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Old 01-03-2009, 13:53   #1
zerothehero
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Sri Lanka, la guerra dimenticata

Offensiva finale nell'ultima zona controllata dalle Tigri Tamil La Croce Rossa: 250 mila civili bloccati rischiano la morte
Il tempo è finito. I giorni delle Tigri Tamil, a meno di un miracolo, si contano sulle dita di una mano. Titoli di coda sulla guerra dimenticata, la più lunga e sanguinosa dell'Asia meridionale? L'offensiva finale contro l'ultima sacca di resistenza dei ribelli indipendentisti è questione di ore: l'esercito attende solo il via libera, mentre il governo di Colombo ribadisce il suo «no» a qualunque compromesso. [b «Siamo determinati a non concedere alcun cessate il fuoco e soprattutto siamo decisi a sradicare il terrorismo dallo Sri Lanka», [/b] ha dichiarato nei giorni scorsi Mahinda Samarasinghe, ministro per i Diritti umani e i Disastri naturali.

L'«isola splendente», questo il significato della parola sanscrita lanka, paradiso ormai perduto dei vacanzieri, è ancora una volta devastata da una violenza senza freni che si abbatte soprattutto sui non combattenti. Secondo i dati della Croce Rossa Internazionale, sarebbero 250 mila i civili intrappolati nell'ultimo lembo di territorio controllato dalle Tigri, 300 chilometri quadrati di giungla e miseri villaggi nel Nordest del Paese. Il ministro Samarasinghe contesta i dati della Cri e parla di 120 mila civili: «Continueremo a liberare le aree ancora occupate e poi i residenti potranno andare dove vogliono», assicura, sottolineando come «noi non prendiamo di mira i civili né lo faremo in futuro».

In realtà, quest'ultimo, sanguinoso capitolo di un conflitto che — tra alti e bassi — va avanti da 25 anni, mostra una situazione ben differente, sul campo. L'avanzata delle truppe speciali, le granate dell'artiglieria e le bombe dei jet militari non hanno risparmiato neppure gli ospedali. Non è soltanto la Croce Rossa a parlare di «massacri». Anche le Nazioni Unite hanno denunciato numerose violazioni dei diritti umani: sarebbero almeno trecento i non combattenti (compresi donne e bambini) uccisi negli scontri di quest'ultima settimana, molti dei quali deceduti in maniera orribile, dissanguati per la strada perché la zona di guerra è totalmente sigillata (off limits per le ambulanze come per i reporter), mentre Ong e agenzie internazionali sono state espulse senza tanti complimenti.

Già: il governo del presidente singalese Mahinda Rajapakse non tollera «ingerenze». Da falco, il capo dello Stato ha voluto chiudere i conti una volta per tutte con le Tigri per la liberazione del Tamil Eelam (Ltte) — come si chiama ufficialmente il gruppo, iscritto nell'elenco delle organizzazioni terroristiche di Stati Uniti ed Europa — e per questo non si è preoccupato nemmeno di minacciare gli ambasciatori di Svizzera e Germania, accusandoli di essere «troppo condiscendenti » e di «agire in maniera irresponsabile » per i loro tentativi di convincere le istituzioni internazionali a sponsorizzare una tregua umanitaria. Il ministro della Difesa, Gotabaya Rajapakse, fratello del presidente, ha messo in guardia diplomatici, giornalisti stranieri e organizzazioni non governative, affermando che «saranno tutti espulsi se tentano di dare una seconda opportunità ai terroristi delle Ltte, proprio mentre le forze di sicurezza stanno infliggendo loro il colpo mortale».

Era un anno che i capi militari e politici singalesi attendevano questo momento. Esattamente dal 2 gennaio 2008, quando il governo aveva denunciato unilateralmente la tregua concordata alla fine del 2001 che, molto faticosamente, aveva retto nonostante le frequenti violazioni da parte delle Tigri e le immediate rappresaglie dell'esercito regolare.

Da allora è stato un crescendo. Avanzando su tre fronti lungo l'A9, la statale che corre da sud a nord lungo la dorsale centrale dello Sri Lanka, l'esercito ha prima riconquistato l'est dell'isola che un tempo, sotto la dominazione inglese, si chiamava Ceylon ed esportava tè in tutto il mondo. Poi è toccato al nord: Kilinochchi, Mullaitivu, Malavi, Elephant Pass: a una a una sono cadute tutte le roccaforti controllate dalle Tigri Tamil, vero Stato nello Stato con tanto di esazione di tasse e controllo del territorio da parte di una polizia «autonoma». Nel corso della campagna di guerra, l'esercito ha condotto operazioni di contro-guerriglia utilizzando le stesse tattiche del nemico. Ma i metodi spietati utilizzati dalle truppe speciali, i bombardamenti indiscriminati, il sacrificio di tante vite innocenti hanno avuto anche un contraccolpo tra la maggioranza della popolazione, singalesi di fede buddhista (i tamil sono induisti). Quattordici giornalisti sono stati uccisi da killer che in nessun caso sono stati identificati e portati in giudizio. L'ultimo episodio, il più eclatante, è quello di Lasantha Wikramatunga, il direttore del settimanale Sunday Leader, uno dei più influenti periodici in lingua inglese della capitale Colombo: freddato con due colpi alla testa mentre andava a lavorare, all'inizio di gennaio. La sua colpa? Quella di aver criticato la politica del governo e, soprattutto, quella di non aver nascosto al presidente Rajapakse, suo intimo amico, che la «guerra, così condotta, sarà anche vinta. Ma lascerà un retaggio di odio e ingiustizia che sarà difficile guarire». Il giornalista, in un editoriale intitolato «E poi sono venuti per me», poco prima di morire scrive: «Quando alla fine sarò ucciso, sarò assassinato dal governo».

Una deriva, questa, inedita per lo Sri Lanka, isola-Stato uscita dal colonialismo britannico nel 1948 senza sparare un colpo di fucile ma già con i semi della futura instabilità etnica. I tamil (18 per cento della popolazione), percependo una crescente discriminazione, hanno cominciato da subito a spingere verso l'autonomia delle province nordorientali da loro abitate. Per i singalesi, si trattava di una «giusta conseguenza» rispetto al periodo coloniale, quando i britannici, a loro dire, avevano favorito i tamil, incentivando persino l'immigrazione dalla vicina India. Lo stallo nella soluzione delle controversie e le ingiustizie, vere o percepite, patite dalla minoranza, hanno spinto i tamil a insorgere con le armi. Le Tigri sono nate nel 1972 per volere di un capo guerrigliero che sarebbe diventato leggendario per la sua ferocia: Velupillai Prabhakaran. Il suo gruppo rivendica sin dall'inizio attentati e attacchi, alcuni dei quali indiscriminati, suscitando forte emozione in tutto il mondo. La guerra civile vera e propria scoppia però nel 1983, quando le Tigri riescono di fatto a impadronirsi di gran parte delle province del Nordest, a partire da quella di Jaffna . La loro azione porterà Colombo a chiedere aiuto al gigante vicino, l'India, che tra il 1987 e il 1990 sarà presente sull'isola con un corpo di spedizione di centomila uomini. Decisione, tra l'altro, che avrà come conseguenza l'assassinio di Rajiv Gandhi da parte di una kamikaze che si farà esplodere nel 1991, durante un suo comizio nello Stato indiano del Tamil-Nadu. La storia degli anni seguenti è una sequela di agguati, spedizioni punitive, attentati e azioni suicide che hanno provocato, nel complesso, la morte di 70 mila persone . Cui bisogna aggiungere i 30 mila uccisi per lo tsunami del 26 dicembre 2004: tragedia nella tragedia. La guerra, ora, sembrerebbe vicina al suo epilogo. Ma non la stagione dell'odio.

Paolo Salom
03 febbraio 2009
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Old 01-03-2009, 13:55   #2
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di Michele Tempera17 Gennaio 2009
L' imponente offensiva scatenata dall'esercito dello Sri Lanka contro la guerriglia separatista delle Tigri per la Liberazione della Patria Tamil (LTTE) ha avuto inizio nell’estate 2008. In circa sei mesi le forze armate singalesi hanno recuperato il controllo militare di vaste aree occupate nell'ultimo ventennio dai ribelli. Tra esse vi sono il quartier generale dell'LTTE (Kilinochchi), nonché la roccaforte nella penisola di Jaffna all'estremo nord del paese. Ciò rappresenta una svolta rilevante nel conflitto che ha devastato l'isola per più di trenta anni. I separatisti hanno subito ingenti perdite umane e materiali, sono stati costretti ad abbandonare i territori occupati e la loro struttura logistica e operativa è stata quasi completamente disarticolata.

Il Presidente in carica Mahinda Rajapaksa, titolare del potere esecutivo e sostenuto da una solida maggioranza parlamentare, sembra voler sfruttare le circostanze favorevoli per infliggere un colpo decisivo alle capacità offensive delle Tigri Tamil, che numerosi paesi hanno iscritto nella lista nera delle organizzazioni terroristiche. L’esito delle elezioni politiche che si svolgeranno nel 2010 sarà infatti condizionato dai risultati conseguiti dai vertici politici in carica contro i ribelli separatisti. Anche per questo Rajapaksa con i suoi alleati intende cavalcare il forte sentimento nazionalista che ha accompagnato le ultime vittorie dell’esercito per conquistare un ampio consenso elettorale. In questo quadro, è probabile che l'esecutivo decida di anticipare la tornata elettorale al 2009, al fine di capitalizzare le vittorie militari conseguite sul campo.

Il governo di Colombo ha davanti a sè due opzioni principali: continuare le operazioni militari e riconquistare la sovranità sull'intero territorio nazionale per la prima volta dallo scoppio delle ostilità nel 1976; o consolidare la sovranità dello Stato centrale sulle vaste zone riconquistate per spingere le Tigri a un compromesso duraturo, partendo da una netta posizione di forza.

I successi ottenuti dall’esercito regolare rischiano però di riportare LTTE alla clandestinità. Le Tigri Tamil erano riuscite a costituire negli anni ’80 uno stato parallelo nel nord e nell'est dello Sri Lanka, dotato di un braccio armato efficiente, ben equipaggiato, e di una stabile organizzazione amministrativa. Ma questo stato nello stato è uscito fortemente ridimensionato dagli ultimi scontri e se l’esecutivo dovesse decidere di chiudere la partita, le Tigri sarebbero costrette a disperdersi nel territorio e ad operare sotto forma di guerriglia come all’origini. Tale esito gli consentirebbe di tenere in vita la causa separatista ma con aspirazioni drasticamente ridimensionate, perché a quel punto l’unità dello Sri Lanka non sarebbe più in pericolo.

Con ciò, tuttavia, si allontanerebbe l'opportunità di una pace duratura per un paese stremato dai costi umani e finanziari della lunga guerra civile. Oltre trentanni di violenze hanno causato 80.000 morti e più di un milione di sfollati; una consistente fetta della popolazione è indigente, mentre il bilancio statale viene in gran parte assorbito dalle spese militari. Sullo sfondo, si staglia la mancanza di libertà personali e la compressione dei diritti civili, imposte dal costante stato di guerra che ha caratterizzato negli ultimi decenni la storia dello Sri Lanka.
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Old 01-03-2009, 13:56   #3
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i buffoni criminali manifestano davanti all'Onu..

Tamil chiedono aiuto all'Onu a Ginevra
Oltre diecimila tamil hanno manifestato mercoledì davanti alla sede dell'ONU a Ginevra per reclamare "la fine del genocidio" nello Sri Lanka. Nell'isola intanto i combattimenti proseguivano.
Muniti di striscioni, fra cui ne spiccava uno con la scritta "L'ONU è la nostra ultima speranza. Aiutateci!" , i dimostranti hanno invocato l'intervento delle Nazioni Unite, per salvare la popolazione dell'ex Ceylon da una "seconda Gaza".

Secondo i manifestanti, circa 470mila civili sono intrappolati nella regione di Mullaitivu, nel nord dello Sri Lanka, in preda ai combattimenti fra l'esercito di Colombo e i ribelli separatisti delle Tigri di liberazione dell'Eelam tamil (LTTE).

Da Colombo intanto non veniva alcun segnale di distensione. Proprio nel giorno del 61° anniversario dell'indipendenza dell'ex colonia britannica, in un discorso alla nazione il presidente cingalese Mahinda Rajapakse ha assicurato che "le Tigri saranno completamente battute entro pochi giorni".

Secondo il presidente srilankese, la "battaglia finale" dell'esercito per riprendere il controllo di tutta l'isola e sconfiggere definitivamente le Tigri è ormai vicinissima. Una resa dei conti che porrebbe fine a oltre 25 anni di guerra civile con un bilancio stimato a circa 70mila morti.
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