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08-03-2006, 19:39 | #21 | |
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se crollano gli stati uniti crolla tutto |
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08-03-2006, 20:46 | #22 | |
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L'europa ha invece problemi molto più seri.
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09-03-2006, 11:19 | #23 |
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allora
1) se questa notizia fosse così incredibile, avremmo visto il dollaro precipitare.. cosa che invece non sta accadendo.. anzi, negli ultimi mesi si è rafforzato: http://it.finance.yahoo.com/q/bc?s=EURUSD=X&t=3m 2) il fatto che molti stati, specialmente gli arabi, avrebbero cominciato a trattare in euro e a costituire riserve monetarie in euro, era una cosa che la sapevano anche i muri.. alla fine il vantaggio principale dell'euro è proprio quello di legare a una sola moneta tanti PIL in modo da avere un PIL associato superiore a quello del dollaro, al fine di creare in giro per il mondo riserve monetarie in euro, e conseguentemente chi ha una riserva monetaria in euro non ha alcun interesse a far andar male l'economia europea.. Insomma.. una notizia che vale poco o nulla. Saluti.
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Se buttassimo in un cestino tutto ciò che in Italia non funziona cosa rimarrebbe? Il cestino. |
09-03-2006, 11:56 | #24 | |
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se si continua a vivere in questa illusione, allora davvero gli USA finiranno a gambe all'aria. Notiziola di ieri: la Toyota si appresta a superare GM nel mercato.
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Utente gran figlio di Jobs ed in via di ubuntizzazione Lippi, perchè non hai convocato loro ? |
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09-03-2006, 11:57 | #25 | |
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09-03-2006, 11:58 | #26 | |
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09-03-2006, 23:49 | #27 | |
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"Certamente non sono un esperto di economia, ma come avrai visto dalle storie che seleziono, sono estremamente attratto dal dare visibilità alle news che non solo non sono affrontate dai mainstream media, ma che hanno poca o nessuna visibilità addirittura anche da parte di blogger indipendenti e siti di news." insomma le solite analisi "alternative" riportanti i pareri di questo o quell'altro non meglio identificato "professore" di "economia" cosa vuoi che ti dica, per me son le solite fanfaluche di chi probabilmente non saprebbe che altro scrivere |
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09-03-2006, 23:59 | #28 | |
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contro le quali orchestra un giorno si e l'altro pure organizza manifestazioni anche violente contro le relative ambasciate? io dico che i pensieri e le priorità di questa dirigenza iraniana sono ben altre quanto alla coincidenza dell'elezione israeliana, chi te l'ha suggerito, blondet per caso? 2) spero che tu stia scherzando, la russia ha ereditato insieme all'arsenale sovietico, anche i relativi trattati e facendolo ne violerebbe una mezza dozzina oltre che inimicarsi un occidente di cui tutto sommato ha bisogno e poi sarebbe del tutto inopportuna anche per lei, non si sa mai che l'amico di oggi possa divenire il nemico di domani........ 3) ah ecco, ma non mi parlare di solvibilità dei mutui e di rivolte sociali, visto che nonostante i perduranti sforzi della FED con i suoi rialzi dei tassi, i mutui continuano a rimanere bassi |
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20-03-2006, 09:09 | #29 |
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A proposito di Maurizio Blondet, visto che è stato nominato, altro articolo fresco fresco
L’American Enterprise minaccia l’Italia Maurizio Blondet 19/03/2006 Romano Prodi è pronto per fare il suo «lavoro»Sul Financial Times è apparso un ennesimo articolo che minaccia l’Italia (1). Lo firma Desmond Lachman. Chi è? E’ uno dei membri dell’American Enterprise, la fondazione «culturale» di Richard Perle, Paul Wolfowitz e Michael Leeden, insomma dei neocon ebraico-americani. Lo stesso organismo che ha spinto l’America alla guerra in Iraq, ed ora la sta spingendo contro l’Iran. E’ dunque una minaccia da prendere sul serio. L’Italia, dice Lachman, «sta scendendo la china che ha portato l’Argentina al disastro». Ed elenca le analogie. Nel 1991, l’Argentina agganciò la sua moneta al dollaro, divisa troppo forte per la sua debole economia. L’Italia ha abbandonato la lira per l’euro, troppo forte. Entrambi i Paesi speravano così di imporsi, in un regime di bassa inflazione, la disciplina fiscale e le dure riforme del lavoro («flessibilità») necessarie per competere sul mercato globale. Così facendo, anche l’Italia, come l’Argentina, ha rinunciato alla facoltà di stabilizzare la sua economia come ha sempre fatto: con svalutazioni periodiche per far costare meno le sue merci all’estero, e con inflazione per diluire il suo debito pubblico. Privatasi della sua politica monetaria sovrana, l’Italia deve ora accettare i tassi d’interesse imposti - uguali per tutti i Paesi europei - dalla BCE, Banca Centrale Europea. E ora, la BCE ha aumentato i tassi, aggravando gli interessi che l’Italia paga sul suo debito pubblico colossale. Ora, i liberisti sanno che se la moneta è «rigida», a dover diventare «flessibili» sono le paghe dei lavoratori. L’Italia non taglia i salari, né il bilancio statale. Né Berlusconi né Prodi danno garanzie che lo faranno in futuro. Intanto, l’Italia perde competitività (15 punti sotto la Germania, perché «gli aumenti salariali» - quali? - «non sono stati compensati da un aumento di produttività»), perde quote di mercato, esporta sempre meno. Nella recessione deflazionista in cui l’ha gettata la moneta forte, l’Italia vede diminuire gli introiti fiscali: sicchè aumenta sia il deficit pubblico (4% del PIL, fuori dai parametri di Maastricht) sia il debito. Prossimamente, prevede Lachman, le agenzie di rating declasseranno di nuovo il debito italiano: i BOT. Fino ad oggi, la BCE accetta i BOT italiani al tasso d’interesse (lieve) che ha imposto a tutta l’Europa. Così facendo, in pratica, sono i Paesi «forti» (Germania, Belgio, Olanda, Francia) ad accollarsi il costo-Italia, di fatto accollandosi la differenza tra il rendimento dei BOT attuale e quello che dovremmo offrire se fossimo fuori dall’euro. Questa cosa non può continuare, intima Lachman. Anche l’Argentina confidò che il Fondo Monetario avrebbe continuato a coprire le sue perdite per sempre: si sbagliò. «L’Italia commetterebbe un grave errore se rimandasse le dolorose riforme di mercato necessarie, confidando nell’indefinita indulgenza della BCE». Articolo notevole, per vari motivi. Il primo è che un americano dica, o piuttosto ordini, le future mosse della Banca Europea contro l’Italia. Il secondo: il messaggio dei neocon è rivolto a Prodi, che hanno deciso dovrà vincere le elezioni. Ma l’amico Claudio Celani, che lavora per l’Executive Intelligence Review, ci fa notare che il messaggio contiene qualcosa di peggio: delineerebbe il piano per sbattere fuori l’Italia dai benefici dell’euro. Espellendola di fatto dall’Unione Europea. Il primo a parlare del piano è stato Joachim Fels, economista della Morgan Stanley. In un’intervista alla Frankfurter Allgemeine Zeitung rilasciata l’8 agosto 2005: proprio il giorno in cui l’agenzia di rating Standard & Poor’s aveva decretato il passaggio dell’economia italiana da «stabile» a «negativa», preludio al declassamento del nostro debito pubblico. In altri tempi, questo fatto avrebbe costretto il Tesoro ad aumentare gli interessi dei nostri BOT, aggravando il nostro deficit; ma poiché siamo nell’euro, i nostri tassi sono quelli europei. Bassi. Per questo, Fels disse al giornale tedesco: «ritengo improbabile che l’Italia esca dal sistema monetario europeo di sua volontà. E’ più probabile che un giorno i Paesi che vogliono la stabilità [dell’euro] diranno: noi introduciamo una nuova moneta forte, che chiamiamo Neuro (sic). E così gli italiani, e gli altri che diluiscono la qualità e stabilità dell’euro, saranno lasciati fuori». Pochi giorni dopo (il 13 agosto) l’Economist, che è l’organo ufficioso della City di Londra, chiedeva le dimissioni di Fazio da Bankitalia: segnale d’inizio della lotta che è finita come sappiamo. Come disse allora Tremonti, era la preparazione allo stesso scenario «del Britannia». Ricordate? Nel 1992 il Britannia, il panfilo della regina d’Inghilterra, comparve al largo di Civitavecchia: era pieno di banchieri inglesi, che imbarcarono una quantità di banchieri ed esponenti di poteri forti italiani. C’era anche Mario Draghi, allora funzionario del Tesoro: che tacque di quell’incontro per ammettere solo due anni dopo, interrogato da una commissione parlamentare, che sul Britannia c’era anche lui. I banchieri inglesi erano venuti a «fare la spesa», ossia a comprarsi i gioielli dell’industria pubblica italiana; e per rendere economica la spesa, anche allora Standard & Poor’s declassò il debito italiano; nello stesso periodo, George Soros lanciò il suo famoso attacco contro la lira che portò alla svalutazione della nostra moneta. E in lire svalutate lorsignori comprarono i gioielli dell’IRI. Insomma: una strategia concertata. Ora si sta ripetendo lo stesso scenario, con Draghi a Bankitalia. Ci si chiederà: che cosa ci vogliono prendere ancora, i banchieri della City e del Bilderberg Club? Facile risposta, viste le teleguidate sventure di Fiorani e Consorte: vogliono mettere le mani sul risparmio delle famiglie italiane, valutato a 140 miliardi di euro, e gestito dalle banche italiane nel noto modo criminale, rifilandoci obbligazioni Parmalat e bond argentini. Ma può essere peggio, se a gestire il risparmio nostro sono quelli del Britannia. Vediamo la strategia. Bernard Connolly, il capo-economista della AIG (il più grosso gruppo assicurativo mondiale) ha scritto recentemente su The Wall Street Italia un articolo significativo: «l’Italia può uscire dall’euro?». E anche lui traccia un parallelo fra noi e l’Argentina. Dice Connolly: come l’Argentina agganciò la sua moneta al dollaro - moneta troppo forte per la sua fragile economia - così l’Italia si è voluta agganciare all’euro per darsi una disciplina di spesa. Ormai, la sola strada che resta agli italiani per mettere ordine nei conti pubblici è «tagliare i salari», e attuare una politica deflazionista dura. Sicchè l’Italia ha davanti la prospettiva di «un orribile martirio», come quello sofferto dagli argentini: dovrà andare in recessione, e lo Stato dovrà chiedere al popolo italiano - disoccupato o malpagato - «di sopportare l’insopportabile». Perché in realtà l’Italia dovrebbe svalutare del 20 %, e non può, poiché è nell’euro. Subito dopo Martin Wolf, direttore del Financial Times nonché membro del Bilderberg (la società segreta dei miliardari delle due sponde dell’Atlantico) rilanciava lo «scenario Argentina» per il nostro Paese. E diceva: se vuol restare nell’euro, l’Italia deve darsi «un governo tecnocratico con largo appoggio popolare» (sic) che tagli i salari all’osso: il programma che da quel momento viene adottato da Montezemolo. Ma Connolly diceva un’altra cosa: l’Italia deve uscire dall’euro, diciamo così, per il suo bene. Ci converrebbe infatti, salvo un piccolo particolare: i nostri debiti sono in euro, e con un ritorno alla lira svalutata, dovremmo continuare a pagare gli interessi in euro. Ci siamo indebitati in euro, si noti, senza necessità: perché i risparmiatori italiani hanno sempre acquistato i BOT italiani, ed hanno i mezzi per farlo. Invece Ciampi, sia come governatore di Bankitalia sia come ministro e premier, ha emesso una quantità enorme di BOT che ha venduto sui mercati europei. La metà dei titoli che galleggiano sul mercato degli eurobond è costituito dai nostri BOT in moneta forte. Ed è questo che ci rende fragili di fronte alle manovre. L’autunno scorso la Banca Centrale Europea ha intimato che non accetterà più buoni del Tesoro di Stati che non abbiano un rating superiore ad A-. L’intimazione apparentemente era mirata alla Grecia, che ha un rating A; anche ad essa si prospetta uno scenario argentino. Ma la Grecia non ha tanto debito all’estero come noi. Il vero bersaglio era l’Italia: proprio allora, guarda caso, la solita Standard & Poor’s ci aveva declassato i BOT ad AA- «negativo», peggio del Portogallo (AA- «stabile»). Che cosa vuol dire? Nel succo, vuol dire questo: che non ci permetteranno di abbandonare l’euro. Perché se l’Italia torna alla lira, può fare davvero come l’Argentina: ripudiare il suo debito in euro, dichiarare fallimento, e lasciare chi detiene i nostri eurobond con pacchi di carta straccia. Ma gli stranieri, che hanno i nostri eurobond, non ce lo lasceranno fare. Ecco il senso del progetto di Fels della Morgan Stanley: ci vogliono lasciare nell’euro, ma un euro «indebolito», con Grecia e Portogallo. Mentre Germania, Francia, Olanda e Lussemburgo, Belgio e forse Spagna, si daranno una nuova moneta forte, il new-euro o «neuro». Così, noi dovremo continuare a pagare gli interessi sul nostro debito in euro: il punto è che l’euro, benché «indebolito», continuerà ad essere emesso dalla Banca Centrale Europea. L’Italia non recupererà la propria sovranità monetaria, che comprende anche la sovrana decisione di… non pagare il debito. E' il progetto «neuro», ma non è da neurodeliri. Questa non è solo una minaccia, è un ordine. Vogliono cacciarci dal club dell’Europa forte, ma tenerci incatenati all’euro, per impedirci di tornare padroni della nostra moneta. Il Problema sarà di Prodi. Ma soprattutto nostro. Perché Prodi, il signor Goldman Sachs, eseguirà gli ordini ricevuti a nostre spese. Ci farà «sopportare l’insopportabile», risucchiando i risparmi, tassando case e tagliando salari. Poi, potrà dire che, grazie ai «sacrifici» (nostri), «ha tenuto l'Italia nell’euro» (debole). Maurizio Blondet -------------------------------------------------------------------------------- Note 1) Desmond Lachman, «Italy follows Argentina in the same road to ruin», Financial Times, 17 marzo 2006. 2) Lo fece per primo Edoardo III, re d’Inghilterra, ripudiando il debito contratto con gli avidi banchieri fiorentini. Confronta il mio «Schiavi delle banche», Effedieffe, pagine 70 e seguenti. Copyright © - EFFEDIEFFE - all rights reserved.
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20-03-2006, 11:00 | #30 |
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A me interessa solo una cosa: effettivamente in Iran sta per aprire una borsa petrolifera in Euro? Quando precisamente?
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese) "Sono un liberale di destra, come potrei votare uno come Berlusconi?" Marcello Dell'Utri, fondatore del partito Forza Italia, è stato condannato per mafia. |
20-03-2006, 11:06 | #31 |
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ecco perchè non voglio votare nessuno. I politici che abbiamo nn hanno attributi sufficenti per farci diventare forti.
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Utente gran figlio di Jobs ed in via di ubuntizzazione Lippi, perchè non hai convocato loro ? |
20-03-2006, 11:36 | #32 | |
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tutto questo è vero, ci impediscono perfino di unire le nostre banche, vedi capitalia e quel presidente messo li da qualche banchiere inglese, ma io la vedo in un' altra maniera se l' europa ci vuole fuori ci uniremo alla cina e alla russia e vedi che casini che combiniamo qui in europa, non hanno mai conosciuto il vero spirito italiano. |
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20-03-2006, 11:39 | #33 | |
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20-03-2006, 11:44 | #34 | |
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20-03-2006, 12:32 | #35 | |
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mi fai morire, da un 3d all'altro, battute su battute, vuoi vedermi crepare ?
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20-03-2006, 12:50 | #36 | |
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20-03-2006, 13:43 | #37 |
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Tanto per restare in tema.
"Il malato d'Europa non deve risultare «fatale» per gli altri paesi dell'Ue. " http://www.lastampa.it/redazione/cms...3324girata.asp << Allarme Financial Times: Italia malata e a rischio Nei prossimi anni si gioca tutto, in pericolo la stabilità. Per risanare inadeguati due poli. Servirebbe una grande coalizione. Occorre recuperare competitività ed evitare recessione 20/3/2006 ROMA. Lo scontro di sabato tra Silvio Berlusconi e i vertici di Confindustria è stato l'occasione per il prestigioso Financial Times per un focus e una serie di commenti sull'Italia. «Berlusconi fa arrabbiare la leadership dell'imprenditoria», è il titolo d'apertura del Financial, che dedica un'intera Financial Timespagina e due editoriali alla situazione e alle prospettive elettorali. Il quotidiano domani proseguirà a coprire la vicenda «considerata l'importanza di queste elezioni per l'Europa». Già perché secondo Ft l'Italia è il grande malato dell'Europa e il mix di stagnazione economica, indisciplina fiscale e perdita di competitività è divenuto una pesante minaccia per la stabilità politica del paese. Dalle prossime elezioni «i leader imprenditoriali sperano ardentemente che scaturisca stabilità e una forte leadership». Il malato d'Europa - recita l'editoriale di Martin Wolf, che riprende il soprannome più volte affibbiato dal quotidiano alla penisola - non deve risultare «fatale» per gli altri paesi dell'Ue. I problemi dell'Italia potrebbero essere risolti solo da una grande coalizione, titola un altro editoriale, firmato dal Wolfgang Munchau, secondo cui è necessario stabilire degli obiettivi specifici per rilanciare la produttività e modificare i meccanismi di determinazione dei salari. Se il trend degli ultimi sette anni dovesse continuare per i prossimi sette le conseguenze per «l'industria italiana e la solvibilità dello Stato sarebbero vicino alla catastrofe», scrive Munchau evocando la scritta all'ingresso dell'Inferno dantesco: lasciate ogni speranza voi che entrate. Silvio Berlusconi e il Romano Prodi hanno combattuto una campagna divertente, una replica virtuale della battaglia elettorale di dieci anni fa, ma allora i due non avevano una strategia economica coerente, l'hanno ancora meno adesso«. La diagnosi quindi non lascia molte speranze, la cura è chiara: l'Italia deve ritrovare competitività senza cadere »in una prolungata e profonda recessione« che ne peggiorerebbe i conti pubblici. Il quotidiano della City, ammette che è prematuro disperarsi e riprende le parole del governatore di Bankitalia, Mario Draghi: »i ritardi strutturali dell'economia italiana non sono i segnali di un inevitabile declino«.>>
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L'amore non ha mai detto di essere eterno. (Osho) |
20-03-2006, 15:28 | #38 | |
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possono dire quello che vogliono, ma pure la loro economia è una bella schifezza certo non hanno il nostro debito pubblico ma le loro multinazionali non contano più come una volta, i soldi che investono in ricerca sono minimi le loro industrie stanno precipitando di giorno in giorno e cosa principale non contano più come una volta nel mondo |
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20-03-2006, 15:49 | #39 | |
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C'è da dire che non hanno neanche tutti torti, comunque. Siamo il ramo più secco d'Europa e di questi tempi il tagliarlo oppure no può fare la differenza. Siamo stati amministrati male e trovo giusto che l'italiano medio raccolga quello che ha seminato con il voto del 2001.
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20-03-2006, 16:32 | #40 | |
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Magari per il 2008-2009 (se adeguatamente preparati). ;
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