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Iscritto dal: Apr 2004
Messaggi: 350
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«Troppe minacce, rinunciamo» Sciolta l'associazione Sos racket
Il solito meridione
MILANO - Dopo l'ennesimo atto intimidatorio, il presidente di Sos Racket e Usura Frediano Manzi ha deciso di sciogliere l'associazione attiva da 13 anni. Domenica mattina ignoti hanno dato fuoco con liquido infiammabile al suo furgone per la consegna dei fiori a Caronno Pertusella (Varese). Manzi che ha poi contattato i sette membri del Consiglio direttivo e insieme hanno deciso la chiusura dell'associazione. «Negli ultimi tre mesi - spiega - questo è la terza pesante intimidazione che riceviamo, dopo che hanno sparato contro un chiosco a Parabiago e hanno messo una bomba carta nel chiosco di Nerviano, senza contare ovviamente le telefonate ricevute. Ma non è per paura che chiudiamo, ma per la totale impossibilità di lavorare in condizioni di sicurezza». Manzi spiega di non sapere da dove provengano tutti questi atti intimidatori «viste le decine d'inchieste aperte in tutta Italia in conseguenza alle nostre denunce» ma non intende mettere a rischio «le decine di volontari che collaborano con un'associazione alla quale non è stata trovata neanche una sede sicura». LA «SIGNORA GABETTI» - Una delle ultime denunce di Sos Racket e Usura ha portato all'arresto di Giovanna Pesco, detta «la signora Gabetti», e di altre persone con l'accusa di associazione per delinquere finalizzata all'occupazione abusiva di appartamenti, alcuni di proprietà dell'Aler, in via Padre Luigi Monti, nella periferia nord di Milano. «Dopo questa denuncia - ricorda Manzi - si sono interrotti completamente i rapporti con la Regione Lombardia, mentre da gran parte delle istituzioni milanesi non abbiamo mai avuto nessun appoggio: il sindaco Moratti non ha mai detto una parola, il vicesindaco De Corato ci ha delegittimati in pieno». QUARTIERI «PROIBITI» - Da quando Sos Racket e Usura si è occupata del racket delle case popolari a Milano, «non possiamo più entrare in alcuni quartieri della città senza essere bersagliati da insulti e minacce», prosegue Manzi. «Questo non è tollerabile in un paese civile, come non è tollerabile che parte delle istituzioni milanesi abbiano con noi avuto un atteggiamento non d'appoggio ma di scontro e delegittimazione, dopo che noi abbiamo dimostrato che, per la loro inerzia, hanno creato a Milano dei quartieri ghetto, permettendo di fatto alla criminalità organizzata di sostituirsi allo stato». Collaborazione è arrivata dalle forze dell'ordine ma «per il resto siamo stati totalmente lasciati allo sbando. Non ce la sentiamo più di andare avanti in questo stato - aggiunge - sembra di essere nel quartiere Zen di Palermo, non a Milano». Sul sito dell'associazione, un video che proviene dagli abitanti di via Padre Luigi Monti: «Questo sarà l'ultimo documento che noi pubblicheremo». Cancellato anche il presidio per la legalità organizzato dall'associazione per sabato 13 febbraio in via Ciriè a Milano. http://milano.corriere.it/milano/not...20909181.shtml |
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#2 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jul 2002
Città: Reggio Calabria -> London
Messaggi: 12112
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così forse inizieranno a capire anche da quelli parti cos'è la mafia e smetteranno di votare per chi aiuta i criminali.
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#3 |
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Iscritto dal: Aug 2008
Messaggi: 199
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il civilizzato e superiore nord
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#5 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Mar 2005
Città: Bassa Irpinia
Messaggi: 2437
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A parte proclami simil destroidi, questa notizia dovrebbe far riflettere.. ammesso che ci siano persone disposte a farlo
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#6 |
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Iscritto dal: Dec 2003
Città: Hamburg/Torino
Messaggi: 2757
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#7 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2005
Messaggi: 821
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Ormai sempre più meridionalizzato. Grazie Lega e FI in team. Pessima notizia comunque.
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese) "Sono un liberale di destra, come potrei votare uno come Berlusconi?" Marcello Dell'Utri, fondatore del partito Forza Italia, è stato condannato per mafia. |
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#8 |
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Senior Member
Iscritto dal: Mar 2001
Messaggi: 2169
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quando si sentono i cognomi delle persone coinvolte, c'è poco di nordico solitamente. quindi queste cose non segnano un pareggio ma un bel due a zero.
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IN ANUBIS WE TRUST
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#9 |
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Messaggi: n/a
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La Lombardia è una delle regioni a più altra insinuazione mafiosa, eppure ai piani alti non sembrano "accorgersene".
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#10 |
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Senior Member
Iscritto dal: Aug 2003
Città: Biella
Messaggi: 692
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E' bello vedere come la gente gioisce di queste notizie..........
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#11 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Dec 2003
Città: Hamburg/Torino
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Quello che stimola ilarità e la continua cecità da parte dei motorini e di alcuni politici, vedi Moratti, che credono che il fenomeno sia ridotto o addirittura non esista (vedi eliminazione commissione antimafia Expo). Non è gioire. |
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#12 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Mar 2005
Città: Bassa Irpinia
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Non vorrei fare l'uccello del malaugurio ma quando non se ne infischieranno più forse sarà troppo tardi.. se non lo è già ora
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#13 |
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Senior Member
Iscritto dal: Dec 2000
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Blu Notte - Mafia al nord (2009)
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi...68e4a.html?p=0 La penetrazione della mafia nel nord Italia: i motivi e l'evoluzione del fenomeno di Carlo Lucarelli, Giuliana Catamo, Paola De Martiis Condotto da Carlo Lucarelli Con la consulenza di Francesco La Licata e Vincenzo Vasile Inchieste di Gianni Barbacetto, Mario Portanova, Vincenzo Vasile Produttore esecutivo Francesca Perelli Regia di Alessandro Patrignanelli Una produzione Ra iTre - Etabeta S.p.A. La mafia al Nord - andato il onda domenica 31 AGOSTO 2008 su Rai Tre, h 21.05 La penetrazione della mafia al Nord, anzi delle mafie, perché anche la ‘ndrangheta gioca un ruolo importante, non è un fenomeno recente: è iniziato negli anni ’60 ai tempi dei soggiorni obbligati e dell’immigrazione di massa dal Mezzogiorno verso le grandi fabbriche del triangolo industriale. Ma qual è stata l’evoluzione di questa penetrazione e soprattutto come ha saputo trasformarsi di fronte al cambiamento e alla nascita del “Nord-Est”? Quali sono oggi le forme della “zona grigia” al Nord? Blu Notte - OSS, CIA, GLADIO - I Rapporti Segreti tra America e Italia http://www.youtube.com/watch?v=1z6uDgWby2c I servizi segreti in Italia. Dal fascismo all'intelligence del XXI secolo De Lutiis Giuseppe - Saggi Sperling & Kupfer all'Ovra al Sifar, primo servizio segreto della Repubblica; dalla Guerra fredda alla "strategia della tensione"; dalle deviazioni del Sismi ai legami con il terrorismo nero e rosso; dal caso Gladio alla strage di Bologna: il libro ricostruisce la storia dell'intelligence italiana, oltre settant'anni di trame e complotti, un lungo percorso che ha visto i "corpi separati" collocarsi, illegittimamente, fra i poteri istituzionali. Come nasce la Repubblica. La mafia, il Vaticano e il neofascismo nei documenti americani e italiani 1943-1947 Tranfaglia Nicola - Saggi Bompiani Ancora una volta, come già nel caso del colpo di stato in Cile, i documenti dei servizi segreti americani, resi pubblici qualche anno fa dall'amministrazione Clinton, dimostrano la drammatica prossimità al vero di alcune tesi un tempo ritenute "dietrologiche". In particolare, a emergere in questa preziosa raccolta, sono il ruolo giocato da mafia, settori del clero, ed elementi neofascisti da Cassibile in poi, nel condizionare, e talora nell'orchestrare, le trasformazioni in atto. La cruciale transizione dal fascismo alla democrazia, e dalla monarchia alla repubblica, fu dunque pesantemente influenzata da forze esterne, quando non estranee tout court alla democrazia. Sempre però nel contesto di quella che Tranfaglia, nell'efficace introduzione a questi documenti, definisce la "preponderante influenza degli Usa". L'obiettivo primario consisteva nell'arginare l'avanzata comunista, soprattutto in regioni come la Sicilia. Le conseguenze, anche a lungo termine, sarebbero state di evidente gravità. Nella parte iniziale del volume torna a galla un mondo finora, in questo contesto, rimasto in buona parte sommerso, quello del neofascismo collegato al regime di Salò. La documentazione verte essenzialmente sulla X Mas, oggi ricordata più che altro perché nel 1970 il principe Junio Valerio Borghese, suo vecchio capo, tentò un golpe. Si incontrano molte informazioni circa la sua consistenza (trentamila membri alla fine della guerra), le origini, i fini, le modalità operative, la strategia (eloquente è la deposizione del capitano Morelli intorno agli accordi con la divisione Osoppo). Altri documenti attestano l'ampia immunità postbellica di cui godettero gli ex militi della Mas. Borghese venne preso in consegna dagli Alleati, ricevendo la qualifica di prigioniero di guerra ed evitando così il rischio d'un processo in tempo di democrazia. Giudicato nel novembre 1945 dal colonnello Nichols un personaggio "di grande interesse per lo spionaggio navale americano", Borghese presto passò di fatto al servizio dell'Office of strategic services (Oss, poi Cig, Central intelligence group, poi Central Intelligence Agency, Cia). Intanto, i neofascisti, organizzati da uomini come Fortunato Polvani, cercavano di dar luogo a quella che il curatore Casarrubea, in uno dei sunti posti a introdurre le varie sezioni, chiama "una sorta di Gladio ante litteram". Un ex comandante della X Mas, Nino Buttazzoni, autore fra l'altro di un libello sul Fronte antibolscevico italiano , nell'aprile 1946 dichiarava che nella sola provincia di Milano i neofascisti armati erano cinquantamila. Più in generale, essendo mancata in Italia una qualsiasi epurazione, il passaggio all'assetto democratico non poteva che rivelarsi malagevole e laborioso, soprattutto nei settori burocratico e poliziesco (i primi quattro questori di Roma, dal '45 al '60, non furono forse ex agenti dell'Ovra?). Frattanto, gli attivisti monarchici continuavano a tenersi in contatto. Erano tutti elementi che Borghese avrebbe voluto riunire nel suo Fronte nazionale, dato in via di costituzione da un asettico documento Cia nell'estate del 1951. Ma la sua fiammata avrebbe esibito la consistenza d'un fuoco fatuo. Non di solo neofascismo soffriva peraltro l'Italia sulla strada verso la democrazia. Un altro filone qui isolato è quello mafioso, importante anche in rapporto alla situazione politica coeva. In una ricca selezione di documenti, prende forma l'insieme di coordinate lungo le quali si articolarono in Sicilia alcuni dei gruppi più significativi. Uno fu il Partito democratico d'ordine - poi Fronte democratico dell'ordine in Sicilia -, creato dagli Stati Uniti per cavalcare il fenomeno del separatismo evitandone così il deragliamento, e controllato dal boss Calogero Vizzini. Le scelte di Washington erano improntate alla Realpolitik : in mezzo alle rivolte per il carovita e ai moti separatisti, che all'inizio si credettero provocati dagli inglesi, fu sull'"autorità" mafiosa (Finocchiaro Aprile definiva la mafia "un'organizzazione che si batte per l'ordine, la disciplina e la giustizia politica") che gli americani fecero leva per prendere in mano la situazione. E infatti don Calogero nell'aprile 1945 scatenò una dura campagna contro i piccoli criminali, affinché la Sicilia apparisse agli americani un "gioiello del Mediterraneo". L'Oss già nel '44 dichiarava di star sottoponendo l'isola a un "eccellente monitoraggio", motivato dalla sua rilevanza strategica. Al fine di facilitare prima lo sbarco alleato e poi il controllo della Sicilia, gli americani vi compirono un oculato reclutamento di notabili sulla base della loro influenza presso la popolazione, non certo del loro grado di civismo. Con gli esiti noti a tutti. Come anello di collegamento fra la criminalità siciliana, in particolare Salvatore Giuliano, e l'intelligence Usa, sulla base di numerosi indizi e riscontri, si avanza in queste pagine il nome di Mike Stern. Questi potrebbe aver gestito l'afflusso in Sicilia di ex repubblichini, sia per salvarli da eventuali vendette post-Liberazione, sia per far fronte all'avanzata rossa capitanata da Li Causi e Montalbano. Tra le pieghe di una situazione politica poco limpida, si muovevano del resto anche molte vecchie conoscenze del mondo della criminalità organizzata. Fra il gennaio e il giugno 1947, ossia in prossimità della strage di Portella delle Ginestre (che Casarrubea giudica un lontano prodromo della strategia della tensione), mentre Giuliano veniva avvicinato da una serie di personaggi legati ai servizi, al Fronte antibolscevico e al neofascismo, molto attivo in Sicilia risultava anche Lucky Luciano. Erano insomma tempi nei quali lo scenario politico veniva allestito da soggetti della più varia provenienza. Mai però al di fuori del raggio d'influenza americano, a meno che non si trattasse della galassia social-comunista o sindacalista. Si consideri il terzo filone del volume, quello relativo ai partiti nazionali in via di costituzione, o di ricostituzione. Fu sulla base di accordi stretti con l'Oss che dall'America don Sturzo, durante l'ultima fase della guerra, fornì le proprie direttive d'azione ai democristiani. In tutto il mondo conservatore si era ormai affermato un anticomunismo costante e sistematico, condiviso, come ovvio, dall'alto clero e dall'intelligence statunitense. Se infatti George Zappalà, agente speciale del controspionaggio americano in Italia, nel maggio 1947, dava per estremamente probabile, o addirittura imminente, un golpe del Pci, Casarrubea ritiene di poter ipotizzare che l'attentato stesso a Togliatti fosse stato organizzato, o quanto meno consentito, al fine di provocare un'insurrezione comunista, per poi mettere al bando il Pci dopo averla annientata. Il piano sarebbe fallito per il senso di responsabilità dei dirigenti comunisti. Sono naturalmente solo ipotesi, sebbene suffragate da molteplici indicazioni. In ogni caso, come dar torto a Benedetto Croce, il quale, in una lettera a Walter Lippmann (18 novembre 1943), denunciava la permanenza in sella di vecchi potenti che sfruttavano la "paura del comunismo"? Non pochi politici favorivano tale tendenza. Scrivendo a don Sturzo (14 marzo 1945), Mario Scelba definiva la sinistra democristiana "un guardiano comunista in campo cattolico", mentre fra le alte gerarchie vaticane continuavano a registrarsi quelli che Casarrubea definisce "inquietanti esempi di isteria anticomunista". E dire che, a quanto pare, nemmeno il mondo cattolico sfuggiva allo scandaglio americano. Earl Brennan, capo del settore italiano dell'Si (sezione spionistica dell'Oss), asserì in una missiva che i suoi uomini si erano "infiltrati" non solo al Quirinale, ma anche in Vaticano, "con mezzi diretti e indiretti". La presente raccolta è molto più vasta di quanto si possa dedurre da questa veloce panoramica. Vi si incontrano note sulle questioni più varie, dai legami fra monarchici e massoni di rito scozzese agli inattesi finanziamenti al Pci nel 1946. Da segnalare è il Manuale di intelligence per la propaganda occulta , datato 16 maggio 1946 e preparato dall'Si, che si sofferma sui "falsi incidenti" come strumenti per "creare un mutamento nella pubblica opinione", il "pretesto per un intervento diplomatico", o "perfino una giustificazione per lo scatenamento di una guerra". Dunque, un libro da cui sarà difficile prescindere per future analisi in sede storiografica, ma anche agevolmente consultabile - nonostante sia costituito da documenti - dai non esperti. E questo grazie a Tranfaglia, che nell'introdurre la raccolta le ha offerto una piattaforma storiografica, e in particolare al curatore, Casarrubea, che nelle note ha illustrato gli aspetti più impervi della documentazione, inquadrandola, come meglio sarebbe stato difficile, nella sua dimensione storica.
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Mafia Export
http://shop.bcdeditore.it/product.ph...6&cat=0&page=1 http://www.youtube.com/watch?v=AZ8Wjn_cLKE http://www.youtube.com/results?searc...22,10,29&uni=3 La prima trattazione globale del made in Italy mafioso, completa delle mappe della diffusione delle mafie italiane nel mondo e delle rotte della droga. Quasi ogni giorno, giornali e tv danno notizia di operazioni antimafia con arresti in diversi Paesi. Brevi servizi che non lasciano traccia nell’opinione pubblica, assuefatta e indifferente. In fondo, si pensa, sono storie che non toccano la nostra vita. Eppure, se si raccontasse che dietro queste operazioni c’è una realtà in cui narcotrafficanti della ’ndrangheta movimentano tonnellate di cocaina dal Sud America e comprano mercantili come fossero auto usate; che mafiosi condannati in Italia e ricercati vivono come imprenditori «coccolati» in Sudafrica; che la camorra ha creato una multinazionale del falso di marchi prestigiosi con filiali in tutto il mondo; che in Germania il traffico di droga degli ultimi vent’anni è passato per le pizzerie calabresi; che la Spagna è terra di conquista per i boss nostrani, che ne cementificano le coste e le usano come approdi per le loro partite di droga. Di fronte a questo scenario – in cui il fatturato annuo di ’ndrangheta, Cosa Nostra e camorra, circa 130 miliardi di euro, è superiore al Pil di tre piccoli Stati europei, e quasi il 10% della popolazione attiva nel Mezzogiorno lavora nell’«industria mafiosa» – si resta sgomenti. Qual è il confine fra economia pulita e criminale? Di cosa parliamo quando ci riferiamo alle mafie italiane nel mondo? E fin dove sono arrivate? A tali interrogativi, Francesco Forgione risponde raccontando i principali progetti di «colonizzazione» economica mafiosa, chi li ha portati avanti e come sono andati a finire. E grazie alla mappatura completa della dislocazione globale delle «famiglie», fotografa lo stato attuale della «globalizzazione occulta» delle tre mafie italiane. Uno strumento unico per capire le dimensioni di quell’«economia canaglia» che intossica il mondo, più di quanto possiamo immaginare. Francesco Forgione, 49 anni, calabrese, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia dal novembre 2006 allo scioglimento anticipato delle Camere del febbraio 2008. Dal 1996, per due legislature, è stato deputato e capogruppo parlamentare di Rifondazione comunista all’Assemblea regionale siciliana, e componente della Commissione regionale antimafia e della Commissione per la trasparenza nella pubblica amministrazione. è stato responsabile nazionale per i problemi del Mezzogiorno e per la lotta alla mafia del Prc. Da settembre 2008 insegna Storia e Sociologia delle organizzazioni criminali all’Università degli Studi de L’Aquila. Giornalista, ha pubblicato, con Paolo Mondani, Oltre la Cupola. Massoneria, mafia e politica (1994), Amici come prima. Storie di mafia e politica nella Seconda Repubblica (2004) e, per Bcde, ’Ndrangheta. Boss luoghi e affari della mafia più potente al mondo. La relazione della Commissione Parlamentare Antimafia (2008), tradotto in diversi paesi. Dettagli Codice ISBN 88-6073-611 Autore Francesco Forgione Anno di produzione 2009 Confezione cartonato Pagine 384
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E quelli che ci fanno affari e li proteggono? Immagino anche loro tutti del sud.
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questo governo sconfiggerà la mafia ---
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#17 |
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22/3/2009 (7:13) - CRIMINALITA' NEL MIRINO
"Le mani della mafia nel cuore di Genova" Il sindaco: i boss si stanno mangiando interi quartieri http://www.lastampa.it/redazione/cms...2124girata.asp FERRUCCIO SANSA INVIATO A GENOVA «La mafia si sta mangiando interi quartieri di Genova». Il sindaco Marta Vincenzi ieri era a Napoli alla grande manifestazione contro la criminalità organizzata. Non solo per solidarietà. Vincenzi guarda vicino a sé, vicinissimo, guarda alla mafia che invade anche la sua città e arriva alle porte del municipio, nel quartiere della Maddalena, a venti metri di distanza dall'ufficio del sindaco. «Domani a Novara devo incontrare il ministro dell'Interno. Lo dirò a Maroni, stiamo attenti a non affrontare il problema sicurezza in modo demagogico. Si parla sempre di romeni e marocchini ma poi le questioni essenziali passano in secondo piano. Ci sono pericoli più difficili da affrontare, minacciano le nostre città e chi ci vive», spiega Vincenzi. Fa una pausa, guarda fuori delle grandi finestre dell'ufficio come se vedesse ciò di cui sta parlando: Cosa nostra e soprattutto ‘ndrangheta che si spartiscono il centro storico e i quartieri del Ponente, come Rivarolo. «Bisogna che si sappia, la questione va affrontata in modo serio e senza perdere tempo. La criminalità organizzata è anche qui e sta mettendo radici. In periodo di crisi queste forme di economia illegale rischiano di soffocare le imprese sane». Su che cosa si basa la denuncia di Marta Vincenzi? «Basta leggere le ultime relazioni della Commissione antimafia, Genova e altre città del Nord sono diventate terra di conquista per la criminalità organizzata». Ci sono segnali avvertibili anche nella vita di tutti i giorni: «Molti negozi chiudono. Certo, per la crisi, ma non soltanto. C'è dell'altro. Chi vuole lavorare in modo pulito riceve messaggi inquietanti, a volte minacce». E Vincenzi pronuncia una parola che per molti è tabù: «Basta girare per la città, ascoltare la gente per accorgersi che qualcosa di insidioso sta accadendo. Alcuni mi parlano di richieste di pizzo. Purtroppo, però, pochi fanno denuncia». Ma non soltanto: «Il Comune ha presentato un bando di concorso riservato alle imprese che volevano insediarsi nel quartiere della Maddalena. Era un'occasione importante per distribuire fondi che sviluppassero l'attività economica, un milione e trecentomila euro. E com'è finita? Il bando è andato deserto. Sono preoccupata, non vorrei che i fondi andassero persi o, peggio, finissero nelle tasche della criminalità organizzata». Vincenzi pesa le parole. «Perchè non vorrei che passasse il messaggio sbagliato: Genova per molti aspetti sta rinascendo, il centro storico è vivo, ma noi sappiamo che ci sono famiglie vicine ad ambienti di ‘ndrangheta che stanno facendo incetta di appartamenti. Decine di bassi che poi vengono destinati alla prostituzione. E locali che vengono acquistati per riciclare denaro o magari spacciare cocaina». Eccoci allora all'incontro con Maroni: «I minori stranieri non sono il problema numero uno per la sicurezza. Genova è una città con un grande patrimonio civile e sociale, ma la criminalità organizzata, qui come in molte città del Nord, rischia di uccidere interi quartieri, di strozzare attività commerciali e di rovinare la vita dei cittadini. La lotta a un nemico così forte spetta prima di tutto allo Stato che deve svolgere un'attività investigativa e di prevenzione». La mafia al nord, come opera, dove investe, come si muove. http://www.articolozero.org/oscailt/article/3311 Parlare della presenza della mafia al nord non è facile, si rischia di non essere compresi perché è un argomento che difficilmente trova spazio sui mezzi di comunicazione, pertanto la percezione dell’opinione pubblica è che il fenomeno non esiste, al limite si può pensare che ci siano dei casi sporadici di presenza mafiosa, soprattutto straniera. Ma la realtà è ben diversa: le mafie imperversano, tutte le mafie, dalla ‘Ndrangheta a Cosa Nostra, dalla Camorra alla Sacra Corona Unita. Un radicamento lento, che parte da lontano, già all’inizio degli anno Sessanta Cosa Nostra inizia i propri affari a Milano, non a caso il boss Luciano Liggio viene arrestato proprio nel capoluogo lombardo. In seguito arrivano le altre organizzazioni ma tra di loro non si combattono, si dividono il territorio senza spargimenti di sangue, ritengono che sia meglio lavorare nell’ombra senza allarmare opinione pubblica e inquirenti. Sicuramente non mancano le mafie straniere, arrivate negli ultimi anni. Per lo più si occupano di prostituzione e traffico di esseri umani destinati al lavoro nero, specie nell’edilizia dove i caporali, sia italiani che stranieri sfruttano i clandestini arricchendosi col loro lavoro, il tutto col benestare degli imprenditori edili del nord che grazie a questo sistema utilizzano manodopera a basso costo e maestranze ricattabili, che non possono chiedere diritti sindacali proprio perché clandestini: il risultato non sarebbe solo la perdita del lavoro ma il rimpatrio. Le organizzazioni straniere non hanno accesso libero al territorio italiano, né lo hanno conquistato: lo hanno ottenuto dalle mafie locali in cambio di armi e droga. Un po’ tutte le regioni del nord sono toccate da questo fenomeno, in Liguria esistono ‘ndrine calabresi che oltre al traffico di droga si occupano di organizzare una rete di sostentamento per i latitanti rifugiatisi in Francia. In Piemonte, negli anni scorsi, è stato addirittura sciolto un consiglio comunale per infiltrazione mafiosa, a Bardonecchia; non sono immuni Veneto e Friuli Venezia Giulia, ma è la Lombardia a far registrare la maggior presenza mafiosa. I dati sui beni mobili e immobili sequestrati e confiscati alla mafia sono un indice emblematico: la Lombardia è al quinto posto a livello nazionale in questa graduatoria, dietro alle quattro regioni del sud ad alta intensità mafiosa, ed è al secondo posto - dietro solo alla Sicilia - per numero di aziende confiscate. Un po’ tutte le province lombarde sono colpite dal fenomeno: da quelle più grandi e popolose come Milano, Bergamo e Brescia, a quelle più piccole come Varese e Cremona. Nella provincia bresciana predomina la presenza calabrese: i Mazzaferro di Gioiosa Jonica, i Bellocco di Rosarno, i Piromalli di Gioia Tauro, i Mancuso di Limbadi. Operazioni giudiziarie hanno dimostrato che i clan calabresi operano in diverse aree della provincia, in alcune ci sono solo loro, come nella ricca e industriale Val Trompia. Hanno importanti basi anche nel Basso Garda e nella pianura bresciana. La camorra ha un radicamento storico nell’Alto Garda, in un comune di questa zona, Soiano del Lago, Raffaele Tutolo è latitante negli anni Settanta e lì getta le basi per costituire un clan che si occupa di traffico di droga. Nel luglio del 2007, per la prima volta la Procura di Brescia ordina un sequestro preventivo di beni a mafiosi, sono colpiti calabresi, siciliani e i campani del clan “I Pastori” di Afragola, tutti domiciliati nella zona del Lago di Garda. I beni sequestrati consistono in un impresa edile, autoveicoli, beni immobili, un distributore di benzina. Gli affari di tutti i clan si espandono, non si occupano più solo di droga ma anche di armi, racket e usura, sono colpiti commercianti e industriali e gestori di night che oltre ad essere taglieggiati vengono forniti anche di donne destinate alla prostituzione. Sempre più spesso sono le stesse organizzazioni mafiose che gestiscono direttamente i night che sia nel Garda che in città proliferano come funghi. Ma i settori interessati alle infiltrazioni mafiose non finiscono qui. Il riciclaggio è uno dei settori più importanti e avviene in vari modi: si utilizzano società di comodo dove far transitare soldi, spesso finanziarie,n oppure si investe in centri commerciali. Il traffico di esseri umani è già stato ricordato e no bisogna dimenticare il traffico di rifiuti tossici che partono da qui per raggiungere altre regioni. Anche in questo caso il ruolo degli imprenditori del nord compiacenti è fondamentale: preferiscono rivolgersi alla mafia per abbattere i costi di smaltimento. Il ruolo della borghesia del nord è, dunque, fondamentale per il radicamento mafioso: liberi professionisti, banchieri e bancari, commercialisti, imprenditori e faccendieri sono indispensabili per i mafiosi, sono queste figure che gli indicano come e dove riciclare il denaro e investire, grazie a loro sanno come muoversi. Molti fatti che ci danno un quadro inquietante; relegare la presenza mafiosa alle sole regioni del Sud ad alta presenza mafiosa è un errore ma in pochi se ne sono accorti. *Coordinatore del Comitato Antimafia di Brescia “Peppino Impastato CRONACA 22/10/2009 - INTERVISTA "Mafia e appalti è solo l'inizio" La Dia passa al setaccio le società delle grandi opere. Parla il direttore della divisione di Torino Gian Antonio Tore http://www3.lastampa.it/torino/sezio...lo/lstp/77231/ NICCOLÒ ZANCAN TORINO L’ultima frase, prima dei saluti: «Comunque la musica la suoneremo, e anche bene». Non adesso. Non ancora. Perché l’indagine della Dia, sugli intrecci fra appalti pubblici e imprese in odore di mafia, è solo all’inizio. Parla Gian Antonio Tore, direttore della divisione investigativa antimafia di Torino. «L’ordinanza di custodia cautelare per ora si focalizza sull’Ediltava e riguarda solo un aspetto, quello in cui il riciclaggio è acclarato. Ma la nostra indagine è molto più ampia. Siamo partiti da altre società». Perché è così difficile immunizzare il sistema dalle infiltrazioni mafiose? «I controlli ci sono e ci sono stati. Ma la società che si presenta alla grossa impresa che ha vinto l’appalto - e spesso parliamo di imprese di caratura internazionale - manda avanti soggetti puliti. Candidi. Non hanno precedenti penali. Vada lei a scoprire chi sono gli amici di queste persone». Non ci vuole un nullaosta? «La prefettura deve rilasciare un nullaosta antimafia per tutti gli appalti superiori ai 12 mila 500 euro. Ma sottoposti a una radiografia i concorrenti hanno tutti i requisiti richiesti». Come si possono avere controlli più approfonditi? «È una domanda terribile. Quando è venuta fuori la storia dell’Italcementi, partita da Bergamo ed arrivata in Sicilia, con dietro evidenti interessi mafiosi, si era corsi ai ripari. L’ex procuratore nazionale antimafia Vigna aveva stilato un decalogo per l’imprese. Una serie di accorgimenti per i subappalti. In cui si spiegava di interessare gli investigatori, anche in forma riservata. Ma resta un lavoro difficile». Quanti soldi fattura un’impresa edile di stampo mafioso? «Per rendere l’idea: la capofila di questa indagine, di cui non posso fare il nome, nel periodo olimpico ha fatturato 10 milioni di euro. E parliamo di imprese attive da molti anni». Da dove arriva il denaro sporco? «Dal traffico di stupefacenti, ma non c’è tracciabilità. Nella nostra indagine ci sono intercettazioni telefoniche e perquisizioni, ma nessun riscontro bancario. Semplicemente perché nessuno di questi imprenditori si appoggia alle banche». «Mafia Spa» sta acquisendo nuove competenze. Cosa può significare il passaggio dal movimento terra alla carpenteria? «Il carpentiere si occupa delle armature delle grandi opere, rispetto allo spalatore è una persona di maggior professionalità, quindi costerà di più. Non siamo nell’ambito di imprese che mettono in campo particolari saperi. Ma certo hanno nelle loro file persone tecnicamente capaci». Quale cantiere della Tav ha fatto guadagnare la mafia? «Quello della Torino-Novara». Se ci fossero nuovi lavori verso la Francia? «Siamo attenti. Un settore del nostro centro ha proprio questo incarico: il monitoraggio dei cantiere delle grandi opere». Perché da anni la Dia di Torino non faceva conferenze stampa? «Guardi, io sono un vecchio poliziotto, ho fatto a lungo il dirigente della squadra mobile, poi dell’anticrimine. Le dico questo: spesso il lavoro della Dia, benché accurato, non porta l’esito richiesto. Basta un accidente qualsiasi per bloccare tutto. È un lavoro estremamente delicato, tutto qui». Quanto mafia c’è in Piemonte? «Non mi azzardo a fare diagnosi di questo tipo. Atteniamoci alle cose concrete, passo dopo passo. Diciamo che segnali ce ne sono. I soldi ricavati dal traffico di droga sono patrimoni immensi. I mafiosi vanno a cercare uno sbocco. Lo trovano dove ci sono attività produttive, mica in Calabria».
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#18 |
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Senior Member
Iscritto dal: Feb 2002
Messaggi: 2725
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Le infiltrazioni malavitose raggiungono paesi come la Germania o gli USA e vi meravigliate che ci sono anche a Milano?
Non ci trovo niente di cui "gioire" , è una cosa che fa male a tutti noi, meridionali o settentrionali, non c'entra nulla. Quelli che hanno da perdere sono, come al solito, le persone oneste e quelle si trovano ovunque da Palermo a Belluno.
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#19 |
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Bannato
Iscritto dal: Aug 2007
Messaggi: 7806
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Ancora una volta ripeto che non si tratta di gioire.
Per quanto la mafia possa avere origini sudiste,i retroscena insegnano che la mentalità malavitosa attecchisce bene anche sulla polenta. Invece che farne una guerra di latitudini non sarebbe meglio pensare a sconfiggerla? |
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#20 |
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Bannato
Iscritto dal: Jan 2003
Città: London
Messaggi: 870
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Credo che la notizia sia che l'associazione è stata sciolta (molto grave), non che a milano esista la malavita organizzata.
Inltre, spero di non passare per leghista se prendo atto del fatto che le famiglie malavitose nel milanese non fanno di cognome fumagalli o brambilla
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