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Old 22-12-2007, 16:58   #1
ania
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[Film] L'amore ai tempi del colera

http://www.corriere.it/cinema/meregh...ba99c53b.shtml
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L'amore ai tempi del colera
Un' epopea di grande passione perde al cinema tutte le emozioni
La vitalità straripante del romanzo di Garcia Marquez diventa un catalogo di avventure


Se c'è una qualità che non si può negare a García Márquez è quella di una vitalità straripante e coinvolgente. Se c'è una qualità che manca alla versione cinematografica dell'Amore ai tempi del colera è proprio quella della vitalità, della passione, dell'emozione. Di fronte a una storia d'amore che dura senza cedimenti (più o meno...) per «53 anni, 7 mesi e 11 giorni (e notti)» il lettore non può trattenere la commozione e forse anche le lacrime. Mentre lo spettatore aspetta invano per due ore e 19 minuti che il ricordo della pagina scritta si accenda sullo schermo e sbocci come un fuoco d'artificio.

Forse è troppo arduo portare García Márquez sullo schermo? Il dubbio esiste: anche Francesco Rosi è uscito sconfitto dalla riduzione di Cronaca di una morte annunciata. Ma qui viene il dubbio che i veri limiti siano da cercare altrove, nelle scelte produttive, prima, e poi nella sceneggiatura di Ronald Harwood, «fedele» al libro ma sostanzialmente inerte.

È evidente che la preoccupazione della produzione (Scott Steindorff per Stone Village Pictures) era per prima cosa quella di offrire uno spettacolo all'altezza della fama del romanzo: molte riprese nei luoghi reali in cui è ambientata la storia (Cartagena e la Colombia), grandi masse, la capacità di rendere credibili, e non solo sui volti degli attori, lo scorrere del tempo. Affidando alla fotografia di Alfonso Beato e a un bel numero di tramonti il compito di accentuare ancora di più il lato spettacolare del film. Un cast senza vere star internazionali ma con attori di provata bravura (oltre a Bardem, alla Mezzogiorno e a Bratt, ci sono anche Hector Helizondo, John Leguizamo, Liev Schreiber, Catalina Sandino Moreno) avrebbe poi dovuto far pensare a un film dove la recitazione e più in generale la passione emotiva dovevano essere il perno dell'operazione. E invece proprio qui L'amore ai tempi del colera rivela le sue debolezze più grandi.

Ambientato a cavallo tra Ottocento e Novecento in un'America Latina geograficamente vaga ma riconoscibile nella Colombia, il film (come il romanzo omonimo) racconta la passione che si accende nell'adolescente Florentino Ariza (Unax Ugalde) per la coetanea Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno). Lui la corteggia e le promette eterno amore, lei prima gli corrisponde (platonicamente, s'intende) poi all'improvviso lo cancella dalla sua vita, finendo per accettare la corte del medico Juvenal (Benjamin Bratt). E il povero Florentino, che nel frattempo è cresciuto e ha assunto il volto di Javier Bardem, non può che disperarsi e continuare ad amarla per tutta la vita. Anche se a un certo momento scopre che la carne ha delle «leggi» che al cuore sembrano sfuggire e così, mentre l'amore è tutto e solo per Fermina, il sesso spinge Florentino verso una serie decisamente notevole di avventure (che poi pignolamente registra e numera: a un certo punto scopriamo che ha toccato quota 622...).

Ma quello che in García Márquez è la vitalità sanguigna, e contraddittoria, degli esseri umani che possono dire sia di voler «essere felici senza amore e suo malgrado» oppure che per vivere hanno assolutamente «bisogno dell'amore», nel film diventa una specie di catalogo di avventure senza passione che un Bardem sempre più andreottesco (ingobbito e senza collo) inanella bellamente. Mentre Giovanna Mezzogiorno è costretta dentro la pelle di un personaggio che al cinema appare fin troppo raffreddato e distante.

Il risultato è quello di cancellare l'emozione da una storia che proprio sul coinvolgimento passionale dovrebbe costruire il suo interesse. E viene il dubbio che, messo di fronte a una sceneggiatura più «di testa» che «di pancia», Newell non abbia saputo trovare la chiave per superarne i limiti. Come fa intuire anche una carriere discontinua dove accanto a belle riuscite ( Donnie Brasco, ma anche Quattro matrimoni e un funerale o Mona Lisa Smile) ci sono film deludenti come Falso tracciato o Un'avventura terribilmente complicata. Come se le sue qualità fossero soprattutto quelle di un onesto metteur en scène, che «illustra» scelte altrui (della produzione o dello sceneggiatore).

Basta vedere come è reso l'incontro finale tra i due protagonisti, più o meno settantenni. Ci sono tanti modi per raccontare la passione in età avanzata. George Cukor con Amore fra le rovine ce ne ha dato una dimostrazione sublime. Qui Newell sembra capace solo di inquadrare i seni cadenti della protagonista (mirabilmente truccati da John E. Jackson) e le facce imbolsite di Bardem e della Mezzogiorno, perdendo l'ennesima occasione per raccontare una passione fuori dalla norma ma autentica e coinvolgente.

Paolo Mereghetti
21 dicembre 2007
ania è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 22-12-2007, 20:12   #2
ania
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http://www.sentieriselvaggi.it/artic...z1=6&art=24708
Quote:
INTERVISTE
“Ho cercato di essere sudamericano!”.
Incontro con Mike Newell e Giovanna Mezzogiorno

di Annarita Guidi (del 21/12/2007)

Dal romanzo di Gabriel García Márquez, Mike Newell raccoglie la sfida di portare sullo schermo un’opera letteraria epica, stratificata e profondissima.
Il risultato è L’amore ai tempi del colera: un cast eterogeneo e un incontro/scontro tra culture, quella britannica e quella colombiana.
Il regista Mike Newell e la protagonista Giovanna Mezzogiorno presentano il film

Dal romanzo di Gabriel García Márquez, Mike Newell (Ballando con uno sconosciuto, Quattro matrimoni e un funerale, Donnie Brasco) raccoglie la sfida di portare sullo schermo un’opera letteraria epica, stratificata e profondissima, dove il lettore si perde tra gli infiniti percorsi e le mille facce del sentimento che chiamiamo ‘amore’.
Il risultato è L’amore ai tempi del colera: un cast eterogeneo – da Javier Bardem (Donne sull’orlo di una crisi di nervi, Collateral, Mare dentro) a Benjamin Bratt (Traffic), passando per Giovanna Mezzogiorno e Catalina Sandino Moreno (Maria full of grace, L’amore giovane, Fast food nation) – e un incontro/scontro tra culture, quella britannica (da cui proviene il regista) e quella colombiana. Mike Newell e Giovanna Mezzogiorno (che interpreta la protagonista Fermina Daza), a Roma per presentare il film, hanno raccontato fascinazioni e ostacoli di questa impresa.

Qual è stato il suo rapporto con Márquez durante le riprese?

Mike Newell: In quel periodo lui era malato, faceva la spola tra Mexico City e Los Angeles per le cure. Ogni volta che io potevo vederlo, lui era su un aereo. Così abbiamo comunicato sulla carta…le sue off-script notes erano molto amichevoli e molto radicali. Una frase, che in fondo era anche buffa, mi terrorizzava: ‘Dov’è il mio lavoro di cucito? Dove sono i miei punti?”. Finii per leggere il libro ossessivamente. Così ho cominciato a vedere questa sorta di 'preparazione di impasto' che è la sua scrittura: schiacci l’impasto, lo batti, lo rendi sottile, lo ripieghi, e ricominci: lo schiacci…alla fine inforni, gli strati si separano e tutto riesce. La scrittura di Márquez è così: parte da un evento secondario, se ne allontana, poi ci ritorna e aggiunge nuovi particolari. Questo romanzo è un’opera di costante riscrittura. Ovviamente, non potevo fare la stessa cosa nel film! Márquez, comunque, dopo la visione della pellicola si è girato verso di me e ha fatto: ‘Wow!’ Suo figlio ha confermato che il film gli è piaciuto…

Giovanna Mezzogiorno: Credo che L’amore ai tempi del colera sia il suo libro più cinematografico. Immagini e storia sono molto forti, i personaggi sono concreti e terreni.

Lei con Harry Potter e il calice di fuoco ha portato sullo schermo un romanzo completamente diverso, per un pubblico completamente diverso. Quali sono le qualità di 'L’amore ai tempi del colera' da non perdere nel processo di trasposizione?

MN: Con Harry Potter è stato facile: si trattava di prendere il libro ad accettate! Questo invece è stato il lavoro più difficile che ho fatto. Mi pento amaramente di ogni cosa che ho dovuto tagliare. Poi devi chiederti: per chi lo fai? Per una nicchia, o per un grande pubblico? Un film per ‘specialisti’ o un film più generoso? Io ho amato profondamente il libro, e ho scelto di rivolgermi a quanti più spettatori possibile. Questo ha condizionato le decisioni successive.

GM: Il regista e lo sceneggiatore Ronal Harwood hanno fatto un miracolo. E’ un libro enorme, il film condensa settant’anni in due ore. Quando ho saputo del progetto, non capivo come fosse possibile farlo in meno di sei ore. E’ molto difficile trovare un equilibrio tra la necessità di tagliare e quella di rendere l’essenza dei personaggi. Ad esempio, la scena del mercato - quando Fermina rifiuta Florentino dicendogli: ‘No. Se ne dimentichi’ – nel libro è preceduta da dieci pagine di spiegazioni. La pressione di portare il libro nelle scene è stata enorme. Dovevamo dare noi quel pensiero, non avevamo dieci pagine dietro che lo spiegassero al posto nostro. E’ stata molto dura.

Perché ha scelto Giovanna Mezzogiorno?

MN: Per gli occhi! Volevo che la protagonista avesse le qualità fisiche capaci di lasciare senza fiato un ragazzino di sedici anni. In America latina le donne sono bellissime, occhi neri, capelli lussuriosi…gli occhi blu di Giovanna erano qualcosa che avrebbe fatto voltare gli uomini. E lei è un cavallo da corsa. Sin da piccola ha respirato recitazione. Mi aveva convinto negli altri film che ha interpretato. Il fatto poi che abbia lavorato con Peter Brook per me era una ulteriore sicurezza, ed ero certo che saremmo andati d’accordo.

Un film sull’amore, la follia, l’America Latina. Cosa l’ha guidata, cosa ha privilegiato dell’amore descritto da Márquez?

MN: Ho cercato di essere sudamericano! Credo che Márquez abbia fatto qualcosa che non si può vedere, che non si può dire per immagini: raccontare una grande storia umana, l’intero arco di una vita. La protagonista, anche a 72 anni, non capisce se con il matrimonio abbia davvero vissuto l’amore: se lo chiede fino alla fine. Florentino invece ha la certezza che si tratta di amore, e che potrà dire di averlo vissuto, anche se per un solo giorno. Questo è un coraggio che ho ritenuto dovesse essere ‘urlato’ ad ogni opportunità. E Márquez non scrive teoria, scrive di cose concrete. Quello che racconta è una verità letterale…
ania è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 22-12-2007, 20:24   #3
ania
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http://www.nonsolocinema.com/nsc_art...d_article=8389
Quote:
L’AMORE AI TEMPI DEL COLERA" DI MIKE NEWELL
Come trasformare un romanzo di Garcia Marquez in un feuilleton natalizio

Articolo di Laura Croce
Pubblicato venerdì 21 dicembre 2007 - NSC anno IV n. 6

Adattare un capolavoro letterario per il grande schermo non è mai facile.
Se poi l’opera in questione è firmata da un premio Nobel come Gabriel Garcia Marquez e se, per giunta, pretende di raccontare mezzo secolo di vita e di storia colombiana, allora l’impresa si fa ancora più ardua.
La sfida di portare sul grande schermo “L’amore ai tempi del colera” è stata raccolta forse con troppa ingenuità, o leggerezza, dalla Stone Village Pictures e dal regista britannico Mike Newell (Harry Potter e il Calice di Fuoco, Quattro matrimoni e un funerale).
La fama e la bellezza del romanzo originale non sempre, infatti, si riverberano automaticamente sulla sua trasposizione cinematografica, neppure se firmata da uno sceneggiatore esperto quale Ronald Harwood, già insignito dell’Oscar per l’adattamento de “Il Pianista”.
Ci sarà stata una ragione, dopotutto, se Garcia Marquez ha rifiutato per anni di cedere i diritti del suo famosissimo libro.
Hollywood però, come noto, non si ferma davanti a nulla, figuriamoci di fronte al timore reverenziale per un gioiello insostituibile della letteratura non solo sud-americana, bensì mondiale.
Ecco allora incarnarsi sulla celluloide la storia fiabesca di Florentino Ariza, un uomo capace di aspettare cinquantatre anni per ricongiungersi con il suo unico, vero, amore. Oggetto dell’esemplare attesa è Fermina Daza (Giovanna Mezzogiorno), la ragazza più bella della città colombiana di Cartagena.

I due si incontrano appena adolescenti, dando vita a una relazione appassionata e candida che vive nelle parole scambiate di nascosto attraverso lettere e biglietti sfuggenti. I loro sentimenti, però, sono ostacolati dal padre di Fermina, un parvenu burbero e rozzo, che vuole per sua figlia un partito ben più importante di un semplice addetto al telegrafo, squattrinato e sognatore. Trascinato via da Florentino, il cuore della ragazza non regge la prova della distanza e, col passare degli anni, Fermina dimentica il suo amore di gioventù, optando per un matrimonio di classe con Juvenal Urbino (Benjamin Bratt), il medico che ha sconfitto l’epidemia di colera di Cartagena. Florentino (interpretato nella sua versione “adulta” da uno spettacolare Javier Bardem) è distrutto; per non soccombere al dolore comincia una serie incredibilmente lunga di relazioni occasionali di poca importanza. Il suo cuore resta consacrato a Fermina, la sua Dea Incoronata, che continua ad attendere nell’ombra per una vita intera.

La vicenda di Florentino, di per sé, risulta sicuramente molto romantica.
La grandezza di una storia d’amore, tuttavia, non dipende semplicemente da una trama e da un intreccio.
Scaturisce, piuttosto, dalla capacità di creare atmosfere e suggestioni, d’infiammare e commuovere, di far assaporare luoghi e personaggi.
Nel film, invece, non sembrano esserci particolari elementi d’impeto o di seduzione.
Non si avverte affatto quella passione così carnosa e al tempo stesso altamente spirituale, ai limiti del magico, che di solito percorre le atmosfere ammalianti della letteratura sud-americana.
In questa pellicola di amore si parla e tanto, ma non si riesce a catturarlo quasi mai negli sguardi, nei gesti e neppure nelle lacrime.
Gli splendidi paesaggi urbani e naturalistici della Colombia sono privati di qualsiasi incanto e fanno da tappezzeria.
Anche il colera è un elemento decorativo, puramente di passaggio. L’inserimento qua e là di canzoni della pop star Shakira, inoltre, si commenta da solo.
Ancor più sconcertante, tuttavia, è la mancanza di slancio con cui viene descritta la storia di Florentino e Fermina, soprattutto nella fase adolescenziale.
Nonostante la rapidità degli eventi, la prima parte del film scorre lenta e piatta sullo schermo, complice la mancanza d’interpreti di rilievo, con l’eccezione di alcuni bravi caratteristi.
Giovanna Mezzogiorno continua a fare la bellezza in finestra, togliendo spessore e, soprattutto, comprensibilità al personaggio di Fermina.
Le sue scelte, infatti, nel film sembrano dettate dal puro capriccio.
Per fortuna ad affiancarla c’è un grande Javier Bardem.

La sua interpretazione pacata e senza eccessi restituisce molto bene sia il fascino complessivo del personaggio di Florentino, sia alcune delle sfumature più delicate del suo complesso carattere. Senza contare che, con i suoi lineamenti latini, marcati e un po’ irregolari, Bardem sembra davvero far rivivere sullo schermo il volto familiare e sempre rimpianto del mitico Anthony Quinn.
Non è un’esagerazione sostenere che se il film avrà qualche chance di essere ricordato, sarà per la bella performance di questo attore spagnolo, non a caso in piena ascesa sul panorama mondiale, persino hollywoodiano.
Per il resto, “L’amore ai tempi del colera” sembra solo accodarsi alla fila lunghissima dei tanti film-panettone, zeppi di canditi e pesanti da digerire, con cui le grandi produzioni cercano di sfruttare la congiuntura natalizia.
Non è certo un delitto; però aver sfruttato in modo parassitario un capolavoro di Garcia Marquez rende l’intera operazione alquanto deprimente.
ania è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
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