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Old 10-04-2010, 14:11   #1
frankytop
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Un piano socialista: così Monti rischia di affossare l’euro

Ci voleva un banchiere ed economista svizzero per far aprire gli occhi agli europei. Si chiama Konrad Hummler, guida una delle più antiche banche private elvetiche, la Wegelin, e in patria è conosciuto per il suo coraggio intellettuale. Nel 2008 denunciò le magagne della potentissima Ubs; più volte ha criticato l’establishment finanziario di Zurigo e il governo di Berna. Ora allarga l’orizzonte e, in un report appena pubblicato, svela la riforma che l’Unione europea ha messo in cantiere su un tema delicato e cruciale: quello dell’armonizzazione fiscale.

Più che una riforma, una rivoluzione che porta la firma di un italiano illustre: Mario Monti. Sì, proprio del presidente della Bocconi, che, sebbene dal 2004 non sia più commissario, dallo scorso ottobre è tornato nel giro che conta a Bruxelles, avendo ricevuto dal presidente della Commissione Ue l’incarico di preparare il rapporto per rilanciare il mercato unico in Europa. Una missione prestigiosa, ma che né Monti né la Commissione hanno pubblicizzato, limitando la comunicazione pubblica a un comunicato di poche righe, lo scorso autunno, ignorato da quasi tutti i media. Poi più nulla.

Un caso. O forse no. Capita, a Bruxelles ma non solo, che le notizie più importanti siano quelle di cui nessuno parla. Dell’argomento si è occupato, in cinque mesi e mezzo, solo l’Economist nella rubrica Charlemagne. Troppo poco per una riforma in divenire che meriterebbe un ampio e vigoroso dibattito. Con ogni probabilità, Monti non si limiterà a proporre l’abbattimento delle barriere normative e delle pratiche protezionistiche che, in certi settori, ancora impediscono un vero mercato tra i Ventisette, ma invocherà anche misure per limitare pesantemente la concorrenza tra gli Stati in materia fiscale.

In nome di una nobile finalità, naturalmente, ovvero per permettere ai singoli governi di finanziare l’enorme spesa sociale che grava sui loro bilanci. E calibrando bene il linguaggio per prevenire eventuali resistenze nell’opinione pubblica. Un progetto che lo stesso Monti delineò qualche mese fa in un articolo sul Financial Times in cui invocava un «coordinamento fiscale tra i Paesi», che assomigliava all’armonizzazione, ma risultava, etimologicamente, meno invasivo. Il presidente della Bocconi auspicava l’ampliamento dell’economia sociale di mercato con un obiettivo più ampio e ambizioso, quello di modellare l’Europa a immagine e somiglianza dei sistemi scandinavi. Dunque: più mercato intraeuropeo, ma anche più tasse e più Stato.

Pochi l’anno scorso diedero importanza a quell’editoriale che però oggi andrebbe riletto e valutato con attenzione, perché, stando alle poche indiscrezioni trapelate, costituisce l’architrave della riforma, che, peraltro, sarebbe già alle battute finali (i lavori dovrebbe concludersi entro fine aprile). Una riforma appoggiata da Barroso, dall’anonimo ma insidioso presidente europeo Herman Van Rompuy, dalle lobby di Bruxelles e pertanto potenzialmente vincente, seppur contraddittoria. Da un lato, infatti, la Ue vuole liberalizzare l’economia, dall’altro, però, intende impedire la concorrenza fiscale tra gli Stati.

Secondo Hummler, la riforma Monti è preoccupante anche perché si basa sull’assunto, errato, secondo cui l’armonizzazione comporta una riduzione dell’onere fiscale medio. «Nella storia ciò non è mai avvenuto», scrive il banchiere-economista elvetico, semmai è vero il contrario: la pressione aumenta inducendo «un livello fiscale avverso alla crescita e un’erosione della competitività», che porterebbe l’Europa a chiudersi sempre di più. La tasse non attirano gli imprenditori, li fanno fuggire, tanto più in una zona, quella dell’euro, che, in occasione della crisi greca, ha mostrato gravi carenze strutturali.

L’Unione europea avrebbe bisogno di chiarezza e di flessibilità, ma sta percorrendo la direzione opposta. Secondo Hummler, Maastricht ormai è una finzione per l’impossibilità dei Paesi membri di rispettare i parametri, mentre la cura Monti rischia di trasformare la Ue in una «comunità forzosa», sempre meno liberale, sempre più socialista e gravata da debiti pubblici insostenibili, che finirebbero per affossare l’euro. Uno scenario estremo, ma non irrealistico.

Il Giornale.it
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Old 10-04-2010, 14:15   #2
blamecanada
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Unione Europea socialista?




Che poi se fosse vero sarei contento, ma non lo è.

Comunque la concorrenza fiscale sarebbe un salasso che costringerebbe ad abbattere lo Stato sociale, se non c'è tanto meglio.
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Old 10-04-2010, 14:24   #3
gbhu
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Purtroppo quando si parla di economia, nel senso di scienza, cioè di regole, piani o modelli, il tutto diventa complesso in quanto non è possibile una sperimentazione né esiste una formulazione precisa dei sistemi in gioco.
Ricordo che una volta lessi nella biografia di un famoso fisico (non ricordo però chi era, uno dei fisici più importanti dell'ottocento), che lui aveva iniziato gli studi in economia ma poi li aveva trovati troppo difficili e quindi era passato a fisica.
L'unica possibilità di vedere se una riforma economica o un piano di ripresa funziona è applicarlo e vedere che succede, al limite avendo preventivamente verificato che i suoi effetti più probabili non siano già stati dimostrati negativi da esperienze analoghe del passato (che però non è detto debbano ripetersi quindi è sempre una cosa aleatoria).
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Old 10-04-2010, 14:53   #4
Varilion
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Originariamente inviato da blamecanada Guarda i messaggi
Unione Europea socialista?

Che poi se fosse vero sarei contento, ma non lo è.

Comunque la concorrenza fiscale sarebbe un salasso che costringerebbe ad abbattere lo Stato sociale, se non c'è tanto meglio.
Tieni presente che quasi tutti gli stati Euro hanno una tassazione complessiva tra il 40 ed il 50% del PIL. Tra l'Italia e la Svezia come tasse non ce ne passa tantissimo...almeno dal punto di vista relativo. (poi a livello assoluto è ovvio che uno stato più ricco genera anche più tasse).

Quanto alla "concorrenza fiscale", essa c'è eccome...ed è effettivamente un problema da risolvere in maniera "intelligente".

Se la Svezia decidesse che le basta offrire servizi uguali a quelli dell'Italia credo potrebbe agilmente dimezzare le tasse, aumentando enormemente la propria competitività...a scapito dell'Italia. Questo genererebbe il paradosso per cui i ricchi finirebbero per pagare meno tasse dei poveri. Ciò rende necessario un sistema che bilanci le tasse in funzione della ricchezza prodotta e della competitività..... (e la spesa pubblica andrebbe definita di conseguenza).

Poi ho idea che tutti gli Europei tenderanno a "massimizzare" la spesa pubblica per quel che è possibile fare.

E comunque non vedo la contraddizione tra liberalizzare l'economia ed impedire la concorrenza tra stati. A me sembrano due obiettivi "gemelli".
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Old 10-04-2010, 14:58   #5
blamecanada
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Infatti quello che dico è che mentre Il Rotolo s'indigna per la mancanza di concorrenza fiscale, è un bene che in Europa non vi sia alcuna forma di concorrenza fiscale.
Certo, se si ha come obiettivo la distruzione dello Stato sociale, come quelli de Il Rotolo, è ovvio auspicare la concorrenza fiscale.
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