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Destiny Rising: quando un gioco mobile supera il gioco originale
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Old 13-07-2010, 01:06   #1
ennys
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Assolto il capitano Canale

Assolto Canale, i magistrati rispondano degli errori su via D'Amelio

Roma, 12 lug (Il Velino) - Nessun giornale, tranne due eccezioni (“Il Giornale di Sicilia” e ”Libero”), ha riportato la notizia dell’assoluzione definitiva di Carmelo Canale, oggi capitano dei carabinieri e per anni, da maresciallo e da tenente, il principale e più fidato collaboratore di Paolo Borsellino. Venerdì la quinta sezione della Cassazione ha respinto il ricorso presentato dalla Procura generale di Palermo contro Canale, già assolto in primo e in secondo grado, e ha posto la parola fine a un’indagine e a un processo infiniti, durati 14 anni (Canale è indagato dal 1996 ed è stato rinviato a giudizio nel 1999). “Quando questo processo al tenente Canale sarà finito - scrivevo otto anni fa (“Panorama”, 21 marzo 2002, pag.89) - non sapremo soltanto chi ha suicidato il maresciallo Lombardo. Sapremo pure ciò che tutti i processi celebrati finora per la strage di via D’Amelio non hanno saputo chiarire: chi e perché ha ammazzato Paolo Borsellino”.
Carmelo Canale, infatti, è stato perseguitato per 14 anni non solo perché aveva denunciato per calunnia e per istigazione al suicidio i diffamatori di suo cognato, il maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo, che si era sparato un colpo alla tempia con la pistola d’ordinanza il 4 marzo 1995 nel cortile della caserma, ma anche perché, 15 anni prima che lo confermasse il pentito di mafia Gaspare Spatuzza, aveva spiegato che le indagini e i processi per la strage di via D’Amelio erano stati un indescrivibile pasticcio e che i veri responsabili dell’assassinio di Paolo Borsellino e della scorta erano in libertà e in galera erano finiti gli innocenti.
Il maresciallo Lombardo, che aveva comandato per vent’anni la stazione dei carabinieri di Terrasini, il feudo del boss Gaetano Badalamenti, era stato inviato in missione negli Stati Uniti ed aveva convinto Badalamenti, detenuto nelle carceri americane, a venire a deporre in Italia al processo contro Giulio Andreotti, dove avrebbe smentito, come aveva preannunciato, le accuse di Tommaso Buscetta. Autorizzato a tornare negli Usa per prelevare Badalamenti e portarlo a Palermo, Lombardo, proprio mentre stava per partire, era stato accusato dall’ex sindaco di Palermo e leader della “Rete” Leoluca Orlando, ospite della trasmissione di Michele Santoro, di intelligenza con la mafia. La Procura di Palermo, sollecitata dai vertici dell’Arma dei carabinieri, si era rifiutata di smentire le accuse di Orlando e aveva fatto trapelare la voce che si accingeva ad arrestare Lombardo, e questi si era sparato nel cortile della caserma, dopo avere scritto una lettera, in cui denunciava che i suoi guai erano stati provocati dai “viaggi americani”, e cioè dall’avere lui convinto Badalamenti a venire a deporre e a smentire Buscetta.
Canale aveva subito parlato di “delitto di Stato” e, dopo aver denunciato per calunnia e istigazione al suicidio Orlando e Santoro, aveva rivelato il contenuto del rapporto fatto dopo il viaggio negli Usa al comando dell’Arma dei carabinieri da suo cognato Lombardo e dal suo superiore, il maggiore Mauro Obinu, in cui, dopo la conferma che Badalamenti era disposto a venire in Italia a smentire Buscetta, si denunciava che il sostituto procuratore di Palermo, che aveva accompagnato negli Usa i due carabinieri, aveva dimostrato “seria preoccupazione per la decisione di Badalamenti, pericoloso per l’impianto processuale” dell’accusa contro Andreotti poggiato sulle accuse di Buscetta, ed aveva esortato i carabinieri “a non insistere”. Canale sosteneva che qualcuno dalla Procura di Palermo aveva fatto conoscere a Orlando il rapporto segreto di Lombardo e del maggiore Obinu e che il cognato era stato appositamente diffamato e “istigato al suicidio” per impedirgli di andare a prendere Badalamenti e portarlo a deporre in Italia.
Non solo. Deponendo dinanzi allo commissione parlamentare antimafia, allora presieduta da Ottaviano Del Turco, Canale aveva sostenuto che la vicenda Badalamenti-Lombardo-Orlando-Procura di Palermo era intrecciata con la strage di via D’Amelio e che Borsellino era stato ucciso perché, lontano dalla Procura, di cui diffidava, e chiuso nella caserma dei carabinieri, stava indagando sull’assassinio del suo amico Giovanni Falcone con l’ausilio del maggiore Mario Mori e del capitano Giuseppe De Donno, autori dell’indagine “mafia e appalti”, una indagine vanificata per la fuga di notizie dalla Procura e ritenuta da Borsellino la vera causa della strage di Capaci.
Canale non aveva finito di deporre dinanzi alla commissione parlamentare antimafia, tra le proteste dei membri comunisti della commissione, che abbandonarono la seduta, che spuntò il primo mafioso “pentito” ad accusarlo. Rapidamente i “pentiti” divennero cinque, poi sette, poi dodici, e accusarono Canale di aver fornito ripetutamente “informazioni” alla mafia in cambio di danaro, che gli era servito prima per curare una figlia malata e poi per costruirle la tomba al cimitero. Il pubblico ministero Massimo Russo (che poi è entrato in politica e oggi è assessore alla Sanità nella giunta Lombardo) aveva chiesto per Canale “che è un Giano bifronte - aveva gridato nella requisitoria finale - che ha indossato per anni la divisa di servitore dello Stato, ma al tempo stesso violava il giuramento di fedeltà alle istituzioni perché faceva parte della mafia, una mafia che è diventata il mostro che è grazie a individui abietti come lui”, la condanna a dieci anni di galera. Canale è stato assolto in primo e secondo grado con formula piena, e i giudici d’appello hanno respinto il ricorso di Russo, rilevando nel pm “preconcetti e ansia colpevolista” e “atteggiamenti ingenerosi”.
E tuttavia ci sono voluti 14 anni e Canale, nel frattempo, è andato in pensione senza poter recuperare la progressione in carriera, che per lui si è fermata al grado di capitano. Ora che è finita, i magistrati di Caltanissetta, competenti per i reati commessi dai magistrati a Palermo, dovrebbero riaprire i verbali segretati delle deposizioni rese all’epoca da Canale, che parlò per nove ore, e iscrivere nel registro degli indagati, sia il pm citato nel rapporto Lombardo-Obinu, che li voleva far “soprassedere” dal portare a Palermo Badalamenti, sia il pm, sempre della Procura di Palermo, che fece intendere che stavano per arrestare Lombardo e provocò il suo suicidio (e il suo nome è nel verbale della deposizione resa dall’allora colonnello Mario Nunzella, comandante dei Ros, dinanzi alla commissione parlamentare antimafia).
Nel frattempo, la commissione parlamentare, oggi presieduta dal senatore Pisanu, anche se è molto occupata a cercare i responsabili della presunta “trattativa” tra lo Stato e la mafia, potrebbe riaprire il plico della deposizione resa a suo tempo da Canale e indagare seriamente sulle responsabilità degli errori madornali commessi nelle indagini e nei processi per la strage di via D’Amelio, senza prendersela con i tre poveri poliziotti oggi indagati a Caltanissetta, ma chiedendone conto, come di dovere, a quella dozzina di pm che hanno indagato nei tre processi e a quella trentina di giudici del primo grado e dell’appello, responsabili delle aberranti sentenze che hanno condannato all’ergastolo gli innocenti e lasciato in libertà i colpevoli. Dal canto suo, il ministro della Giustizia farebbe bene a mandare gli ispettori alla Procura di Palermo per far cessare lo scandalo di questo accanimento giudiziario contro i carabinieri che, dopo il caso Canale, continua con le sedute spiritiche organizzate col figlio di Vito Ciancimino ai danni del generale Mori e, guarda caso, del colonnello Mauro Obinu.


http://www.ilvelino.it/la_memoria.php?Id=1164757


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Old 13-07-2010, 01:07   #2
ennys
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Chi paga?

Scritto da Davide Giacalone
domenica 11 luglio 2010

Adesso, chi paga? Non la giustizia, dove, anzi, chi sbaglia fa carriera. Non la politica, che tace vigliaccamente, popolata da quelli che tacciono per occultare le proprie colpe e da quelli che non parlano perché non sanno di che parlare. Non un giornalismo riprovevole, che il bavaglio ce l’ha nel cervello e si guarda bene dal dare le notizie. E la notizia è questa: dopo quattordici anni, dopo essere stato isolato e vilipeso, Carmelo Canale, carabiniere, l’uomo che Paolo Borsellino chiamava “fratello”, è stato assolto in via definitiva: non s’è venduto alla mafia. Ripeto la domanda: adesso, chi paga? La sorte di Canale fu segnata dalla vicinanza all’uomo cui la procura di Palermo aveva impedito d’indagare sulla mafia, all’uomo che ricevette il permesso di interrogare dei pentiti, dalla viva e diretta voce del procuratore capo, la mattina stessa in cui saltò in aria, assieme alla scorta, a quel Paolo Borsellino che tutti furono pronti a piangere, così come erano stati pronti a fermare, e fu segnata, la sorte di Canale, dal suicidio di suo cognato, il maresciallo Antonio Lombardo, che, nel 1995, si sparò dopo che Leoluca Orlando Cascio lo aveva accusato, ospite di Michele Santoro, in diretta televisiva e senza diritto di replica, d’essere al servizio dei mafiosi. Canale disse: non è un suicidio. E, dicendolo, si suicidò. Da quel momento il carabiniere che indagava contro la mafia passò ad essere accusato di mafia e, suprema raffinatezza, gli imputarono di avere usato i soldi dei disonorati per curare, prima, e seppellire, poi, la figlia, Antonella. A lei e a Borsellino è andato il pensiero di Canale, oramai definitivamente innocente, in un giorno che lui stesso ha definito di “malinconica felicità”.
Non fermatevi qui, però. Perché qualcuno deve pagare, e non per la tortura inflitta ad un servitore dello Stato, ma per il depistaggio ai danni dell’Italia. Canale, difatti, è stato assolto in primo grado, assolto in secondo e, giunti in cassazione, il procuratore generale ha chiesto di respingere il ricorso presentato dalla procura di Palermo. La Corte è andata oltre, considerandolo inammissibile. Somari, nel merito e nella procedura. Già, ma il pubblico ministero che sostenne l’accusa contro questo carabiniere oggi è assessore regionale. Amministra la cosa pubblica, veste i panni del moralizzatore, elargisce lezioni di correttezza. Mentre il politico che accusò Lombardo, esponendo la sua famiglia a un pericolo rispetto a quale quell’uomo preferì la morte propria, che accusò Giovanni Falcone di tenere nei cassetti le indagini, anch’egli complice di mafiosi e amici dei mafiosi, ancora calca la scena, esponente del partito giustizialista e manettaro, sempre pronto a dire che l’opera dei magistrati deve avere la precedenza. Ora la giustizia ha fatto il suo corso, Canale è definitivamente innocente, ma questa gente è passata a parlar d’altro, senza che nessuno li rimproveri, senza che si sbatta loro in faccia quel che hanno combinato. Un Paese, il nostro, senza anticorpi, senza memoria, quindi senza dignità. Mi prendo i miei rischi, allora, e mentre i copisti di procura scioperano per non essere imbavagliati (tanto stanno zitti per vocazione), urlo la rabbia di un’Italia che vuole essere diversa.
Badate bene, la cosa riguarda solo marginalmente Carmelo Canale. Carne da cannone, spappolata da uno Stato fellone e ingiusto. Ma la vicenda collettiva è assai più vasta e ci riguarda tutti. Siamo ancora qui a discutere dell’ipotesi che ci sia stata una trattativa fra lo Stato e la mafia, pendiamo dalla bocca di disonorati e figli di disonorati, che rateizzano le “rivelazioni” e risiedono stabilmente sulle prime pagine, ai servitori dello Stato, però, abbiamo messo un sasso in bocca, allo stesso Canale abbiamo impedito di parlare, per quattordici anni, e se anche avesse parlato nessuno lo sarebbe stato ad ascoltare, come non è stata pubblicata la notizia della sua assoluzione, e tutto questo capita perché si fa fede a chi ha lavorato per gli assassini, non a chi ha lavorato per lo Stato e per Borsellino. Vi è chiaro, questo? Che altro dovete leggere e sapere per urlare tutti contro il mare di minchionerie nel quale siamo stati annegati?
Nessuno replicherà, come nessuno ha interesse a sapere che fine fece l’inchiesta mafia appalti, che dopo l’eliminazione di Paolo Borsellino la procura di Palermo provvide a smembrare, sezionare, spappolare e neutralizzare. Nessuno replica perché l’unica cosa che sanno fare è mettere il bavaglio, coprendo le poche voci eterodosse con il silenzio e l’accantonamento. Queste storie di mafia, e, soprattutto, queste storiacce di falsa antimafia, sono il sigillo di un’Italia deviata. Che, però, state bene attenti, non si nasconde nell’ombra, non trama nel segreto, bensì s’esibisce davanti ai vostri occhi, incucchiaiandovi la bocca con presunte “verità” che, però, sono il contrario delle verità precedenti. La verità al servizio della fazione e del disegno politico, una suggestione orwelliana che, da noi, è divenuta realtà. Fino a sconfinare nel comico, così che chi ci raccontò la credibilità di Scarantino, e su quella basò sentenze definitive relative alla morte di Borsellino, oggi sdottoreggia sulla credibilità di Spatuzza, che dimostra quanto il primo sia un buffone. Ma la coerenza e la serietà non sono specialità praticate da procuratori e giornalisti battaglieri, in eterna guerra contro il diritto e l’onestà.
Nessuno pagherà, allora, per la semplice ragione che abbiamo già pagato tutti. Il prezzo più alto: la rinuncia alla giustizia e la falsificazione della nostra storia. L’assoluzione di Carmelo Canale è solo una piccola consolazione, che a lui è costata una vita.

www.davidegiacalone.it

http://www.legnostorto.com/index.php...9242&Itemid=26



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Old 13-07-2010, 01:11   #3
ennys
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Iniziava così nel... 1997

Canale, la vedova Borsellino insorge
" Paolo ucciso due volte " .
Il tenente sotto accusa: da oggi sono morto anch' io

Palermo, sulle dichiarazioni dei pentiti che hanno tirato in ballo l'ex collaboratore del magistrato indagano sei pm Canale, la vedova Borsellino insorge "Paolo ucciso due volte". Il tenente sotto accusa: da oggi sono morto anch'io PALERMO - "Da oggi il tenente Carmelo Canale e' morto". A tentare di rintracciarlo in ufficio o a casa si riceve soltanto questa risposta. Una sorta di macabro messaggio affidato a una "segreteria telefonica" composta da parenti e amici rimasti di ghiaccio dopo le notizie apparse ieri sui giornali. A un uomo come Canale colluso con le cosche si stenta a credere. Sconcertato il fratello di Paolo Borsellino, Salvatore: "Mi rifiuto di credere a una cosa simile, significherebbe che il mondo gira al contrario. L'ho conosciuto prima della morte di Paolo e so bene qual era il rapporto di stima che li legava. Tutto puo' accadere in questa terra, ma mi rifiuto di credere a simili accuse. Dobbiamo stare anche attenti ai depistaggi". Ancor piu' amaro il commento della vedova del magistrato di cui il tenente Carmelo Canale era il braccio destro, Agnese Piraino Leto: "E' come se avessero ucciso mio marito una seconda volta. I processi non si fanno in piazza". Disorientati gli esponenti delle forze dell'ordine. "Sono accuse pesantissime - afferma il segretario dell'Unione sindacale di polizia, Giampaolo Tronchi - ma non intaccano minimamente, se non saranno provate, la credibilita' di un fedele servitore dello Stato". Eppure le dichiarazioni sono li', anche se in attesa di tutti i riscontri necessari trattandosi di un investigatore di punta nella lotta alla mafia. In Procura e' al lavoro un pool di sei magistrati coordinato dal procuratore aggiunto Luigi Croce. Ci sono sette pentiti che accusano Canale e il cognato, il maresciallo Antonino Lombardo, risucchiato nella voragine dei sospetti anche da morto. Ma fra tutte e' la voce di Angelo Siino quella che sta aprendo il coperchio su anni di colusioni e connivenze che tirano nel fango altri insospettabili. In mezzo ci sarebbe di tutto: mafia, politica, massoneria. E ancora il fiume di tangenti per opere pubbliche che non risparmierebbe nessuno, da esponenti della Dc fino a quelli del vecchio Pci e delle cooperative rosse. Angelo Siino avrebbe anche fatto il nome di un politico romano con il quale, secondo il pentito Giovanni Drago, aveva un rapporto definito "particolare" e al quale in piu' circostanze avrebbe portato "valigie piene di soldi". Un rapporto che Siino avrebbe coltivato personalmente, dal quale sarebbe stato escluso perfino il figlio. Per il momento sono le accuse a Carmelo Canale e ad Antonino Lombardo a scuotere Palermo. L'ex collaboratore di Borsellino non ha resistito alle mille voci che circolavano in citta' ed e' andato alla Procura di Caltanissetta denunciando una fuga di notizie. Cio' ha in qualche modo anticipato il lavoro dei magistrati palermitani. Angelo Siino ha raccontato che il maresciallo Lombardo gli avrebbe passato informazioni riservate sino alla vigilia del suo arresto nell'ambito della famosa operazione "mafia ed appalti". Cinque pentiti trapanesi parlano, invece, di Carmelo Canale come una talpa al servizio delle cosche. Dichiarazioni alle quali si aggiungono quelle di Giovanni Brusca e soprattutto di Siino che accusano il piu' stretto collaboratore di Paolo Borsellino di aver fatto da informatore delle cosche anche nel periodo in cui era l'uomo di fiducia del magistrato ucciso in via D'Amelio. Tutto in cambio di denaro: dieci milioni a soffiata.

Sciacca Alfio

Pagina 12
(25 agosto 1997) - Corriere della Sera

http://archiviostorico.corriere.it/1...08255860.shtml


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Old 13-07-2010, 20:52   #4
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claudioborghi
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Dichiarazioni alle quali si aggiungono quelle di Giovanni Brusca e soprattutto di Siino che accusano il piu' stretto collaboratore di Paolo Borsellino di aver fatto da informatore delle cosche
Ma a chi vuoi che interessi...

Non c'e' Berlusconi, non c'e' Mangano, si parla degli "errori" dei pm ... zero utilità...

Ricollego ad altra discussione dove si parlava proprio di Canale e di chi si prendeva cura di Brusca, questo "affidabile" "collaboratore di giustizia"

http://www.hwupgrade.it/forum/showpo...&postcount=118
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Ma a chi vuoi che interessi...

Non c'e' Berlusconi, non c'e' Mangano, si parla degli "errori" dei pm ... zero utilità...

Ricollego ad altra discussione dove si parlava proprio di Canale e di chi si prendeva cura di Brusca, questo "affidabile" "collaboratore di giustizia"

http://www.hwupgrade.it/forum/showpo...&postcount=118
Io ho letto, se permetti

Però ho ben poco da replicare, è stata rovinata la vita di un uomo dalla macchina dello Stato, per quel che vale sono solidale con lui, sempre che sappia ancora "amaramente" apprezzare la solidarietà dopo tali vicissitudini.
lowenz è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 13-07-2010, 22:21   #7
claudioborghi
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Originariamente inviato da lowenz Guarda i messaggi
Io ho letto, se permetti

Però ho ben poco da replicare, è stata rovinata la vita di un uomo dalla macchina dello Stato, per quel che vale sono solidale con lui, sempre che sappia ancora "amaramente" apprezzare la solidarietà dopo tali vicissitudini.
No sai, di solito quando viene fuori che qualche politico del pdl ha buttato per terra una cartaccia parte una ola condita da mille post con la faccina che vomita e simili... quando si parla di servitori dello stato cucinati a fuoco lento per 14 anni da pm che sembra sempre che sappiano tutto loro il nulla...
Nulla ovviamente nemmeno dalla manetta quotidiana che al massimo fra un po' ci racconterà che canale è stato assolto ma i giudici avevano un nipote che una volta ha comprato un trenino in un negozio di uno il cui fratello è stato visto starnutire vicino ad un'altro considerato "vicino" alla mafia...

Porsi il problema dell'uso strumentale dell'antimafia, del suicidio del maresciallo Lombardo chiamato in causa da Orlando (IDV) in tv da Santoro, dell'irresponsabilità della magistratura e dell'appello a raffica contro le sentenze di assoluzione non interessa... e' un fatto...
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Old 13-07-2010, 23:59   #8
Steinoff
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Ultima modifica di Steinoff : 29-07-2010 alle 17:33.
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