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Nigeria, separatisti del Delta minacciano le esportazioni di greggio
Nigeria, separatisti del Delta minacciano le esportazioni di greggio
Inviato da Ottavio Pirelli venerdì, 23 settembre 2005 23:33 Ha scatenato le ire dei miliziani della Forza volontaria popolare del Delta del Niger (Ndpvf) l'arresto, ordinato dalle autorità di Abuja, di Alhaj Dokubo Asari, capo della milizia. Le regioni del Delta del Niger sono in fermento, mentre le rinnovate minacce alle compagnie straniere che trivellano il sottosuolo ricco di petrolio rischiano di bloccare le estrazioni. Le proteste per l'arresto di Asari I motivi dell'arresto del leader separatista sono da ricercare, in base a fonti ufficiali citate dalla Misna, in alcune dichiarazioni fatte da Asari all'inizio di settembre. In un'intervista rilasciata ad un quotidiano il capo della Ndpvf avrebbe accusato direttamente e con decisione il governo centrale, affermando di voler continuare a combatterlo fino alla sua "dissoluzione". Con questo pretesto Asari è stato condotto ad Abuja, dove il tribunale ha confermato il suo fermo, decidendo di trattenerlo in prigione per altre due settimane, senza dare all'imputato neppure la possibilità di consultare il proprio avvocato. L'uomo - riferisce l'agenzia Reuters - avrebbe commentato la sentenza accusando il Presidente Abasanjo di essere un dittatore. Il movimento di cui Asari è leader ha chiesto la sua liberazione entro le 13 di mercoledì scorso, quasi come se si trattasse di un ultimatum, senza ottenere alcuna risposta dalle autorità. Già da martedì notte, comunque, migliaia di uomini sono scesi per strada e hanno bloccato il traffico, almeno fino a quando non sono stati dispersi dalle forze dell'ordine. Grossi spostamenti di truppe regolari sono state segnalate nella zona di Port Harcourt, la maggiore città petrolifera della zona. I militari presidiano le strade e le strutture più importanti per evitare che il clima di rovente tensione degeneri in violenza vera e propria. Minacce alle piattaforme petrolifere La principale recriminazione del Ndpvf riguarda lo sfruttamento delle risorse petrolifere del Delta del Niger, una immensa ricchezza di cui le popolazioni locali non riescono a trattenere neppure un centesimo. Asari e i suoi seguaci hanno ingaggiato un braccio di ferro con il governo centrale per riuscire ad ottenere maggiori vantaggi per la tribù che rappresentano, quella degli Ijaw, maggioritaria nella zona. Lo scorso anno, i combattimenti si sono arrestati solo dopo la firma di un accordo di pace, che ora sembra, però, scricchiolare. Gia negli scorsi giorni l'arresto in Gran Bretagna di un esponente politico del Delta, Diepreye Alamieyeseigha, aveva spinto Oyeinfie Jonjon, un rappresentante locale, a dichiarare di non poter più garantire la sicurezza delle strutture e del personale britannico presente nella regione. Il fermo di Asari non fa che aggravare ora la crisi, e alle minacce si aggiungono altre minacce, tanto che le compagnie petrolifere cominciano a temere seriamente per la situazione. La Royal Dutch Shell ha già imposto - fa sapere la Reuters - restrizioni di movimento per i propri impiegati, fino ad evacuare il personale non essenziale (circa 50 persone) da due suoi impianti. Riferisce il Washington Post che anche la Chevron ha temporaneamente chiuso un paio di stabilimenti di produzione, anche se le esportazioni di uno dei più importanti produttori mondiali di greggio non sembrano ancora risentirne più di tanto. I separatisti hanno già dichiarato di aver occupato con la forza una decina di pozzi nei giorni scorsi. Secondo i resoconti delle ultime ore, un gruppo di circa cento guerriglieri avrebbe raggiunto in barca la piattaforma Chevron di Idama e ne avrebbe preso il controllo. Notizie in parte ridimensionate dalle autorità, anche se la preoccupazione per un escalation di violenza rimane sostenuta. Ottavio Pirelli (WarNews.it)
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Nigeria:niente rilascio per Alhaj Dokubo Asari
NIGERIA 11/11/2005 21.18
NIENTE RILASCIO SU CAUZIONE PER SEPARATISTA DELTA DEL NIGER (Misna)È stato negato il rilascio su cauzione ad Alhaj Dokubo Asari, capo della milizia indipendentista ‘Forza volontaria popolare del Delta del Niger’ (Ndpvf), principale regione petrolifera della Nigeria minata dall’instabilità e dalle rivendicazioni sulla destinazione dei proventi dell’oro nero. Lo hanno riferito fonti giornalistiche internazionali, precisando che il processo per tradimento e cospirazione riprenderà il 10 gennaio prossimo. Vedendosi negare il temporaneo rilascio, Asari ha gridato all’ingiustizia, sostenendo che non c’è nessuna prova contro di lui, ma il giudice Peter Olayiwola ha ribattuto che le accuse sono molti gravi e non esistono sufficienti garanzie che, tornato in libertà, non riprenda a colpire o si dia alla clandestinità. Il legale dell’imputato, Festus Keyamo, ha annunciato ricorso contro la decisione. Alla testa di una milizia illegale, Asari ha minacciato una lotta secessionista contro il governo centrale in nome della comunità Ijaw, di cui fanno parte 12 milioni di persone; il 6 novembre ha iniziato uno sciopero della fame e della sete per protestare contro il trattamento riservatogli in prigione, sospeso dopo 4 giorni per il miglioramento delle condizioni carcerarie. [LM]
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Nigeria: Attacchi agli impianti petroliferi dell'Eni
Mercoledì, 18 gennaio Appunti I miliziani nigeriani hanno attaccato gli impianti petroliferi in cui operano Agip (gruppo Eni), e la francese Total. L'obiettivo è di colpire anche la statunitense Chevron nella campagna di sabatoggio in atto. I miliziani puntano a colpire anche gli oleodotti, i depositi e i lavoratori. Gli attivisti che hanno attaccato i siti petroliferi del Delta del Niger minacciano di moltiplicare le azioni contro i lavoratori del settore. In un comunicato diffuso via e-mail il 'Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger' afferma che a partire dal primo febbraio usera' tattiche ancora piu' aggressive contro i lavoratori e le loro famiglie: 'Organizzeremo una serie di attacchi per dimostrare alle compagnie che solo noi, che vi ospitiamo, possiamo garantire la vostra sicurezza'. (canisciolti.info)
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La Nigeria infiamma il Brent
La Nigeria infiamma il Brent
Il greggio ai massimi da tre mesi, vicino a 64 dollari il barile, spinto anche dalla crisi in Iran Londra - Prosegue sostenuto il prezzo del petrolio a Londra, in una giornata in cui il Nymex è chiuso per la festività del Martin Luther King Day. All'Ipe di Londra, il contratto futures sul Brent con scadenza febbraio viaggia ben oltre quota 63 dollari il barile, in rialzo di oltre 50 centesimi rispetto alla chiusura precedente. Le quotazioni hanno toccato un massimo di 63,59 dollari. A sostenere i prezzi dell'oro nero sono le tenzioni internazionali per il programma nucleare dell'Iran e gli attacchi a un impianto petrolifero della Shell in Nigeria. La compagnia petrolifera ha fatto sapere che sta prendendo in considerazione l'evacuazione dell'area del delta del Niger, dopo il quarto attacco in cinque giorni da parte dei ribelli della zona. Domenica scorsa, i ribelli nigeriani hanno attaccato ancora le piattaforme Shell, uccidendo sei persone. I ribelli del movimento per l'emancipazione del delta del Niger sono ritenuti responsabili anche del rapimento di quattro addetti della Shell nei giorni scorsi. La minaccia di un'evacuazione totale dei 330 addetti degli impianti estrattivi della Shell vuol essere una pressione nei confronti del presidente nigeriano, Olusegun Obasanjo, affinché il governo decida una prova di forza contro i ribelli. La Shell è il primo produttore petrolifero in Nigeria, un Paese che rifornisce i mercati con 2,4 milioni di barili al giorno, di cui 380mila barili sono estratti nei pressi di Warri dalla compagnia anglo-olandese. La Shell ha già dichiarato la chiusura per cause di forza maggiore del sito di Forcados, che ha una produzione di 106mila barili al giorno, colpito nei giorni scorsi dagli attacchi dei ribelli. Il prezzo del petrolio ha toccato all’Ice di Londra il livello massimo degli ultimi 3 mesi. Secondo il quotidiano nigeriano Thisday, il numero dei militari uccisi durante l’attacco alla stazione di pompaggio della Royal Dutch Shell, sarebbero 14 e non sei come indicato dalle fontiu ufficiali. L’attacco ha ritardato le riparazioni a un oleodotto sabotato la scorsa settimana. Sul fronte iraniano, invece, ad accrescere le tensioni giungono le dichiarazioni del ministero degli esteri secondo cui Teheran non teme un eventuale deferimento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il Brent ha toccato il massimo storico lo scorso 30 agosto sull'onda degli effetti degli uragani Katrina. E un’altra punta di massima, a 63 dollari il barile, era stata registrata il 9 gennaio scorso. Ancora una volta erano stati il Medio Oriente, con le tensioni legate al futuro di due Paesi "caldi" come Iran e Israele, ad infiammare il prezzo del petrolio, tornato, anche allora, sui massimi degli ultimi mesi. L'annuncio di Teheran di aver ripreso le attività di ricerca sul combustibile nucleare avevano subito fatto temere un nuovo scontro internazionale tra Iran e Nazioni Unite. L'eventuale decisione dell'Onu di applicare sanzioni contro il Paese, potrebbe, infatti, portare Teheran (secondo produttore di petrolio in seno all'Opec) a ridurre le proprie esportazioni di greggio, lasciando a secco i mercati. Spinto dai timori di una nuova guerra diplomatica, dopo quella tra Russia e Ucraina che aveva fatto schizzare i prezzi, il barile di Brent, il greggio di riferimento europeo, è così arrivato sulla piazza di Londra a superare, sempre il 9 gennaio, i 63 dollari al barile, con un picco di 63,08 dollari. Livelli che non si vedevano dall'inizio di ottobre scorso. Ed anche a New York, negli scambi after hours, il petrolio ha corso fino a un massimo di seduta di 64,61 dollari al barile, il massimo dal 12 ottobre 2005. Ieri questi tetti sono stati ampiamente superati con il prezzo del Brent a picchi ben più alti. I mercati sono peraltro perplessi anche per il futuro di Israele, già alle prese con il dopo-Sharon. L'uscita dalla scena politica del capo del governo potrebbe infatti mettere a rischio il processo di pace e portare a nuove tensioni nella zona, con conseguenze quasi inevitabili per tutto il Medio Oriente. La corsa avviata dalle quotazioni in Europa avevano però subito un’immediato ridimensionamento, soprattutto per le buone notizie provenienti dagli Usa sui consumi di combustibili nel Nordest del Paese, dove viene generalmente utilizzato l'80% delle risorse energetiche a disposizione per il riscaldamento. Temperature particolarmente miti avevano ridotto nelle ultime settimane la domanda di combustibili, al punto che le previsioni parlavano di un calo dei consumi fino a metà gennaio del 36%. Anche la domanda di gas naturale, il più utilizzato per riscaldare gli ambienti, è diminuita la scorsa settimana del 14%. Numeri che hanno rassicurato il mercato e hanno fatto ripiegare velocemente i prezzi. Queste valutazioni sulle dinamiche dell’impennata del 9 gennaio scorso fanno supporre che, le spinte registrate ieri all’Ipe di Londra, possano rientrare all’apertura dei mercati americani, come era già avvenuto l’altra volta. Ma tutto dipenderà, nei prossimi giorni, da come evolverà la crisi nel paese africano e dalle soluzioni che il lavoro dei diplomatici darà all’incognita Iran. [Data pubblicazione: 17/01/2006] (La Padania)
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Nigeria: attaccata l' AGIP
ROMA - Sarebbe di nove morti il bilancio dell'attacco ad un impianto dell'Agip in Nigeria, secondo quanto si apprende da fonti di sicurezza. Sembra che tra le vittime non ci siano stranieri.
Uomini armati non identificati hanno attaccato oggi un'installazione petrolifera dell'Agip a Port Harcourt, capitale dello stato di Rivers nel delta del Niger (sud della Nigeria), e sparato sulla polizia: lo ha detto una testimone all'Afp. La donna, Demka Pueba, abitante della città, ha detto per telefono all'Afp che aveva sentito colpi d'arma da fuoco provenire dal complesso industriale dell'Agip, e che aveva visto impiegati fuggire. "Una delle impiegate è uscita gridando. Ha detto che dei giovani erano arrivati su imbarcazioni veloci nei locali della compagnia e cominciato a sparare", ha dichiarato la testimone. Il capo della polizia di Port Harcourt, Samuel Adetuyi, ha confermato per telefono che c'era stato un incidente ma non ha voluto dare particolari. |
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#7 |
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Ecco cosa scrive un Italiano, ex incursore di marina, impegnato nella sicurezza dell' impianto :
LAGOS- "Caro Walter, in risposta alle Tue domande ti confermo che abbiamo dovuto fare fuoco , sparando oltre 600 colpi. Le armi che le mie guardie e gli altri uomini della sicurezza hanno in dotazione sono MP5, coltM4 e tre UZI. Alcune delle guardie hanno il Kalashnikov. Dipende delle zone dove sono appostati. Normalmente durante il giorno ci sono in servizio di ronda almeno ventotto uomini . La zona della banca ( quella assaltata, ndr) è quella più protetta in alcuni periodi del mese. Purtroppo ho perso diverse guardie molto esperte e fedeli, che hanno ingaggiato i banditi con coraggio. Chi ci ha assaltato era velocissimo , armato anche con granate.Uniformi simili , che sembravano della Polizia. Pronunciavano pochissime parole. Assomigliavano più a mercenari. Erano tutti di pelle scura. Sono qui da due anni, dopo una lunga permanenza in medio oriente, e non ho mai assistito ad un attacco del genere. Nemmeno in Iraq , dove ho accompagnato un cliente di una società americana in piena guerra." |
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#8 |
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Nigeria: attacchi e minacce contro l'Agip I ribelli del Mend agli stranieri: «Partite immediatamente, altrimenti da febbraio ci saranno azioni ancora più dure».
ADDIS ABEBA – Ieri sera e stamattina si sono succedute parecchie riunioni alla base dell’Agip a Port Harcourt, in Nigeria, attaccata da una ventina di uomini armati, alla fine di martedì mattina. I dirigenti hanno discusso se evacuare il grande complesso, la cui sicurezza è affidata alle guardie della polizia privata Mopol. Oltre a diverse palazzine, tra cui quella della Zenith Bank attaccata e svaligiata dagli assalitori, nei cortili e nei magazzini, che trovano posto nel compound, è stoccato parecchio materiale di notevole valore. Tra l’altro al momento dell’assalto nella pista dell’eliporto era parcheggiato almeno uno degli elicotteri che vengono usati per tenere i contatti tra la base a terra e le piattaforme che, off shore (cioè al largo, in mare aperto), estraggono il petrolio. I ribelli avrebbero potuto tentare di crivellarlo di proiettili e distruggerlo. Alla fine, nonostante l’attacco alla piattaforma organizzato dai ribelli lunedì (un morto tra gli assalitori, centrato delle guardie private) e i nove morti di martedì i dirigenti della Naoc (Nigerian Agip Oil Company, così si chiama la società di diritto nigeriano) hanno deciso di restare. I guerriglieri del MEND (Movement for the Emancipation of the Niger Delta) hanno annunciato la settimana scorsa che avrebbero attaccato le installazioni petrolifere nel delta del Niger. Nelle scorse settimane ci sono stati sabotaggi e attacchi tra cui quello su una piattaforma petrolifera della Shell con cui i miliziani hanno rapito quattro lavoratori stranieri, un americano, un britannico, un bulgaro e un onduregno. La società petrolifera anglo-olandese ha per questo evacuato più o meno 330 persone e ha tagliato la produzione del 10 per cento. I suoi dirigenti stanno valutando il rimpatrio di altri impiegati. In Nigeria la maggior parte delle concessioni petrolifere appartengono alla Shell, ma nel Paese operano anche la Total-Elf, la Chevron e l’Agip. La società italiana estrae il 10 per cento della produzione. Il Paese è uno dei più corrotti del mondo e fino al 1999 è stato governato con il pugno di ferro da generali golpisti che succhiavano senza ritegno (e con la connivenza delle multinazionali) il denaro proveniente dal petrolio. Ora c’è un governo civile (il presidente di chiama Olusegun Obasanjo) ma la mungitura della vacca grassa continua. I ribelli del MEND chiedono che finalmente le ricchezze vengano distribuite anche alla popolazione, una delle più povere del continente. In un comunicato i dirigenti del MEND hanno annunciato: «Non ci fermeremo e porteremo gli attacchi fin dentro le città, governate dalla cricca corrotta e mafiosa». I militanti hanno invitato gli stranieri che lavorano nelle società petrolifere a «partire immediatamente». Nella regione del delta del Niger viene estratta la maggior parte dei 2,4 milioni di barili di greggio che la Nigeria esporta ogni giorno. I ribelli hanno lanciato un ultimatum: «La Shell deve versare al governo locale 1,5 milioni di dollari come risarcimento dei danni provocati dal catastrofico disastro ambientale e il governo centrale deve liberare due nostri leader (arrestati qualche settimana fa, ndr). Altrimenti – conclude il documento – a far data dal 1° febbraio 2006 metteremo in atto pratiche ancora più aggressive contro chi lavora per le società petrolifere e contro le loro famiglie». Mujahid Dokubo-Asari, uno dei due leader di cui si chiede il rilascio è sotto processo ad Abuja, la capitale della Nigeria. Deve rispondere di tradimento e rischia la pena di morte. Durante l’ultima udienza ha accusato il presidente Olusegun Obasanjo di essere «un dittatore della peggior specie. Pagherà per i crimini commessi e per le sue azioni contro la popolazione di questo Paese». Massimo A. Alberizzi Corriere.it |
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#9 |
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Il petrolio vola a 65 dollari per la situazione in Nigeria
Martedì, 28 marzo Il prezzo del petrolio sale verso i 65 dollari al barile, per il timore di nuove tensioni in Nigeria. Sul circuito elettronico i future sul LIght crude avanzano di 73 cent a 64,89 dollari. In NIgeria il presidente, Olusegun Obasanjo ha convocato per il prossimo 5 aprile un meeting con i principali gruppi dell'area del Delta del Niger, dopo che i miliziano separatisti hanno rilasciato tre ostaggi stranieri. Finora gli attacchi alle piattaforme petrolifere della zona hano portato alla chiusura di impianti che producono 630 mila barili al giorno di greggio, pari al 26% della produzione nazionale. (canisciolti.info)
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NIGERIA 20/4/2006 11.10
DELTA DEL NIGER: AUTOBOMBA A PORT-HARCOURT, MORTI E FERITI Un'autobomba è esplosa ieri sera nella città meridionale di Port Harcourt di fronte a una caserma militare, uccidendo tre persone e ferendone un numero ancora imprecisato: lo hanno riferito oggi fonti ufficiali precisando che l’attentato è stato rivendicato in una e-mail dai guerriglieri del Movimento per l'emancipazione del delta del Niger (Mend), protagonisti negli ultimi mesi di ripetuti attacchi alle multinazionali del greggio che hanno ridotto di circa un quarto le esportazioni di greggio della regione. Il Mend ha avvertito che “si è trattato di un atto simbolico, più che strategico” per lanciare un avvertimento ai soldati e ai dipendenti delle industrie petrolifere: “Nelle prossime settimane – hanno detto i militanti – ci saranno altri attacchi”. Proprio ieri i militanti del Delta del Niger avevano respinto il piano annunciato dal presidente Olusegun Obasanjo per lo sviluppo socio-economico del territorio, reiterando la loro richiesta di gestire direttamente i proventi dell’industria locale dell’‘oro nero’. Con 2,6 milioni di barili al giorno, la Nigeria è l’8° produttore di greggio al mondo, ma molti dei suoi oltre 130 milioni di abitanti – il Paese più popoloso dell’Africa – vivono sotto la soglia di povertà.[PIME]
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NIGERIA 4/5/2006 10.24
DELTA DEL NIGER: ARRESTATI SEI MILIZIANI Sei giovani sono stati arrestati dalla marina nigeriana durante un attacco contro una piattaforma petrolifera di una multinazionale nel sud del paese, dove nei mesi scorsi si sono moltiplicati i sabotaggi, i rapimenti e le violenze ai danni delle compagnie internazionali che operano nello sfruttamento e nella commercializzazione del greggio. Lo riferisce oggi la stampa locale, precisando che i 6, arrestati nei giorni scorsi e trasferiti nelle ultime ore ad Abuja, facevano parte del gruppo armato di 15 persone che ha assaltato la piattaforma della Mobil a Mkapanak, nello Stato di Akwa Ibom, e che è stato fermato da truppe della marina nigeriana dispiegate recentemente a protezione delle istallazioni petrolifere internazionali. Fonti ufficiali nigeriane collegano i 6 giovani ai “gruppi che recentemente hanno distrutto pozzi e piattaforme”, senza comunque avanzare il nome di alcuna formazione in particolare. Il principale di questi gruppi, il neonato Movimento di emancipazione per il Delta del Niger (Mend) a fine aprile ha respinto il piano presentato dal presidente Olusegun Obasanjo per lo sviluppo socio-economico del territorio, minacciando nuovi attacchi. Con 2,6 milioni di barili al giorno, la Nigeria è l’8° produttore di greggio al mondo, ma molti dei suoi oltre 130 milioni di abitanti – il Paese più popoloso dell’Africa – vivono sotto la soglia di povertà.
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NIGERIA 8/5/2006 12.45
DELTA DEL NIGER: MILIZIANI ANNUNCIANO CESSATE-IL-FUOCO I ribelli del Delta del Niger hanno annunciato un cessate-il-fuoco di tre mesi e la disponibilità a negoziare con le autorità, dopo tre mesi di sabotaggi, rapimenti e attacchi ai danni delle compagnie multinazionali che operano nello sfruttamento e nella commercializzazione del greggio. "Dopo vari incontri a Port Harcourt e Warri, il Movimento per l'emancipazione del Delta del Niger (Mend) ha stabilito che tutte le forme di ostilità saranno d'ora innanzi sospese, nella speranza che questo porti a deliberazioni pacifiche perché regni la pace nel Delta del Niger” si legge in un comunicato diffuso ieri a Port Harcourt, la capitale del Rivers State; il Mend è nato lo scorso gennaio dalla fusione del Fronte di salvezza delle popolazioni del Delta del Niger, della Brigata dei Martiri e della Coalizione dell'azione militante nel Delta del Niger, movimenti che rivendicano una distribuzione delle ricche risorse petrolifere a favore della popolazione locale. "Il Mend starà a osservare gli avvenimenti per un periodo di tre mesi, durante i quali deciderà che scelte adottare. Apprezza gli sforzi compiuti dal Consiglio nazionale per la difesa della democrazia (Cndd) e dal governo federale per risolvere la crisi nella regione". La decisione è stata accolta con favore dalle autorità governative e domani rappresentanti dello stato federale incontreranno i capi del Mend, ha detto il vice-presidente del Consiglio della gioventù Ijaw (Iyc), David Reje. Il Delta del Niger è la cassaforte dell’‘oro nero’ nigeriano, da dove si ricava la maggior parte dei circa 2,4 milioni di barili di greggio prodotti ogni giorno.
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NIGERIA 9/5/2006 11.37
DELTA DEL NIGER: MILIZIANI SMENTISCONO CESSATE-IL-FUOCO “Vogliamo smentire le notizie di un cessate-il-fuoco”, ha dichiarato il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) in una e-mail inviata ad alcuni organi di stampa nazionali ed internazionali che ieri avevano riportato un comunicato in cui i ribelli – responsabili negli scorsi mesi di sabotaggi, rapimenti e attacchi ai danni delle compagnie multinazionali che operano nello sfruttamento e nella commercializzazione del greggio – si dicevano disponibili a una tregua di tre mesi e a negoziati con le autorità. “È un tentativo grossolano di una parte del governo nigeriano di trarre in inganno i media e di confondere la comunità degli affari internazionali e petroliferi”, si legge ancora nella e-mail firmata da Jomo Gbomo (probabilmente uno pseudonimo) che si definisce portavoce del Mend. “Il nostro obiettivo resta la distruzione totale della capacità del governo nigeriano di esportare petrolio greggio dal Delta del Niger”, ha aggiunto Gbomo ribadendo che il Mend non cesserà gli attacchi finché il governo non accoglierà le sue richieste: il rilascio di due capi d’etnia Ijaw in prigione con l’accusa di tradimento e riciclaggio di denaro, un risarcimento di 1,2 miliardi di euro dalla Royal Dutch Shell Plc (Rdsa) per i danni ambientali causati dalla compagnia e soprattutto una distribuzione dei proventi petroliferi a favore dei 20 milioni della popolazione locale del Delta del Niger dove vengono estratti la maggior parte dei circa 2,5 milioni di barili di greggio prodotti ogni giorno in Nigeria. “A breve risponderemo a queste false dichiarazioni con una serie di attacchi contro obiettivi e individui dell’industria petrolifera”, ha avvertito il portavoce dei ribelli. Seppure anche il governo abbia smentito il cessate-il-fuoco, un funzionario del ministero del Petrolio ha accennato a colloqui “informali” e “per lo più telefonici” tra il ministro del Petrolio nigeriano, Edmund Daujoru, e dirigenti del Mend.
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NIGERIA 10/5/2006 16.41
DELTA DEL NIGER: UCCISO DIPENDENTE AZIENDA PETROLIFERA Un dipendente statunitense di un’azienda americana impegnata nel settore petrolifero è stato ucciso oggi in un attacco nella città meridionale di Port Harcourt. Lo hanno riferito fonti giornalistiche internazionali, citando le autorità locali. Secondo la prima ricostruzione dei fatti rilasciata dalla polizia e da altre fonti locali, l’uomo sarebbe stato ucciso questa mattina presto dai colpi di arma da fuoco esplosi contro di lui da un sicario che lo ha avvicinato in sella a una moto. Non è chiaro se l’omicidio sia da mettere in relazione alle nuove minacce lanciate nelle ultime 24 ore dal Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), il gruppo protagonista negli ultimi mesi di attacchi e sequestri ai danni delle multinazionali del petrolio che lavorano nella regione meridionale del Delta e i loro dipendenti. NIGERIA 10/5/2006 17.16 DELTA DEL NIGER: NUOVE MINACCE DEL MEND In una e-mail inviata ieri ai media nazionali e internazionali, il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) ha annunciato la ripresa delle violenze nei confronti delle aziende petrolifere e dei loro dipendenti. “Come promesso riprenderemo presto gli attacchi contro le installazioni petrolifere delle compagnie internazionali e locali nel Delta del Niger. Tutte le strutture utilizzate dalle compagnie petrolifere, inclusa l’azienda pubblica nigeriana ‘Nigerian National Petroleum Corporation’ (Nnpc), verranno colpite” scrivono i miliziani del Mend, invitando i dipendenti delle aziende in questione a tenersi alla larga dagli uffici. Nel documento, che porta la firma di “Jomo Gbomo”, autodefinitosi portavoce del Mend, per la prima volta vengono minacciati anche “i governatori degli Stati del Delta del Niger”, accusati di “aver ucciso nei giorni scorsi i sogni delle popolazioni del Delta”. Il Mend è solo l’ultimo dei tanti gruppi sorti negli ultimi anni nella regione del Delta; quasi tutte queste formazioni rivendicano una più equa distribuzione delle risorse petrolifere di questa regione, la ‘cassaforte’ dell’oro nero nigeriano. Con 2,6 milioni di barili al giorno, la Nigeria è l’8° produttore di greggio al mondo, ma i suoi oltre 130 milioni di abitanti – il Paese più popoloso dell’Africa – non ne traggono particolare beneficio. A differenza degli alti gruppi però il Mend (che dice di combattere per le popolazioni Ijaw, una delle etnie maggioritarie della regione) sembra avere una grande capacità di coordinamento, di comunicazione e soprattutto una dimensione più marcatamente politica dei precedenti gruppi. Per il momento non ci sono elementi che consentono di collegare le minacce diffuse ieri dal Mend con l’omicidio, avvenuto questa mattina presto a Port Harcourt, del dipendente americano di una azienda petrolifera Usa attiva nel Delta.
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NIGERIA 11/5/2006 15.35
DELTA DEL NIGER: RAPITI DIPENDENTI AZIENDA PETROLIFERA ITALIANA Tre dipendenti dell’azienda petrolifera Saipem del gruppo Eni – tra cui un italiano e un indiano – sono stati rapiti oggi a Port Harcourt, nella zona del Delta del Niger, nel sud del Paese: lo si apprende da fonti dell’azienda, citata da agenzie di stampa internazionale. Secondo le prime sommarie informazioni, il sequestro sarebbe avvenuto mentre i tre viaggiavano a bordo di un’auto scortata dalla polizia. Gli agenti, che non sono riusciti a impedire il rapimento, avrebbero però arrestato uno degli aggressori. Nella zona sono attivi diversi gruppi locali che rivendicano una maggiore distribuzione alle comunità locali delle risorse del Delta del Niger, “cassaforte” del greggio nigeriano. Ieri un dipendente statunitense di un’azienda americana impegnata nel settore petrolifero è stato ucciso in un attacco a Port Harcourt; non è chiaro se l’episodio sia da mettere in relazione alle nuove minacce lanciate nelle ultime 24 ore dal Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), il gruppo protagonista negli ultimi mesi di attacchi e sequestri ai danni delle multinazionali del petrolio che lavorano nella regione meridionale del Delta e i loro dipendenti. Secondo fonti di stampa internazionale, non vi sono elementi per stabilire una relazione tra il rapimento dei tre dipendenti della ‘Saipem’ e le rivendicazioni dei gruppi locali.
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NIGERIA 11/5/2006 19.15
DELTA DEL NIGER: RAPITI DIPENDENTI AZIENDA PETROLIFERA ITALIANA – 2 Il sequestro di tre dipendenti della società Saipem del gruppo Eni – tre stranieri, tra cui un italiano - è stato confermato oggi dal portavoce della polizia federale nigeriana, secondo cui è già in corso una trattativa per la loro liberazione. “Sono trattenuti a Buguma, nella regione di Port Harcourt, dove la comunità locale non è soddisfatta a causa di alcuni fraintendimenti nell’accordo con la società” Saipem, ha detto Haz Iwendi, citato dall’agenzia ‘Afp’. “Si sta già negoziando, ma sembra che vi sia un ostacolo alla trattavia e gli abitanti della zona hanno detto che se saranno pagati in base alle loro richieste rilasceranno i sequestrati” ha aggiunto il portavoce. Un responsabile della Saipem contattato dalla stessa agenzia di stampa a Lagos ha confermato il rapimento dei tre; la MISNA ha cercato ulteriori conferme e dettagli dagli uffici centrali della Saipem-Eni di San Donato Milanese, alle porte di Milano, senza ottenerne. L’attacco di oggi è il secondo in poche ore: ieri a Port Harcourt è stato ucciso un dipendente statunitense di un’azienda americana impegnata nel settore petrolifero nella regione del Delta, dove si trovano i principali giacimenti della Nigeria, che con 2,5-2,6 milioni di barili al girono di greggio è l’8° produttore al mondo. Negli ultimi mesi gli attacchi di gruppi locali – che rivendicano una più equa distribuzione dei proventi dell’oro nero – hanno provocato un calo della produzione petrolifera. Operatori economici del settore hanno messo in relazione il rapimento di oggi con il nuovo aumento del prezzo del greggio, che ha superato i 72 dollari al barile.
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#17 |
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NIGERIA 12/5/2006 8.43
DELTA DEL NIGER: RILASCIATI OSTAGGI STRANIERI RAPITI IERI Sono stati rilasciati stamani i tre dipendenti della società Saipem del gruppo Eni rapiti ieri nei pressi di Port Harcourt, nella regione petrolifera del Delta del Niger. La notizia della liberazione, annunciata dalla polizia, è stata confermata da fonti dell’azienda, citate da agenzie internazionali. Tra i rapiti c’era l’italiano Vito Macrina, prelevato insieme a due altri tecnici ieri da un gruppo armato mentre viaggiava a bordo di un’auto. Sembrerebbe che il sequestro sia stato motivato da dissidi tra la comunità locale e l’azienda italiana, in particolare per un oleodotto che dovrebbe passare attraverso la comunità di Buguma, comunque non strettamente legato alle rivendicazioni dei gruppi armati che da mesi attaccano impianti petroliferi delle compagnie straniere rivendicando una più equa divisione dei proventi dell’oro nero. Due giorni fa, a Port Harcourt – dove hanno sede le principali compagnie petrolifere internazionali impegnate nello sfruttamento del greggio nigeriano – era stato ucciso un tecnico statunitense. Il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend) – che nei giorni scorsi aveva minacciato nuovi attacchi contro impianti e uffici stranieri – ieri si era subito detto estraneo al rapimento dei tre. Non è ancora chiaro se per la loro liberazione si stato pagato un riscatto. Il quotidiano ‘Vanguard’ di Lagos scrive oggi che il sequestro è stato compiuto da un gruppo di giovani che accusano la Saipem di danneggiare l’ambiente e di violare l’accordo sottoscritto con i Buguma. Le comunità locali da anni denunciano i danni ambientali e la mancata partecipazione ai guadagni dell’estrazione del greggio, gestiti dal governo federale e comunque destinati in gran parte alle multinazionali attive nel Delta del Niger, la ‘cassaforte’ petrolifera della Nigeria, che con 2,5-2,6 milioni di barili estratti al giorno è l’8° produttore mondiale di greggio; gran parte dei suoi oltre 120 milioni di abitanti – comunque - vive sotto la soglia di povertà [PIME]. 12 maggio 2006 17.22 NIGERIA: SCOPPIA OLEODOTTO, FORSE 150 MORTI CARBONIZZATI SU SPIAGGIA Con il passare delle ore le dimensioni della tragedia causata da una gigantesca esplosione nell'oleodotto di Ilado Beach, presso la capitale economica della Nigeria Lagos, appaiono chiare e terribili. Un giornalista dell'agenzia France Presse, che stima il numero dei morti in oltre 150, ha detto di aver visto corpi carbonizzati su un fronte di almeno cento metri lungo la spiaggia di Ilado Beach, villaggio costiero che appartiene all'agglomerato di Lagos. Il reporter ha aggiunto che coloro che erano più vicini all'oleodotto sono stati quasi ridotti in cenere, cosa che ne rende impossibile l'identificazione. Altri cadaveri, sfigurati dal calore, irrigiditi nel momento della fuga giacciono sulla sabbia e nell'acqua sono visibili i resti carbonizzati di una piccola imbarcazione con altri corpi che galleggiano intorno. La Croce Rossa ha confermato di aver trovato sul posto i resti di circa 500 bidoni usati di solito per trafugare carburante, circostanza che accrediterebbe l'ipotesi di una esplosione accidentale causata da ladri di petrolio.[Avvenire]
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NIGERIA 15/5/2006 15.58
DELTA DEL NIGER, POLIZIOTTI UCCISI DA SOSPETTI MILITANTI Quattro poliziotti sono stati uccisi e altri due feriti da sospetti militanti del Delta del Niger – che chiedono una diversa distribuzione dei proventi del petrolio – nella città di Port Harcourt, nel River State, dove pochi giorni fa sono stati rapiti e rilasciati anche tre tecnici della società italiana Saipem del gruppo Eni. Lo si apprende oggi dalla stampa locale, secondo cui si tratta di agenti della polizia costiera; secondo fonti citate dalla britannica ‘Bbc’ le vittime sarebbero sei, i cui cadaveri sono stati ritrovati in un fiume. Nessun gruppo ha finora rivendicato la responsabilità dell’attacco. Un ufficiale di polizia citato dal quotidiano ‘This Day’ di Lagos ha detto che si teme il ritrovamento dei corpi di altri agenti uccisi. Un paio di settimane fa nuove minacce contro la polizia erano state lanciate da alcuni gruppi attivi nella regione petrolifera del Delta del Niger, da tempo teatro di tensioni tra le comunità locali e grandi multinazionali del greggio, accusate di sfruttare l’‘oro nero’ provocando gravi danni ambientali, senza alcun beneficio diretto per la popolazione del posto. Nei giorni scorsi il Movimento per l’emancipazione del Delta del Niger (Mend), una delle principali formazioni attive nella regione, aveva annunciato nuovi attacchi contro impianti e dipendenti di compagnie petrolifere straniere. La scorsa settimana a Port Harcourt è stato ucciso un americano che lavorava per una multinazionale del petrolio.
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