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Old 16-02-2005, 22:39   #21
jumpermax
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anche il governo iraniano è stato "legittimamente" eletto dal popolo attraverso elezioni tenutesi ben prima di quelle irakene e di quelle afghane




una battuta?
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Old 16-02-2005, 22:40   #22
yossarian
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Originariamente inviato da jumpermax
una battuta?

una constatazione; se le elezioni sono sintomo di democrazia, cosa che non credo nel modo più assoluto, allora l'Iran è democratico e l'affluenza alle urne è stata superiore a quella irakena.
yossarian è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 16-02-2005, 23:58   #23
Bet
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L'Avatar di Bet
 
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Messaggi: 433
Non si tratta di un articolo, come dice Cerbert, ma come avevo riportato "l’articolo qui pubblicato è tratto dall’introduzione che Stelzer ha scritto per l’antologia da lui curata, The Neocon Reader"
E' una introduzione di volume scritto di recente.
http://www.amazon.com/gp/reader/0802...3D#reader-link
http://www.internetbookshop.it/ame/s...p?e=0802141935
Prima di etichettarlo definitivamente come confutazione di "baggianate" bisognerebbe saperne di più.



Come introduzione mi è sembrato invece sufficiente per confutare molte baggianate lette sicuramente qui sul forum dove senza dubbio ne è uscita un'immagine monolitica di estremisti. Non è un movimento coeso e radicale o cabala di estremisti, presentando invece un gruppo eclettico di intellettuali e politici, uniti da questioni fondamentali ma che possono altresì dividersi su altre.
Per indagini più approfondite credo vi siano sedi più opportune di una sezione OT di un forum di hardware


Mi è sembrato interessante perchè mi pare abbia un approccio tutto sommato paragonabile a quello di uno studio storico-sociale (nei limiti di quello che si puo' capire da una introduzione). Puo' darsi che l'autore sia un simpatizzante, ma l'approccio mi pare abbastnza descrittivo e avalutativo; al contrario di quello che invece capita di leggere spesso a proposito di molti fenomeni nei confronti dei quali ci si imbarca direttamente in atteggiamenti valutativi... sostanzialmente in discorsi etici a prescindere da ogni altro fattore storico, culturare e di contestualizzazione.

Questo è il motivo per cui l'ho ritenuto interessante. E' il motivo per cui l'ho letto molto volentieri da cima a fondo: questo non significa che cio' che è descritto mi appartenga, anzi... molti aspetti non li condivido neppure.... ma questo è secondario, preferisco sempre, prima, sentire una descrizione.


Aggiunto dei pezzi che mi sono sembrati interessanti, per sottolinearli, e per sottolineare che di queste annotazioni non si è quasi mai tenuto conto nelle discussioni, anche perchè come al solito, molte letture "valutative" delle realtà americana vengono fatte a partire da una cultura di eredità idealistica (poi trasformata in ideologica) europea che ha come presupposto l'intenzione di spiegare cio' che è diverso (in questo caso, la cultura diversa) dentro e a partire da proprie categorie culturali. Ovviamente il presupposto ha come risultato quello di non riuscire a comprendere e spiegare.
è bene ricordare che le loro idee hanno profonde radici nella storia degli Usa e della Gran Bretagna, oltre che nelle linee di condotta perorate da presidenti americani quali John Quincy Adams e Theodore Roosevelt, nonché dai primi ministri britannici Margaret Thatcher e Tony Blair


Come fa notare il politologo David Brooks, «se avete mai letto una frase che inizia con "i neocon ritengono", c’è una possibilità pari al 99,44 percento che ogni altra affermazione che segue sia totalmente infondata». Non esiste infatti qualcosa di definibile come «movimento » neoconservatore, quantomeno non nel senso di «organismo composto da persone con un obiettivo comune» che il dizionario attribuisca a questo termine. Esiste però quello che Irving Kristol, «padrino» riconosciuto del neoconservatorismo, definisce come «il convincimento neoconservatore»...«una sensibilità neoconservatrice ben distinta »... consapevolezza delle differenze non trascurabili che dividono alcuni dei suoi principali esponenti su certi argomenti cruciali.



Tutto ciò suggerisce che l’etichetta di «conventicola », appiccicata al neoconservatorismo da alcuni dei suoi critici più militanti, sia decisamente infondata

Popolare in Europa e nei media liberal degli Stati Uniti, quest’idea viene ventilata più o meno nel modo seguente: un piccolo gruppo di intellettuali, fra cui numerosi membri della futura amministrazione Bush, hanno segretamente cospirato per anni allo scopo di sostituire la tradizionale politica estera multilateralista dell’America, pesantemente condizionata dal consenso delle Nazioni Unite, con un approccio agli affari internazionali ben più unilaterale, espansionista e muscolare.



Si dice che il centro di questa supposta società segreta sia il Project for the New American Century (PNAC),
Tuttavia, suggerire che faccia parte di una qualche iniziativa segreta per rovesciare la tradizionale politica estera americana è semplicemente falso. In democrazia, la linea di politica estera di un governo si fonda su proposte politiche di valore e convincenti.
La riflessione ha prodotto dibattiti interni, pubblicazioni di grande valore e prolusioni destinate ai raduni dei più importanti opinion-maker del Paese
Il mito di una società segreta non è il solo inventato dalla critica avversa ai neocon




La dottrina della prevenzione, l’esigenza di sbarazzarsi dei cosiddetti «stati-canaglia» e altri ingredienti del neoconservatorismo hanno in effetti radici profonde nella storia americana e, come puntualizza Michael Gove nel suo saggio, sono state fatte proprie dai leader britannici (Canning, Palmerston, Churchill e Thatcher) ben prima della loro adozione da parte di George W. Bush (che ha a malapena accennato alla sua possibile politica estera durante la sua prima campagna elettorale). Le radici della politica estera di Bush, e in particolare la sua enfasi sulla prevenzione, possono persino essere fatte risalire al Secondo trattato di John Locke (1689), nel quale il filosofo sosteneva che il popolo, per difendersi, deve agire prima che «sia troppo tardi e il male sia divenuto incurabile»





John Lewis Gaddis, della Yale University, ritiene che la politica estera del presidente Bush rappresenti una deviazione disastrosa rispetto alla politica multilateralista seguita sin dai tempi di Franklin D. Roosevelt. Cionondimeno Gaddis ha precisato che molte delle dottrine su cui si basa l’attuale politica del presidente possono vantare antecedenti storici in America. Nei primi anni del XX secolo, Theodore Roosevelt ideò e propugnò infatti una politica che differisce ben poco da quella attuale di George W. Bush, con l’eccezione che la massima attenzione di Roosevelt si appuntava sull’emisfero occidentale: «Una delinquenza cronica, o un’impotenza che dia luogo a un generale allentamento dei vincoli della società civilizzata, potrebbero... in ultima analisi richiedere l’intervento di qualche nazione civilizzata, e nell’emisfero occidentale... potrebbero costringere gli Stati Uniti, per quanto riluttanti... a esercitare un ruolo di polizia internazionale»



Wilson dichiarò al mondo che l’America aveva occupato Cuba: «Non per annetterla ma per offrire a quella inerme colonia l’opportunità di essere libera», una dichiarazione simile a quella pronunciata da George W. Bush
Come gli attuali neocon, Wilson cercava di cambiare il mondo, o parti di esso, in base all’immagine democratica dell’America
con una grossa differenza. Wilson credeva che i suoi obiettivi potessero essere ottenuti affidandosi al potere persuasivo delle istituzioni multinazionali quali la Lega delle Nazioni. I neocon non sono d’accordo. Essi ritengono che sia possibile diffondere la democrazia esautorando i regimi dittatoriali che minacciano la sicurezza americana e l’ordine mondiale usando la forza militare se ogni altra iniziativa si dimostrasse inefficace. Secondo i neocon, la caduta del regime va seguita da una fase di riedificazione della nazione. I neocon preferiscono affidarsi a varie «coalizioni di volonterosi»




I neocon sono comunque sufficientemente fiduciosi della solida base intellettuale della loro posizione circa l’universalità del desiderio della democrazia da essere disposti persino ad affrontare uno scontro di ideologie. Quindi più truppe, ma anche più seminari.


Non credo di aver letto di giudizi valutativi in questi interventi. Si è solamente proceduto ad una analisi un po' più dettagliata da quella che spesso si propone. Quindi non mi pare che ci fosse la volontà di confutare o sostenere particolari idee politiche, anche perchè sostanzialmente l'unica possibilità di confutazione o dimostrazione della validità di idee politiche si ha nella prassi. Una prassi che peraltro puo' essere valutata spesso solo a distanza di parecchi anni.
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Chi cerca conferme le trova sempre. (Popper)
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Old 17-02-2005, 01:16   #24
Zebiwe
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Originariamente inviato da yossarian
una constatazione; se le elezioni sono sintomo di democrazia, cosa che non credo nel modo più assoluto, allora l'Iran è democratico e l'affluenza alle urne è stata superiore a quella irakena.
La democrazia si concretizza nel perseguimento della volontà della maggioranza nel rispetto dei diritti delle minoranze.

Dimmi che questo avviene in Iran...


Byez
Zebiwe è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-02-2005, 02:35   #25
yossarian
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Originariamente inviato da Zebiwe
La democrazia si concretizza nel perseguimento della volontà della maggioranza nel rispetto dei diritti delle minoranze.

Dimmi che questo avviene in Iran...


Byez

questo non avviene neppure nelle cosiddette democrazie occidentali, dove si perseguono i diritti delle minoranze (al potere)


Byez

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