’interesse di
questo paese. Credo che avere un Afghanistan
libero sia nell’interesse di questo
paese. E credo che un libero Afghanistan
e un libero Iraq possano servire da esempio
potente per i milioni che agognano in
silenzio la libertà nel grande medio oriente.
Abbiamo fatto un sacco di lavoro negli
ultimi tre anni e mezzo. Siamo stati sfidati
e siamo stati all’altezza di queste sfide.
Abbiamo scalato l’erta montagna. Vedo la
valle là in fondo, una valle di pace. Se restiamo
costanti, risoluti e forti, mantenendo
la parola data, appoggiando le nostre
truppe, possiamo conquistare la pace che
cerchiamo. Vi ringrazio per avermi ascoltato
stanotte. Vi chiedo di votarmi. E possa
Dio continuare a benedire il nostro
grande paese.
LEHRER: E con ciò si conclude il dibattito
di stasera. Grazie senatore Kerry,
signor presidente.
(traduzioni di Aldo Piccato, Studio Brindani,
Chiara Serafin dell’Ami e Giovanna
Bellasio)
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Old 04-10-2004, 14:53   #293
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Sembra che manchino delle parole in alcune frasi. O forse è quello sgrammaticato di Bush.
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Old 04-10-2004, 14:59   #294
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Quote:
Originariamente inviato da tatrat4d
Sembra che manchino delle parole in alcune frasi. O forse è quello sgrammaticato di Bush.
al quindicesimo copia ed incolla mi si sono incrociati gli occhi...
jumpermax è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 04-10-2004, 17:46   #295
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Monday, October 4 2004
IS THE KERRY COMEBACK ON TRACK?: Last week's debate was a crucial point in this race. After a dismal eight-week stretch through August and September, Democrats across the country were demoralized and beginning to lose hope. Their candidate was well behind in almost every major poll and teetering on the edge of becoming a national joke and an electoral embarrassment for the party.


Things look a bit different now. For the moment at least, Kerry seems to be back in this race. Of the three polls taken after the debate so far, two show significant movement toward Kerry (Newsweek & Gallup) while one (Rasmussen) shows little change. We should be seeing more polls in the coming twenty four hours that will help us get a better feel for the overall size and strength of the move toward Kerry following Thursday night.


The other important question is whether Kerry can sustain whatever bounce he may receive from the debate. If recent history is any guide, Kerry's bump may be short lived.


Take the CNN/USA Today/Gallup poll, for instance. Back at the beginning of July, Kerry received a six point net bump in the CNN/USA Today/Gallup poll upon naming John Edwards as his Vice Presidential pick.

In the very next poll (whose sample started only eight days after the previous poll ended) Kerry's lead over Bush slipped back to only one point.


And as you can see from the chart on the right, in the next CNN/USA Today/Gallup poll taken right after the DNC, Kerry lost another 7 points (net) to President Bush. In other words, during the most positive six week run the Kerry campaign has had thus far (long before the Swift Boat Veterans and the RNC) Kerry was unable to make his bump stick.


So will he be able to do it this time? I'll give you two reason for and two reasons against:


Reason #1 Kerry's Bump WILL Last: For the first time in this race John Kerry looked presidential. That is an important test to pass with many moderate and independent voters who may have been ambivalent toward him or leaning somewhat uncomfortably toward Bush.


Reason #2 Kerry's Bump WILL Last: If you've ever handicapped horses at the track you know to always look closely at past performance. Whatever you might think of John Kerry as a person, as a politician he is a "closer." He did it against William Weld in 1996 and he did it again last year after being left for dead in the Dem primary. Even at the high water mark of his campaign in July, Kerry was a lackluster, unfocused candidate. After last Thursday night there is every reason to believe this is a different John Kerry: more focused, more hungry, and someone who is going to be a formidable challenger for President Bush over the next 28 days.


Reason #1 Kerry's Bump WON'T Last: Because despite the image presented to the public for 90 minutes last Thursday night, John Kerry is still an aloof, Northeastern elitist and a generally unlikable character. And just as his favorability ratings sank in every single poll after the Democratic National Convention, he won't be able to maintain enough of an aura of "likability" to be an electable alternative to President Bush.


Reason #2 Kerry's Bump WON'T Last: Kerry remains an extremely vulnerable candidate on the issues of national security and the War on Terror. Last Thursday Kerry made a number of gaffes and exposed an internationalist world view that a majority of Americans fundamentally disagree with. So far those mistakes have flown more or less under the radar, but they'll be exploited in the coming days (probably starting tomorrow night with Dick Cheney) and erode whatever gains Kerry made with voters in the most recent polls.


With three debates and a month left to go, the only thing that's certain about this race is that nothing is certain. There are undoubtedly plenty of twists and turns left. - T. Bevan 10:15 am
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Old 04-10-2004, 20:52   #296
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Old 04-10-2004, 23:03   #297
Paracleto
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"Il presidente ha sempre il diritto di sferrare un attacco preventivo, e ha sempre avuto questo diritto. Questa è stata una teoria molto importante per tutta la durata della guerra fredda".
Vi pare quel fanatico di Bush? Oppure Michael Ledeen o Bill Kristol? No, non è Bush né sono quei cattivoni dei neocon.
"Nessun presidente in tutta la storia americana ha mai rinunciato al diritto di agire preventivamente in qualsiasi modo pur di difendere gli Stati Uniti d'America, e anch'io farei lo stesso".
Pensate ancora si tratti di Bush e di quella cricca di ebrei intrallazzoni e guerrafondai che ha dirottato la politica estera americana?
No, darling, sono parole di John Kerry pronunciate nel medesimo dibattito che ha ridato tanta speranza ai sinistri of Italy.

Ne scrive questa mattina sul New York Times, William Safire, in un articolo intitolato: "Kerry, il più nuovo neocon".
__________________
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Old 04-10-2004, 23:12   #298
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Originariamente inviato da Paracleto
"Il presidente ha sempre il diritto di sferrare un attacco preventivo, e ha sempre avuto questo diritto. Questa è stata una teoria molto importante per tutta la durata della guerra fredda".
Vi pare quel fanatico di Bush? Oppure Michael Ledeen o Bill Kristol? No, non è Bush né sono quei cattivoni dei neocon.
"Nessun presidente in tutta la storia americana ha mai rinunciato al diritto di agire preventivamente in qualsiasi modo pur di difendere gli Stati Uniti d'America, e anch'io farei lo stesso".
Pensate ancora si tratti di Bush e di quella cricca di ebrei intrallazzoni e guerrafondai che ha dirottato la politica estera americana?
No, darling, sono parole di John Kerry pronunciate nel medesimo dibattito che ha ridato tanta speranza ai sinistri of Italy.

Ne scrive questa mattina sul New York Times, William Safire, in un articolo intitolato: "Kerry, il più nuovo neocon".
Ma lei mi è così volgarmente fazioso da non citare il global test di qualche istante dopo.
Sherzi a parte, da un'idea di quanto sia lontana da noi la politica americana (in positivo secondo me): Kerry presidente, sebbene non sia il mio esito preferito, concederebbe almeno il gusto di assistere alla delusione di molti in Europa.
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Ultima modifica di tatrat4d : 04-10-2004 alle 23:14.
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Old 05-10-2004, 00:30   #299
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CBS/NYT (10/1-10/3): Bush 47, Kerry 47, Nader 1 | Bush JA @ 47%
ABC News/Wash Post (10/1-10/3): Bush 51, Kerry 46, Nader 1 | Bush JA @ 53%
Pew Research (10/1-10/3): Bush 49, Kerry 44, Nader 2
Zogby (10/1-10/3): Bush 46, Kerry 43, Nader 2 | Bush 46, Kerry 45
Rasmussen (10/4): Bush 49, Kerry 46

Questi gli ultimi 5 sondaggi pubblicati questa sera, tratti da
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Ultima modifica di tatrat4d : 05-10-2004 alle 01:30.
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Old 05-10-2004, 01:00   #300
Paracleto
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Iscritto dal: Jun 2004
Messaggi: 3
"E sono stato probabilmente uno dei primi senatori, assieme a Bob Smith, allora senatore del New Hampshire, a entrare nei sotterranei del KGB sotto la Piazza Treblinka e a vedere le pile di fascicoli piene di nomi."

Treblinka sarebbe Lubjanka?
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