|
|
|
![]() |
|
Strumenti |
![]() |
#1 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
|
Bagnasco: "In Italia l’oscurantismo laicista supera la tolleranza"
Roma - "In Italia si fa strada un atto di oscurantismo laicista". È grande l’amarezza che traspare dalle parole dell’arcivescovo di Genova, il cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana. Il porporato, da meno di un anno alla guida dell’episcopato italiano, è uomo pacato, che anche di fronte alle minacce personali ricevute ha sempre inviato segnali di pacificazione. Bagnasco, in questa intervista al Giornale, racconta la sua reazione alla cancellazione della visita di Benedetto XVI alla Sapienza, definisce di "buon senso" questa scelta, assicurando che la Chiesa non rinuncerà al dialogo e al confronto con il mondo scientifico. E afferma che il Paese ha bisogno di una "più grande serenità culturale".
Eminenza, innanzitutto qual è il suo stato d’animo per la rinuncia di Benedetto XVI alla visita alla Sapienza? "Il primo sentimento è di grandissima amarezza per il fatto che l’università si sia privata di una voce autorevolissima e perché la violenza e la chiusura culturale di pochi ha prevaricato il desiderio e la volontà dei più, che all’interno della Sapienza volevano ascoltare le parole del Santo padre, come uomo di cultura riconosciuto in tutto il mondo. Il secondo sentimento è di tristezza per l’immagine che emerge del nostro Paese: anziché il tradizionale equilibrio e la tolleranza dialogica che caratterizza la nostra storia, si fa strada un atto di oscurantismo laicista". Perché il Papa ha preso questa decisione? "Perché ha buon senso". La cancellazione della visita sta forse a significare che la Chiesa rinuncia al dialogo con il mondo della scienza? "Nel modo più assoluto la Chiesa non rinuncia al dialogo con la scienza perché fa parte del Dna della fede cristiana la stima e il rapporto dialogico con la ragione e quindi con la scienza. La fede, infatti, si rivolge a tutto l’uomo senza escludere nessuna delle sue dimensioni, né intellettiva né affettiva, ma al contrario valorizzando ogni espressione dell’umano. D’altronde la storia ci attesta la continua promozione di cultura e di civiltà che scaturisce dal Vangelo". Eminenza, lunedì scorso il Giornale ha pubblicato un ampio stralcio della conferenza che l’allora cardinale Ratzinger fece nel 1990, dal quale si evince bene che non aveva fatto sue le posizioni di Feyerabend, ma, al contrario, difendeva la ragione. Com’è possibile un simile fraintendimento? "Quando non si è liberi da pregiudizi verso determinate persone o verso determinate posizioni religiose o culturali, ogni fraintendimento non solo è possibile, ma quasi inevitabile. Per accostarsi al pensiero di chi non la pensa come noi è necessaria una vera serenità di giudizio senza la quale non vi è né confronto né dialogo e quindi si diventa intolleranti". Teme che questo triste episodio abbia ripercussioni sul clima politico e sociale del nostro Paese, già attraversato da non poche tensioni? "Il Paese ha bisogno di una più grande serenità culturale per creare vere e sistematiche sinergie a tutti i livelli per il bene reale della gente. La Chiesa, sempre vicina alla gente, da parte sua, non cesserà mai di portare il suo leale contributo per la crescita reale del Paese e per il bene integrale di ogni persona, delle famiglie e della società intera". |
![]() |
![]() |
![]() |
#2 |
Bannato
Iscritto dal: Sep 2001
Messaggi: 3918
|
Se la chiesa non si fosse tanto impegnata, ultimamente, a muovere le sue marionette in parlamento per assoggettare tutti i cittadini, credenti o no, alle sue "verità" , probabilmente non ci sarebbe stata questa reazione da parte degli studenti.
Totale ribaltamento della realtà, come sempre, con l'avvallo dei politci e media conniventi per piaggeria. |
![]() |
![]() |
![]() |
#3 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
|
«L’insulto a Ratzinger? È la rivincita della sinistra»
«Cosa mi aspetto adesso? Che il concretarsi della spinta antireligiosa della sinistra divenga un boomerang: che domenica, all’Angelus in San Pietro, ci sia una folla sterminata... tutti dovremmo andarci. Sarebbe la migliore risposta al divieto di parola imposto al Papa». Marcello Pera, già presidente del Senato, ha digerito poco e male la forzata rinuncia di Benedetto XVI a presenziare oggi all’apertura dell’anno accademico alla Sapienza impostagli «da cattivi maestri di scuola, certo non docenti universitari» e dal «silenzio» imbarazzato del governo. Ma nel suo studio di palazzo Giustiniani s’interroga - una volta di più - anche su quello che un «dignitoso» centrodestra dovrebbe mettere in campo ora che, cadute le ultime foglie di fico, si è aperta formalmente la guerra tra laicisti e difensori delle radici cristiane. «Lo dico da tempo: il discrimine tra sinistra e destra, dopo la morte dell’ideologia comunista, è ormai divenuto il laicismo. Pazienza che mi abbiano deriso... ma ora la prova è sul tavolo: il manifesto della sinistra italiana è ormai l’antireligiosità. E Benedetto XVI diviene di fatto il catalizzatore della protesta...». Presidente Pera: intanto mi dica cosa ha visto nella vicenda della Sapienza. «Un oltraggio al pontefice, un grosso incidente diplomatico cui l’Italia non era mai incorsa in precedenza e una resa dello Stato alla violenza dei laicisti che non immaginavo e un colpo mortale all’immagine dell’università italiana. Certo: adesso fioriscono miserie umane e forme di squallore nel tentativo di minimizzare, smussare, precisare, distinguere, ma ci sono state grosse responsabilità. Sarebbe bastata una presa di posizione di Prodi, o di Amato, o di Mussi ai firmatari del manifesto anti-papale sul diritto del pontefice a dir la sua che tutto sarebbe cambiato. E invece, quei 67 hanno proprio contato su quel silenzio per cercare di sfondare le porte. E lo hanno fatto». Si è fatto una ragione di quel silenzio? Perché Prodi e compagni hanno evitato di dir qualcosa salvo poi intervenire, quando la frittata era ormai fatta...? «Credo si sia tentata una... rivincita. Sì, una rivincita rispetto alle ritirate che si erano dovute compiere su Pacs e Dico, sulla fecondazione, sulle critiche del Vaticano al degrado di Roma. Un sospetto il mio? Una certezza. Dico di più: qualcuno forse ha voluto far vedere all’Europa intera come in Italia siamo molto meglio di altri, riuscendo a far tacere persino il Papa! Siamo più avanti di Zapatero...». Crede che all’Europa importi molto? «L’ideologia di sinistra sostitutiva del comunismo ha oggi due architravi: l’europeismo e il laicismo. È su questi due elementi che si sono ancorati i tanti che hanno creduto per anni e anni nell’ideologia marxista e che cercano sostituti in grado di mantenere viva la loro fede. Nemmeno si preoccupano che si tratti di scelte paradossali: Togliatti non era laicista e dell’Europa dei De Gasperi, degli Schuman, degli Adenauer proprio i comunisti erano i più fieri avversari». Parla dell’Europa odierna che rifiuta le radici cristiane? «Sì, parlo dell’Europa che rinnega se stessa, che si arrende al fondamentalismo islamico, che censura Buttiglione perché distingue la morale dal diritto, che non difende il Papa dopo Ratisbona, che considera “conquiste” e “diritti” ogni offesa alla tradizione cristiana, che non ha più la forza neppure di dire “Buon Natale”. Gli ex comunisti sono europeisti perché amano questa Europa. E sono laicisti perché vogliono distruggere le tradizione europea. Il vero maestro di laicità è Benedetto XVI. Lui ha una sensibilità politica molto più profonda di tanti leader europei. È talmente laico da aver proposto una sfida: che cosa significa laicità? Quali valori rappresenta? Hanno saputo così poco dare risposte che gli hanno impedito di fare le domande. Si legga quello che avrebbe detto: è fantastico, un capolavoro di dottrina e di cultura!». Certo i 67 firmatari si sono assunti di fatto una grave responsabilità. O no? «Guardi che quella, fatto salvo Maiani che per lo meno è davvero un fisico anche se si è comportato in modo interessato cercando poi di nascondere la sua firma, è gente che non ha nulla da dire... Vecchie conoscenze sessantottine che già una volta hanno contribuito a distruggere l’università e colpito la grande facoltà di fisica di Roma. Speravo almeno in uno scatto d’orgoglio del rettore Guarini. Prima invita il Papa, poi cambia il protocollo e degrada la lectio magistralis, a mero intervento, come se il Papa fosse un passante invitato lì a fare un dibbattito e alla fine si acconcia agli eventi. Perché non dimettersi?». Lo strappo si rimedia? «Vedo che le diplomazie della Repubblica e la segreteria di stato sono già al lavoro, ma quello che è successo è una catastrofe molteplice: internazionale, politica, istituzionale e culturale che non si rimedia. Solo la gente può farlo, a partire da domenica all’Angelus, con la sua vicinanza al Papa e alla Chiesa». Non potrebbe pensarci il centrodestra? «Dovrebbe trovare una strategia per combattere l’anti-cristianesimo e sviluppare un dibattito serio. Cosa ci differenzia dal centrosinistra? Un punto di tasse in più o in meno? Le infrastrutture? La separazione delle carriere dei magistrati? Servono leader capaci di introdurre novità sostanziali e visioni strategiche, invece la politica del centrodestra pare interessarsi poco di questi temi. Li orecchia soltanto, oppure semplicemente si accoda, col rischio che al laicismo degli uni si contrapponga il clericalismo degli altri. Questo vuoto oggi lo ricoprono menti illuminate come quelle di Benedetto XVI oppure giornali come Il Foglio. La gente lo capisce e per questo sono convinto che domenica a S. Pietro ci saranno in tanti». |
![]() |
![]() |
![]() |
#4 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
|
E questo è il discorso del Santissimo Padre che i "democratici" e altamente minoritari professori ex-sessantottini e i facenti parti dei collettivi di sinistra, poche nullità di studenti, hanno censurato, hanno impedito in modo vergognoso di svolgere tra l'altro falsificando completamente un discorso del Papa tenuto nel 1990:
IL DISCORSO DEL PAPA Magnifico Rettore, Autorità politiche e civili, Illustri docenti e personale tecnico amministrativo, cari giovani studenti! È per me motivo di profonda gioia incontrare la comunità della "Sapienza - Università di Roma" in occasione della inaugurazione dell’anno accademico. Da secoli ormai questa Università segna il cammino e la vita della città di Roma, facendo fruttare le migliori energie intellettuali in ogni campo del sapere. Sia nel tempo in cui, dopo la fondazione voluta dal Papa Bonifacio VIII, l’istituzione era alle dirette dipendenze dell’Autorità ecclesiastica, sia successivamente quando lo Studium Urbis si è sviluppato come istituzione dello Stato italiano, la vostra comunità accademica ha conservato un grande livello scientifico e culturale, che la colloca tra le più prestigiose università del mondo. Da sempre la Chiesa di Roma guarda con simpatia e ammirazione a questo centro universitario, riconoscendone l’impegno, talvolta arduo e faticoso, della ricerca e della formazione delle nuove generazioni. Non sono mancati in questi ultimi anni momenti significativi di collaborazione e di dialogo. Vorrei ricordare, in particolare, l’Incontro mondiale dei Rettori in occasione del Giubileo delle Università, che ha visto la vostra comunità farsi carico non solo dell’accoglienza e dell’organizzazione, ma soprattutto della profetica e complessa proposta della elaborazione di un "nuovo umanesimo per il terzo millennio". Mi è caro, in questa circostanza, esprimere la mia gratitudine per l’invito che mi è stato rivolto a venire nella vostra università per tenervi una lezione. In questa prospettiva mi sono posto innanzitutto la domanda: Che cosa può e deve dire un Papa in un’occasione come questa? Nella mia lezione a Ratisbona ho parlato, sì, da Papa, ma soprattutto ho parlato nella veste del già professore di quella mia università, cercando di collegare ricordi ed attualità. Nell’università "Sapienza", l’antica università di Roma, però, sono invitato proprio come Vescovo di Roma, e perciò debbo parlare come tale. Certo, la "Sapienza" era un tempo l’università del Papa, ma oggi è un’università laica con quell’autonomia che, in base al suo stesso concetto fondativo, ha fatto sempre parte della natura di università, la quale deve essere legata esclusivamente all’autorità della verità. Nella sua libertà da autorità politiche ed ecclesiastiche l’università trova la sua funzione particolare, proprio anche per la società moderna, che ha bisogno di un’istituzione del genere. Ritorno alla mia domanda di partenza: Che cosa può e deve dire il Papa nell’incontro con l’università della sua città? Riflettendo su questo interrogativo, mi è sembrato che esso ne includesse due altri, la cui chiarificazione dovrebbe condurre da sé alla risposta. Bisogna, infatti, chiedersi: Qual è la natura e la missione del Papato? E ancora: Qual è la natura e la missione dell’università? Non vorrei in questa sede trattenere Voi e me in lunghe disquisizioni sulla natura del Papato. Basti un breve accenno. Il Papa è anzitutto Vescovo di Roma e come tale, in virtù della successione all’Apostolo Pietro, ha una responsabilità episcopale nei riguardi dell’intera Chiesa cattolica. La parola "vescovo"–episkopos, che nel suo significato immediato rimanda a "sorvegliante", già nel Nuovo Testamento è stata fusa insieme con il concetto biblico di Pastore: egli è colui che, da un punto di osservazione sopraelevato, guarda all’insieme, prendendosi cura del giusto cammino e della coesione dell’insieme. In questo senso, tale designazione del compito orienta lo sguardo anzitutto verso l’interno della comunità credente. Il Vescovo – il Pastore – è l’uomo che si prende cura di questa comunità; colui che la conserva unita mantenendola sulla via verso Dio, indicata secondo la fede cristiana da Gesù – e non soltanto indicata: Egli stesso è per noi la via. Ma questa comunità della quale il Vescovo si prende cura – grande o piccola che sia – vive nel mondo; le sue condizioni, il suo cammino, il suo esempio e la sua parola influiscono inevitabilmente su tutto il resto della comunità umana nel suo insieme. Quanto più grande essa è, tanto più le sue buone condizioni o il suo eventuale degrado si ripercuoteranno sull’insieme dell’umanità. Vediamo oggi con molta chiarezza, come le condizioni delle religioni e come la situazione della Chiesa – le sue crisi e i suoi rinnovamenti – agiscano sull’insieme dell’umanità. Così il Papa, proprio come Pastore della sua comunità, è diventato sempre di più anche una voce della ragione etica dell’umanità. Qui, però, emerge subito l’obiezione, secondo cui il Papa, di fatto, non parlerebbe veramente in base alla ragione etica, ma trarrebbe i suoi giudizi dalla fede e per questo non potrebbe pretendere una loro validità per quanti non condividono questa fede. Dovremo ancora ritornare su questo argomento, perché si pone qui la questione assolutamente fondamentale: Che cosa è la ragione? Come può un’affermazione – soprattutto una norma morale – dimostrarsi "ragionevole"? A questo punto vorrei per il momento solo brevemente rilevare che John Rawls, pur negando a dottrine religiose comprensive il carattere della ragione "pubblica", vede tuttavia nella loro ragione "non pubblica" almeno una ragione che non potrebbe, nel nome di una razionalità secolaristicamente indurita, essere semplicemente disconosciuta a coloro che la sostengono. Egli vede un criterio di questa ragionevolezza fra l’altro nel fatto che simili dottrine derivano da una tradizione responsabile e motivata, in cui nel corso di lunghi tempi sono state sviluppate argomentazioni sufficientemente buone a sostegno della relativa dottrina. In questa affermazione mi sembra importante il riconoscimento che l’esperienza e la dimostrazione nel corso di generazioni, il fondo storico dell’umana sapienza, sono anche un segno della sua ragionevolezza e del suo perdurante significato. Di fronte ad una ragione a-storica che cerca di autocostruirsi soltanto in una razionalità a-storica, la sapienza dell’umanità come tale – la sapienza delle grandi tradizioni religiose – è da valorizzare come realtà che non si può impunemente gettare nel cestino della storia delle idee. Ritorniamo alla domanda di partenza. Il Papa parla come rappresentante di una comunità credente, nella quale durante i secoli della sua esistenza è maturata una determinata sapienza della vita; parla come rappresentante di una comunità che custodisce in sé un tesoro di conoscenza e di esperienza etiche, che risulta importante per l’intera umanità: in questo senso parla come rappresentante di una ragione etica. Ma ora ci si deve chiedere: E che cosa è l’università? Qual è il suo compito? È una domanda gigantesca alla quale, ancora una volta, posso cercare di rispondere soltanto in stile quasi telegrafico con qualche osservazione. Penso si possa dire che la vera, intima origine dell’università stia nella brama di conoscenza che è propria dell’uomo. Egli vuol sapere che cosa sia tutto ciò che lo circonda. Vuole verità. In questo senso si può vedere l’interrogarsi di Socrate come l’impulso dal quale è nata l’università occidentale. Penso ad esempio – per menzionare soltanto un testo – alla disputa con Eutifrone, che di fronte a Socrate difende la religione mitica e la sua devozione. A ciò Socrate contrappone la domanda: "Tu credi che fra gli dei esistano realmente una guerra vicendevole e terribili inimicizie e combattimenti … Dobbiamo, Eutifrone, effettivamente dire che tutto ciò è vero?" (6 b – c). In questa domanda apparentemente poco devota – che, però, in Socrate derivava da una religiosità più profonda e più pura, dalla ricerca del Dio veramente divino – i cristiani dei primi secoli hanno riconosciuto se stessi e il loro cammino. Hanno accolto la loro fede non in modo positivista, o come la via d’uscita da desideri non appagati; l’hanno compresa come il dissolvimento della nebbia della religione mitologica per far posto alla scoperta di quel Dio che è Ragione creatrice e al contempo Ragione-Amore. Per questo, l’interrogarsi della ragione sul Dio più grande come anche sulla vera natura e sul vero senso dell’essere umano era per loro non una forma problematica di mancanza di religiosità, ma faceva parte dell’essenza del loro modo di essere religiosi. Non avevano bisogno, quindi, di sciogliere o accantonare l’interrogarsi socratico, ma potevano, anzi, dovevano accoglierlo e riconoscere come parte della propria identità la ricerca faticosa della ragione per raggiungere la conoscenza della verità intera. Poteva, anzi doveva così, nell’ambito della fede cristiana, nel mondo cristiano, nascere l’università. È necessario fare un ulteriore passo. L’uomo vuole conoscere – vuole verità. Verità è innanzitutto una cosa del vedere, del comprendere, della theoría, come la chiama la tradizione greca. Ma la verità non è mai soltanto teorica. Agostino, nel porre una correlazione tra le Beatitudini del Discorso della Montagna e i doni dello Spirito menzionati in Isaia 11, ha affermato una reciprocità tra "scientia" e "tristitia": il semplice sapere, dice, rende tristi. E di fatto – chi vede e apprende soltanto tutto ciò che avviene nel mondo, finisce per diventare triste. Ma verità significa di più che sapere: la conoscenza della verità ha come scopo la conoscenza del bene. Questo è anche il senso dell’interrogarsi socratico: Qual è quel bene che ci rende veri? La verità ci rende buoni, e la bontà è vera: è questo l’ottimismo che vive nella fede cristiana, perché ad essa è stata concessa la visione del Logos, della Ragione creatrice che, nell’incarnazione di Dio, si è rivelata insieme come il Bene, come la Bontà stessa. Nella teologia medievale c’è stata una disputa approfondita sul rapporto tra teoria e prassi, sulla giusta relazione tra conoscere ed agire – una disputa che qui non dobbiamo sviluppare. Di fatto l’università medievale con le sue quattro Facoltà presenta questa correlazione. Cominciamo con la Facoltà che, secondo la comprensione di allora, era la quarta, quella di medicina. Anche se era considerata più come "arte" che non come scienza, tuttavia, il suo inserimento nel cosmo dell’universitas significava chiaramente che era collocata nell’ambito della razionalità, che l’arte del guarire stava sotto la guida della ragione e veniva sottratta all’ambito della magia. Guarire è un compito che richiede sempre più della semplice ragione, ma proprio per questo ha bisogno della connessione tra sapere e potere, ha bisogno di appartenere alla sfera della ratio. Inevitabilmente appare la questione della relazione tra prassi e teoria, tra conoscenza ed agire nella Facoltà di giurisprudenza. Si tratta del dare giusta forma alla libertà umana che è sempre libertà nella comunione reciproca: il diritto è il presupposto della libertà, non il suo antagonista. Ma qui emerge subito la domanda: Come s’individuano i criteri di giustizia che rendono possibile una libertà vissuta insieme e servono all’essere buono dell’uomo? A questo punto s’impone un salto nel presente: è la questione del come possa essere trovata una normativa giuridica che costituisca un ordinamento della libertà, della dignità umana e dei diritti dell’uomo. È la questione che ci occupa oggi nei processi democratici di formazione dell’opinione e che al contempo ci angustia come questione per il futuro dell’umanità. Jürgen Habermas esprime, a mio parere, un vasto consenso del pensiero attuale, quando dice che la legittimità di una carta costituzionale, quale presupposto della legalità, deriverebbe da due fonti: dalla partecipazione politica egualitaria di tutti i cittadini e dalla forma ragionevole in cui i contrasti politici vengono risolti. Riguardo a questa "forma ragionevole" egli annota che essa non può essere solo una lotta per maggioranze aritmetiche, ma che deve caratterizzarsi come un "processo di argomentazione sensibile alla verità" (wahrheitssensibles Argumentationsverfahren). È detto bene, ma è cosa molto difficile da trasformare in una prassi politica. I rappresentanti di quel pubblico "processo di argomentazione" sono – lo sappiamo – prevalentemente i partiti come responsabili della formazione della volontà politica. Di fatto, essi avranno immancabilmente di mira soprattutto il conseguimento di maggioranze e con ciò baderanno quasi inevitabilmente ad interessi che promettono di soddisfare; tali interessi però sono spesso particolari e non servono veramente all’insieme. La sensibilità per la verità sempre di nuovo viene sopraffatta dalla sensibilità per gli interessi. Io trovo significativo il fatto che Habermas parli della sensibilità per la verità come di elemento necessario nel processo di argomentazione politica, reinserendo così il concetto di verità nel dibattito filosofico ed in quello politico. Ma allora diventa inevitabile la domanda di Pilato: Che cos’è la verità? E come la si riconosce? Se per questo si rimanda alla "ragione pubblica", come fa Rawls, segue necessariamente ancora la domanda: Che cosa è ragionevole? Come una ragione si dimostra ragione vera? In ogni caso, si rende in base a ciò evidente che, nella ricerca del diritto della libertà, della verità della giusta convivenza devono essere ascoltate istanze diverse rispetto a partiti e gruppi d’interesse, senza con ciò voler minimamente contestare la loro importanza. Torniamo così alla struttura dell’università medievale. Accanto a quella di giurisprudenza c’erano le Facoltà di filosofia e di teologia, a cui era affidata la ricerca sull’essere uomo nella sua totalità e con ciò il compito di tener desta la sensibilità per la verità. Si potrebbe dire addirittura che questo è il senso permanente e vero di ambedue le Facoltà: essere custodi della sensibilità per la verità, non permettere che l’uomo sia distolto dalla ricerca della verità. Ma come possono esse corrispondere a questo compito? Questa è una domanda per la quale bisogna sempre di nuovo affaticarsi e che non è mai posta e risolta definitivamente. Così, a questo punto, neppure io posso offrire propriamente una risposta, ma piuttosto un invito a restare in cammino con questa domanda – in cammino con i grandi che lungo tutta la storia hanno lottato e cercato, con le loro risposte e con la loro inquietudine per la verità, che rimanda continuamente al di là di ogni singola risposta. Teologia e filosofia formano in ciò una peculiare coppia di gemelli, nella quale nessuna delle due può essere distaccata totalmente dall’altra e, tuttavia, ciascuna deve conservare il proprio compito e la propria identità. È merito storico di san Tommaso d’Aquino – di fronte alla differente risposta dei Padri a causa del loro contesto storico – di aver messo in luce l’autonomia della filosofia e con essa il diritto e la responsabilità propri della ragione che s’interroga in base alle sue forze. Differenziandosi dalle filosofie neoplatoniche, in cui religione e filosofia erano inseparabilmente intrecciate, i Padri avevano presentato la fede cristiana come la vera filosofia, sottolineando anche che questa fede corrisponde alle esigenze della ragione in ricerca della verità; che la fede è il "sì" alla verità, rispetto alle religioni mitiche diventate semplice consuetudine. Ma poi, al momento della nascita dell’università, in Occidente non esistevano più quelle religioni, ma solo il cristianesimo, e così bisognava sottolineare in modo nuovo la responsabilità propria della ragione, che non viene assorbita dalla fede. Tommaso si trovò ad agire in un momento privilegiato: per la prima volta gli scritti filosofici di Aristotele erano accessibili nella loro integralità; erano presenti le filosofie ebraiche ed arabe, come specifiche appropriazioni e prosecuzioni della filosofia greca. Così il cristianesimo, in un nuovo dialogo con la ragione degli altri, che veniva incontrando, dovette lottare per la propria ragionevolezza. La Facoltà di filosofia che, come cosiddetta "Facoltà degli artisti", fino a quel momento era stata solo propedeutica alla teologia, divenne ora una Facoltà vera e propria, un partner autonomo della teologia e della fede in questa riflessa. Non possiamo qui soffermarci sull’avvincente confronto che ne derivò. Io direi che l’idea di san Tommaso circa il rapporto tra filosofia e teologia potrebbe essere espressa nella formula trovata dal Concilio di Calcedonia per la cristologia: filosofia e teologia devono rapportarsi tra loro "senza confusione e senza separazione". "Senza confusione" vuol dire che ognuna delle due deve conservare la propria identità. La filosofia deve rimanere veramente una ricerca della ragione nella propria libertà e nella propria responsabilità; deve vedere i suoi limiti e proprio così anche la sua grandezza e vastità. La teologia deve continuare ad attingere ad un tesoro di conoscenza che non ha inventato essa stessa, che sempre la supera e che, non essendo mai totalmente esauribile mediante la riflessione, proprio per questo avvia sempre di nuovo il pensiero. Insieme al "senza confusione" vige anche il "senza separazione": la filosofia non ricomincia ogni volta dal punto zero del soggetto pensante in modo isolato, ma sta nel grande dialogo della sapienza storica, che essa criticamente e insieme docilmente sempre di nuovo accoglie e sviluppa; ma non deve neppure chiudersi davanti a ciò che le religioni ed in particolare la fede cristiana hanno ricevuto e donato all’umanità come indicazione del cammino. Varie cose dette da teologi nel corso della storia o anche tradotte nella pratica dalle autorità ecclesiali, sono state dimostrate false dalla storia e oggi ci confondono. Ma allo stesso tempo è vero che la storia dei santi, la storia dell’umanesimo cresciuto sulla basa della fede cristiana dimostra la verità di questa fede nel suo nucleo essenziale, rendendola con ciò anche un’istanza per la ragione pubblica. Certo, molto di ciò che dicono la teologia e la fede può essere fatto proprio soltanto all’interno della fede e quindi non può presentarsi come esigenza per coloro ai quali questa fede rimane inaccessibile. È vero, però, al contempo che il messaggio della fede cristiana non è mai soltanto una "comprehensive religious doctrine" nel senso di Rawls, ma una forza purificatrice per la ragione stessa, che aiuta ad essere più se stessa. Il messaggio cristiano, in base alla sua origine, dovrebbe essere sempre un incoraggiamento verso la verità e così una forza contro la pressione del potere e degli interessi. Ebbene, finora ho solo parlato dell’università medievale, cercando tuttavia di lasciar trasparire la natura permanente dell’università e del suo compito. Nei tempi moderni si sono dischiuse nuove dimensioni del sapere, che nell’università sono valorizzate soprattutto in due grandi ambiti: innanzitutto nelle scienze naturali, che si sono sviluppate sulla base della connessione di sperimentazione e di presupposta razionalità della materia; in secondo luogo, nelle scienze storiche e umanistiche, in cui l’uomo, scrutando lo specchio della sua storia e chiarendo le dimensioni della sua natura, cerca di comprendere meglio se stesso. In questo sviluppo si è aperta all’umanità non solo una misura immensa di sapere e di potere; sono cresciuti anche la conoscenza e il riconoscimento dei diritti e della dignità dell’uomo, e di questo possiamo solo essere grati. Ma il cammino dell’uomo non può mai dirsi completato e il pericolo della caduta nella disumanità non è mai semplicemente scongiurato: come lo vediamo nel panorama della storia attuale! Il pericolo del mondo occidentale – per parlare solo di questo – è oggi che l’uomo, proprio in considerazione della grandezza del suo sapere e potere, si arrenda davanti alla questione della verità. E ciò significa allo stesso tempo che la ragione, alla fine, si piega davanti alla pressione degli interessi e all’attrattiva dell’utilità, costretta a riconoscerla come criterio ultimo. Detto dal punto di vista della struttura dell’università: esiste il pericolo che la filosofia, non sentendosi più capace del suo vero compito, si degradi in positivismo; che la teologia col suo messaggio rivolto alla ragione, venga confinata nella sfera privata di un gruppo più o meno grande. Se però la ragione – sollecita della sua presunta purezza – diventa sorda al grande messaggio che le viene dalla fede cristiana e dalla sua sapienza, inaridisce come un albero le cui radici non raggiungono più le acque che gli danno vita. Perde il coraggio per la verità e così non diventa più grande, ma più piccola. Applicato alla nostra cultura europea ciò significa: se essa vuole solo autocostruirsi in base al cerchio delle proprie argomentazioni e a ciò che al momento la convince e – preoccupata della sua laicità – si distacca dalle radici delle quali vive, allora non diventa più ragionevole e più pura, ma si scompone e si frantuma. Con ciò ritorno al punto di partenza. Che cosa ha da fare o da dire il Papa nell’università? Sicuramente non deve cercare di imporre ad altri in modo autoritario la fede, che può essere solo donata in libertà. Al di là del suo ministero di Pastore nella Chiesa e in base alla natura intrinseca di questo ministero pastorale è suo compito mantenere desta la sensibilità per la verità; invitare sempre di nuovo la ragione a mettersi alla ricerca del vero, del bene, di Dio e, su questo cammino, sollecitarla a scorgere le utili luci sorte lungo la storia della fede cristiana e a percepire così Gesù Cristo come la Luce che illumina la storia ed aiuta a trovare la via verso il futuro. Benedetto XVI |
![]() |
![]() |
![]() |
#5 | |
Senior Member
Iscritto dal: May 2006
Città: Wursteland
Messaggi: 1749
|
Quote:
__________________
Nintendo WIII 4d Turbo Intercooler - Sestium X 666 99,312 GHz - 6.984 Ram Σ(9999) MHz - HDD SATA 97e^(10) bytes 93³ rpm - ATI biberon X900z ∞Mb - Win Eight SP (1 > yours) 16 Valve |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#6 | |
Bannato
Iscritto dal: Sep 2001
Messaggi: 3918
|
Quote:
Solo in italia si "venera" un capo di stato in questa maniera. Se non è medioevo, questo. |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#7 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
|
Quote:
Il Papa non si è imposto all'Università ma è stato invitato dal Rettore e dal Senato Accademico, massima autorità in campo universitario... |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#8 | |
Senior Member
Iscritto dal: Dec 2005
Città: Calabria - Emilia Romagna
Messaggi: 2554
|
Quote:
![]() ![]() almeno noi cattolici ne veneriamo UNO...voi non si capisce...cambiate opinione ogni 10 secondi... |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#9 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
|
Senza considerare che questi professori e questi collettivi si sinistra saranno gli stessi che invitano terroristi e assassini ex brigatisti a parlare nelle università invocando la libertà di parola...
Libertà che ovviamente viene negata a persone che avrebbero molto più diritto di parlare nelle università ma che hanno idee diverse... Questa è la famosa libertà intesa da loro... |
![]() |
![]() |
![]() |
#10 |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2004
Città: Padova
Messaggi: 11757
|
Bagnasco: "In Italia l’oscurantismo laicista supera la tolleranza"
commento personale: MAGARI FOSSE VERO!!!!! resta comunque impressionante come per i vertici della chiesa di roma ci sia solo "laicismo" e "cattolicesimo"... non passa per le loro testoline sante manco l'idea che esistano "altre religioni", altri modi di "non essere laici" ... e questo la dice lunga sulla loro reale apertura mentale, idea di libertà e democraticità.
__________________
mac user = hai soldi da buttare; linux user = hai tempo da buttare; windows user = hai soldi e tempo da buttare ![]() Ultima modifica di Fil9998 : 17-01-2008 alle 08:57. |
![]() |
![]() |
![]() |
#11 | |
Senior Member
Iscritto dal: Feb 2001
Città: Roma
Messaggi: 1353
|
Quote:
A parte il fatto che sembra alquanto strano attribuire la responsabilità degli inviti a parlare alla sapienza di Negri a 64 professori di Fisica. A parte queste banalità riscontro una notevole somiglianza di questa affermazione con le righe scritte in questi giorni da vari giornalai...righe che passano nel mondo bacato dell'informazione nostrana ma che signori miei qui non passano visto che fortunatamente, almeno qui,mi sembra che il QI medio sia maggiore di zero, quindi cerchiamo di ragionare sui fatti e non sugli articoli di giornale. |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#12 |
Member
Iscritto dal: Feb 2006
Città: Venezia, Bananistan
Messaggi: 183
|
Oscurantista e intollerante è chi non è capace di accettare il dissenso e si rifiuta di parlare e confrontarsi difronte a un pubblico che non sia ossequiante.
|
![]() |
![]() |
![]() |
#13 | |
Bannato
Iscritto dal: Sep 2001
Messaggi: 3918
|
Quote:
Ma sul fatto di venerarne UNO, ammesso che abbia senso il discorso, ce ne sarebbe. Se cominciamo con la lista dei santi e dei papi passati non la finiamo più. Ma è un discorso senseless. |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#14 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2004
Città: Padova
Messaggi: 11757
|
Quote:
quando unteiologo mussulmano, ebreo, buddhista ha avuto a sua disposizione la copertura e diffusione garantita quotidianamente al teologo Ratzinger ?? MAI !! e vengon pure a pianger miseria ... ![]() ![]() ![]()
__________________
mac user = hai soldi da buttare; linux user = hai tempo da buttare; windows user = hai soldi e tempo da buttare ![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#15 | |
Bannato
Iscritto dal: Sep 2001
Messaggi: 3918
|
Quote:
Sulla seconda parte ci sarebbe da discutere. |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#16 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Abano Terme (Padova)
Messaggi: 1205
|
Quote:
Poi, ti faccio notare che tante figure Cristiano Cattoliche e il Papa in primis sono sempre stati tra i promotori degli incontri interreligiosi, incontri che spesso sono osteggiati da altre religioni... |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#17 | |
Senior Member
Iscritto dal: Dec 2005
Città: Calabria - Emilia Romagna
Messaggi: 2554
|
Quote:
![]() ![]() Cmq, guarda che venerare santi non ha mai fatto male a nessuno...a differenza di venerare i nomi che ho fatto che hanno portato solo morte e intorpodimento della gente che li venera e che sono ancora alla ricerca e all'inseguimento dell'utopia per eccezione... ![]() |
|
![]() |
![]() |
![]() |
#18 | ||
Senior Member
Iscritto dal: May 2006
Città: Wursteland
Messaggi: 1749
|
Quote:
Quote:
E son d'accordissimo con loro, nonostante io sia ideologicamente più per la destra
__________________
Nintendo WIII 4d Turbo Intercooler - Sestium X 666 99,312 GHz - 6.984 Ram Σ(9999) MHz - HDD SATA 97e^(10) bytes 93³ rpm - ATI biberon X900z ∞Mb - Win Eight SP (1 > yours) 16 Valve |
||
![]() |
![]() |
![]() |
#19 |
Senior Member
Iscritto dal: May 2006
Città: Wursteland
Messaggi: 1749
|
e poi sto discorso potrebbe benissimo essere stato scritto DOPO, ad hoc
__________________
Nintendo WIII 4d Turbo Intercooler - Sestium X 666 99,312 GHz - 6.984 Ram Σ(9999) MHz - HDD SATA 97e^(10) bytes 93³ rpm - ATI biberon X900z ∞Mb - Win Eight SP (1 > yours) 16 Valve |
![]() |
![]() |
![]() |
#20 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Torino
Messaggi: 349
|
Mancano i link agli articoli.
Comunque, sostenere che al Papa non è data libertà di parola è una cosa ridicola vista la sua forza in Italia. Alla sapienza poteva andare tranquillamente, magari si sarebbe beccato i giusti fschi in casa odi stupidaggine detta. Ma lui non può ritenersi tale da non potere ricevere i fischi. Se li sono presi Prodi, Berlusconi e altri, può prenderseli anche lui. |
![]() |
![]() |
![]() |
Strumenti | |
|
|
Tutti gli orari sono GMT +1. Ora sono le: 15:21.