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Old 25-08-2008, 12:25   #1
indelebile
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Cambio all'Unità,Colombo dubbioso,Travaglio attacca

due articoli...il primo integrale il secono con stralci...articoli da leggere ihmo interessanti anche se il primo parla sopratutto di altre cose

L´opposizione
Furio Colombo

L´Unità cambia. Uno non può sapere che cosa viene dopo, ma questa è la normale condizione umana. Sappiamo quello che è successo prima, lo abbiamo letto nell´editoriale di Padellaro e nel comunicato dell´Editore.

Molti diranno grazie a Padellaro (io lo faccio di cuore) con l´amicizia solidale di tutti questi anni, da l´Unità morta alla sua clamorosa rinascita e tenuta, unica nella storia dell´editoria, unico il lavoro che Padellaro, prima insieme, poi da solo (e con tutta la redazione, la più straordinaria che avremmo mai sognato di trovare in un giornale che era stato dichiarato finito) ha saputo fare. E noi - Padellaro e io - siamo fra coloro che danno il benvenuto e un augurio davvero sentito al nuovo direttore Concita De Gregorio.

A coloro che, amando o stimando questo giornale, si domandano che cosa sta succedendo e perché, cerco di offrire una interpretazione che a me sembra corretta della vicenda: sono due storie diverse.

Una è l´arrivo di una nuova solida proprietà e l´arrivo, contestuale, della nuova direzione. Bene arrivata. L´altra è l´uscita di Antonio Padellaro, voluta come se fosse una necessità. Quale necessità? E motivata come? Qui c´è uno spazio vuoto. Il giornale non era in pericolo e non versa in cattive acque. La redazione è tutta al suo posto e lavora bene. C´è un grado di armonia e di solidarietà raro nei giornali italiani. Allora? Allora c´è tutto per far bene, passato, redazione, firme, rapporti internazionali. Abbiamo riaperto una storia che sembrava finita, abbiamo fatto diventare questo giornale un luogo piuttosto vivace.

Ripeto, i percorsi sono due, è bene non confonderli. Arriva un nuovo direttore e, garantisce il suo passato, farà bene. Ma quale è la ragione per cui è stato detto arrivederci e grazie al direttore che ha tenuto ben ferma in questi anni la rotta difficile e felice di questo giornale di opposizione? Non è rispettoso, e neppure ragionevole, immaginare che tutto ciò accada affinché il giornale non sia più di opposizione. E sarebbe altrettanto azzardato affermare che farà una opposizione diversa. Quante opposizioni ci sono?

Ma se qualcuna di queste ombre avesse anche una minima consistenza, come non nutrire il sospetto (vedete come è mite la parola) che alcuni di noi siano parte del problema, e non della soluzione del problema, se il problema è davvero l´opposizione?

C´è un´altra questione. Berlusconi e il suo potere mediatico totalitario sono sempre sul fondo di ogni questione italiana, specialmente se riguarda l´informazione. Però non è Berlusconi ad aver detto «grazie, Padellaro, va bene così». E anche «grazie, Unità, ma sempre la stessa musica ci ha stufato». Mi sembra più ragionevole pensare che tutto ciò sia nato nell´ambito del Partito Democratico. Si sentiva sfasato rispetto all´Unità (o, viceversa, «un giornale che non ci rappresenta»)? Se è così il problema che ha di fronte a sé il nuovo direttore non è facilissimo: fare una cosa che non è il Foglio, che non è il Riformista, che non è Europa, che non è l´Unità di adesso, e, ovviamente, non è né il manifesto né Liberazione. Auguri, davvero.

Ma se è così, resta da spiegare tutto questo silenzio nell'ambito del Pd. Quale sarà stata la ragione, discrezione, cautela, segretezza, a consigliare di non dire una sola parola ad alcuno degli interessati, compresi quelli che, come me, sono lì a un passo, in Parlamento?

Come vedete, nessuna di queste questioni riguarda la persona cui tocca il nuovo mandato. Ma se questo fosse un giornale a fumetti, si vedrebbe un fumetto grande come una casa con un vistoso punto interrogativo sulla testa. Spiace non sapere dove indirizzare la domanda. Ma più ci si pensa e più sei costretto a inquadrarla dentro la storia del Pd (anche il Pd comincia ad avere una storia), non dell´editore.

Forse uno spunto di ottimismo potrebbe essere questo: finalmente il Pd comincia a prendere decisioni. Forse non è la prima decisione che dodici milioni di italiani che hanno votato centrosinistra si aspettavano, mandare a casa Padellaro, e con lui, fatalmente, qualche firma della Unità rinata, della serie rifondata dopo la fondazione di Gramsci. A questo punto non resta che vedere come la situazione si ambienterà con le altre decisioni del prossimo futuro. Qual è la linea del più grande partito di opposizione che più si armonizza con questo deliberato e netto gesto di «discontinuità» (per usare una delle parole chiave della politica. L´altra sarebbe, se Padellaro ed io parlassimo politichese, chiederci - come Chiamparino - "ma noi siamo una risorsa?")?

* * *

Certo il momento è strano. Ti muovi in un paesaggio da fantascienza popolato di mutanti. A Milano il più importante simbolo istituzionale del Pd, il presidente della Provincia Penati, improvvisamente dichiara: «Con la Lega Nord è possibile fare un lavoro importante per Milano». E noi che pensavamo che la Lega Nord fosse impegnata soprattutto a sfrattare le Moschee e a proibire luoghi di preghiera per gli immigrati islamici. A Firenze la prima Festa Nazionale del Partito Democratico è dedicata a Bossi, Tremonti, Bondi, Fini, Matteoli, Frattini, Maroni. Praticamente tutto il governo che già domina tutte le televisioni. Prima di giudicare il senso politico c´è da domandarsi, in senso elementare e prepolitico: perché? Una Festa di partito costa, e costa ancora di più per un partito lontano dal potere e dai benefici del potere. Perché il nostro ospite d´onore deve essere Bossi, invece del giovane angolano picchiato a sangue da un branco di ragazzi italiani a Genova? Perché dobbiamo festeggiare Tremonti invece di ascoltare il macchinista delle Ferrovie dello Stato licenziato per avere fatto sapere che il treno Eurostar che stava manovrando, si è spezzato (e per fortuna non c´erano passeggeri)? Perché invitare Maroni invece di Xavian Santino Spinelli, il Rom italiano docente universitario, che rappresenta la sua gente (dunque anche la nostra: i Rom sono in buona parte italiani), ma rappresenta soprattutto i bambini forzati al trauma delle impronte digitali? Perché tutti in piedi per Frattini invece di accogliere cittadini osseti e georgiani, testimoni di una breve, sporca guerra di cui ancora sappiamo nulla, se non che uno dei protagonisti spietati, Putin è il miglior amico di Berlusconi ? Perché avere sul palco Matteoli invece dei lavoratori dell´Alitalia, che avrebbero dato voce alla paura del loro futuro, reso ormai quasi impossibile dalla falsa promessa (capitali italiani, forse anche capitali dei suoi figli) del candidato Berlusconi?

Ma la danza dei mutanti continua. Mi devo rendere conto che il maggiore partito di opposizione, di cui sono parte, produce tutto in casa, con una autonomia che sarebbe sorprendente se non fosse come un autobus che salta la fermata lasciando a terra la folla dei viaggiatori in attesa. Il più grande partito di opposizione produce da solo il dialogo, benché Berlusconi attraversi la scena pronunciando frasi altezzose e insultanti. Benché alzi ogni giorno il prezzo di un ambito contatto con lui. Il Pd produce da solo una cordiale collaborazione con la Lega, nonostante la caccia agli immigrati, il reato di clandestinità, le botte ai «negri», l´orina di maiale (iniziativa di Calderoli) sul terreno in cui si doveva costruire una Moschea, la proclamazione fatta da Borghezio - in occasione delle Olimpiadi - della superiorità della razza padana (parlava della nuotatrice Pellegrini come di una mucca). Invita e festeggia Bossi proprio quando lui dice (ripetendo con sempre maggiore frequenza la minaccia): «O si fa il federalismo come dico io o il popolo passerà alla maniere spicce».

Produce da solo una certa ostilità verso giudici, una denuncia quasi quotidiana del «giustizialismo» (sarebbero coloro che sostengono il diritto dei giudici di non essere insultati e di non essere costretti al silenzio). Dice Luciano Violante a La Stampa (22 agosto) che i magistrati «conducono una battaglia di solo potere». Sono gli stessi magistrati definiti «dementi» dal primo governo Berlusconi e «cloaca» dal presente titolare di Palazzo Chigi. Ma a quanto pare la volontà di dialogo supera questi dettagli. Si forma una cultura che trova normale lo «stato di emergenza» che ha indotto a far presidiare le strade delle città italiane dai soldati come se fossero in Pakistan, trova normale che Berlusconi si vanti di avere parlato 40 minuti con Putin senza far sapere al Paese o almeno al Parlamento una sola parola di quel suo dialogo (finalmente dialoga con qualcuno). E trova normale che - mentre scoppia la guerra in Georgia che potrebbe contrapporre Stati Uniti e Russia, Nato e impero di Putin (e di Sardegna)- il ministro degli Esteri resti in vacanza mentre i suoi colleghi europei si incontrano in una riunione di emergenza. O forse è stato un grande, scoperto favore all´ amico Putin (dimostrare che la crisi non era così grave), tanto e vero che il ministro Frattini riferirà al Parlamento (Commissioni estere Camera e Senato) soltanto il 24 agosto, dopo avere partecipato alla Festa del Partito democratico come ospite d´onore. Si forma una cultura, abbiamo detto, fatta di buone maniere e di acquiescenza al governo, sia pubblico (Berlusconi) che privato (Mediaset).

Questo spiega la necessità che sia Enrico Mentana a intervistare Veltroni in un grande incontro finale a conclusione della Festa del Pd. E spiega l´annuncio di Lilli Gruber, deputata europea di primo piano e importante giornalista italiana: sarà Berlusconi a scrivere la prefazione del suo nuovo libro sulle donne dell´Islam. Chi altro? Con l´aria che tira è già una conquista democratica che quella prefazione non sia stata commissionata a Borghezio.

* * *

Mi ha colpito la notizia che alla Festa del Partito democratico di Firenze ci saranno collegamenti con la «Convention» del Partito Democratico americano di Denver. Spero che spiegheranno perché, a quella festosa assemblea di militanti politici di opposizione, non sia stato invitato e applaudito e festeggiato, per un bel dialogo, il vicepresidente Cheney, l´uomo delle false prove della guerra in Iraq. O qualche "neo-con" di rilievo, di quelli che amano Guantanamo e le maniere forti.

Qualcuno - spero - spiegherà che gli americani, nel loro Partito Democratico, sono un po´ più rozzi degli italiani: quando fanno opposizione, fanno opposizione. E quando vogliono essere eletti contro qualcuno che - secondo loro - ha fatto danno al Paese, prendono le distanze, dicono cose diverse, invitano e ascoltano le loro migliori voci, quelle più vibranti e appassionate, non quelle dei Repubblicani che intendono sconfiggere.

Inoltre sanno - ma forse anche questo è un segno della loro cultura elementare - che i loro leader non si fanno intervistare dai giornalisti della Fox Television, alcuni bravissimi ma tutti di destra. In tanti vanno alla convenzione democratica, scrittori, registi, celebrità delle grandi università e dello spettacolo. Ma sono tutti testardamente democratici. Vanno tutti per parlare di pace, non di guerra, di poveri, non di ricchi, di affamati del mondo e di crisi del pianeta, di bambini da salvare e di medicine salva-vita di cui bisogna abbattere i prezzi. Certo, l´ America non è un Paese perfetto. Anche là ci sono tanti Giovanardi e tante Gelmini. Ma (a differenza di quanto avviene nell´altra festa del Pd italiano, quella di Modena) i democratici americani non li invitano. Saranno primitivi ma (se starà bene) vogliono Ted Kennedy. E se Ted Kennedy starà bene dirà tutto quello che pensa con l´irruenza che l´America democratica ammira da mezzo secolo, e che da noi si chiama "politica urlata" e irrita molto persino Ritanna Armeni, ma solo se è "politica urlata" di sinistra.

* * *

Ecco le ragioni del mio disorientamento nel Partito Democratico che ho contribuito a creare partecipando anche alle primarie («Sinistra per Veltroni») e nel quale adesso non so dove mettermi, perché ogni spazio è occupata da un ministro ombra che intrattiene la sua educata, amichevole conversazione col ministro-ministro. Ognuno di essi (i ministri-ministri) è occupato a prendere impronte, a presidiare le strade italiane con l´esercito, a insultare i giudici. Ma comunque appaiono come statisti mai smentiti e sempre in grado di incassare apprezzamenti (oltre che inviti alle nostre Feste) e di dire l´ultima parola in ogni radio e in ogni televisione. La descrizione perfetta è di Nadia Urbinati (la Repubblica, 20 agosto) «Questa Italia assomiglia a una grande caserma, docile, assuefatta, mansueta. Che si tratti di persone di destra o di sinistra, la musica non sembra purtroppo cambiare: addomesticati a pensare in un modo che sembra diventato naturale come l´aria che respiriamo. Come bambini siamo fatto oggetto della cura di chi ci amministra. E come bambini bene addomesticati diventiamo così mansueti da non sentire più il peso del potere. È come se, dopo anni di allenamento televisivo, siamo mutati nel temperamento e possiamo fare senza sforzo quello che, in condizione di spontanea libertà, sarebbe semplicemente un insopportabile giogo».

Quanto sia esatto ciò che scrive Urbinati lo dimostra questa e-mail appena ricevuta: «Attento, alla sua età è pericoloso agitarsi. Ma comunque la sua perdita nessuno la noterebbe, insignificante comunista. Si spenga serenamente come giornalista e scribacchino. L´umanità e l´Unità le saranno grate eternamente».

Curiosamente la e-mail mi è giunta mentre una collega - che preparava un pezzo sul cambiamento in questo giornale -, mi chiedeva: «Ma temi la normalizzazione de l´Unità?».

La mia risposta meravigliata è stata che a me questa Unità appare un giornale normale. Un normale, intransigente, preciso giornale di opposizione. La storia del suo e del nostro futuro è tutta qui, fra questa «normalità», la descrizione di Nadia Urbinati e la e-mail che ho trascritto e che offre una bella testimonianza del ferreo contenitore culturale in cui ci hanno indotti a vivere. Non resta che attendere il nuovo giornale.



L'editorialista attacca Veltroni e il Pd
Travaglio: «Non ho capito il motivo
del cambio di direttore dell'Unità»
Spera di continuare ancora la collaborazione, ma ci sono voci di un progetto di un settimanale

«Scusate, ma non ho capito». Il titolo già dice molto, se non tutto. Marco Travaglio, sull'Unità di lunedì, ha scritto un lungo articolo in cui spiega di non riuscire a trovare una ragione del cambio di direzione del quotidiano, da Antonio Padellaro a Concita De Gregorio, «ottima giornalista e persona squisita». Travaglio afferma di non capire il motivo del cambio di panchina, visto che il giornale, «morto nel 2000, è risorto grazie al duo Colombo-Padellaro» nonostante «il partito che l'aveva ucciso». Secondo Travaglio le «chiacchiere» sulla scarsa «multimedialità» di Padellaro sono solo una scusa.

NORMALIZZAZIONE - Travaglio fa risalire la decisione del cambio di direttore a un lavoro «negli ultimi tre mesi sottotraccia e negli ultimi tre giorni alla luce del sole» direttamente dai vertici del Partito democratico e in particolare dal suo segretario Walter Veltroni. Per il giornalista tutto parte dall'intervista rilasciata da Veltroni al Corriere della Sera dopo l'acquisizione dell'Unità da parte di Renato Soru. Veltroni, dice Travaglio, già allora «auspicava un "direttore donna". Perché, si chiede Travaglio, il segretario di un partito avanza la proposta di un cambio di direzione di un giornale che «non appartiene né a lui né al suo partito»? Secono il giornalista è il completamento di un «disegno avviato nel 2005, quando Furio Colombo fu defenestrato dopo mesi di mobbing praticato da ben noti ambienti Ds, insofferenti per la linea troppo autonoma, troppo aperta, diciamo pure troppo libera del giornale».

I VERI NOMI DELLE COSE - E per quale motivo ai Ds, e ora al Pd, non andava bene questa linea? Perché, secondo Travaglio, l'Unità è l'unica «a dire le cose che non si possono dire e a vedere le cose che si preferisce non vedere». In particolare a chiamare «le cose con il loro nome e non con gli pseudonimi berlusconiani e "riformisti». Tra questi «chiamare guerra la guerra e non missione di pace; separatismo il separatismo e non federalismo fiscale; razzismo il razzismo e non sicurezza; inciucio l'inciucio e non riformismo», e così via. Travaglio dice quindi che l'Unità è l'unica a fare una vera opposizione «al Caimano», tanto che lo stesso Berlusconi «riconosce subito i veri oppositori» e lo dimostrò «nei giorni delle ultime elezioni» quando «tornò a sventolare minacciosamente l'Unità additandola a nemico pubblico numero uno... anziché Il riformista o Europa». Poi l'accusa politica più dura nei confronti del Pd e di Veltroni: «Mentre la gran parte dell'opposizione dialogava o andava a rimorchio, l'Unità ha continuato pervicacemente a proporre un'altra agenda, un altro pensiero, un altro vocabolario».

COLLABORAZIONE - Continuerà Travaglio a collaborare con l'Unità? Il giornalista non si chiude tutte le porte alle spalle: «È stata una splendida avventura. Speriamo che continui ancora a lungo», termina l'articolo, anche perché prima aveva scritto che la neodirettrice De Gregorio gli aveva «garantito massima continuità e libertà». In ogni caso, le lettere dei lettori pubblicate dall'Unità sono in gran parte schierate con l'ex direttore Padellaro, e non sanno spiegarsi le ragioni del cambio. La stessa tesi di Travaglio. Di quale sarà il futuro di Travaglio ne parla Repubblica: il direttore di Chiarelettere, Lorenzo Fazio, starebbe lavorando al progetto di un «settimanale di denuncia» che dovrebbe «riunire Di Pietro e i transfughi dell'Unità, gli ex direttori Colombo e Padellaro». Fazio afferma a Repubblica che «con Travaglio ne abbiamo parlato tante volte e ci siamo detti che sarebbe bello avere anche uno strumento giornalistico per ospitare reportage critici contro il potere».



purtroppo mi sa che andrà a finire cosi...con un po alla volta un cambio di linea...
Intanto Travaglio si prenderà sia da destra che da sinistra la solita carica di insulti e grida di scandalo
__________________
Sono contrario al matrimonio dei preti: se fanno figli, siamo finiti. (cit)
indelebile è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 25-08-2008, 17:50   #2
bart_simpson
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E travaglio l'avrà capita l'antifona?


Leggo e rileggo il comunicato dell’editore e, lo confesso, continuo a non capire. Una sola cosa capisco: il licenziamento di Antonio Padellaro da direttore de l’Unità non dipende dal fatto che Padellaro non è abbastanza «multimediale».
Sgombero subito il campo da un paio di equivoci.
Primo: sono molto affezionato al principio di autorità, nonché al motto lombardo “offelè, fa el to mestè”. Dunque riconosco agli editori il potere di nominare i direttori che più li aggradano e non penso affatto che l’umile collaboratore di un giornale debba metter becco nelle loro decisioni. Ma, siccome a questo giornale collaboro fin dal 2002, avrei preferito che qualcuno spiegasse ai lettori e ai giornalisti dell’Unità perché l’avventura di questo giornale morto nel 2000 e risorto nel 2001 grazie al duo Colombo-Padellaro, a una redazione tenace disposta a ogni sacrificio e a un pugno di editori coraggiosi debba concludersi così bruscamente e inspiegabilmente. Secondo: sono abituato a basarmi sui fatti e dunque non farò processi alle intenzioni, ergo non dirò una parola sul nuovo direttore, Concita De Gregorio, se non che è un’ottima giornalista e una persona squisita, che ho avuto modo di sentirla un paio di volte nelle ultime settimane, che mi ha garantito massima continuità e libertà, che le auguro i migliori successi.
Ma il punto è ciò che è accaduto finora, negli ultimi tre mesi sottotraccia e negli ultimi tre giorni alla luce del sole. Prima le voci. Poi l’intervista di Walter Veltroni al Corriere della Sera che, all’indomani dell’acquisto dell’Unità da parte di Renato Soru, auspicava un “direttore donna”, cioè il licenziamento di Padellaro (che purtroppo è maschio). Lì s’è avvertita la prima, violenta rottura: non è usuale che un segretario di partito licenzi un direttore di giornale e indichi le caratteristiche del successore, specie se quel giornale non appartiene né a lui né al suo partito. Se, nell’autunno del 2002, pur provenendo da tutt’altra storia e tradizione, accettai con gioia la proposta di Colombo e Padellaro, mediata dal comune amico Claudio Rinaldi, di collaborare all’Unità con una rubrica quotidiana, fu proprio perché l’Unità non era più un giornale di partito, ma un giornale libero, che rispondeva soltanto ai suoi editori, direttori e lettori. Infatti in questi sei anni mi sono sentito libero di scrivere in assoluta autonomia, senza mai subire la benchè minima censura. Ora quel fatto da troppi trascurato * l’intervista di Veltroni - comporta una svolta non da poco, un peccato originale destinato inevitabilmente a incombere sul futuro. Il secondo fatto è che l’uscita di scena di Padellaro segue, a tre anni di distanza e in qualche modo completa, quella di Colombo, l’altro direttore che aveva resuscitato l’Unità. E attende spiegazioni più plausibili delle chiacchiere sulla “multimedialità”. Il giornale va male? Pare di no, anche se paga le scarse risorse finanziarie (e pubblicitarie) e, politicamente, la grande depressione seguita al biennio della cosiddetta Unione al governo. Se dunque non è un problema di copie (la media giornaliera di 48 mila, con 274 mila lettori, è tutt’altro che disprezzabile, visti i chiari di luna, e speriamo di non doverla mai rimpiangere), è un problema “di linea”. Lo stesso che era stato sollevato nel 2005, quando fu allontanato Colombo.
Ora l’esperienza nata sette anni fa dalla straordinaria alchimia di questi due direttori, capaci di coinvolgere e coalizzare in una sorta di campo-profughi collaboratori delle più varie provenienze e culture, oggettivamente si chiude. Si finisce il lavoro e si completa il disegno avviato nel 2005, quando Furio fu defenestrato dopo mesi di mobbing praticato da ben noti ambienti Ds, insofferenti per la linea troppo autonoma, troppo aperta, diciamo pure troppo libera del giornale. Tre anni fa il disegno si compì a metà, magari nella segreta speranza che Antonio capisse l’antifona e riconsegnasse il giornale al partito che l’aveva ucciso. Padellaro, pur con la sua diversa sensibilità rispetto a Colombo, l’antifona non la capì. Continuò a scrivere e a farci scrivere in assoluta libertà. Beccandosi le reprimende più o meno sotterranee di molti politici del Pd e quelle pubbliche del Caimano. Il quale avrà tanti difetti, ma non quello di nascondere simpatie e antipatie. Lui i veri oppositori li riconosce subito e, a suo modo, li onora molto meglio di chiunque altro. Infatti, a dimostrazione del nostro successo, nei giorni delle ultime elezioni tornò a sventolare minacciosamente l’Unità additandola a nemico pubblico numero uno (chi sostiene che l’antiberlusconismo fa il gioco di Berlusconi, mentre le vere spine nel fianco del Cavaliere sono i “riformisti”, spiegherà forse un giorno perché lui abbia continuato a sventolare l’Unità, anziché Il Riformista o Europa, semprechè ne abbia notata l’esistenza). Ora, è evidente che la chiusura di questo ciclo non si deve a lui. E’ il padrone di quasi tutto, ma non ancora di tutto. Lo si deve a chi, nel centrosinistra, vedeva in questa Unità una minaccia. Salvo poi, si capisce, meravigliarsi insieme a Nanni Moretti se l’opinione pubblica latita (o forse, più propriamente, non trova sponde politiche, punti di riferimento, occasioni di manifestarsi e manifestare). Nell’Agenda Unica del Pensiero Unico del Padrone Unico, mentre la gran parte dell’opposizione dialogava o andava a rimorchio, l’Unità ha continuato a proporre pervicacemente un’altra agenda, un altro pensiero, un altro vocabolario. A dire le cose che, altrove, non si possono dire e a vedere le cose che, altrove, si preferisce non vedere. Nel paese dove, come ha detto efficacemente Gianrico Carofiglio all’Espresso, “da 15 anni Berlusconi è il padrone delle parole della politica”, perché “ha scelto lui i nomi con cui chiamare le cose e gli argomenti”, l’Unità portava ogni giorno in prima pagina altre parole, continuando ostinatamente a chiamare le cose col loro nome, non con gli pseudonimi berlusconiani e dunque “riformisti”: su questa Unità la guerra è guerra, non missione di pace; il separatismo è separatismo, non federalismo fiscale; il razzismo è razzismo, non sicurezza; il monologo è monologo, non dialogo; l’inciucio è inciucio, non riformismo; il regime è regime, non governo di destra con cui dialogare; i mafiosi sono mafiosi e i corrotti corrotti, non vittime del giustizialismo; i processi sono processi, non guerra tra giustizia e politica; le leggi incostituzionali sono leggi incostituzionali, non risposte eccessive a problemi reali; Mangano era un mafioso e chi lo beatifica non “fa una gaffe”: è come lui.
Mentre scrivo, ho appena letto l’addio di Padellaro. E mi tornano alla mente le nostre mille telefonate all’ora di pranzo (mi sveglio tardi) per decidere insieme la rubrica del giorno. Scambi di battute e trovate che nascevano cazzeggiando e ridendo fra noi fino alle lacrime e poi finivano regolarmente nel “Bananas”, poi nell’”Uliwood Party”, infine nell’”Ora d’aria”. Articoli che, come spesso ci ripetevamo, potevano uscire su un solo quotidiano: questo. Quello che dava il nome alle celebri feste estive, dalle quali sono bandito da quattro anni, pur scrivendo sull’Unità quasi ogni giorno da sei (ma ora han cambiato opportunamente nome). “Un giorno * mi diceva spesso Antonio, tra il serio e il faceto * me le faranno pagare tutte insieme, le tue rubriche, insieme al resto. Ma scrivi tutto, è troppo divertente”. Ora che quel giorno è arrivato, mi sento soltanto di dirgli grazie. Per avermi sopportato, da gran signore e da liberale autentico, a suo rischio e pericolo. È stata una splendida avventura. Speriamo che continui ancora a lungo.


Marco Travaglio
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Old 26-08-2008, 00:42   #3
rip82
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E travaglio l'avrà capita l'antifona?
[...]
Mi auguro di no, non sembra voler innestare la retromarcia, ed ha sufficiente visibilita' per continuare a scrivere quello che nei paesi democratici e' un diritto, ossia quel cacchio che gli pare.
Sono curioso di vedere come verra' soffocata l'Unita', se diventera' un giornale buono e discreto oppure... oppure boh, sono quasi sicuro che diventera' un giornale addomesticato, e se cosi' fosse rischierebbe di perdere un bel po' di lettori.
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"E' un lodo che potrebbe essere chiamato lodo Orwell; lodo “Fattoria degli animali”. Ricordate forse che nella “Fattoria degli animali” c’era una specie di animali più uguali degli altri. Erano i maiali." cit.:Marco Travaglio
Questa non è la destra, questo è il manganello. Gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello - Montanelli
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Old 26-08-2008, 14:32   #4
loreluca
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Originariamente inviato da rip82 Guarda i messaggi
.... e se cosi' fosse rischierebbe di perdere un bel po' di lettori.
Ma chi la legge adesso ???
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-- LucaLore --
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Old 26-08-2008, 15:09   #5
rip82
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Originariamente inviato da loreluca Guarda i messaggi
Ma chi la legge adesso ???
Se non ricordo male si attesta sulle 50mila copie, e' un giornale che sta in piedi da solo.
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"E' un lodo che potrebbe essere chiamato lodo Orwell; lodo “Fattoria degli animali”. Ricordate forse che nella “Fattoria degli animali” c’era una specie di animali più uguali degli altri. Erano i maiali." cit.:Marco Travaglio
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Old 27-08-2008, 18:41   #6
loreluca
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Originariamente inviato da rip82 Guarda i messaggi
Se non ricordo male si attesta sulle 50mila copie, e' un giornale che sta in piedi da solo.
Tra cui le sedi di partito e varie...
Che vanno direttamente dall'edicolante ad acquistarla saranno sì e no la metà...
Ognimodo, secondo me, con 50.000 copie al giorno non puoi stare in piedi da solo... Ci vorrebbe qualcuno esperto nel fare i conti, ma sono troppo poche...
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-- LucaLore --
loreluca è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 30-08-2008, 11:28   #7
joshua82
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L'Avatar di joshua82
 
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è la dimostrazione che gli editti bulgari li sanno fare anche a Sinistra
solo che di questi non gliene frega una mazza a nessuno..
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Noi otteniamo risultanti brillanti da persone normali che operano in processi brillanti. Ma possiamo notare che la maggior parte delle aziende ottiene risultati mediocri o pessimi da persone brillanti che operano in processi pessimi.
(Toyota Executive, 2003 Lean in Motion Event, JP Womack)
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Old 30-08-2008, 11:40   #8
rip82
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è la dimostrazione che gli editti bulgari li sanno fare anche a Sinistra
solo che di questi non gliene frega una mazza a nessuno..
Facciamo una bella distinzione tra servizio pubblico e imprese private, perche' un conto e' prendere accordi col PROPRIETARIO di un giornale PRIVATO per cambiare direttore, cosa decisamente antipatica, ma lecita, un altro e' falcidiare in mondovisione tre personaggi decisamente in vista dalla televisione PUBBLICA con la motivazione che dicono la verita' sul tuo conto, in barba all'articolo 21 della Costituzione.
La prima cosa e' antipatica ma lecita, la seconda e' contraria alla Costituzione.
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"E' un lodo che potrebbe essere chiamato lodo Orwell; lodo “Fattoria degli animali”. Ricordate forse che nella “Fattoria degli animali” c’era una specie di animali più uguali degli altri. Erano i maiali." cit.:Marco Travaglio
Questa non è la destra, questo è il manganello. Gli italiani non sanno andare a destra senza finire nel manganello - Montanelli
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Old 30-08-2008, 11:43   #9
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per me, e ripeto per me, se una cosa è sbagliata lo è indipendentemente dalla Costituzione e dalle regole prestabilite.
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Old 30-08-2008, 11:47   #10
rip82
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per me, e ripeto per me, se una cosa è sbagliata lo è indipendentemente dalla Costituzione e dalle regole prestabilite.
Non c'e' dubbio che sia sbagliato, ma una delle due cose e' permessa dalla legge, l'altra invece e' decisamente incostituzionale. In un giornale privato il proprietario puo' fare quel cacchio che gli pare, ma il servizio pubblico DEVE dare voce a tutti soprattutto a persone corrette come fu Biagi, che si e' dimostrato un signore anche dopo il fattaccio, a riprova che non c'era alcuna ragione di censurarlo eccetto l'antipatia di silvio per la liberta' di pensiero.
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Old 30-08-2008, 11:52   #11
joshua82
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sono assolutamente d'accordo con quello che dici.
Ma mi scandalizza non tanto l'illegalità o meno, ma l'atteggiamento di una certa Sinistra che ragiona spesso per editti bulgari e per censure: penso al caso dell'Unità, ma anche semplicemente a gente come Giampaolo Pansa, ridotte al silenzio per aver detto cose che era meglio non dire ()
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Old 30-08-2008, 11:58   #12
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sono assolutamente d'accordo con quello che dici.
Ma mi scandalizza non tanto l'illegalità o meno, ma l'atteggiamento di una certa Sinistra che ragiona spesso per editti bulgari e per censure: penso al caso dell'Unità, ma anche semplicemente a gente come Giampaolo Pansa, ridotte al silenzio per aver detto cose che era meglio non dire ()
I DS di baffetto sono gli stessi che hanno salvato silvio dalla galera a meta' anni '90, fai bene a dire che non siano tanto diversi.
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