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MAFIA: PENTITO DI GATI, COSA NOSTRA NEL 2001 VOTO' PER CUFFARO
LE DICHIARAZIONI DELL'EX BOSS, 'ANCHE ALLE POLITICHE VOTAMMO PER LA CDL'
Palermo, 12 giu. - (Adnkronos) - "Tutti quelli di Cosa nostra, tutti abbiamo votato a Cuffaro alle Regionali del 2001. Me lo dissero Domenico Virga e Leo Sutera (due boss mafiosi ndr)". E' l'accusa lanciata al Presidente della Regione Sicilia, Salvatore Cuffaro dal pentito di mafia Maurizio Di Gati, ex reggente della Commissione provnciale di Agrigento, arrestato nel novembre del 2006. Il verbale delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia il 22 febbraio scorso, e' stato depositato oggi al processo per le 'talpe' della Procura di Palermo che si celebra davanti alla terza sezione penale del Tribunale e che vede imputato, tra gli altri, proprio il Governatore Cuffaro, accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra e violazione del segreto d'ufficio. http://www.adnkronos.com/IGN/Cronaca/?id=1.0.1016138210 |
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#2 |
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Iscritto dal: Jan 2007
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Una mano lava l'altra/ Mafia e politica nella Sicilia dell’anno 2001
Si chiamavano gattopardi. Erano gli artisti del cambiare tutto per non cambiare nulla. E lo sono ancora, anche se adesso hanno le insegne di Forza Italia e della «casa delle libertà», parlano di flessibilità e perfino di globalizzazione, ma promettono posti e appalti proprio come i buoni, vecchi democristiani di una volta.
Usano il calcio come il ricatto occupazionale, le fazioni politiche di tutti gli schieramenti e la solita abilità a tessere clientele ramificate. Ritratto di un potere locale che è riuscito a chiudere una parentesi. La balena bianca è diventata un camaleonte, nella Sicilia democristiana dove è rifiorito il biancofiore. Tra maggio e giugno prima l’en plein nelle elezioni nazionali, tutti i collegi al centrodestra, poi le consultazioni regionali, il trionfo degli uomini di un passato che sembrava sepolto. E’ stato anche il trionfo della Sicilia profonda, della provincia che conquista le aree metropolitane, delle esigenze elementari a mala pena nascoste dai bei discorsi. Da Grotte a Bronte, da Cesarò a Mussomeli fino a Raffadali tante carriere che oggi sembrano vincenti sono partite da paesini di provincia, alcuni arrampicati sulle montagne, altri in fondo a spianate bruciate dal sole come in tanti film di tipica ambientazione siciliana. E per l’ennesima volta da queste parti la politica ha cambiato facciata, qualche termine in inglese, tutti liberisti, c’è la flessibilità, qualcuno si azzarda fino alla globalizzazione, e il lavoro è la prima cosa. La sostanza, però, è sempre quella: le clientele, una ragnatela costruita metodicamente, filo per filo, fino ad avere un credito di “favori da tornare” (esigibili, cioè) convertibile in consensi elettorali, una mano lava l’altra, io do una cosa a te tu una a me. Fino a raggiungere il centro: il capoluogo, poi Palermo, infine Roma. Il collegio elettorale sta al latifondo come il politicante al feudatario, con la sua corte di campieri e mediatori mafiosi, di soprastanti e di villani. Sono cambiate le forme, la metodologia è quella. Adesso i vecchi esponenti mandano avanti il delfino, lo scudiero, l’allievo, il figlio politico che prenderà il posto del padre in modo educato sprofondandosi in ringraziamenti o vigliaccamente con una pugnalata alle spalle. Ogni atto è cadenzato da un gioco di segni: le mezze frasi e gli ammiccamenti, le strette di mano calorose, a braccetto tra i corridoi, i baci su una guancia e poi sull’altra a suggellare un patto da veri uomini che il giorno dopo sarà disfatto da un accordo di maggiore convenienza. Per nove mesi manifesti e pieghevoli hanno assillato l’isola con “impegni che si rinnovano”, “sicurezze della continuità”, “certezze dell’impegno” nella campagna elettorale più lunga e snervante, perché sovrapposta alla tensione delle nazionali e per i patetici tentativi di dare un vestito nuovo ad un copione che si recita a memoria da sessant’anni. Le masse dei disoccupati, i ragazzi che aspettano le ore che passano nella piazza principale del paese, i “socialmente utili” presi in giro da anni ed impiegati ora qua ora là, a fare di tutto, sempre precari. I giovani che cominciano a considerare l’ipotesi di salire nuovamente sul treno che porta a Milano o in Veneto. Tutti pronti a barattare qualsiasi cosa per un lavoro. “La certezza di un impegno”, promettono dai manifesti i faccioni democristiani. L’uomo di Mannino Cuffaro è certamente lontano dall’idealtipo del manager rampante, e fa uno strano effetto vedere la sua faccia tondeggiante sui manifesti in stile americano che ammoniscono “La scelta decisiva” in un tripudio di bandiere forzitaliote. Piuttosto è conosciuto come “fedelissimo” di Calogero Mannino, ex ministro democristiano, a lungo al dicastero dell’agricoltura, che però nessuno si è sentito di candidare finché gli grava addosso la classica e sgradevole accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Nel 1991, in una trasmissione televisiva sulla mafia a reti unificate Rai - Fininvest, Cuffaro ebbe il suo primo momento di celebrità assumendo pubblicamente le difese di Mannino, finito nella bufera dopo una trasmissione di Samarcanda che lo accusava di essere stato testimone alle nozze di un rampollo della famiglia Caruana, grandi trafficanti di droga tra la Sicilia e l’America. “Ero testimone della sposa e non conoscevo lui”, è stata la celebre scusante di Mannino. Pur non risultando eletto alle ultime europee, Cuffaro è risultato uno dei candidati più votati, sfiorando le 100 mila preferenze. Detiene un altro eccezionale record: ha mantenuto la poltrona di assessore regionale all'Agricoltura per una intera legislatura nonostante cinque cambi di governo e tre di maggioranza. Eletto all'Assemblea siciliana per il Cdu nel collegio di Palermo, era stato nominato assessore nel primo governo di centro destra guidato da Giuseppe Provenzano (Fi) e nel secondo presieduto da Giuseppe Drago (Ccd). Dopo la nascita dell’Udeur e il ribaltone siciliano, aveva mantenuto la sua poltrona nel primo e nel secondo governo di centro sinistra guidati da Angelo Capodicasa (Ds). Nell'ultima crisi, invece, Cuffaro è stato uno dei più strenui sostenitori del presidente Vincenzo Leanza, l’ultimo presidente regionale, ex DC poi CDU infine trasmigrato a Forza Italia, nativo del paesino di Cesarò sui monti Nebrodi da cui mattone su mattone ha messo su una carriera che era apparsa incrinata dalle inchieste giudiziarie e dagli avvisi di garanzia ma che oggi è ripresa come prima meglio di prima sotto le insegne berlusconiane. La carriera di Cuffaro – come molte – parte dalla provincia: comincia a Raffadali, nei pressi di Agrigento, ma si sposta rapidamente a Palermo per gli studi dai salesiani e poi alla facoltà di Medicina. Inizia la passione per la politica nei giovani democristiani, poi la carriera al consiglio d’amministrazione dell’Università di Palermo. Mentre la stella di Mannino va a decadere, i suoi tre “figli politici” vanno avanti inarrestabilmente. Cuffaro come abbiamo visto è inossidabile assessore mentre Salvatore Cardinale, già segretario particolare di Mannino, fa carriera nell’Udr-Udeur fino a diventare ministro delle telecomunicazioni per molti anni consecutivi nonostante l’avvicendarsi di tre governi. Il terzo è Toto Mannino, il figlio vero e proprio, che alle politiche aveva conquistato il posto in lista col Biancofiore “vendicando” l’esclusione del genitore. Sotto il vulcano Bronte, un paese arrampicato sulle pendici dell’Etna, è famoso per il pistacchio di ottima qualità e per la storica rivolta repressa nel sangue dalle fucilate di Nino Bixio. Non ancora per Pino Firrarello, neo senatore di Forza Italia e cittadino brontese. Esponente dell’Udeur, a lungo membro della Commissione Antimafia ed alla fine del 1999 indagato dalla Procura di Catania con la pesante accusa di essere stato la “cerniera politica” tra mafiosi del clan Santapaola e l’azienda milanese Romagnoli scesa a Catania per costruire il secondo lotto dell’ospedale Garibaldi. Il senato già allora negò l’autorizzazione a procedere, ed oggi Firrarello ritorna a Palazzo Madama con 70 mila voti nelle tasche presi nel collegio di Acireale. A pochi chilometri di distanza, nel distretto di Giarre, Ilario Floresta raccoglieva 39 mila voti, più che sufficienti per Montecitorio. Floresta, piccolo imprenditore delle telecomunicazioni, è un forzista della prima ora, sottosegretario al Bilancio nel Berlusconi I del ’94 e già allora sotto inchiesta per voto di scambio col clan Santapaola. Dopo i trionfi alle elezioni nazionali, la “Casa delle libertà” presenta una folta pattuglia di deputati regionali, molti dei quali riconfermati: tra questi ancora un brontese, Franco Catania, il quale ebbe il suo momento di malvoluta celebrità nel 1998 quando un maresciallo dei carabinieri ebbe l’improntitudine di passare al setaccio il distretto tessile che si trova sotto l’Etna, mettendo in rilievo lavoro nero di massa, qualche caso di lavoro minorile e condizioni di sfruttamento che andavano ad arricchire multinazionali come Levis’s, Armani, Benetton. Catania in realtà era meno coinvolto degli altri nelle irregolarità, ma era il più conosciuto in quanto deputato regionale e maggiore imprenditore della zona, capace di convogliare sul “distretto artigianale” un buon flusso di denaro e agevolazioni. Una versione in scala ridotta del conflitto d’interessi. Il partito del Pallone Alle consultazioni politiche Sergio D’Antoni aveva formato un partito mettendo insieme Andreotti come anima, Pippo Baudo testimonial ed un plotone di curiosi candidati tra cui spicca il catanese Giuseppe Ferlito, assessore ai lavori pubblici al comune di Catania nella giunta Drago (il console andreottiano in Sicilia orientale) e cugino di Alfio, il boss che venne un giorno fermato a Milano con un carico di milleduecento chili di droga e successivamente ammazzato a Palermo nella cosiddetta strage della circonvallazione. Torniamo a D’Antoni. La storia – che potrebbe benissimo essere di ambientazione latinoamericana – inizia ancora con l’uomo della Cisl che si presenta gongolante sugli spalti della Favorita con la sciarpa rosanero al collo. E’ appena diventato presidente del Palermo Calcio. I soldi dell’operazione li mette Franco Sensi, quello della Roma. Obiettivo: la serie B. Anche le altre squadre siciliane desiderano tornare in quello che i giornali locali chiamano il “calcio che conta”. A Catania investe il presidente del Perugia Gaucci, a Messina sono gli imprenditori locali a farsi avanti. Il presidente è Emanuele Aliotta, proprietario di una gioielleria nel cuore commerciale della città, a due passi dalla pasticceria del presidente della Confcommercio Billè. Il vice presidente è Pietro Franza, che controlla il traghettamento privato sullo Stretto, quello del “ferry boat” per intenderci, quelli che si vantavano sui manifesti del “percorso più breve” dei loro mezzi, dieci minuti in meno di navigazione per assicurare i quali il centro della città deve sorbirsi 24 ore su 24 il passaggio di tutti i tir diretti in continente. Piccola parentesi: il sindaco, che si chiama Leonardi e manco a dirlo è un medico DC passato a Forza Italia, ha affrontato il problema con un’ordinanza che nelle ore punta “distribuisce” i bestioni in uscita dall’autostrada su tutto il territorio cittadino e non più su un unico vialone, col risultato di “spalmare” la confusione e gli incidenti sia a nord che a sud, democraticamente. Torniamo ad Aliotta, che ha esattamente gli obiettivi di D’Antoni: serie B più poltrona. Alla vigilia delle elezioni del 13 maggio appare scontata la candidatura di entrambi sotto lo scudo di “Democrazia Europea”, in un curioso parallelo con Palermo e Messina che volano in testa alla classifica. Mentre si avvicina la volata finale e lo scontro decisivo, l’idillio politico lascia il posto allo scontro sportivo. “E’ un campionato falsato, gli arbitri aiutano il Palermo”, sbraita Aliotta sulle tribune dello stadio. Salta la candidatura alle nazionali, è rottura col rivale D’Antoni. “Noi non facciamo politica ma se si presenta lo votiamo”, dicono i tifosi dei club organizzati. “Se non si candida il partito perderà parecchi voti”. “Fedelissimi”, “Raggiati” (Arrabbiati), “Lions” sono alcuni tra i club principali, che però rischiano di essere scalzati dagli ultimi arrivati “Testi Fracidi” (Teste marce), che teorizzano già dal nome la cultura dello sballo e dell’incoscienza e si sono dati una precisa struttura con tanto di presidente e direttivo, molto radicata nella zona sud. Calcio, politica e anche affari. “Servizio sorveglianza, pulizia dello stadio, rivendita dei biglietti, organizzazione delle trasferte. Sono questi una serie di servizi che la società appalta direttamente e indirettamente ad imprese referenti del tifo organizzato”, rivela un settimanale locale. E aggiunge: “A questo si aggiungono anche i contributi ai club. Un meccanismo che non deve mai incepparsi. In nessun caso. Pena scioperi del tifo e striscioni da multa”. Il risultato per DE è catastrofico: nessun eletto a Messina. Intanto in un finale thrilling del campionato le due squadre si contendono la B all’ultima giornata. Ultimo minuto: rigore per il Messina. Se segna, è B. Se sbaglia passa il Palermo. Il Messina sbaglia. Si arriva alle regionali, e Aliotta trova finalmente la formazione che corrisponde alle sue idealità: finisce per candidarsi con Alleanza Nazionale. “Per crescere insieme nello sport e nella vita”, promette dai manifesti con Fini sullo sfondo, attaccati in giro per la città e sui muri del “suo” stadio. Alla fine, tra sport e politica, il Messina finirà in serie B in extremis, agli spareggi, ma Aliotta non sarà eletto… Il partito dei camici bianchi Il camice bianco è l’ennesimo denominatore comune di queste elezioni. Da Cuffaro in giù sono tanti i medici presenti in lista, con una particolare concentrazione nelle liste CDU. Anche dal mondo della medicina messinese escono candidature e carriere politiche a getto continuo: da evidenziare sicuramente il ginecologo Raffaele Cordiano, nativo del paese reggino di Maropati, che oggi si presenta sotto l’improbabile edera di un riesumato “Partito Repubblicano”, ultimo approdo dopo i transiti dal Pli alla lista Pannella-Sgarbi fino a Forza Italia. Anche lui nella “Casa delle libertà” per Cuffaro presidente, nonostante i grattacapi che gli arrivano dal Tribunale. L’avviso di conclusione delle indagini preliminari è datato 29 maggio, dunque meno di un mese dal voto, e c’è poco da stare tranquilli. Cordiano viene indicato dai giudici tra i professionisti coinvolti nel sistema criminale dell’università, nell’ambito del procedimento giudiziario denominato “Panta Rei”. L’inchiesta descrive uno scenario inquietante, una vera e propria diramazione della cosca calabrese di Giuseppe Morabito di Africo – latitante dal 1985 – che operava nelle facoltà universitarie, specie Medicina ed Economia e Commercio: minacce e intimidazioni a professori universitari, la casa dello studente stipata di armi e droga, esami e lauree comprati a suon di milioni, libretti universitari falsificati, medici che commerciavano in droga, studenti che andavano agli esami con la pistola in tasca. |
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#3 |
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Senior Member
Iscritto dal: May 2002
Città: Pavia.. a volte Milano o Como...talora Buccinasco! Firenze fino al 15/7
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non lo avrei mai immaginato
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"Le masse sono abbagliate più facilmente da una grande bugia che da una piccola". (Adolf Hitler) "Se sei bello ti tirano le pietre, se sei brutto ti tirano le pietre. se sei al duomo ti tirano il duomo". (cit. un mio amico )
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#4 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jun 2004
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nooooooooooooooo giuramelo!
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#5 |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2005
Città: Palermo
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beh comunque c'è da dire che il voto mafioso non lo si può impedire e può servire da deterrente.
Immaginiamo il candidato X, persona onesta, che il giorno delle elezioni riceve inconsapevolmente dei voti dalla mafia, questo può essere un deterrente perchè una volta eletto la mafia gli fa sapere che è stato votato anche da loro. Cosa potrà fare il candidato X per salvare l'onore ? Annunciare che ha preso voti dalla mafia e che vuole ritirarsi ? Chi gli dice che ne esce pulito se poi attraverso delle prove create dalla mafia durante il periodo elettorale e delle rivelazioni guidate da certi collaboratori di giustizia viene resa come verosimile una sua collusione ? In ogni caso il suo ritiro gli potrebbe costare alcuni mesi dopo, quando è calato il silenzio e quando è rimasto solo, la vita sua e della sua famiglia. Quindi che fare ? Diventare servitore degli interessi della mafia ? E' un meccanismo complicato da cui è difficile tirarsi fuori nel momento in cui ti tirano dentro loro. Con questo non dico che cuffaro sia innocente, non lo penso, dico solo che dietro queste rivelazioni ci possa essere la vendetta per qualche favore che lui ha osato rifiutare.
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Utente gran figlio di Jobs ed in via di ubuntizzazione Lippi, perchè non hai convocato loro ? |
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#6 |
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Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
Città: AnTuDo ---------- Messaggi Totali: 10196
Messaggi: 1521
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per votarlo, qualcosa avranno mangiato....
ma niente di strano sotto il sole...
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“ Fiat iustitia, et pereat mundus”-המעז מנצח -
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#7 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jul 2005
Città: Torino
Messaggi: 349
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La domanda è: un candidato onesto X prenderà i voti della mafia quando un candidato palesemente implicato con la mafia Y è suo avversario politico?
Non sta scritto da nessuna parte che il candidato X della Sicilia fosse veramente onesto, ma di sicuro non lo era il candidato Y... |
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#8 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
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#9 |
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Bannato
Iscritto dal: Sep 2002
Città: LA CITTA' PLURI-CAMPIONE D'ITALIA!
Messaggi: 5903
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ricordo che virga e dell'utri -> 3 anni a testa x estorsione aggravata.
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#10 | |
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Member
Iscritto dal: Jan 2007
Messaggi: 41
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La Mafia vota in cambio di favori,mai a caso. Nel caso di Toto' Cuffaro ci sono intercettazioni che non lasciano spazio a nessun fraintendimento circa le sue frequentazioni mafiose e i suoi affari. |
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#11 |
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Member
Iscritto dal: Jan 2007
Messaggi: 41
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#12 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
Città: AnTuDo ---------- Messaggi Totali: 10196
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che dopo non posta piu nessuno!!! Come nell'altro 3d su dellutri
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#13 | |
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Iscritto dal: Jan 2007
Messaggi: 41
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Buongiorno Dantes,iniziamo col dire che sono femminuccia,quindi,usa il femminile gentilmente. Se si parla di Dell'Utri c'e' il fuggi-fuggi generale? Davvero? Perche'? |
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#14 |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2005
Città: Palermo
Messaggi: 2579
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la mafia vota il candidato che considera più ricattabile. Anche uno onesto può essere ricattabile, una cosa del genere l'aveva spiegata rosi col suo controverso dimenticare palermo. La mafia è tutt'altro che stupida, ricattare un onesto significa poter continuare a lavorare indisturbata nell'ombra.
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Utente gran figlio di Jobs ed in via di ubuntizzazione Lippi, perchè non hai convocato loro ? |
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#15 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Dec 2002
Città: AnTuDo ---------- Messaggi Totali: 10196
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quale giustizia si puo chiedere, e proporre quando si vota un partito fondato da dell'utri?
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#16 | |
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Iscritto dal: Jan 2007
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La Mafia vota chi,prima delle elezioni,promette favori o leggi (spesso e volentieri) a favore dei detenuti. Leggiti come si e' formato il partito di Dell'Utri e cosa esso promise alla Mafia in cambio del voto. La mafia non ricatta dopo le elezioni,prende accordi prima e poi va a votare affinche' quelle promesse divengano realta'. |
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#17 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2005
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Utente gran figlio di Jobs ed in via di ubuntizzazione Lippi, perchè non hai convocato loro ? |
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#18 |
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Iscritto dal: Jan 2007
Messaggi: 41
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Leggendovi non credo che il forum sia abitato da soli elettori di Forza Mafia,ops Italia,ho letto varie persone di destra con capacita' critica e,soprattutto,di una destra vera e legalitaria,mica quella di Truffolo.
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#19 |
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Iscritto dal: May 2006
Messaggi: 143
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chissenefrega chi hanno votato , per me sono topic inutili , che vi volete sentir dire cdl mafiosa? si bravi ciao.
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#20 | |
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Iscritto dal: Jan 2007
Messaggi: 41
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Leggiti come e' stata fondata Forza Italia e i contribuiti della Mafia,prima delle elezioni in cambio di favori dopo le elezioni. La Mafia fa accordi con chi e' gia' incline ad un certo sistema,non ricatta chi la combatte,ma si allea a persone che possono favorirla e aiutarla. Cuffaro e' stato appoggiato per i suoi legami con i vari Guttadauro,boss di Brancaccio. |
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