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Old 25-03-2004, 15:37   #1
ni.jo
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R.Clarke: sottovalutati rischi 11/9

http://www.reuters.com/locales/newsA...toryID=4650848
24 Mar 2004 22:03
Ex responsabile servizi accusa Bush: sottovalutò rischi 11/9

WASHINGTON (Reuters) - L'ex responsabile del controspionaggio dell'amministrazione Bush avvisò una settimana prima degli attentati dell'11 settembre del rischio di un attentato terroristico che avrebbe potuto uccidere centinaia di americani, ma oggi ha detto che il presidente non considerò il terrorismo una questione urgente.

Richard Clarke, che ha servito sotto quattro presidenti Usa, ha detto oggi alla commissione nazionale di indagine sugli attacchi del 2001 contro il World Trade Center e il Pentagono: "Credo che l'amministrazione Bush nei primi otto mesi abbia considerato il terrorismo una questione importante, ma non una questione urgente".

Nel secondo dei due drammatici giorni della sua testimonianza, uno dei momenti più critici è stato quando il commissario Tim Roemer, ex deputato democratico al Congresso, ha chiesto a Clarke di una lettera scritta al consigliere nazionale per la sicurezza di Bush, Condoleeza Rice, una settimana prima degli attentati*.

"Lei ha invitato i politici a immaginare il giorno dopo la morte di centinaia di americani in patria e all'estero per un attacco terroristico e ha chiesto cos'altro avrebbero fatto. Lei ha scritto queste parole il 4 settembre, sette giorni prima dell'11 settembre". Clarke ha semplicemente risposto: "Sì".
Clarke, che ha parlato per 15 ore davanti alla commissione a porte chiuse, ha suscitato polemiche in questa settimana pubblicando un libro che accusa l'amministrazione Bush di non essere riuscita a riconoscere l'urgenza della minaccia rappresentata dalla rete al Qaeda di Osama bin Laden.

Oggi in un'altra testimonianza, il direttore della Cia George Tenet ha ammesso che si sarebbe potuto fare di più per evitare gli attentati dell'11 settembre, ma ha respinto le critiche che la sua agenzia sarebbe stata troppo cauta nell'affrontare le minacce di al Qaeda.

La commissione parlamentare, composta da cinque repubblicani e cinque democratici, dovrà presentare a luglio il suo rapporto nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali Usa. L'esito dell'indagine potrebbe avere forti implicazioni sulle speranza di Bush di essere rieletto.

*La Rice ha risposto che Clarke non sollevo' mai con lei alcun dubbio su come l'amministrazione stesse affrontando la grave minaccia. In particolare, la Rice ha raccontato che - quando Clarke lascio' il suo incarico, 13 mesi fa - lei lo invito' a colazione e "non fece parola del rischio che l'Iraq ci avrebbe distratto dalla guerra al terrorismo; sarebbe stato facile farlo, tener fuori gli altri e dirci confidenzialmente 'Voglio dirvi che state facendo un errore'. E non l'ha fatto", ha raccontato la Rice ai reporter, riuniti nel suo ufficio a West Wing.(fonte: agi)

altri articoli:
panorama
repubblica
reuters

riporto l'altro post sulla discussione in merito al pentito di Al quaeda)

Quote:
Originariamente inviato da ni.jo
p.s. Clarke ("lo zar dello spionaggio" per la Stampa di oggi) ieri ha pubblicamente accusato Bush per aver abbassato il livello di impegno contro il terrorismo e ha detto che prima dell'11/9 gli è stato detto "perchè ti preoccupi di un organizzazione che in (.. non ricordo quanti...) anni ha ucciso poco più di 30 americani"
Si è comunque scusato per non aver fatto di più per evitare l'attentato e ha dichiarato di non avere nessuna intenzione di lavorare per kerry ma solo di criticare le politiche sbagliate di bush.

Clarke non è un pacifista e non è nemmeno un democratico. Indipendente, repubblicano almeno prima delle presidenziali del 2000 è al contrario noto come un uomo dal carattere molto duro e con inclinazioni da falco.
E' uno dei massimi esperti di terrorismo, cosa riconosciuta da Bush senior prima, Clinton e infine lo stesso Wolker Bush
Il suo curriculum parla da solo.

Clarke, come faceva notare prima dell'uscita del libro il columnist di Time Joe Klein, è l'uomo che ai primi di gennaio del 2001 - nel corso della transizione di Washington, tre mesi dopo l'affondamento del cacciatorpediniere Cole nel porto di Aden - andò assieme a Sandy Berger, il consigliere per la sicurezza nazionale di Clinton, a illustrare a Condoleezza Rice i piani per una guerra a tutto campo contro al Qaeda. Ma la nuova consigliera per la sicurezza nazionale aveva altre priorità, lei era ancora convinta che il problema principale dell'America fosse la Cina. Così decise di rivedere la politica antiterrorismo, ma la prese con calma e terminò il lavoro solo il 4 settembre successivo. Una settimana prima delle Torri Gemelle.

(fonte: il riformista )
il sito ufficiale della commissione:
http://www.9-11commission.gov/
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Ultima modifica di ni.jo : 15-07-2004 alle 16:24.
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Old 25-03-2004, 15:53   #2
yossarian
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Re: R.Clarke: sottovalutati rischi 11/9

Quote:
Originariamente inviato da ni.jo
http://www.reuters.com/locales/newsA...toryID=4650848
24 Mar 2004 22:03
Ex responsabile servizi accusa Bush: sottovalutò rischi 11/9

WASHINGTON (Reuters) - L'ex responsabile del controspionaggio dell'amministrazione Bush avvisò una settimana prima degli attentati dell'11 settembre del rischio di un attentato terroristico che avrebbe potuto uccidere centinaia di americani, ma oggi ha detto che il presidente non considerò il terrorismo una questione urgente.

Richard Clarke, che ha servito sotto quattro presidenti Usa, ha detto oggi alla commissione nazionale di indagine sugli attacchi del 2001 contro il World Trade Center e il Pentagono: "Credo che l'amministrazione Bush nei primi otto mesi abbia considerato il terrorismo una questione importante, ma non una questione urgente".

Nel secondo dei due drammatici giorni della sua testimonianza, uno dei momenti più critici è stato quando il commissario Tim Roemer, ex deputato democratico al Congresso, ha chiesto a Clarke di una lettera scritta al consigliere nazionale per la sicurezza di Bush, Condoleeza Rice, una settimana prima degli attentati*.

"Lei ha invitato i politici a immaginare il giorno dopo la morte di centinaia di americani in patria e all'estero per un attacco terroristico e ha chiesto cos'altro avrebbero fatto. Lei ha scritto queste parole il 4 settembre, sette giorni prima dell'11 settembre". Clarke ha semplicemente risposto: "Sì".
Clarke, che ha parlato per 15 ore davanti alla commissione a porte chiuse, ha suscitato polemiche in questa settimana pubblicando un libro che accusa l'amministrazione Bush di non essere riuscita a riconoscere l'urgenza della minaccia rappresentata dalla rete al Qaeda di Osama bin Laden.

Oggi in un'altra testimonianza, il direttore della Cia George Tenet ha ammesso che si sarebbe potuto fare di più per evitare gli attentati dell'11 settembre, ma ha respinto le critiche che la sua agenzia sarebbe stata troppo cauta nell'affrontare le minacce di al Qaeda.

La commissione parlamentare, composta da cinque repubblicani e cinque democratici, dovrà presentare a luglio il suo rapporto nel pieno della campagna elettorale per le presidenziali Usa. L'esito dell'indagine potrebbe avere forti implicazioni sulle speranza di Bush di essere rieletto.

*La Rice ha risposto che Clarke non sollevo' mai con lei alcun dubbio su come l'amministrazione stesse affrontando la grave minaccia. In particolare, la Rice ha raccontato che - quando Clarke lascio' il suo incarico, 13 mesi fa - lei lo invito' a colazione e "non fece parola del rischio che l'Iraq ci avrebbe distratto dalla guerra al terrorismo; sarebbe stato facile farlo, tener fuori gli altri e dirci confidenzialmente 'Voglio dirvi che state facendo un errore'. E non l'ha fatto", ha raccontato la Rice ai reporter, riuniti nel suo ufficio a West Wing.(fonte: agi)

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forse Bush era troppo occupato ad organizzare la guerra per il petrolio contro Saddam (vedasi lettera scritta a Clinton nel '98 e serie di riunioni del gabinetto presidenziale tra il gennaio e il febbraio 2001) e la CIA troppo occupata a creare falsi dossier sulla presenza di WDM in Iraq (vedasi rapporti dello stesso Tennet fatti nel febbraio 2001 e nel gennaio 2002, del tutto discordanti tra loro)


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Old 25-03-2004, 16:10   #3
ni.jo
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penso che per un bel pò sarà sottoposto a un fuoco incrociato di quelli belli tosti



«Sapevo che ci sarebbe stato un prezzo da pagare», ha detto quando uno dei commissari gli ha ricordato tutte le cortesie ricevute dagli uomini di Bush...(non mi venite a contare che quella nella foto è una donna, per cortesia )
Una delle cortesie è la pubblicazione della lettera di dimissioni, dimissioni date perchè «Nelle tre amministrazioni che ho servito in precedenza la prima cosa che mi veniva detta era: se il tuo ufficio arriva alla conclusione che ci sono pericoli incombenti per il paese, interrompi qualunque cosa tu stia facendo e avverti il consigliere per la sicurezza nazionale; in questa amministrazione, la prima cosa che mi è stata detta era che tutte le comunicazioni che intendevo inoltrare dovevo consegnarle al vice»
nella lettrea di dimissioni cmq Clarke loda Bush per la «determinazione mostrata dopo l'11 settembre».
DOPO?
Clarke dice di aver presentato un piano (aiuti all'alleanza del nord e ricognizioni, rintracciamento delle basi di addestramento, infiltrazioni, reclutamento informatori ecc.. ecc.) prima dell'11/9 ma solo «in seguito alle indicazioni di apericolo che la Cia gli presentava praticamente ogni giorno, Bush chiese una strategia. Condoleezza Rice mi trasmise la richiesta e io gli risposi che la strategia gliel'avevo già presentata e potevamo discuterne quando voleva. Non è successo nulla». Il piano è più o meno quello applicato successivamente all'attentato.
La commissione di indagine è composta da cinque democratici e cinque repubblicani ha chiesto a George Tenet e all'ex consigliere di Clinton per la sicurezza nazionale come mai Al quaeda non venne affrontata prima, malgrado Bin laden fosse il ricercaato numero uno grazie ai precedenti attentati (tra cui una nave da guerra )
«Non avevamo l'autorità di ammazzare Osama bin Laden» o «Non ne avevano la capacità»...

Cmq di nuovo l'affermazione che il giorno successivo all'11/9 si sentì rivolgere da Bush «se l'Iraq c'entra in qualche modo», che fà il paio con quella di Rumsfeald e con chi dice che il piano fosse pronto da molto tempo prima, che mi fà pensare ad una forzatura e ad uno spreco di risorse quando il fronte Afghano era tutt'altro che risolto...non lo è neanche oggi, a dirla tutta.
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Ultima modifica di ni.jo : 25-03-2004 alle 17:00.
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Old 25-03-2004, 16:17   #4
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Sempre dal lavoro della commissione altro passo interessante, per la serie "comunque ce n'è per tutti":

Quote:
La repubblica
....
Il governo Clinton, si legge infatti nel testo, aveva fin dal 1995 indicazioni sulla pericolosità di bin Laden e del presunto organizzatore delle stragi di New York e Washington, Khalid Sheikh Mohammed, ma ha lasciato passare anni prima di agire. Ed erano informazioni precise, tanto che nel 1996 fu presa in considerazione la possibilità di estradare negli Stati Uniti bin Laden dal Sudan, ma il ministero della Giustizia si oppose. Fu così che gli uomini di Al Qaida lasciarono il paese per l'Afghanistan, facendo sosta negli Emirati Arabi Uniti, senza che gli Usa prendessero in considerazione la possibilità di intercettarli....
Thomas Kean, presidente della commissione d'inchiesta: "Se una serie di cose fossero andate diversamente l'11 settembre poteva forse essere prevenuto"

Quote:
La Stampa «Rumsfeld voleva attaccare Saddam il 12 settembre»
Prima pagina
21 Marzo 2004
NEW YORK. «Donald Rumsfeld voleva bombardare l'Iraq all'indomani degli attacchi dell'11 settembre». Ad accusare il capo del Pentagono è Richard Clarke, già coordinatore del controterrorismo alla Casa Bianca, in un'intervista per il programma «60 minutes» della Cbs. «Era il 12 settembre, il giorno dopo il crollo delle Torri - racconta - e Rumsfeld disse subito «Bombardiamo l'Iraq» ma tutti noi, la Cia e l'Fbi, gli rispondemmo «No, no in questo caso si tratta di Al Qaeda». A questa obiezione Rumsfeld avrebbe replicato: «Ma in Afghanistan non ci sono abbastanza obiettivi da colpire mentre in Iraq ne abbiamo a sufficienza». Bush e Cheney avrebbero discusso dell'ipotesi di una rappresaglia mirata contro l'Iraq nell'incontro che ebbero a Camp David il 16 settembre. La conclusione che trae Clarke è che «l'amministrazione voleva colpire l'Iraq da subito, con qualsiasi motivazione».


Quote:
il foglio
Bush aveva pianificato l’attacco all’Iraq già nei giorni successivi all’11 settembre, ma doveva avvenire soltanto dopo l’inizio delle operazioni in Afghanistan. L’ha detto il suo portavoce McClellan: “C’era il timore che Saddam approfittasse del nostro impegno contro i Talebani” Tenet alla Commissione di inchiesta sugli attacchi all’America: “Nemmeno la morte di bin Laden li avrebbe impediti: li coordinava Khaled Sheikh Mohammed”.
...gniiikkk....
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Ultima modifica di ni.jo : 25-03-2004 alle 16:39.
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Old 27-03-2004, 01:45   #5
ni.jo
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11 settembre, la consigliera di Bush sottovalutò Al Qaeda
di Bruno Marolo

Condoleezza Rice rischia il posto. Venerdì il New York Times ha scritto, come se la notizia fosse ovvia, che lascerà l'incarico di consigliera per la sicurezza nazionale a fine anno, dopo le elezioni. La pressione su di lei sta diventando insostenibile. La Casa Bianca è stata costretta a chiedere alla commissione di inchiesta sugli attentati dell'11 settembre 2001 di ascoltarla una seconda volta, per rettificare le contraddizioni in cui è caduta. Gli altri membri del governo hanno dovuto smentirla o sono stati smentiti da lei, in una furiosa raffica di dichiarazioni alla stampa.

Il presidente George Bush ha sempre sostenuto i collaboratori in difficoltà, ha un ottimo rapporto personale con la consigliera e del resto non potrebbe sconfessarla senza ammettere anche i propri errori. Tuttavia la persona di cui finora si è fidato più che di ogni altra sta diventando una continua fonte di problemi.


L'ultimo colpo di piccone sulla credibilità di Condoleezza Rice è stata la testimonianza dell'ex zar dell'antiterrorismo Richard Clarke davanti alla commissione d'inchiesta. Clarke riferiva direttamente al presidente Bill Clinton sui piani per eliminare Osama Bin Laden, ma la consigliera per la sicurezza nazionale bloccò il suo accesso a George Bush. «L'amministrazione Clinton - ha testimoniato Clarke - aveva una acuta sensibilità per la minaccia terrorista. L'amministrazione Bush invece la considerava importante ma non urgente».


Nel gennaio 2001, appena Condoleezza Rice arrivò alla Casa Bianca, Clarke le chiese la possibilità di riferire al nuovo gabinetto sul rischio di un attacco imminente di Al Qaeda. La riunione venne convocata soltanto il 4 settembre. La commissione ha messo a verbale una lettera profetica inviata quello stesso giorno da Clarke, indignato per il ritardo: «Immaginate il giorno in cui, dopo un attacco dei terroristi con centinaia di morti americani, dovremo domandarci se avremmo potuto impedirlo».


Condoleezza Rice ha rifiutato di deporre sotto giuramento davanti alla commissione, ma ha accettato un incontro di quattro ore a porte chiuse il 7 febbraio. Quando è stata criticata da Clarke, si è precipitata come una furia in tutte le redazioni di giornali e televisioni disposti a darle spazio. «Nessun piano contro Al Qaeda - ha scritto sul Washington Post - è stato presentato al nuovo governo».
Due giorni dopo ha cambiato versione in una intervista alla Nbc: «Clarke ci mandò alcune proposte che forse avrebbero contribuito a indebolire Al Qaeda. Agimmo di conseguenza molto rapidamente».


Altre sue affermazioni sono state contraddette. Condoleezza Rice ha sostenuto che la Casa Bianca aveva una strategia militare contro Al Qaeda prima dell'11 settembre ed è stata smentita dal sottosegretario di stato Richard Armitage. Ha raccontato di aver chiesto alla Cia un rapporto su Al Qaeda nell'estate del 2001 ed è stata smentita dal direttore dell'agenzia George Tenet. Ha cercato di far credere che il 16 settembre 2001 il presidente Bush le abbia detto di considerare l'Iraq «un problema a parte» rispetto agli attentati di cinque giorni prima, e si è trovata di fronte un ordine scritto inviato da Bush al Pentagono il 17 settembre per preparare l'invasione dell'Iraq.


In altre occasioni, ha smentito se stessa. «Nessuno -.aveva dichiarato in gennaio - avrebbe potuto prevedere che i terroristi avrebbero lanciato un aereo contro le torri gemelle». Richard Ben Veniste, un membro della commissione d'inchiesta, ha rivelato che nell'incontro a porte chiuse del 7 febbraio ella stessa ha ammesso di essere stata messa in guardia da Clarke e dai servizi segreti contro il rischio che i terroristi usassero aerei dirottati per un attacco.


La commissione ha perso la pazienza. «La Casa Bianca si è data la zappa sui piedi con il rifiuto di una testimonianza pubblica della dottoressa Rice», ha dichiarato il suo presidente, il repubblicano Thomas Kean. Il commissario democratico Bob Kerrey vuole sapere perché è tanto restia a lasciarsi interrogare «quando è stata in tutti gli studi televisivi per attaccare gli altri testimoni».


Messa con le spalle al muro, la consigliera di Bush ha sollecitato un nuovo incontro con i commissari, anche questo informale e a porte chiuse. Ha giustificato il rifiuto di una testimonianza vera e propria, in pubblico e sotto giuramento, per non creare un precedente con la rinuncia all'immunità. Anche in questo si sbaglia. Prima di lei hanno rinunciato Zbigniew Brsesinski e Sandy Berger, consiglieri per la sicurezza nazionale dei presidenti Jimmy Carter e Bill Clinton.
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Old 27-03-2004, 12:58   #6
yossarian
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sulle motivazioni della guerra in Iraq


«Clinton diverge da Bush sull'Iraq»: così titola The Washington Post (13 marzo), segnalando una ulteriore frattura provocata dalla decisione di andare subito alla guerra a costo di scavalcare il Consiglio di sicurezza dell'Onu. Appena un mese fa lo stesso Clinton, in una intervista a Nbc Today, sosteneva che «il presidente Bush non ha bisogno di un'altra risoluzione del Consiglio di sicurezza per usare la forza militare allo scopo di disarmare l'Iraq». Ora invece è divenuto più prudente: «Dovrebbe essere il capo-ispettore delle Nazioni unite, Hans Blix, a stabilire la tabella di marcia cui deve attenersi l'Iraq» e «gli Stati uniti dovrebbero acconsentire a tali tempi, qualsiasi essi siano». Bill Clinton conferma così la sua inaffidabilità agli occhi dei «falchi» dell'amministrazione, gli stessi che, quando egli era presidente degli Stati uniti, gli inviarono, il 26 gennaio 1998, una lettera aperta in cui chiedevano di «intraprendere una azione militare per rimuovere Saddam Hussein dal potere» poiché, in caso contrario, «una significativa porzione delle riserve petrolifere mondiali sarà messa a rischio». «Noi crediamo - sottolineavano i firmatari - che gli Stati uniti abbiano l'autorità, sulla base delle attuali risoluzioni dell'Onu, di intraprendere i passi necessari, compresi quelli militari, per proteggere i nostri vitali interessi nel Golfo. In qualsiasi caso, la politica americana non può continuare a essere menomata da una fuorviante insistenza sull'unanimità del Consiglio di sicurezza» (Letter to President Clinton on Iraq, January 26, 1998). La lettera - promossa dal Project for the New American Century, organizzazione «non-profit» costituita nel 1997 con «lo scopo di promuovere la leadership globale americana» - era firmata dal gruppo di «falchi» che successivamente è entrato a far parte dell'amministrazione Bush: Donald Rumsfeld, attuale segretario alla difesa; Paul Wolfowitz, attuale vice-segretario alla difesa; Peter Rodman, attuale assistente segretario alla difesa per gli affari della sicurezza internazionale; Richard Armitage, attuale vice-segretario di stato; John Bolton, attuale segretario di stato per il controllo degli armamenti; Richard Perle, attuale capo del comitato politico della difesa; William Kristol, presidente del Project for the New American Century, oggi consigliere del presidente Bush; Zalmay Khalilzad, attuale inviato speciale del presidente e ambasciatore presso l'opposizione irachena; Elliot Abrams, attuale assistente speciale del presidente e direttore per gli affari del Medio Oriente e Nord Africa. Dietro il gruppo dei firmatari c'erano Dick Cheney, allora direttore della Halliburton, la maggiore fornitrice mondiale di servizi per le industrie petrolifere, oggi vice-presidente nell'amministrazione Bush, e Lewis Libby, suo attuale capo dello staff.

Il vero scopo della strategia perseguita dal gruppo dei «falchi», firmatari della lettera a Clinton, emerge da un documento pubblicato dal Project for the New American Century nel settembre 2000. Esso afferma che, «mentre l'irrisolto conflitto con l'Iraq fornisce l'immediata giustificazione, l'esigenza di mantenere nel Golfo una consistente forza militare americana trascende la questione del regime di Saddam Hussein», dato che il Golfo è «una regione di vitale importanza» in cui gli Usa devono avere «un ruolo permanente» (Rebuilding America's Defenses, September 2000).



ROMA - Per alcuni uomini che contano dell'amministrazione Bush la guerra all'Iraq era decisa da tempo. Per l'esattezza almeno dal gennaio 1998: «Gentile presidente Clinton, Le stiamo scrivendo perché convinti che l'attuale politica americana nei confronti dell'Iraq non stia avendo successo». Così iniziava la lettera che l'organizzazione «Project for the New American Century» (Progetto per il nuovo secolo americano) scriveva al presidente degli Stati Uniti d'America, il 26 gennaio 1998. Poco righe dopo, senza troppi preamboli, in quella stessa lettera si dice che era venuto il momento di intraprendere un'azione militare contro Saddam Hussein e, in prospettiva, di rimuovere il rais dal potere. Per fare questo «si offre il nostro pieno supporto». A firmare la lettera, tra gli altri fondatori di New American Century, ci sono l'attuale segretario alla difesa Donald Rumsfeld e il suo vice Paul Wolfowitz, oltre ad altri nomi noti tra i conservatori americani.

COS'E' «NEW AMERICAN CENTURY» - Il think tank «Project for the New American Century» (PNAC) viene fondata nella primavera del 1997 e ha come obiettivo quello di perseguire la supremazia globale degli Stati Uniti (e qui compare anche la firma del vicepresidente Dick Cheney), il raggiungendo tutti i primati, politici, economici e militari che la fine della guerra fredda ha lasciato aperti per il XXI secolo. Senza troppi giri di parole, si promuove l’ipotesi di un impero democratico e liberale, sul modello di quello romano, con le ovvie attualizzazioni.

RIDUZIONE DELL'ONU E IL RUOLO DELL'EUROPA - In diverse pagine del sito dell'organizzazione si ospitano saggi e articoli che sostengono come gli Stati Uniti, per poter raggiungere i loro obiettivi, debbano liberarsi dei vincoli imposti dal ruolo dell'Onu - in particolare dal Consiglio di Sicurezza - e come sia da tenere a freno una crescita economica e militare dell'Europa.

TESTI CONSIGLIATI - Nella pagina del sito dedicata alle ultime novità ci sono anche le segnalazioni dei libri recenti consigliati ai navigatori. L'ultimo, in ordine di tempo è: «Usa contro Europa nel nuovo ordine mondiale» di Robert Kagan. La prefazione inizia cosi: «E' venuto il momento di finire di pretendere che europei e americani dividano la stessa visione del mondo, o anche che essi occupino lo stesso mondo».
--------

IL SOGNO AMERICANO

Il Progetto per il nuovo secolo americano era già pronto nel l998. E' un piano dei centri di ricerca americani di estrema destra per il dominio mondiale degli Stati Uniti. La prima tappa è l'attacco all'Iraq

Di Jochen Bölsche, DER SPIEGEL http://www.spiegel.de/

IN TUTTO IL MONDO, I CRITICI DEL PRESIDENTE BUSH sono convinti che la seconda guerra del Golfo serve essenzialmente a sostituire Saddam, anche se il dittatore non ha armi di distruzione di massa. "Non si tratta delle sue
armi" scrive il pacifista israeliano di origine tedesca Uri Avnery, "questa è semplicemente una guerra per il dominio del mondo, dal punto di vista commerciale, politico, strategico e culturale". Ed è basata su modelli concreti. Realizzati già negli anni novanta da centri di ricerca di estrema destra.

Organizzazioni in cui i guerrieri della guerra fredda provenienti dai circoli più interni dei servizi segreti, dalle chiese evangeliche, dalle
società produttrici di armi e dalle compagnie petrolifere studiavano piani sconvolgenti per realizzare il nuovo ordine mondiale. Nei progetti di questi falchi prevaleva la legge del più forte; e il paese più forte, naturalmente, sarebbe stato l'ultima superpotenza: l'America.

A questo scopo gli Stati Uniti avrebbero dovuto usare qualsiasi mezzo diplomatico, economico e militare, perfino guerre di aggressione per conquistare il controllo a lungo termine delle risorse del pianeta e indebolire ogni possibile rivale. Questi progetti degli anni novanta che andavano dal mettere da parte le Nazioni Unite a una serie di guerre per stabilire il predominio statunitense non erano affatto segreti. Quasi tutti sono stati resi pubblici, alcuni si possono addirittura trovare in rete.

Per molto tempo questi piani sono stati liquidati come frutto delle fantasie di intellettuali isolati, residui dell'era ultraconservatrice di Reagan, il più gelido dei guerrieri della guerra fredda, ibernati nei circoli chiusi dell'accademia e dei gruppi di pressione. Alla Casa Bianca si respirava un'aria di internazionalismo. Si parlava di associazioni per i diritti umani universali, di multilateralismo nei rapporti con gli alleati. Erano in programma trattati sul cambiamento del clima, sul controllo degli armamenti, sulle mine antipersona e la giustizia internazionale.

"Il nuovo secolo americano" In quest'atmosfera liberale arrivò, quasi inosservata, la proposta di un gruppo chiamato Progetto per il nuovo secolo americano (Pnac) che nel 1997 tracciava con forza un piano per la"leadership globale dell'America". Il 26 gennaio del 1998 l'équipe del progetto scrisse al presidente Clinton, chiedendo un cambiamento radicale nei rapporti con le Nazioni Unite, e la fine di Saddam.

Anche se non era chiaro se Saddam stesse costruendo armi di distruzione di massa, rappresentava, a loro avviso, una minaccia per gli Stati Uniti, per Israele e per gli stati arabi, e possedeva "una parte consistente delle riserve di petrolio del mondo". Giustificavano così la loro proposta: "A breve termine bisogna essere pronti a un'azione militare senza riguardi per la diplomazia. A lungo termine bisogna disarmare Saddam e il suo regime. Siamo convinti che, in base alle risoluzioni dell'Onu esistenti, gli Stati Uniti, hanno il diritto di prendere tutte le iniziative necessarie, compresa quella di dichiarare guerra, per garantire i loro interessi vitali nel
Golfo. La politica degli Stati Uniti non dovrebbe in nessun caso essere paralizzata dalla fuorviante insistenza del Consiglio di sicurezza sull'unanimità"

"La bozza di un'offensiva" Questa lettera poteva restare a ingiallire negli archivi della Casa Bianca, se non fosse stata così simile alla bozza di una guerra desiderata a lungo; e poteva essere dimenticata, se i membri del Pnac non l'avessero firmata. I suoi firmatari oggi fanno tutti parte dell'amministrazione Bush. Sono: il vicepresidente Dick Cheney; il capo dello staff di Cheney, Lewis Libby; il
ministro della difesa Donald Rumsfeld; il vice di Rumsfeld, Paul Wolfowitz; il responsabile delle"questioni di sicurezza globale" Peter Rodman; il segretario di stato per il controllo degli armamenti John Bolton; il vice ministro degli esteri Richard Armitage; l'ex vice ministro della difesa dell'amministrazione Reagan e ora presidente della commissione difesa Richard Perle; il capo del Pnac e consigliere di Bush, William Bristol, noto come il cervello del presidente; e Zalmay Khalilzad, che dopo essere stato ambasciatore speciale e responsabile del governo dell'Afghanistan ora é l'ambasciatore speciale di Bush presso l'opposizione irachena.

Ma prima ancora di questo documento - più di dieci anni fa due sostenitori della linea dura che appartenevano al gruppo avevano presentato una proposta di difesa che aveva sollevato scandalo in tutto il mondo quando la notizia era trapelata attraverso la stampa americana. Il progetto rivelato nel 1992 dal NewYork Times era stato concepito da due uomini che oggi fanno entrambi parte del governo statunitense: Wolfowitz e Libby.

Sostenevano che la dottrina della deterrenza utilizzata nella guerra fredda avrebbe dovuto essere sostituita da una nuova strategia globale. L'obiettivo era perpetuare la situazione in cui gli Stati Uniti sono una superpotenza nei confronti dell'Europa, della Russia e della Cina. Venivano suggeriti vari sistemi per scoraggiare eventuali rivali dal mettere in discussione la leadership americana, o dall'assumere un ruolo più significativo a livello regionale o globale. Il documento suscitò molta preoccupazione nelle capitali europee e asiatiche.

Ma la cosa fondamentale secondo il documento di Wolfowitz e Libby, era il completo predominio americano sull'Eurasia. Qualsiasi paese avesse costituito una minaccia per gli Stati Uniti entrando in ossesso di armi di distruzione di massa avrebbe dovuto essere oggetto di un attacco preventivo. Le alleanze tradizionali avrebbero dovuto essere sostituite da coalizioni ad hoc. Questo piano di massima del 1992 diventò poi la base di un progetto del Pnac definito nel settembre del 2000, qualche mese prima dell'inizio
dell'amministrazione Bush.

Il documento del settembre 2000 (Ricostruire le difese americane) era dedicato a come "mantenere la superiorità degli Stati Uniti, contrastare le potenze rivali e modellare il sistema di sicurezza globale in base agli interessi statunitensi"

"La cavalleria della nuova frontiera"
Tra le altre cose, in questo documento si diceva che gli Stati Uniti dovevano riarmarsi e costruire uno scudo missilistico per poter essere in condizione di combattere più guerre contemporaneamente e portare avanti il proprio programma.

Qualunque cosa accadesse, il Golfo avrebbe dovuto essere sotto il controllo americano: "Gli Stati Uniti cercano da anni di svolgere un ruolo sempre crescente nella gestione della sicurezza del Golfo. Il conflitto non risolto con l'Iraq costituisce un'ovvia giustificazione per la nostra presenza, ma indipendentemente dal problema del regime iracheno, é necessaria una forte presenza degli Stati Uniti nel Golfo".

Nel documento le forze americane stazionate nel Golfo vengono indicate usando un linguaggio da far west come "la cavalleria della nuova frontiera americana". Perfino i tentativi di imporre la pace, continua il documento, dovrebbero portare il marchio degli Usa piuttosto che quello dell'Onu.

Appena ha vinto le sue controverse elezioni e ha preso il posto di Clinton, il presidente Bush (junior) ha subito inserito i duri del Pnac nella sua amministrazione. Il suo vecchio sostenitore Richard Perle (che una volta aveva esposto, all'Hamburg Times, la teoria della "di plomazia della pistola puntata alla testa") si é trovato a ricoprire un ruolo fondamentale nella commissione della difesa, che opera in stretta collaborazione con il capo del Pentagono Rumsfeld.

Con una rapidità da togliere il fiato, il nuovo blocco di potere ha cominciato ad applicare la strategia del Pnac. Bush ha affossato un trattato internazionale dopo l'altro, ha messo da parte le Nazioni Unite e ha cominciato a trattare i suoi alleati come subordinati. Dopo gli attacchi dell'11 settembre, mentre gli Stati Uniti erano dominati dalla paura e circolavano le lettere all'antrace, il gabinetto Bush ha deciso che era giunto il momento di rispolverare i piani del Pnac sull'Iraq.

A soli sei giorni dall'11 settembre, Bush ha firmato l'ordine di prepararsi alla guerra contro la rete del terrore e i taliban. Un altro ordine inizialmente segreto era arrivato ai militari, con istruzioni di preparare la guerra all'Iraq.

"Un fulgido esempio"Naturalmente le accuse secondo cui l'Iraq sarebbe stato il mandante degli attentatori dell'11 settembre non sono state mai provate, e nemmeno l'ipotesi che Saddam avesse a che fare con le lettere all'antrace (é stato dimostrato che provenivano da fonti dell'esercito statunitense). Ma nonostante questo, Richard Perle ha dichiarato in un'intervista televisiva
che "la guerra al terrorismo non si potrà considerare vinta finché Saddam
sarà al potere".

Perle considera una priorità degli Stati Uniti deporre il dittatore "perché simboleggia il disprezzo per i valori occidentali". Ma Saddam é sempre stato lo stesso, anche quando ha conquistato il potere in Iraq con il sostegno degli Stati Uniti. A quell'epoca, un funzionario dei servizi segreti dell'ambasciata americana a Baghdad aveva detto nel suo rapporto alla Cia: "Lo so che Saddam è un figlio di puttana, ma è il nostro figlio di puttana" E dopo che gli Stati Uniti lo hanno appoggiato nella sua guerra contro l'Iran, l'ex direttore della Cia, Robert Gates, ha detto di non essersi mai fatto illusioni su Saddam.

Il dittatore, sostiene Gates, "non è mai stato un riformatore, né un democratico solo un comune criminale". Ma il documento del Pnac non spiega chiaramente perché adesso Washington vuole dichiarare guerra al suo vecchio socio, anche senza il sostegno dell'Onu.

Ci sono molte prove del fatto che Washington vuole eliminare il regime iracheno per portare tutto il Medio Oriente sotto la sua sfera di influenza economica. Bush mette la cosa diversamente: dopo la liberazione, conseguenza necessaria del mancato rispetto delle leggi internazionali, l'Iraq "diventerà un fulgido esempio di libertà per gli altri paesi della regione". Esperti come Udo Steinbach, direttore dell'istituto tedesco-orientale di Amburgo, hanno dei dubbi sulla buona fede di Bush. Steinbach descrive la necessità di democratizzare l'Iraq come "una calcolata distorsione che mira a giustificare la guerra". "Soprattutto in Iraq", dice Steinbach, "non
riesco a convincermi che dopo la caduta di Saddam possa prender forma qualcosa di democratico".

La cosiddetta guerra preventiva contro l'Iraq che gli ideologi del Pnac desiderano da tempo, serve anche, a giudizio di Ury Avnery, a dare battaglia all'Europa e al Giappone.

E' un altro passo verso il predominio degli Stati Uniti sull'Eurasia. Osserva Avnery: "L'occupazione americana dell'Iraq assicurerebbe agli Stati Uniti il controllo non solo delle vaste riserve di petrolio del paese, ma anche di quelle del Caspio e degli stati del Golfo. In questo modo potrebbero condizionare l'economia di Germania, Francia e Giappone a proprio piacimento, solo manipolando il prezzo del petrolio. Un prezzo più basso danneggerebbe la Russia, uno più alto rovinerebbe Germania e Giappone. E' per questo, che impedire questa guerra é essenziale per gli interessi europei, oltre che per il profondo desiderio di pace dell'Europa".

"Washington non si é mai fatta scrupoli ad ammettere il suo desiderio di domare l'Europa", sostiene Avnery. "Per mettere in atto i suoi piani di dominio del mondo, Bush é pronto a versare enormi quantità di sangue, purché non si tratti di sangue americano".

"Infatuati della guerra" L'arroganza dei falchi dell'amministrazione statunitense, e il loro progetto di costringere il mondo a sottomettersi alle loro decisioni sulla guerra e sulla pace, sconvolge personaggi come l'esperto di diritto internazionale Hartmut Schiedermair di Colonia. Lo "zelo da crociati" che porta gli americani a fare certe dichiarazioni, dice, é "molto inquietante".

Allo stesso modo, Haral Mueller - studioso di problemi della pace critica da tempo il governo tedesco per aver "continuato a sottovalutare e ad avallare strategicamente" il drastico cambiamento della politica estera statunitense dopo il 2001. A suo avviso il programma dell'amministrazione Bush é evidente: "L'America farà quello che vuole. Rispetterà le leggi internazionali se le farà comodo e le infrangerà o le ignorerà se sarà necessario... Gli Stati Uniti vogliono libertà completa, vogliono essere l'aristocrazia del mondo della politica".

Anche i politici più navigati dei paesi che appoggiano la seconda guerra del Golfo sono spaventati dai radicali della Casa Bianca. L'anno scorso il vecchio deputato laburista Tom Dalyell ha attaccato il piano del Pnac alla Camera dei Comuni: "Questa é robaccia che viene dai pensatoi dell'estrema destra dove si riuniscono guerrafondai dal cervello di gallina - gente che non ha mai conosciuto gli orrori della guerra, ma é infatuata della sua idea". E non ha risparmiato neanche il suo stesso leader, Tony Blair: "Mi meraviglio che il primo ministro laburista sia pronto a saltare nelletto di questa banda di pigmei morali"

Anche dall'altra parte dell'Atlantico, a metà febbraio, il senatore democratico Robert Byrd (che a 86 anni viene chiamato "il padre del senato") ha detto la sua. Il più vecchio membro dell'assemblea ha dichiarato che la guerra preventiva voluta dalla destra era "la distorsione di una vecchia concezione del diritto all'autodifesa" e "un attacco al diritto internazionale" . La politica di Bush, ha aggiunto, "potrebbe costituire un punto di svolta nella storia del mondo" e "gettare le basi dell'antiamericanismo" in buona parte del pianeta.

Una persona che ha espresso un'opinione inequivocabile sul problema dell'antiamericanismo e' l'ex presidente Jimmy Carter, che è stato altrettanto chiaro sul programma del Pnac. All'inizio Bush ha risposto alla sfida dell'11 settembre in modo efficace e intelligente, sostiene Carter, "ma nel frattempo, con la scusa della 'guerra al terrorismo', un gruppo di conservatori ha cercato di far approvare i suoi vecchi progetti".

Le limitazioni dei diritti civili negli Stati Uniti e a Guantanamo, l'annullamento degli accordi internazionali, "il disprezzo per il resto del
mondo" , e infine l'attacco all'Iraq "anche se Baghdad non costituisce una minaccia per gli Stati Uniti"' tutte queste cose, secondo Carter, avranno conseguenze devastanti.

"Questo unilateralismo", avverte l'ex presidente americano, "finirà per isolare sempre più gli Stati Uniti da quei paesi di cui hanno bisogno per combattere il terrorismo"



questo articolo di Jason Leopold è sulle diverse posizioni assunte dalla CIA prime e dopo l'11 settembre


CIA Director George Tenet testified before Congress in February 2001 that Iraq posed no immediate threat to the United States or to other countries in the Middle East.

But immediately after the terrorist attacks on 9-11, which the Bush administration has said Iraq is partially responsible for, the President and his advisers were already making a case for war against Iraq without so much as providing a shred of evidence to back up their allegations that Iraq and its former President, Saddam Hussein, helped al-Qa’ida hijackers plan the catastrophe.

It was then, after the 9-11 attacks, that intelligence reports from the CIA radically changed from previous months, which said Iraq posed no immediate threat to the U.S., to now show Iraq had a stockpile of chemical and biological weapons and was in hot pursuit of a nuclear bomb. The Bush administration seized upon the reports to build public support for the war and used the information to eventually justify a preemptive strike against the country last March.

Lawmakers in Washington, D.C. are now investigating whether the intelligence information gathered by the CIA was accurate or whether the Bush administration manipulated and or exaggerated the intelligence to make a case for war.

In just seven short months, beginning as early as February 2001, Bush administration officials said Iraq went from being a threat only to its own people to posing an imminent threat to the world. Indeed, in a February 12, 2001 interview with the Fox News Channel Secretary of Defense Donald Rumsfeld said, “Iraq is probably not a nuclear threat at the present time”.

But Rumsfeld testified before the House Armed Services Committee on September 18, 2002 that Iraq is close to acquiring the materials needed to build a nuclear bomb.

“Some have argued that the nuclear threat from Iraq is not imminent - that Saddam is at least five to seven years away from having nuclear weapons,” Rumsfeld testified before the committee, a transcript of which can be found at.

“I would not be so certain. . . He has, at this moment, stockpiles chemical and biological weapons, and is pursuing nuclear weapons.”

Rumsfeld never offered any evidence to support his claims but his dire warnings of a nuclear catastrophe caused by Saddam Hussein was enough to convince most lawmakers, both Democrat and Republican, that Saddam’s Iraq was doomed. Shortly after his remarks before the House Armed Services Committee, Congress passed a resolution authorizing President Bush to use “all appropriate means” to remove Saddam from power.

However, intelligence reports released by the CIA in 2001 and 2002 and more than 100 interviews of top officials in the Bush administration, such as Secretary of State Colin Powell, Defense Secretary Donald Rumsfeld and Deputy Defense Secretary Paul Wolfowitz, gave to various Senate and Congressional committees and media outlets prior to 9-11 show that the U.S. never believed Saddam Hussein to be an imminent threat other than to his own people. Moreover, the CIA reported in February 2001 that Iraq was “probably” pursuing chemical and biological weapons programs but that it had no direct evidence that Iraq had actually obtained such weapons.

“We do not have any direct evidence that Iraq has used the period since (Operation) Desert Fox to reconstitute its WMD programs, although given its past behavior, this type of activity must be regarded as likely,” CIA director Tenet said in an agency report to Congress on February 7, 2001.

“We assess that since the suspension of (United Nations) inspections in December of 1998, Baghdad has had the capability to reinitiate both its (chemical and biological weapons) programs. . . without an inspection monitoring program, however, it is more difficult to determine if Iraq has done so.”

“Moreover, the automated video monitoring systems installed by the UN at known and suspect WMD facilities in Iraq are still not operating,” according to the 2001 CIA report. “Having lost this on-the-ground access, it is more difficult for the UN or the US to accurately assess the current state of Iraq’s WMD programs.”

Ironically, in the February 2001 report, Tenet said Osama bin Laden and his al-Qa’ida terrorist network remain the single greatest threat to U.S. interests here and abroad. Tenet eerily describes in the report a scenario that six months later would become a reality:

“Terrorists are also becoming more operationally adept and more technically sophisticated in order to defeat counter-terrorism measures. For example, as we have increased security around government and military facilities, terrorists are seeking out "softer" targets that provide opportunities for mass casualties. Employing increasingly advanced devices and using strategies such as simultaneous attacks, the number of people killed. . . Osama bin Laden and his global network of lieutenants and associates remain the most immediate and serious threat. Since 1998, bin Laden has declared all U.S. citizens legitimate targets of attack. As shown by the bombing of our embassies in Africa in 1998 and his Millennium plots last year, he is capable of planning multiple attacks with little or no warning.”

However, Tenet only briefly discussed the al-Qa’ida threat and devoted the bulk of his testimony on how to deal with the threat of rogue countries such as North Korea, Syria, Iran and Iraq. Six months later, bin Laden was identified as the mastermind behind 9-11.

Between 1998 and early 2002, the CIA’s reports on the so-called terror threat offered no details on what types of chemical and biological weapons that Iraq obtained.

But that changed dramatically in October 2002 when the CIA issued another report, that this time included details of Iraq’s alleged vast chemical and biological weapons.

The October 2002 CIA report into Iraq’s WMD identifies sarin, mustard gas, VX and numerous other chemical weapons that the CIA claims Iraq had been stockpiling over the years, in stark contrast to earlier reports by Tenet that said the agency had no evidence to support such claims. And unlike testimony Tenet gave a year earlier, in which he said the CIA had no direct evidence of Iraq’s WMD programs, the intelligence information in the 2002 report, Tenet said, is rock solid.

“This information is based on a solid foundation of intelligence,” Tenet said during a CIA briefing in February.

“It comes to us from credible and reliable sources. Much of it is corroborated by multiple sources.”

The CIA would not comment on the differing reports between 2001 and 2002 or how the agency was able to obtain such intelligence information and corroborate it so quickly.

Still, in early 2001, while hardliners in the Bush administration were privately discussing ways to remove Saddam Hussein from power, Secretary of State Powell said the U.S. successfully “contained” Iraq in the years since the first Gulf War and that because of economic sanctions placed on the country Iraq was unable to obtain WMD.

“We have been able to keep weapons from going into Iraq,” Powell said during a February 11, 2001 interview with “Face the Nation. “We have been able to keep the sanctions in place to the extent that items that might support weapons of mass destruction development have had some controls on them. . . it's been quite a success for ten years. . .”

Moreover, during a meeting with Joschka Fischer, the German Foreign Minister, in February 2001 on how to deal with Iraq, Powell said the U.N., the U.S. and its allies “have succeeded in containing Saddam Hussein and his ambitions”.

Saddam’s “forces are about one-third their original size. They don't really possess the capability to attack their neighbors the way they did ten years ago,” Powell said during the meeting with Fischer.

“Containment has been a successful policy, and I think we should make sure that we continue it until such time as Saddam Hussein comes into compliance with the agreements he made at the end of the (Gulf) war.”

Powell added that Iraq is “not threatening America”.


Ultima modifica di yossarian : 27-03-2004 alle 13:04.
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Old 29-03-2004, 14:22   #7
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11/9. Condoleza Rice conferma che non testimonierà in commissione, con la scusa che "i Consiglieri per la Sicurezza Nazionale non sono tenuti a testimoniare di fronte al Congresso".
(non sono tenuti ma a volte lo fanno, se non hanno nulla da nascondere: ad esempio Zbigniew Brsesinski e Sandy Berger, consiglieri per la sicurezza nazionale dei presidenti Jimmy Carter e Bill Clinton.)

Intanto la credibilità di George W. Bush è in netto calo: Newsweek rivela che il numero di americani che continua ad avere fiducia del presidente sulle questioni legate al terrorismo e alla sicurezza nazionale è precipitato dal 70 al 57% (sudio del Princeton Survey Reseach Associates)

Quote:
Clarke «Questo è il tipico modus operandi della Casa Bianca; quando c'è un problema scomodo loro preferiscono attaccare chi solleva il problema anziché rispondere nel merito. Non sono io il problema, ma il modo in cui l'amministrazione Bush ha gestito l'11 settembre. Nel gennaio del 2000 avevo proposto operazioni segrete in Afghanistan, chiesto un aumento dei fondi destinati all'intelligence, indicato il modo per bloccare le fonti di finanziamento dei terroristi. Non se ne fece nulla; salvo ritrovare le stesse proposte copiate pari pari nel documento presentato da Condoleezza Rice, consigliere di Bush per la sicurezza, una settimana prima delle stragi»«Quando Clinton era presidente il terrorismo fece 35 morti e prendemmo subito provvedimenti; Bush ha aspettato che ci fossero più di 3mila morti prima di muovere un dito»
La Rice continua a precipitarsi ad ogni nuova stoccata davanti alle telecamere,ieri a 60 Minutes, Abc, ha trattato Clarke come un traditore bugiardo patentato: in realtà sembra aver qualcosa da nascondere, visto che pretende di essere ascoltata a porte chiuse davanti alla commissione d'inchiesta e si rifiuta di testimoniare sotto giuramento.

Quote:
John Kerry «Troppi segreti sull'11 settembre. Ora l'amministrazione deve dire la verità senza nascondersi dietro la sicurezza nazionale; tutti vogiamo sentire quello che Condoleezza Rice ha da dire. Se ha tanto tempo a disposizione par parlare a destra e a manca in televisione, potrà ben trovare un'ora di tempo per testimoniare sotto giuramento»
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Old 29-03-2004, 14:33   #8
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The Honorable William J. Clinton President of the United States Washington, DC

The Honorable William J. Clinton President of the United States Washington, DC

Dear Mr. President: We are writing you because we are convinced that current American policy toward Iraq is not succeeding, and that we may soon face a threat in the Middle East more serious than any we have known since the end of the Cold War. In your upcoming State of the Union Address, you have an opportunity to chart a clear and determined course for meeting this threat. We urge you to seize that opportunity, and to enunciate a new strategy that would secure the interests of the U.S. and our friends and allies around the world. That strategy should aim, above all, at the removal of Saddam Hussein?s regime from power.

We stand ready to offer our full support in this difficult but necessary endeavor. The policy of "containment" of Saddam Hussein has been steadily eroding over the past several months. As recent events have demonstrated, we can no longer depend on our partners in the Gulf War coalition to continue to uphold the sanctions or to punish Saddam when he blocks or evades UN inspections.

Our ability to ensure that Saddam Hussein is not producing weapons of mass destruction, therefore, has substantially diminished. Even if full inspections were eventually to resume, which now seems highly unlikely, experience has shown that it is difficult if not impossible to monitor Iraq's chemical and biological weapons production. The lengthy period during which the inspectors will have been unable to enter many Iraqi facilities has made it even less likely that they will be able to uncover all of Saddam's secrets.

As a result, in the not-too-distant future we will be unable to determine with any reasonable level of confidence whether Iraq does or does not possess such weapons. Such uncertainty will, by itself, have a seriously destabilizing effect on the entire Middle East.

It hardly needs to be added that if Saddam does acquire the capability to deliver weapons of mass destruction, as he is almost certain to do if we continue along the present course, the safety of American troops in the region, of our friends and allies like Israel and the moderate Arab states, and a significant portion of the world?s supply of oil will all be put at hazard.

As you have rightly declared, Mr. President, the security of the world in the first part of the 21st century will be determined largely by how we handle this threat. Given the magnitude of the threat, the current policy, which depends for its success upon the steadfastness of our coalition partners and upon the cooperation of Saddam Hussein, is dangerously inadequate.

The only acceptable strategy is one that eliminates the possibility that Iraq will be able to use or threaten to use weapons of mass destruction. In the near term, this means a willingness to undertake military action as diplomacy is clearly failing. In the long term, it means removing Saddam Hussein and his regime from power. That now needs to become the aim of American foreign policy.

We urge you to articulate this aim, and to turn your Administration's attention to implementing a strategy for removing Saddam's regime from power. This will require a full complement of diplomatic, political and military efforts. Although we are fully aware of the dangers and difficulties in implementing this policy, we believe the dangers of failing to do so are far greater. We believe the U.S. has the authority under existing UN resolutions to take the necessary steps, including military steps, to protect our vital interests in the Gulf.

In any case, American policy cannot continue to be crippled by a misguided insistence on unanimity in the UN Security Council. We urge you to act decisively. If you act now to end the threat of weapons of mass destruction against the U.S. or its allies, you will be acting in the most fundamental national security interests of the country. If we accept a course of weakness and drift, we put our interests and our future at risk.

Sincerely,

Elliott Abrams Richard L. Armitage William J. Bennett Jeffrey Bergner John Bolton Paula Dobriansky Francis Fukuyama Robert Kagan Zalmay Khalilzad William Kristol Richard Perle Peter W. Rodman Donald Rumsfeld William Schneider, Jr. Vin Weber Paul Wolfowitz R. James Woolsey Robert B. Zoellick
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Old 29-03-2004, 14:51   #9
yossarian
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'Dalla prospettiva delle analisi di mercato, non si presentano nuovi prodotti ad agosto' ha affermato Andrew H. Card Jr., il Capo di Gabinetto della Casa Bianca, a proposito del lancio questa settimana della campagna per la guerra con l'Iraq", New York Times, 7 settembre 2002



"Dopo tutto, questo è il tizio [Saddam Hussein] che ha cercato di far fuori mio padre". - Il presidente George W. Bush, Houston, 26 settembre 2002

Nelle ore immediatamente successive agli attacchi dell'11 settembre 2001 al World Trade Center e al Pentagono, il Segretario della Difesa Donald Rumsfeld richiese la stesura di un piano per un attacco americano all'Iraq. Il giorno seguente, in una riunione di gabinetto alla Casa Bianca, Rumsfeld insistette ancora sulla necessità di fare dell'Iraq "un obiettivo principale della prima ondata della guerra contro il terrorismo" (1). Si presume che il presidente abbia risposto dicendo che "occorre preparare l'opinione pubblica prima di poter procedere contro l'Iraq", scegliendo invece l'Afganistan, un obiettivo molto più facile.

Queste dichiarazioni e le occasioni in cui sono state pronunciate sono degne di nota poiché all'epoca gli Stati Uniti non avevano ancora stabilito che gli attentatori suicidi facessero parte della rete di Al Qaeda di Osama bin Laden e non è mai stata pubblicata nessuna prova che dimostrasse che Al Qaeda avesse contatti con l'Iraq. In realtà, l'edizione 2001 della relazione annuale del Dipartimento di Stato americano dal titolo "Patterns of Global Terrorism" (Schemi di terrorismo globale - N.d.T.) non riporta nessuna azione di terrorismo globale collegata al governo dell'Iraq. Ma, fu solo il 22 settembre 2001 che il Segretario di Stato Colin Powell promise di rilasciare alla stampa informazioni che provassero che Al Qaeda e Osama bin Laden fossero colpevoli di aver pianificato ed eseguito gli attacchi a New York e Washington e che il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Condoleezza Rice dichiarò alla CNN, "Chiaramente siamo in possesso di prove, storiche e di altro tipo, sulla connessione della rete di Al Qaeda agli avvenimenti dell'11 settembre". Tuttavia, queste prove non sono mai state rese pubbliche. Fino al momento in cui la lista dei passeggeri non rivelò che la maggior parte dei dirottatori aerei proveniva dall'Arabia Saudita, io stesso pensai che si trattasse di un contraccolpo delle politiche americane praticate in uno dei tanti paesi del mondo. Quindi, l'iniziale designazione dell'Iraq come obiettivo da parte di Rumsfeld implica che l'Amministrazione Bush aveva un piano segreto tra le mani.

Sin dalla prima guerra americana contro l'Iraq, la Guerra del Golfo del 1991, coloro che, alla Casa Bianca e al Pentagono, la pianificarono e l'attuarono hanno desiderato ritornarvi per terminare ciò che avevano iniziato. Avevano espresso questo desiderio in relazioni scritte per l'allora Segretario alla Difesa Cheney durante l'ultimo anno dell'Amministrazione di George H.W. Bush. E durante il periodo in cui non ricoprirono cariche di potere, dal 1992 al 2000, redassero piani che descrivevano i loro progetti nel caso in cui i Repubblicani avessero riconquistato la Casa Bianca. Nella primavera del 1997, alcuni di loro fondarono il Project for the New American Century (PNAC), il Progetto per un nuovo secolo americano, e cominciarono a fare pressioni per un cambiamento di regime in Iraq.

In una lettera al presidente Clinton datata 26 gennaio 1998 richiesero "la destituzione del regime di Saddam Hussein", e in una lettera datata 29 maggio 1998, si lamentarono con il presidente della Camera dei Rappresentanti Newt Gingrich e con il Senatore Trent Lott che Clinton non li aveva presi in considerazione, reiterando al contempo il consiglio di rovesciare Saddam Hussein. E aggiunsero "Dobbiamo stabilire e mantenere una forte presenza militare statunitense nella regione, essere pronti ad usare questa forza per proteggere i nostri interessi vitali nel Golfo Persico e, se necessario, appoggiare la destituzione di Saddam". Queste lettere portavano la firma di Donald Rumsfeld; William Kristol, direttore della rivista di destra Weekly Standard e presidente del PNAC; Elliott Abrams, il cospiratore colpevole dell'affare Iran-Contra che nel 2002 Bush nominò direttore della politica del Medio Oriente del Consiglio di Sicurezza Nazionale; Paul Wolfowitz, attuale vice di Rumsfeld al Pentagono; John Bolton, attuale sottosegretario di stato per il controllo delle armi e la sicurezza internazionale; Richard Perle, attuale presidente del Defense Science Board; William J. Bennett, Segretario all'Istruzione del presidente Reagan; Richard Armitage, attuale vice di Colin Powell al Dipartimento di Stato; Zalmay Khalilzad, ex consulente della UNOCAL e ambasciatore di Bush in Afganistan; e molti altri importanti militaristi americani. Oltre ai firmatari delle lettere, vi sono anche i fondatori del PNAC, tra i tanti Dick Cheney; I. Lewis Libby, attuale capo dello staff di Cheney; e Stephen Cambone, burocrate del Pentagono in entrambe le amministrazioni Bush. Le loro idee sono state rapidamente diffuse grazie ad un rapporto datato settembre 2000 intitolato "Rebuilding America's Defenses: Strategy, Forces, and Resources for a New Century" (Ricostruire le difese dell'America: strategie, forze e risorse per il nuovo secolo - N.d.T.) e da un libro curato da Robert Kagan e William Kristol, Present Dangers: Crisis and Opportunity in American Foreign and Defense Policy (Pericoli odierni: crisi e opportunità nella politica estera e di difesa americana - N.d.T.). (2)

Dopo che George W. Bush diventò presidente, molti di questi uomini ritornarono a ricoprire posizioni di potere nell'ambito della politica estera americana. Per nove mesi, erano rimasti in agguato. Stavano aspettando, per dirla con le parole del documento del PNAC "Rebuilding America's Defenses", un "evento catastrofico e catalizzante, una nuova Pearl Harbor" che avrebbe mobilitato l'opinione pubblica e avrebbe consentito loro di mettere in pratica le loro teorie e i loro piani. L'11 settembre era quello che ci voleva. Condoleezza Rice riunì i membri del Consiglio di Sicurezza Nazionale e chiese loro di "pensare al 'modo di trarre vantaggio da queste opportunità' per cambiare alla base la dottrina americana e l'aspetto del mondo sulla scia degli avvenimenti dell'11 settembre". Disse "Penso davvero che questo periodo sia analogo a quello tra il 1945 e il 1947, quando la paura e la paranoia portarono gli Stati Uniti alla Guerra Fredda con l'Unione Sovietica. (3)

Tuttavia, l'Amministrazione Bush non poteva semplicemente entrare in guerra con l'Iraq senza presentare alcun collegamento con gli attacchi dell'11 settembre. Quindi, all'inizio si imbarcò in una facile guerra con l'Afganistan. Vi era per lo meno una connessione visibile tra Osama bin Laden e il regime talibano, sebbene gli Stati Uniti avessero contribuito allo sviluppo terroristico di Osama più di quanto avesse mai fatto l'Afganistan stesso. Nel frattempo, la Casa Bianca lanciò una delle campagne propagandistiche più straordinarie degli ultimi tempi in modo da convincere l'opinione pubblica americana che un attacco a Saddam Hussein avrebbe dovuto far parte della "guerra al terrorismo" americana. Questo tentativo di montare la "febbre per la guerra", a sua volta, suscitò nel mondo intero una profusione di congetture sui veri motivi che si nascondevano dietro l'ossessione che il presidente Bush nutriva per l'Iraq.

La prima e più ovvia manovra dei falchi della guerra fu quella di rivendicare che, parafrasando il presidente, "(Saddam) possiede le armi più mortali del nostro tempo". Il problema di questa motivazione è che probabilmente non è vera e, anche se lo fosse, suggerisce il bisogno di disarmare l'Iraq e non di muovergli guerra per rovesciare Saddam Hussein. C'è stato un tempo in cui l'Iraq era sicuramente in possesso di armi di distruzione di massa, ma tra il 1991 e il 1998, la Guerra del Golfo, le sanzioni dell'ONU e i suoi ispettori portarono alla distruzione di tutte o quasi tutte queste armi e della capacità irachena di produrne altre. Scott Ritter affermò "Con i miei sette anni a capo delle ispezioni sulle armi in Iraq per le Nazioni Unite, posso testimoniare personalmente sia sulla portata dei programmi sulle armi di distruzione di massa dell'Iraq, sia sull'efficacia del lavoro svolto dagli ispettori dell'ONU al fine di eliminarle". (4) Rumsfeld, che non ha mai rinunciato a nessuna idea in grado di contribuire alla sua causa rispose che "l'assenza di prove non è prova dell'assenza". In realtà, il PNAC non si era mai molto interessato alle armi di distruzione di massa di Saddam, tranne che per trovarvi una comoda scusa. "Mentre il conflitto non risolto con l'Iraq fornisce una giustificazione immediata, il bisogno di una solida presenza di forze americane nel Golfo trascende il problema del regime di Saddam Hussein", riportava un relativo passaggio del documento "Rebuilding America's Defenses". (5)

Il modo in cui l'amministrazione aveva insistito sul pericolo che Saddam potesse fornire armi nucleari a "malintenzionati" cominciò ad assomigliare ad una storia della prima guerra in Iraq secondo cui i soldati iracheni avevano tolto dei neonati dalle incubatrici in un ospedale del Kuwait e, come disse il padre del presidente Bush, "li avevano sparpagliati a terra come legna da ardere". Queste parole furono pronunciate alcuni giorni prima che le Nazioni Unite, il 29 novembre 1990, autorizzarono l'uso di "qualsiasi mezzo necessario" per espellere l'Iraq dal Kuwait. Dopo la fine della guerra, si scoprì che il Kuwait aveva ingaggiato un'importante società di relazioni pubbliche di Washington, la Hill & Knowlton, per diffondere la storia e per preparare la presenza di un presunto testimone oculare che il 10 ottobre 1990 confermasse davanti al Congresso la veridicità di questi fatti. Risultò che il testimone era la figlia dell'ambasciatore del Kuwait a Washington, che, nell'agosto del 1990, era molto lontana da quell'ospedale di Kuwait City. Altri testimoni che affermavano di aver assistito alle atrocità perpetrate dagli iracheni ammisero in seguito di essere stati imbeccati dalla Hill and Knowlton. (6)

Il 7 ottobre 2002, il presidente Bush diede il proprio contributo a quella che fu sicuramente una delle ragioni più bizzarre per una dichiarazione di guerra all'Iraq e al suo "dittatore omicida con armi di distruzione di massa". In un discorso tenuto a Cincinnati, fece prima di tutto notare che "Saddam Hussein è un dittatore omicida, dedito alle armi di distruzione di massa", quindi avvertì che "l'Iraq possiede una crescente flotta di velivoli aerei sia con equipaggio che radiocomandati in grado di sganciare armi chimiche e biologiche su una vasta area. La nostra preoccupazione è che l'Iraq stia studiando metodi di utilizzo di questi veicoli aerei radiocomandati per missioni che hanno come obiettivo gli Stati Uniti". Si suppone che in questa occasione Bush si stesse riferendo ai jet di addestramento Czech L-29, di cui l'Iraq acquistò 169 unità tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta. Il jet L-29 è un aereo a singolo motore e a due posti, progettato per addestramenti di volo di base per piloti principianti, la versione sovietica del Cessna americano. è dotato di una gittata di circa un chilometro e mezzo e di una velocità massima che si aggira intorno ai 270 chilometri orari. Vi sono alcuni documenti che testimoniano che anche prima della Guerra del Golfo l'Iraq aveva sperimentato la conversione di questi aerei in velivoli radiocomandati, ma non è da escludere che si trattasse di aerei per l'irrorazione delle colture. (7) Comunque, Bush non spiegò in che modo questi lenti velivoli avrebbero potuto raggiungere il Maine, che, a 10.000 chilometri di distanza dall'Iraq, è il punto geografico più vicino del continente statunitense, o la ragione per cui questi aerei non sarebbero stati abbattuti non appena avessero oltrepassato i confini iracheni.

Un altro importante motivo addotto dall'Amministrazione Bush nella sua richiesta di una guerra contro l'Iraq è l'appoggio segreto di Saddam ad Al Qaeda negli attacchi terroristici dell'11 settembre. Nell'agosto del 2002, Rumsfeld informò Tom Brokaw della NBC News che "Al Qaeda è presente in Iraq". Il 26 settembre 2002, affermò che il governo statunitense aveva ottenuto una conferma "a prova di proiettile" dei legami tra l'Iraq e i membri di Al Qaeda, includendo "prove fondate" che dimostravano che i membri della rete terroristica si trovavano ancora in Iraq. Proseguì suggerendo che l'Iraq aveva offerto un porto sicuro a bin Laden e al leader dei talibani, il Mullah Mohammed Omar. Durante il suo discorso dell'11 ottobre, il presidente Bush aggiunse che "alcuni dei leader di Al Qaeda fuggiti dall'Afganistan hanno trovato rifugio in Iraq". Dato che queste "prove fondate" non sono mai state rese pubbliche, si deve supporre che Rumsfeld e Bush si stessero riferendo ai circa 150 membri di un gruppo chiamato Ansar al Islam ("Sostenitori dell'Islam") che si rifugiò nelle aree curde dell'Iraq settentrionale. Il problema è che quest'area è controllata dai probabili futuri alleati curdi dell'America e non da Saddam. Non vi sono prove dei legami tra Saddam e Osama bin Laden, argomento spesso sostenuto dalla CIA, e una simile collaborazione non sarebbe plausibile considerando il fervore religioso di Osama e lo spietato regime laico di Saddam, in cui l'unico oggetto di culto è Saddam stesso.

L'unico esempio dell'appoggio di Saddam al terrorismo antiamericano è stato il presunto tentativo di assassinare l'ex presidente George H.W. Bush durante il suo giro trionfale del Kuwait a metà aprile del 1993, episodio all'origine del commento del figlio durante il discorso propagandistico del 2002 in cui disse che Saddam "cercò di far fuori mio padre". Il 26 giugno 1993, due mesi e mezzo dopo l'attentato, il presidente Clinton rispose lanciando missili cruise su Baghdad che causarono la morte di diversi passanti innocenti. Tuttavia, le prove dimostrano che il tentativo di assassinio non si è mai verificato e che probabilmente i servizi informativi kuwaitiani coprirono la scoperta di un giro di contrabbando sul confine tra Iraq e Kuwait dichiarando che i contrabbandieri puntavano al padre di Bush. (8) Forse la ragione ufficiale meno convincente addotta dall'amministrazione nel giustificare il desiderio di sbarazzarsi di Saddam è il mancato rispetto delle risoluzioni dell'ONU. Il 30 settembre 2002, Rumsfeld organizzò uno spettacolo al Pentagono che vedeva protagonista il filmato di una "cinemitragliatrice" che riprendeva l'artiglieria antiaerea irachena mentre faceva fuoco sugli aerei militari americani e britannici durante una perlustrazione sulle "no-fly zone" nell'Iraq settentrionale e meridionale. Rumsfeld disse "Con ogni missile lanciato sul nostro equipaggio aereo, l'Iraq manifesta il suo disprezzo per le risoluzioni dell'ONU, un fatto da tenere in considerazione durante la valutazione delle loro recenti proposte di ispezione". Ma, il Segretario Rumsfeld dovrebbe sapere che non esiste nessuna risoluzione dell'ONU (o di un'altra autorità internazionale) che legittimi le "no-fly zone". Queste zone furono create in modo unilaterale nel marzo del 1991 dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna e dalla Francia per la protezione dei curdi e degli sciiti che si erano ribellati contro Saddam in seguito alla Guerra del Golfo. Sebbene ciò trattenne Saddam dall'usare la sua potenza aerea, l'amministrazione Bush rimase a guardare mentre Hussein sedava le insurrezioni poiché temeva che la riuscita di una rivolta curda avrebbe destabilizzato l'alleata Turchia che da tempo era impegnata in una dura repressione della propria minoranza curda. Ben presto la Francia si ritirò dalla partecipazione alle "no-fly zone", ma gli Stati Uniti e la Gran Bretagna continuarono, intensificando di recente gli attacchi aerei, anche se, per la legge internazionale, sono chiaramente illegali. (9)

Poi, c'è la dichiarazione dell'amministrazione secondo cui la caduta di Saddam porterà la democrazia in Iraq e in altri paesi del Golfo Persico. In un'intervista con il Financial Times di Londra, Condoleezza Rice affermò che la libertà, la democrazia e la libera iniziativa non si "fermeranno di fronte all'Islam" e che dopo il rovesciamento del regime di Saddam mediante la forza militare, gli Stati Uniti "si dedicheranno totalmente" a trasformare l'Iraq in uno stato unificato e democratico. (10) Questa affermazione ricorda leggermente quella delle Forze Armate americane secondo cui la distruzione dell'Afganistan con bombardamenti ad alta quota era realmente un tentativo di liberare le donne afgane dai talibani. Se gli Stati Uniti fossero davvero interessati a riportare la democrazia nella regione del Golfo Persico, avrebbero potuto cominciare molto tempo addietro in Arabia Saudita o in una qualsiasi delle monarchie feudali in cui sono stati installati imponenti distaccamenti delle forze armate americane, come in Kuwait, in Bahrain, in Qatar, negli Emirati Arabi Uniti e nell'Oman.

Visto che tutti i motivi che giustificano la belligeranza nei confronti dell'Iraq non hanno molto senso, alcuni osservatori internazionali sono andati a cercare altrove le vere ragioni dell'amministrazione. Una teoria preponderante è che il vero motivo risiede nel petrolio dell'Iraq. La grandezza delle sue riserve è seconda solo a quella dell'Arabia Saudita. Dato che sia il presidente che il vicepresidente sono entrambi ex dirigenti di compagnie petrolifere e che il padre del presidente, anch'egli un ex presidente, fondò nel 1954 la compagnia petrolifera Zapata Offshore, vi sono buone motivi per credere che questi uomini abbiano molta familiarità con la ricchezza petrolifera dell'Iraq. La società Zapata trivellò il suo primo pozzo in Kuwait. Nel 1963, Bush padre decise di fondere la Zapata con un'altra società creando il gigante petrolifero Pannzoil. Tre anni più tardi vendette le sue azioni diventando così miliardario. Nel 1998 e nel 1999, la Halliburton Company di Houston, presieduta all'epoca da Cheney, vendette a Saddam attrezzature per giacimenti petroliferi per circa 23,8 milioni di dollari. Forse, secondo questa linea di pensiero, la ragione dell'ossessione di Bush junior per l'Iraq è il desiderio di impossessarsi del suo petrolio. Gli Stati Uniti necessitano di una grande quantità di petrolio per coprire il fabbisogno del loro enorme settore automobilistico, oltre ad essere interessati al controllo di altri paesi la cui industria è analogamente dipendente dall'importazione di petrolio. Come osserva Anthony Sampson, esperto del settore e autore di un classico sulle compagnie petrolifere, Le sette sorelle, "Gli interessi petroliferi occidentali influenzano da vicino le politiche militari e diplomatiche e non è casuale che mentre le compagnie americane si fanno concorrenza per l'accesso al petrolio nell'Asia Centrale, gli Stati Uniti stiano costruendo basi militari nella regione". (11)

Gli Stati Uniti sarebbero in grado di cacciare Saddam, ma impossessarsi del petrolio iracheno è tutta un'altra faccenda. In ogni guerra, gli Stati Uniti rischiano di vedere Saddam ordinare la messa a fuoco dei giacimenti petroliferi, come fece in Kuwait nel 1991. Nel breve periodo, ciò avrebbe un effetto dirompente sul prezzo del petrolio e sull'economia degli Stati Uniti. Ma forse, nel lungo periodo, l'effetto sarebbe più preoccupante, dato che Francia, Russia, Cina e altri paesi hanno stipulato contratti multimiliardari con Saddam secondo cui vengono autorizzati ad eseguire trivellazioni nei giacimenti petroliferi iracheni. Al momento, questi contratti sono stati congelati a causa delle sanzioni dell'ONU, ma i paesi coinvolti vogliono chiaramente proteggere i propri investimenti. Non vedranno di buon occhio la prospettiva di venire tagliati fuori dagli Stati Uniti. Probabilmente non c'è niente che possano fare di fronte a un fatto compiuto dell'esercito americano, ma se gli Stati Uniti non favorissero i loro investimenti impedendo una trivellazione di vasta portata, le controversie legali che ne seguirebbero avrebbero una portata altrettanto ampia. Forse i magnati del petrolio alla Casa Bianca non stanno prestando molta attenzione a questo problema. Sono ipnotizzati da pensieri di dominio globale basati sul controllo delle principali fonti di petrolio.

Un'altra popolare teoria ritiene che l'interesse degli Stati Uniti in Medio Oriente sia essenzialmente influenzato dal Likud, il partito di governo israeliano. Si pensa che il desiderio di sbarazzarsi di Saddam rifletta la vasta gamma di interessi degli uomini di destra israeliani che vogliono garantire la continuità della loro superiorità militare nella regione. Molte delle figure chiave della seconda amministrazione Bush e del PNAC hanno profonde connessioni con il Likud. Tra questi, Richard Perle, presidente della Defense Policy Board, comitato che deve rendere conto al vicesegretario della Difesa Paul Wolfowitz; Douglas Feith, vicesegretario alle Difesa per la pianificazione politica, una delle quattro cariche più alte del Pentagono; e David Wurmser, assistente speciale del fondatore del PNAC John Bolton, Sottosegretario di Stato per il controllo delle armi nell'amministrazione di Bush figlio. Tutti vantano un lungo curriculum di opposizione ad iniziative per la pace, come gli accordi di Camp David tra Israele e la Palestina, e di richieste di entrata in guerra degli Stati Uniti non solo contro l'Iraq, ma anche contro gli altri nemici di Israele, la Siria, il Libano e l'Iran.

Perle è un membro del consiglio di amministrazione del Jerusalem Post e l'autore del capitolo "Iraq: Saddam Unbound" (Iraq: Saddam è libero - N.d.T.) nel libro del PNAC Present Dangers. In privato, Feith è un socio di un piccolo studio legale di Washington specializzato nel rappresentare i produttori di munizioni israeliani in cerca di connessioni con le industrie di armi americane. Prima di arrivare al Dipartimento di Stato, Wurmser era a capo dei progetti sul Medio Oriente dell'American Enterprise Institute (AEI). Inoltre, è l'autore del libro Tyranny's Ally: America's Failure to Defeat Saddam Hussein (1999) (Alleato della tirannia: il fiasco americano nello sconfiggere Saddam Hussein - N.d.T.), pubblicato dalla AEI e la cui prefazione è stata scritta da Perle. Durante l'amministrazione Reagan, Feith fu il consulente legale speciale di Perle, all'epoca vicesegretario alla difesa per gli affari di sicurezza internazionale. Un altro personaggio, Meyrav Wurmser, moglie di David Wurmser e cofondatrice del Middle East Media Research Institute (Memri), fornisce servizi di traduzione e diffusione di storie attinte dalla stampa araba che immancabilmente mettono gli arabi in cattiva luce.

Nel luglio del 1996, questi quattro personaggi scrissero un documento di presa di posizione per l'allora subentrante Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu del partito Likud intitolato "A Clean Break: A New Strategy for Securing the Realm" (Un cambiamento netto: una nuova strategia per la difesa del regno - N.d.T.). Nel documento, si invitava Israele a ripudiare gli Accordi di Oslo, così come il concetto sottostante di "pace in cambio di terra" e ad annettere permanentemente tutta la Cisgiordania e la Striscia di Gaza. Inoltre, si raccomandava ad Israele di sostenere l'eliminazione di Saddam Hussein come primo passo verso un cambiamento di regime in Siria, Libano, Arabia Saudita e Iran. Nel novembre del 2002, il Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, anch'egli membro del Likud, ripeté le stesse parole mentre spronava gli Stati Uniti ad impegnarsi ad attaccare o sovvertire il governo iraniano non appena avessero finito di sistemare Saddam. Vi sono molti altri funzionari e parassiti della seconda amministrazione Bush che sostengono questi punti di vista o hanno opinioni simili. Date le loro rinomate simpatie, è plausibile pensare che stiano cercando di metterli in atto con il pretesto della "guerra al terrore". (12)

E ancora, un'altra teoria perfettamente ragionevole è che la febbre della guerra americana contro l'Iraq sia una macchinazione degli scaltri politici della Casa Bianca. è stato suggerito che, indipendentemente dallo scoppio della guerra con l'Iraq, la campagna contro Saddam Hussein aveva lo scopo di influenzare la politica interna americana e le elezioni del novembre del 2002. Secondo molti commentatori, si è trattato di un caso di utilizzo di "armi di distrazione di massa". (13) L'obiettivo era sostenere la dubbiosa legittimità della presidenza di George W. Bush e distrarre gli elettori americani dai suoi trascorsi non proprio cristallini. Dovendo affrontare le elezioni di medio termine del 2002, i leader del partito repubblicano avevano estremo bisogno di deviare la discussione dagli stretti legami del presidente e del vicepresidente con la corrotta Enron Corporation, dall'enorme deficit di bilancio federale costantemente in crescita, dai tagli fiscali che favoriscono fortemente i ricchi, da una grave perdita delle libertà civili dovuta al Ministro della Giustizia Ashcroft, dalla rottura dei trattati sui missili anti-balistici e sul riscaldamento globale da parte del presidente e dall'imbarazzo di aver preso atto che Al Qaeda è ben lungi dall'essere stata sconfitta.

Da questo punto di vista, l'influenza dei consiglieri politici chiave della Casa Bianca, Karl Rove e Andrew Card, si è dimostrata molto più efficace di quella del Segretario alla Difesa Rumsfeld o del Segretario di Stato Powell. Vi sono prove che suggeriscono che fu Rove a prendere la decisione che soverchiava l'unilateralismo degli ordini dei falchi del Pentagono e che, il 12 settembre, portò il presidente a tenere un discorso alle Nazioni Unite in cui si richiedevano nuove ispezioni in Iraq. Rove si era reso conto che l'opinione pubblica americana stava reagendo tiepidamente allo scoppio di una guerra in Medio Oriente senza l'appoggio di nessun alleato. Questa prospettiva si inserisce perfettamente nel recente contesto storico. Durante la Guerra del Vietnam, le decisioni relative alla politica estera del presidente Kennedy, di Johnson e di Nixon si basarono quasi esclusivamente su considerazioni di politica interna piuttosto che su grandi strategie o sulle stime dei servizi informativi. (14) Per George W. Bush, la strategia ha funzionato. Evento raro nella moderna storia politica americana, il partito che da due anni governa la Casa Bianca ha visto accrescere il suo potere al Congresso, ottenendo il controllo di entrambe le Camere.

Concordo con alcuni aspetti di ognuna di queste spiegazioni. Il petrolio, Israele e la politica interna hanno tutti avuto un ruolo nell'atteggiamento dell'amministrazione Bush nei confronti dell'Iraq. Ma sento l'esigenza di inserirli in un contesto storico più ampio. Una seconda guerra tra gli Stati Uniti e l'Iraq segnerebbe anche il culmine di un processo iniziato mezzo secolo fa, quando gli Stati Uniti per la prima volta fecero un uso segreto e illegale della CIA (Central Intelligence Agency) per rovesciare un governo eletto democraticamente. Il colpo di stato del 1953, orchestrato dalla CIA, contro il Primo Ministro iraniano Mohammad Mossadeq scatenò una serie di eventi che videro anche lo scoppio della rivoluzione dell'Ayatollah Khomeini del 1979 contro lo Scià e il suo padrone, gli Stati Uniti. Questa rivoluzione distrusse uno dei due pilastri della strategia americana nel Golfo Persico: lo sviluppo di stati satellite autoritari e dittatoriali, come l'Arabia Saudita e l'Iran, da utilizzare come fonti di petrolio e baluardi contro l'influenza sovietica. La rivoluzione islamica in Iran comportò un importante riassetto della politica estera americana nella regione. Nello stesso anno, l'Unione Sovietica invase l'Afganistan e gli Stati Uniti cominciarono segretamente a fornire armi agli afgani anti-sovietici, così come a Osama bin Laden. Ciò provocò una serie complessa di schieramenti che in ultima analisi portarono i veterani della resistenza afgana anti-sovietica ad organizzare gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 contro New York e Washington.

Dopo la rivoluzione del 1979 in Iran, gli Stati Uniti decisero di spalleggiare il nemico giurato del clero islamico appena salito al potere, vale a dire il tiranno laico iracheno Saddam Hussein. Nel settembre del 1980, Saddam invase l'Iran. Quando l'Iran stava avendo la meglio, l'amministrazione Reagan cominciò in segreto a fornirgli informazioni satellitari e armi, compresi i primi fondamenti per lo sviluppo di armi biologiche e gli ingredienti basilari degli agenti chimici che, per dirla con le parole memorabili del presidente Bush, utilizzò "per gassare il proprio popolo". La guerra Iraq-Iran causò uno spaventoso numero di perdite umane da entrambe le parti. Nel 1990, gli Stati Uniti lasciarono che Saddam pensasse che la conquista del Kuwait sarebbe stata tollerata. A partire dagli anni Venti, ogni leader iracheno si è ripromesso di invadere il Kuwait per riunificarlo con l'Iraq, e Saddam non faceva eccezione. In seguito, gli Stati Uniti colsero l'occasione presentatasi con l'invasione irachena del Kuwait per estendere su larga scala il loro impero di basi militari nel Golfo Persico. Come osserva lo studioso di questioni medio orientali Stephen Zunes, "Gli Stati Uniti utilizzarono l'invasione irachena del Kuwait come scusa per l'allargamento, a lungo desiderato, dell'egemonia militare, politica ed economica nella regione". (15) A loro volta, gli attacchi dell'11 settembre hanno fornito agli Stati Uniti una nuova occasione di espandere il loro potere e la loro influenza nell'area e questa volta, con la potenzialità di usare le nuovi basi nel Golfo Persico per instaurare ancora più basi negli antichi territori compresi tra i fiumi Tigri ed Eufrate in Iraq.

In sintesi, credo che la vera spiegazione del piano del governo americano per una seconda guerra contro l'Iraq sia la stessa della guerra nei Balcani nel 1999 e in Afganistan nel 2001-2002: le pressioni implacabili dell'imperialismo e del militarismo. Concordo con Jay Bookman, un redattore dell'Atlanta Journal-Constitution, quando chiede, "Perché l'amministrazione sembra non preoccuparsi di una strategia di uscita una volta destituito Saddam? Perché non ce ne andremo. Dopo la conquista dell'Iraq, gli Stati Uniti creeranno basi militari permanenti nel paese da cui dominare il Medio Oriente, il vicino Iran compreso". (16)

NOTE 1. CBS News, come riportato dal New York Times, 5 settembre 2002, p. A10; Bob Woodward, Bush at War (New York: Simon and Schuster, 2002); e Chris Bury, "A Tortured Relationship: U.S.-Iraq relations, Part 2: War," ABC News, 18 settembre 2002.
2. Robert Kagan e William Kristol, editori, Present Dangers: Crisis and Opportunity in American Foreign and Defense Policy (San Francisco: Encounter Books, 2000).
3. PNAC, "Rebuilding America's Defenses," p. 51; e Nicholas Lemann, "The Next World Order," New Yorker, 1 aprile 2002, p. 44. I am indebted to John Pilger for drawing my attention to the PNAC's activities. Vedi New Statesman, 16 dicembre 2002.
4. Scott Ritter, "Is Iraq a True Threat to the U.S.?" Boston Globe, 20 luglio 2002.
5. PNAC, "Rebuilding America's Defenses," p. 14.
6. Vedi Tom Regan, "When Contemplating War, Beware of Babies in Incubators," Christian Science Monitor, 6 settembre 2002; e Associated Press, "Not All Iraq Claims Backed by Evidence," 22 dicembre 2002.
7 Vedi Victoria Samson, "Unmanned Aerial Vehicles: Iraq's 'Secret' Weapon?" Center for Defense Information Terrorism Project, 10 ottobre 2002.
8. La fonte più importante su questo argomento è Seymour Hersh, "A Case Not Closed," New Yorker, 1 novembre 1993.
9. Stephen Zunes, Tinderbox: U.S. Foreign Policy and the Roots of Terrorism (Monroe, Maine: Common Courage Press, 2003), p. 86; Robert Dreyfuss, "Persian Gulf-or Tonkin Gulf?" The American Prospect, fol. 13, n. 23 (dicembre 2002); e Eric Schmitt, "Pentagon Shows Videos of Iraq Firing At Allied Jets," New York Times, 1 ottobre 2002.
10. James Harding, Richard Wolffe e James Blitz, "U.S. Will Rebuild Iraq as Democracy, Says Rice," The Financial Times, 22 settembre 2002.
11. Anthony Sampson, "West's Greed for Oil Fuels Saddam Fever," The Observer, 11 agosto 2002.
12. Vedi, inter alia, Brian Whitaker, "U.S. Thinktanks Give Lessons in Foreign Policy," The Guardian, 19 agosto 2002; Jill Junnola, "Perspective: Who Funds Whom?" Energy Compass, 4 ottobre 2002; Eric Margolis, "After Iraq, Bush Will Attack His Real Target," The Trotonto Sun, 10 novembre 2002; Margolis, "Bush's Mideast Plan: Conquer and Divide," The Toronto Sun, 8 dicembre 2002; Sandy Tolan, "Beyond Regime Change," Los Angeles Times, 1 dicembre 2002; e Jim Lobe, "Neoconservatives Consolidate Control over U.S. Mideast Policy," Foreign Policy in Focus, 6 dicembre 2002.
13. Dan Plesch, "Weapons of Mass Distraction," The Observer, 29 settembre 2002; e Brian J. Foley, "War Cries: Weapons of Mass Distraction," CounterPunch, 8 novembre 2002.
14. La miglior fonte su questo argomento è Daniel Ellsberg, Secrets: A Memoir of Vietnam and the Pentagon Papers (New York: Viking, 2002).
15. Zunes, Tinderbox, p. 85. 16. "The President's Real Goal in Iraq," Atlanta Journal-Constitution, 29 settembre 2002.

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Il neo-colonialismo secondo il vangelo di Blair



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di Ph. G., LE MONDE diplomatique - Settembre 2002

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Richard Cooper. Consigliere personale del presidente per gli affari esteri: "L'Europa e più in generale l'occidente dovrebbero abituarsi ad applicare due pesi e due misure [...] Altrove quando si tratta di stati collocati al di fuori del continente post-moderno europeo, dobbiamo tornare ai metodi più duri di un epoca che ci ha preceduto: la forza, l'attacco preventivo, lo stratagemma, in poche parole tutto ciò che e' richiesto per occuparsi di quelli che ancora vivono del XIX secolo [...] dobbiamo usare le leggi della giungla".
E ancora lo stesso: "...anche se in Europa le parole impero e imperialismo sono divenute obbrobri, le opportunità, se non proprio la necessità di una colonizzazione, sono tanto forti quanto lo erano nel XIX secolo". Quello che serve oggi è "...un imperialismo che abbia per scopo, come ogni imperialismo, di portare l'ordine e l'organizzazione .... come Roma [l'occidente] trasmetterà ai cittadini dell'impero alcune sue leggi, gli rassicurerà un po' di denaro e costruirà
qualche strada ".
Richard Cooper da "The New Liberal Imperialism" in The London Observer, 7 aprile 2002.


questo sulla visione politico-economica di qualcuno vicino al governo Blair
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Old 29-03-2004, 14:57   #11
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e questo è von Bulow sull'11 settembre

L’intervista che segue ad Andreas Von Bülow, ex ministro della Ricerca e della tecnologia della RFT, è stata publicata dal giornale tedesco Tagesspiegel del 13 gennaio 2002

Tagesspiegel Mi sembra che Lei sia molto in collera e veramente preoccupato
Von Bülow Posso spiegare quel che mi tormenta. Sto constatando che dopo i terribili attacchi dell’11 settembre tutta l’opinione pubblica viene canalizzata a forza in una direzione che ritengo falsa.
Tagesspiegel Che cosa intende dire?
Von Bülow Mi preoccupo per le tante domande che non vengono poste. Normalmente, dopo un fatto così eclatante ci sono piste ed indizi che vengono commentati dagli investigatori, dai media, dal governo: sono cose concrete o no? Le spiegazioni che vengono date sono plausibili? ... Questa volta invece non c’è stato niente del genere. Si è visto già a poche ore dagli attaccchi a New York e Washington...
Tagesspiegel Sono state ore di orrore e di dolore.
Von Bülow E’ vero, ma rimane un fatto assai strano: gli USA contano non meno di 26 servizi di informazione che da soli assorbono un bilancio di 30 miliardi di dollari...
Tagesspiegel Più dell’intero bilancio della difesa della Germania
Von Bülow ... e non sono stati in grado di evitare questi attacchi. Non avevano il minimo sospetto di quello che stava per accadere. Nei 60 minuti decisivi, i militari e i servizi di informazione hanno tenuto a terra gli aerei da caccia. Però 48 ore dopo l'FBI presentava già una lista di attaccanti kamikaze. Dieci giorni dopo furono costretti a constatare che sette di loro erano vivi e vegeti.
Tagesspiegel Davvero?
Von Bülow Sì. E perchè il capo dell' FBI non ha preso nessuna misura di fronte a queste incoerenze? Da dove veniva quella lista, perchè era sbagliata? Se fossi al posto del procuratore generale in un caso simile mi rivolgerei regolarmente al pubblico per fornire informazioni sulle piste ritenute valide e su quelle che si rivelano false.
Tagesspiegel Il governo degli USA ha parlato di una situzione di emergenza in seguito agli attacchi. Hanno detto che erano in guerra. Non è comprensibile che non si voglia far sapere al nemico che cosa si sa di lui?
Von Bülow Naturalmente. Ma un governo che parla di guerra deve innanzitutto stabilire chi è che lo ha attaccato, chi è il nemico. Ha il dovere di fornire le prove. Per propria ammissione il governo USA non è stato invece in grado di fornire prove che potessere essere considerate valide da un tribunale.
Tagesspiegel Alcune informazioni relative agli attacchi sono state confermate da documenti. Il capo presunto, Mohammad Atta, la mattina dell’11 settembre aveva lasciato Portland per Boston dove doveva prendere l’aereo che avrebbe colpito il World Trade Center.
Von Bülow Se Atta era l’uomo che ha diretto l’operazione è davvero strano che abbia rischiato un margine di tempo così ristretto per prendere il volo di coincidenza. Se il suo volo avesse avuto qualche minuto di ritardo non avrebbe potuto salire sull’aereo dirottato. Possibile che un terrorista così sofisticato agisca in questo modo? Inoltre si può vedere sulla CNN (internet) che nessuno dei nomi appare sulla lista ufficialedei passeggeri e nessuno è stato sottoposto ai controlli di sicurezza al momento dell’imbarco. Perchè nessuno dei piloti minacciati ha mandato il segnale segreto «7700» alla torre di controllo? E ancora: perchè le scatole nere che sono a prova di fuoco e d’urto e le registrazioni delle voci non contengono alcun dato utile?...
Tagesspiegel Si ha quasi l’impressione di......
Von Bülow ... di trovarsi di fronte ad attaccanti che nel preparare l’azione lasciano più tracce di un branco di elefanti in preda al panico. Hanno pagato con carte di credito, hanno dato ai loro istruttori di volo i nomi veri. Si sono lasciati dietro automobili noleggiate con manuali di volo per aerei jumbo in arabo. Si sono portati dietro per il viaggio suicida testamenti e lettere d’addio che sono caduti in mano dell' FBI perchè messi nei posti sbagliati o male indirizzati. Sono stati lasciati indizi da seguire come nei giochi per bambini.
C’è anche la teoria avanzata da un ingegnere aereonautico inglese secondo cui il pilotaggio, il controllo dell’aereo, può essere assunto dall’esterno. Gli USA avevano sviluppato questa tecnologia negli anni settanta proprio per poter soccorrere aerei dirottati intervenendo sul sistema di pilotaggio automatico. Secondo questa teoria saremmo in presenza di una manipolazione di questa tecnica. E’ solo una teoria ...
Tagesspiegel Davvero sconcertante. E questa ipotesi non è stata mai presa in considerazione.
Von Bülow Appunto! Io non ritengo valida questa teoria, ma penso che valga la pena di prenderla in considerazione. E che dire a proposito delle transazioni di borsa oscure? Nella settimana che ha preceduto gli attacchi, il volume delle transazioni di azioni d American Airlines, United Airlines e di alcune compagnie di assicurazione è aumentato del 1200% per un totale di 15 miliardi di dollari. Qualcuno doveva dunque sapere qualcosa. Chi?
Tagesspiegel Perchè non prova Lei a dire chi potrebbe esserci dietro la speculazione?
Von Bülow Questi attacchi terrificanti hanno permesso il lavaggio del cervello delle masse nelle democrazie occidentali. L’immagine del nemico propria dell’anticomunismo non funziona più e deve essere sostituita da quella dei popoli islamici. Sono accusati di aver fatto nascere il terrorismo suicida.
Tagesspiegel Lavaggio del cervello? E’ un termine pesante.
Von Bülow Davvero? Ma questa idea dell’immagine del nemico non l’ho inventata io. Viene da Zbigniew Brzezinski e Samuel Huntington, due consiglieri incaricati di elaborare la politica dei servizi di informazione e la politica estera del governo degli Stati Uniti. Già a metà degli anni ’90 Huntington riteneva che le opinioni pubbliche in Europa e negli Stati Uniti avessero bisogno di odiare quaalcuno, in modo da rafforzare il senso di appartenenza nella loro società. E Brezinski, il cane rabbioso, consigliere del presidente Carter, si batteva perchè gli Stati Uniti avessero il diritto esclusivo di impadronirsi di tutte le materie prime del mondo, soprattutto del petrolio e del gas naturale.
Tagesspiegel Vuol forse dire che gli avvenimenti dell’11 settembre ...
Von Bülow ... si iscrivono perfettamente nelle strategie dell’industria bellica, dei servizi segreti e di tutto il complesso militare-industriale-accademico. E’ un fatto che colpisce con grande evidenza. Le enormi riserve di materie prime nell’ex Unione Sovietica sono adesso a loro disposizione e lo stesso vale per le vie del petrolio e ...
Tagesspiegel Su questo punto Erich Follach ha scritto molte pagine col titolo "E’ una faccenda di basi militari, di droga e di riserve di petrolio e gas naturale" (Spiegel)
Von Bülow Posso dire che la pianificazione degli attacchi è stata magistrale dal punto di vista tecnico e organizzativo. Dirottare qattro enormi aerei in pochi minuti e portarli con manovre aeree complesse nell’arco di un’ora sugli obiettivi! E’ impensabile senza l’appoggio, e per anni, degli apparati segreti dello stato e dell’industria.
Tagesspiegel Lei è dunque un fautore della teoria della cospirazione!
Von Bülow Sì, certo. Così vengono ridicolizzati coloro che sollevano questi problemi da parte di quanti preferiscono seguire la linea ufficiale, politicamente corretta. Anche i giornalisti di inchiesta sono ubriacati di propaganda e di disinformazione. Chi mette in dubbio la versione ufficiale non può essere del tutto sano di mente. E’ così che li presentate!
Tagesspiegel La Sua carriera milita contro l’idea che lei non sia sano di mente. Lei è stato ministro della difesa già nel 1970 e poi nel 1993 rappresentante del partito socialdemocratico SPD nella Commissione di Inchiesta Schalck-Golodkowski.
Von Bülow E tutto ha avuto inizio proprio in quel periodo. Fino ad allora non avevo particolari conoscenze sul lavoro dei servizi segreti. E in quel periodo siamo stati costretti a fare i conti con una profonda contraddizione: abbiamo fatto luce sulle trame della STASI e di altri servizi segreti del blocco orientale nel campo della criminalità economica, ma non appena cercavamo di sapere qualcosa delle attività del BND (servizio segreto tedesco) o della CIA venivamo subito bloccati. Nessuna informazione. Nessuna cooperazione. Niente. Per la prima volta mi sono sentito impotente.
Tagesspiegel Schalk-Golodkowski tra l’altro era legato a diverse attività all’estero. Quando seguivate quella pista da vicino ...
Von Bülow ... abbiamo trovato per esempio una pista a Rostock, dove Schalk aveva organizzato un deposito di armi. E poi ci siamo imbattuti nella filiale di Schalk a Panama e poi in Manuel Noriega, che per molti anni è stato insieme presidente, trafficante di droga e tramite per il lavaggio di denaro sporco. E Noriega era anche sul libro paga della CIA per 200.000 dollari all’anno. Sono cose che mi hanno dato da pensare.
Tagesspiegel Lei ha scritto un libro sulle trame della CIA e consorti ed è divenuto esperto degli strani fenomeni legati all’attività dei servizi segreti.
Von Bülow "Strani fenomeni" non è il termine adatto. Quello che si faceva e ancora si fa in nome dei servizi segreti è una vera e propria attività criminale.
Tagesspiegel Che definizione darebbe del lavoro dei servizi?
Von Bülow A scanso di equivoci, io ritengo del tutto ragionevole avere dei servizi segreti.
Tagesspiegel Lei non sembra affatto convinto della proposta dei Verdi che vorrebbero smantellare i servizi.
Von Bülow No infatti. Bisogna essere in grado di dare un’occhiata dietro le quinte. Cercare di ottenere informazioni sulle intenzioni del nemico è una cosa logica. E’ importante cercare di mettersi nei suoi panni. Ma per comprendere i metodi della CIA bisogna prendere in esame i suoi compiti più importanti che sono le operazioni clandestine: a un livello più basso di quello della guerra aperta e prescindendo completamente dal diritto internazionale, alcuni stati esteri vengono presi di mira mediante l’organizzazione di insurrezioni, di attacchi terroristici, legati spesso al commercio della droga e delle armi e al lavaggio di denaro sporco. La sostanza è molto semplice. Gruppi violenti vengono riforniti di armi.. Siccome però si deve evitare ad ogni costo che si sappia che dietro c’è un servizio segreto, tutte le tracce vengono occultate con l’impiego di enormi risorse. I servizi segreti di questo tipo impiegano, penso, il 90% del loro tempo in questo modo, cioè per creare false piste. Così se qualcuno sospetta la collaborazione di questi enti viene accusato di soffrire di cospirazionite. La verità verrà fuori solo molti anni dopo. Il capo della CIA Allen Dulles lo aveva detto chiaramente: "in caso di dubbio mentirei anche di fronte al Congresso!"
Tagesspiegel Il giornalista statunitense Seymour M. Hersh ha scritto sul New York Times che anche gli esperti della CIA e del governo ritenevano che certe piste fossero state fabbricate per confondere gli inquirenti. Chi avrebbe potuto far ciò, signor Von Bülow?
Von Bülow Questo non lo so. Come potrei? Mi limito a usare il semplice buon senso e ... Insomma. I terroristi hanno agito in modo da attirare l’attenzione. Come la storia dei musulmani praticanti che entrano in un locale di spogliarello, si ubriacano e mettono dei biglietti di banca nelle mutande della ballerina.
Tagesspiegel Succede anche questo.
Von Bülow Forse. Lottando da solo non posso certo provare niente. E’ al di là delle mie possibilità. E tuttavia ho qualche difficoltà a immaginare che tutto ciò sia opera dello spirito di un uomo malvagio dalla sua caverna.
Tagesspiegel Signor Von Bülow, Lei stesso dice di essere solo a sostenere questa critica. In passato Lei era parte del mondo politico, adesso è piuttosto in disparte.
Von Bülow Questo a volte può rappresentare un problema, ma ci si abitua. Tra parentesi, conosco molta gente, anche personaggi influenti, che sono d’accordo con me, ma solo a bassa voce, mai in pubblico.
Tagesspiegel Ha ancora contatti con i suoi vecchi compagni della SPD come Egon Bahr e l’ex cancelliere Helmut Schnidt?
Von Bülow Non ho più contatti stretti. Volevo andare all’ultimo congresso dell’SPD ma mi sono ammalato.
Tagesspiegel Si considera il prtavoce tipico dell’antiamericanismo?
Von Bülow E’ assurdo. Quello che penso non ha niente a che vedere con l’antiamericanismo. Sono un grande ammiratore di quella società aperta e libera e lo sono sempre stato. Ho studiato negli Stati Uniti.
Tagesspiegel Come Le è venuta l’idea che ci possa essere un rapporto tra gli attacchi e i servizi segreti statunitensi? Von Bülow Si ricorda del primo attacco contro il Worl Trade Center nel 1993?
Tagesspiegel Ci sono stati sei morti e più di un migliaio di feriti per l’esplosione di una bomba.
Von Bülow Al centro c’era il costruttore della bomba, un ex ufficiale egiziano, che ha raccolto intorno a sè alcuni musulmani per l’attacco. La CIA li ha fatti entrare nel paese nonostante il divieto di reingresso da parte del Dipartimento di Stato. Il capo della banda era al tempo stesso anche informatore dell’FBI e si era accordato con le autorità: all’ultimo momento l’esplosivo doveva essere sostituito con una polvere inoffensiva. L’FBI non ha rispettato l’accordo. La bomba dunque è esplosa con la conoscenza, per così dire, dell’FBI. La storia ufficiale del crimine fu poi presto scritta: i responsabili erano dei criminali musulmani.
Tagesspiegel Quando le truppe sovietiche entrarono in Afghanistan lei era al governo con Helmut Schmidt. Come fu presa la cosa?
Von Bülow Gli statunitensi premevano per sanzioni commerciali e pretendevano il boicottaggio dei giochi olimpici di Mosca ...
Tagesspiegel ... che il governo tedesco adottò.
Von Bülow E oggi sappiamo che si trattava di una strategia formulata da Zbigniew Brzezinski, consigliere per la sicurezza del governo degli Stati Uniti, per destabilizzare l’Unione Sovietica partendo dai paesi musulmani confinanti. Hanno attirato i russi in Afghanistan e poi gli hanno preparato l’inferno in terra, il loro Vietnam. Col sostegno decisivo dei servizi segreti statunitensi almeno 30.000 combattenti musulmani erano stati addestrati in Afghanistan e Pakistan, un’accozzaglia di elementi fanatici che erano e tuttora sono pronti a tutto. Uno di loro si chiamava Osama Ben Laden. Già diversi anni or sono ebbi modo di scrivere che «da quella nidiata sono venuti i Talebani che, cresciuti nelle scuole coraniche finanziate con fondi statunitensi e sauditi, si sono impadroniti dell’Afghanistan che ora terrorizzano e distruggono».
Tagesspiegel Lei dice che per gli Stati Uniti è un problema di materie prime nella regione e tuttavia il punto di partenza dell’aggressione è stato l’attacco terroristico che è costato migliaia di vite umane.
Von Bülow E’ vero. Non dobbiamo perdere di vista l’attacco terroristico. Tuttavia, analizzando politicamente i processi è lecito porsi degli interrogativi e constatare chi ne ha tratto vantaggio e chi è stato danneggiato e i fattori attribuibili a coincidenze. Per chi ha dei dubbi vale la pena guardare una carta geografica e segnarvi le principali fonti di materie prime e le vie che le collegano. Poi le si può sovrapporre una mappa delle guerre civili e dei conflitti e si vedrà che coincidono. E anche una terza carta coincide con le prime due: quella che riporta gli snodi fondamentali del commercio della droga. Queste coincidenze dimostrano che i servizi segreti non sono lontani. Bisogna anche sapere che la famiglia Bush è legata al petrolio, al gas e al commercio delle armi tramite la famiglia Ben Laden.
Tagesspiegel Che cosa pensa dei video di Ben Laden?
Von Bülow Quando si ha a che fare con i servizi segreti non è difficile immaginare manipolazioni di ogni sorta. Hollywood avrebbe potuto fornire le tecniche Non ritengo affatto che i video rappresentino una prova adeguata.
Tagesspiegel Pensa che la CIA sia capace di qualsiasi cosa?
Von Bülow La CIA nel quadro degli interessi dello stato non è tenuta a rispettare nessuna legge nei suoi interventi all’estero e non è limitata dal diritto internazionale. Il presidente dà le direttive. Se poi vengono ridotti i fondi e all’orizzonte si intravede la pace, allora da qualche parte esplode una bomba. Ciò dimostra che non si possono trascurare i servizi segreti e si comprende che i loro critici siano considerati "dei pazzi", secondo l’espressione usata da Bush senior, capo della CIA e presidente. Bisogna rendersi conto che gli Stati Uniti spendono 30 miliardi di dollari per i servizi segreti e 13 miliardi per l’attività antidroga. E il risultato qual'è? Il capo di un’unità speciale antidroga, in preda allo sconforto dopo trent’anni di servizio, dichiarò che ogni volta che mettevano le mani su qualche cosa di importante, interveniva la CIA per sottrarre loro la competenza.
Tagesspiegel Lei critica il governo tedesco per le sue reazioni dopo l’11 settembre?
Von Bülow No. Ritenere che il governo potesse essere indipendente su queste faccende sarebbe ingenuo.
Tagesspiegel Signor Von Bülow, che farà ora?
Von Bülow Niente. Il mio compito è concludere dicendo che non è possibile che i fatti si siano svolti come ci viene raccontato. Cercate la verità.
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Old 29-03-2004, 15:22   #12
ni.jo
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gli ho dato un occhiata, poi leggerò meglio:
nemmeno io ho molta convinzione per la teoria della cospirazione: il libro di Meyssian o come si chiama è una bufala ben documentata, per esempio, e credo che una cosa sia auspicare una nuova Pearl Harbour un altra sia distruggere 3000 vite (non che non ci sia chi ne è capace, ma in quando poteva bastare molto meno).

Di sicuro in quei giorni sono successe molte cose poco chiare e tante cose sono state nascoste...ad esempio il mancato decollo dei caccia intercettori dalla base più vicina invece che da una base in culo ai lupi, e gli stessi caccia che non riescono a raggiungere un jet di linea...ma ci vedo più impreparazione che mala fede: la cosa che mi fà imbufalire è che Clarke avvisò che una delle possibili modalità di attacco era proprio il dirottamento di un jet civile, da usarsi come missile...
Solo di recente (ho letto un articolo la scorsa settimana) i piloti dei jet militari hanno ricevuto l'addestramento necessario per abbattere un jet civile (anche se, la battuta è spontanea, con il Dc 9 dell'Itavia qualsiasi fosse la loro nazionalità se la cavarono niente male...)
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Old 29-03-2004, 15:32   #13
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gli ho dato un occhiata, poi leggerò meglio:
nemmeno io ho molta convinzione per la teoria della cospirazione: il libro di Meyssian o come si chiama è una bufala ben documentata, per esempio, e credo che una cosa sia auspicare una nuova Pearl Harbour un altra sia distruggere 3000 vite (non che non ci sia chi ne è capace, ma in quando poteva bastare molto meno).

Di sicuro in quei giorni sono successe molte cose poco chiare e tante cose sono state nascoste...ad esempio il mancato decollo dei caccia intercettori dalla base più vicina invece che da una base in culo ai lupi, e gli stessi caccia che non riescono a raggiungere un jet di linea...ma ci vedo più impreparazione che mala fede: la cosa che mi fà imbufalire è che Clarke avvisò che una delle possibili modalità di attacco era proprio il dirottamento di un jet civile, da usarsi come missile...
Solo di recente (ho letto un articolo la scorsa settimana) i piloti dei jet militari hanno ricevuto l'addestramento necessario per abbattere un jet civile (anche se, la battuta è spontanea, con il Dc 9 dell'Itavia qualsiasi fosse la loro nazionalità se la cavarono niente male...)
neanche io credo alla tesi del complotto; però ci sono tante cose che non quadrano. Inoltre tutto quello che abbiamo postato finora lascia chiaramente intendere che l'amministrazione Bush non aveva come priorità la lotta al terrorismo ma il controllo delle risorse Irakene e di un territorio strategicamente importante. Saddam non si era dimostrato "affidabile" e bisognava in qualche modo sostiuirlo.
Fatto sta che dopo l'11 settembre si è subito cercato il motivo per muovere una guerra all'Iraq anche se si sapeva per certo che il pericolo n°1 era altrove e che in Iraq la probabilità di trovare WDM era pressochè nulla (come risultava dagli stessi rapporti della CIA fino al febbraio 2001).
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Old 29-03-2004, 15:45   #14
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Originariamente inviato da yossarian
neanche io credo alla tesi del complotto; però ci sono tante cose che non quadrano. Inoltre tutto quello che abbiamo postato finora lascia chiaramente intendere che l'amministrazione Bush non aveva come priorità la lotta al terrorismo ma il controllo delle risorse Irakene e di un territorio strategicamente importante. Saddam non si era dimostrato "affidabile" e bisognava in qualche modo sostiuirlo.
Fatto sta che dopo l'11 settembre si è subito cercato il motivo per muovere una guerra all'Iraq anche se si sapeva per certo che il pericolo n°1 era altrove e che in Iraq la probabilità di trovare WDM era pressochè nulla (come risultava dagli stessi rapporti della CIA fino al febbraio 2001).
Io mi sono fatto un idea: la priorità delle risorse irachene era in lista da tempo, ed il documento di Richard Cheney, (National Energy policy Development Group pubblicato il 17 Maggio 2001) in cui si dichiarava come priorità l'acquisizione di nuove risorse, in quanto la crescita Usa è legata al petrolio, priorità quindi dell'acquisizione di nuove riserve di petrolio in territorio straniero, e le politiche estere necessarie per ottenere il risultato (che ebbe poi ripercussioni sul documento di programmazione degli armamenti, che si orientò verso il concetto di "proiezione della forza").
Semplicemente prima o poi una scusa sarebbe arrivata (non che Saddam fosse un uomo dai nervi saldi e collaborativo anche con l'Onu...) e i nostri baldi affaristi hanno infilato il fascicolo iraq al secondo posto delle cose da fare, alla faccia del dolore del loro popolo e delle conseguenze, come Beetlejuice che toglie di mano il numeretto al cannibale nella sala d'aspetto dell'inferno...
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Old 30-03-2004, 17:16   #15
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Bush e i suoi ministri hanno glissato sull'avvertimento di Clarke di imminente di un attacco di Al Qaeda in America.
Le misure di prevenzione proposte da Clarke nel gennaio 2001 vennero esaminate soltanto il 4 settembre, troppo tardi.
Bush non si è reso conto dell’urgenza e ha cercato sia prima che dopo di regolare i conti con l’eterno nemico del papà.
Il giorno dopo l'11/9 secondo Clarke, Bush convocò i responsabili della sicurezza nazionale nella «Situation Room» per prendere le decisioni di emergenza,
Quote:
Bush
Verificate se è stato Saddam. Controllate se c’è qualche collegamento tra lui e gli attentatori»
e clarke, con questa espressione
Quote:
Clarke
Ma, signor presidente è stata Al Qaeda ad attaccarci...
Quote:
Bush
«Lo so, lo so. Ma controllate se Saddam è coinvolto. Indagate. Voglio conoscere ogni minuzia: indagate su Saddam Hussein!»
In un primo tempo la Casa Bianca aveva sostenuto:
Quote:
«Non risulta che quel giorno il presidente sia stato nella Situation Room, e abbia pronunciato le frasi che gli sono attribuite»
Una delle numerose contraddizioni di Condolcezza
Quote:
«Il presidente voleva sapere se l’Iraq fosse complice dell’attacco. Era del tutto ragionevole chiedere che si indagasse su un paese contro il quale eravamo stati in guerra»

La retromarcia di Condolcezza è stata fatta in onda nella tv Cbs.
Dalla commissione di indagine (precedentemente già espressasi nei confronti delle reticenze degli omissis e sulle contraddizioni della casa bianca riguardo all'11/9 è giunta l'ennesima protesta.
Quote:
Thomas Keen, presidente della commissione,nominato da Bush Continueremo a fare pressioni perché la professoressa Rice venga a deporre davanti alla commissione, in pubblico e sotto giuramento. Siamo unanimi su questo punto»
Quote:
Commissario Richard Ben Veniste «Condoleezza ha parlato in tutte le sedi, tranne forse nel caffè sotto casa mia. Gli unici da cui non vuole essere interrogata siamo noi

Richard Clarke venne bloccato da Condoleezza Rice quando nel gennaio 2001 chiese di informare il gabinetto dei ministri sulla rete terrorista di Al Qaeda: comunque, per decisone dell'amministrazione o della stessa Rice, qualsiasi informazione che potesse riguardare un attentato non doveva essere più passata direttamente al consigliere della sicurezza nazionale ma al suo vice.

p.s. jena mode on
Condoleeza in realtà sarebbe dovuta davvero essere Condolcezza ma l'impiegato fancazzista ignorante della nobile lingua italica ha scambiato il carattere "c" con la "e" e questo ha segnato l'esistenza della potenziale nuova Santa: l'intero mondo vittima del refuso di un impiegato dell'anagrafe...
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Old 31-03-2004, 10:45   #16
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Condolcezza è ormai in stato confusionale.
Domenica aveva sostanzialmente confermato alla Tv Cbs le rivelazioni di Clarke sull'ossessione irachena della Casa bianca dopo l'11/9, contraddicendo Bush che aveva trascorso l'intera settimana a negare qualla circostanza.
Adesso il portavoce della casa bianca dice che Bush«non ha alcun ricordo» di quella conversazione...bèh pare che adesso lo abbiano oltre a Clarke e Telnet anche la Rice...magari gli ritornerà la memoria.
Intanto per evitare lo scontro con il Congresso e l'offensiva mediatica che sta dando risultati preoccupanti nei sondaggi per George Bush la Casa Bianca ha ceduto il portavoce Alberto Gonzales, in una lettera recapitata oggi, e' stato costretto a fare totale marcia indietro rispetto alla missiva inviata venerdi' scorso, in cui illustrava tutte le ragioni legali per cui il presidente non poteva accettare di lasciar testimoniare in pubblico il proprio consigliere per la sicurezza nazionale: la Rice testimoniera' in pubblico, sotto giuramento ed in un'audizione a porte aperte, di fronte alla commissione d'inchiesta che indaga sull'11 settembre.
Karl Rove, lo stratega elettorale di Bush, faceva pressione da vari giorni perché Condolcezza rinunciasse all’immunità: al New York Times un collaboratore ha detto “George Bush non uscirebbe vincente da una polemica sulle armi di sterminio dell’Iraq, sui fiaschi dei servizi segreti o sulla caccia a Osama Bin Laden. Dobbiamo fare in modo che gli elettori, invece di impostare il dibattito in questi termini, si domandino quale candidato li fa sentire più sicuri”(adnkronos)
Quote:
il riformista
Clarke fa molti esempi. Di questi, uno è particolarmente significativo.
Dopo tanti ritardi, verso la fine del suo mandato Bill Clinton aveva dato ordine - ordine segreto - di assassinare Osama bin Laden. La Cia sapeva che lo sceicco del terrore si trovava in Afghanistan, quindi sarebbe stato necessario individuarlo e ucciderlo. I metodi a disposizione erano due: con i missili Cruise caricati sui sottomarini che stazionavano al largo delle coste pachistane, o con il Predator, l'aereo senza pilota già sperimentato con successo in Kosovo. L'opzione Cruise fu scartata perché la Cia non riteneva di avere informazioni sufficientemente certe circa i movimenti di bin Laden, e perché in quelle condizioni il rischio di "danni collaterali" - vale a dire di fare vittime innocenti - era elevatissimo. Restava il Predator, che tuttavia andava armato all'uopo. Ma qui cominciarono i problemi.
L'operazione sarebbe costata alcuni milioni di dollari («spiccioli», secondo Clarke), ma la Cia, sempre a corto di risorse, avrebbe voluto spendere quella somma, se si fosse resa disponibile, in altre attività. Così, tra il settembre e l'ottobre del 2000, furono ordinate 11 missioni di Predator da ricognizione, cioè non armati. Almeno un velivolo, ma forse addirittura tre, individuò chiaramente bin Laden. Essendo disarmato, non attaccò.
Sopraggiunse l'inverno, stagione in cui il Predator non può entrare in azione, e le missioni furono sospese. Si arrivò così al 2001 e al cambio della guardia alla Casa Bianca. Clarke racconta che cercò di coinvolgere la nuova amministrazione, forte anche del fatto che nel frattempo la Cia aveva chiaramente indicato in bin Laden il mandante dell'attentato contro il cacciatorpediniere Cole nel porto di Aden (12 ottobre 2000, 17 morti). A dargli manforte arrivò anche il comandante dell'aeronautica Johnny Jumper, secondo il quale l'armamento dei Predator sarebbe potuto avvenire in pochi mesi. Furono anche condotti con successo alcuni test, da qualche parte negli Stati Uniti occidentali. Ma la Cia continuò a opporsi, obiettando tra l'altro che se bin Laden fosse stato ucciso la vita degli agenti che operavano in Asia sarebbe stata messa in pericolo. Clarke ribatté che la vita degli agenti della Cia era già messa in pericolo dall'esistenza stessa di al Qaeda, ma il Direttorato delle operazioni - la divisione della Cia incaricata di gestire le missioni segrete in Afghanistan - fu inamovibile.
Quando il 4 settembre fu finalmente approvata la revisione globale della strategia antiterrorismo ordinata da Condy Rice, i Predator erano ancora in assetto da ricognizione.
Poi fu l'11 settembre. Le obiezioni della Cia vennero immediatamente ritirate, Bush ordinò l'attacco all'Afghanistan e la caccia agli uomini di al Qaeda cominciò per davvero. Appena due mesi dopo, il 16 novembre, un Predator armato ucciderà a sud di Kabul Mohammed Atef, capo militare e numero 3 nella gerarchia di al Qaeda. Di Osama bin Laden, invece, si erano ormai perse le tracce.
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Ultima modifica di ni.jo : 31-03-2004 alle 11:00.
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Old 31-03-2004, 12:15   #17
ni.jo
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Non sò come finirà questa inchiesta: le conclusioni non verranno tratte che dopo la fine delle elezioni, per non turbarne lo svolgimento.
Io penso che non se ne farà nulla, se non che influirà visibilmente nella politica del possibile nuovo presidente, Kerry: kerry, che comunque, non ha nessuna possibilità di cambiare completamente rotta, ma solo di riavvicinarsi agli alleati occidentali e prendere d'ora in avanti a lezione i fatti ante 11-9, mi auguro facendo un pò di pulizia all'interno della Cia e dell'Fbi: speranza vana, temo.
Cia che, DOPO il completo fallimento dell'11-9 ha ottenuto come ente un conspicuo aumento di fondi, ma nessun provvedimento punitivo per non aver preso in considerazione o per aver affossato i messaggi di allarme lanciatio dagli agenti investigativi e dai servizi stranieri (israeliani, tedeschi e inglesi in primis).

Due anni e mezzo prima dell'11 settembre 2001, i servizi segreti tedeschi fornirono alla Cia il nome di uno dei membri di al Qaeda, Marwan al-Shehhi, il quale poi partecipò al dirottamento del volo 175 che colpì la torre sud del World Trade Center.
La Cia, pur convinta che si trattasse di «un associato di Osama bin Laden», non ne seguì le tracce.
Marwan al-Shehhi poté così, indisturbato, frequentare una scuola di volo negli Stati uniti.

Nel luglio 2001 un agente dell'Fbi di Phoenix (Arizona) inviò ai superiori un memorandum in cui chiedeva di investigare su alcuni cittadini mediorientali che frequentavano scuole di volo negli Usa e avrebbero potuto essere collegati alla rete di bin Laden, ma, al quartier generale dell'Fbi a Washington, i responsabili dell'antiterrorismo decisero che non era il caso di effettuare indagini.

Poco dopo, nell'agosto 2001, una agente di Minneapolis (Minnesota) chiese ai superiori di indagare su un'altra persona di origine marocchina che frequentava una scuola di volo locale, ma, al quartier generale dell'Fbi, «un supervisore alterò il rapporto in modo tale da rendere impossibile agli investigatori ottenere prove cruciali».

Lo stesso presidente Bush fu informato, oltre un mese prima dell'11 settembre, della probabilità di un attacco terroristico da parte di Al Qaeda. Nel briefing del 6 agosto 2001, un relatore della Cia gli comunicò che «seguaci di Osama bin Laden, appartenenti ad Al Qaeda, potrebbero dirottare jet commerciali negli Stati uniti».

Risulta incomprensibile il motivo per cui, davanti ad allarmi (uno dei quali precisato da Clarke stesso) ci si sia trovati nella situazione di non riuscire in circa due ore a intercettare neanche uno di quattro jet dirottati, usciti fuori rotta e non rispondenti ai richiami delle torri di controllo, facendo decollare degli f16 da una base più lontana invece che da quella più vicina (aspetto che è all'esame della commissione9
Quote:
Donald Rumsfeld, U.S. Secretary od Defense, Public Testimony Before 9/11 Panel
«avevo appena iniziato al Pentagono un incontro con alcuni membri del Congresso quando, subito dopo, qualcuno mi passò una nota in cui mi si informava che un aereo aveva colpito una delle torri del World Trade Center; poco dopo, mentre ero nel mio ufficio con un relatore della Cia, mi fu detto che un secondo aereo aveva colpito l'altra torre; poco dopo, alle 9:38, il Pentagono fu scosso da una esplosione di origine sconosciuta»
A questo punto ovviamente uno dei commissari chiede se i piloti dei caccia avessero ricevuto l'ordine di abbattere gli aerei dirottati,
Quote:
«L'ordine era stato dato e i piloti - mi correggo, non necessariamente i piloti, ma il comando aveva ricevuto istruzioni che i piloti potevano usare le loro armi per abbattere un aereo di linea che si fosse comportato in modo minaccioso»
il commissario chiede
Quote:
«i piloti sapevano di essere autorizzati ad abbattere un aereo di linea»
Quote:
Rumsfeld
«Non so che cosa pensassero; in realtà non ho parlato con i piloti che erano lassù»
Quindi l'11/9 segretario alla difesa sarebbe spiazzato d'avanti all'attentato nè più nè meno che un normale cittadino, e non può neppure testimoniare in merito all'ordine di abbattere i jet se esso sia stato effettivamente inviato: eppure qualche or dopo si sà già chi è stato, dove e come punirli e assieme a loro sistemare l'incombenza economico-politica irachena rimasta in sospeso, trasformando l'11-9 in una comoda scusa per mantenere nel Golfo una consistente forza militare americana che trascende la questione del regime di Saddam Hussein», dato che il Golfo è «una regione di vitale importanza» in cui gli Stati uniti devono avere «un ruolo permanente» (Rebuilding America's Defenses, settembre 2000, postato poco sopra)
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Old 01-04-2004, 01:16   #18
yossarian
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questo sembra avvalorare la mia ipotesi circa il fatto che l'amministrazione Bush stia pensando a chi mettere al posto di Saddam, dovendo affrontare il problema che libere elezioni porterebbero, in Iraq, ad un'inevitabile vittoria degli sciiti (quello che Bush vuole scongiurare)


Perle, il Principe delle tenebre



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Giuseppe Genna

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Quando si asserisce che George Bush Jr è la marionetta dei poteri forti, sarebbe equilibrato denunciare chi tira i fili della marionetta. Se non i nomi dei burattinai, possiamo però concederci il piacere di enunciare i nomi dei fili con cui la marionetta viene mossa. Uno di questi fili si chiama Richard Perle. Nel clan che sta scatenando il Nuovo Disordine Mondiale egli è noto con un significativo soprannome: "the Prince of Darkness", il Principe delle Tenebre. Fino a qualche giorno fa Perle presiedeva un organo consultivo dell'Amministrazione, istituzione centrale al Pentagono: il Defense Policy Board (DPB). Si è dimesso per conflitto d'interessi (adesso vi raccontiamo quale), senza però abbandonare la carica di membro del DPB: Donald Rumsfeld ha accettato le sue dimissioni dalla presidenza del board, non dal board stesso. Perle è l'uomo che detta i tempi della politica dei falchi.

Insieme a Paul Wolfowitz e ad Ari Fleischer è l'ispiratore e il responsabile della strategia della guerra preventiva. Il 27 marzo ha chiesto - parole sue - che l'Amministrazione adotti, quale modulo fondamentale, "l'idea di una guerra perpetua".
Le dimissioni di perle sono una bufala. Il Corriere e Repubblica le hanno fornite attraverso dispacci minimi e perentori, asetticissimi. La realtà smentisce simili dispacci di regime. Il deputato del Congresso John Conyers (democratico del Michigan) chiede che si continui a indagare intorno ai conflitti d'interesse (non uno: diversi) di cui Perle è protagonista. Il senatore democratico Sander Levin insiste che a Perle sia preclusa definitivamente non solo la presidenza bensì ogni forma di partecipazione alle riunioni del DPB.
Il 21 marzo Perle aveva definitivamente screditato l'ONU: "Non ci permette di avere le mani libere. E' fuori dalla Storia", liquidando al contempo una pietra miliare della politica di difesa americana, la cosiddetta dottrina del contenimento, rovesciandola nella dottrina dell'attacco preventivo che "ha più senso se priva di legami con le altre nazioni". Da prendere con le molle: Richard Perle ufficialmente non fa parte del governo. Ha adottato una ben nota strategia: quella dell'eminenza grigia. Lavora in un ufficio porta a porta con quello del capo della Difesa, Rumsfeld. Ha piazzato suoi uomini in ruoli chiave del Pentagono. Non è che Perle si risparmi, però. Per esempio, al Defense Forum, qualche giorno fa, dichiarava: "Questa guerra ci darà l'opportunità di ripensare l'assetto delle relazioni internazionali", avendo come target primario il bombardamento diplomatico del Palazzo di Vetro. Esplicitamente, Richard Perle si autolegittimato quale curatore fallimentare dell'ONU secondo le nuove strategie americane.
Quali siano queste nuove strategie americane ce lo dice sempre Perle. Prima il metodo - vale a dire l'ammissione della menzogna utilizzata come piede di porco per scardinare democrazia e consenso di massa: "Per mesi i nostri ufficiali - ha dichiarato Perle, sempre al Defense Forum - hanno ritenuto che la strategia di persuasione più efficace consistesse nel parlare di 'armi di distruzione di massa', perché parlare di 'cambio di regime' non avrebbe portato all'autorizzazione dell'ONU". Quindi: "Il cambio di regime è a tutt'ora una sorta di tabù. Adottando la strategia di comunicare con la gente al modo in cui si esprimono i diplomatici, a mio avviso, è stato un errore che ci ha condotto a fallire la comunicazione nei confronti di tutti gli abitanti del pianeta, che in realtà condividono i nostri stessi valori". Infine la scontata conclusione del perverso ragionamento: "E ci sono anche alcuni consulenti legali dell'Amministrazione che sostengono che il 'cambio di regime' non è contemplato nello statuto dell'ONU. La risposta da fornire a tutto ciò è che bisogna rivedere lo statuto dell'ONU".
La base di Perle, come spesso accade agli esponenti dei poteri forti, è del tutto extraistituzionale. Si chiama American Enterprise Institute e viene cogestito da Perle stesso e da Micheal Ledeen, uno stronzo di provata fama noto anche in Italia per i contatti che ebbe con la P2 (da leggere quanto Francesco Pazienza ne dice nel suo libro Il disubbidiente, edito da Longanesi). Il 21 marzo, i due dioscuri dell'oscuro think tank hanno detto la loro sul conflitto in Iraq: hanno detto che la guerra non deve limitarsi all'Iraq. Michael Ledeen: "L'Iraq non è tutta la guerra. La guerra è di carattere regionale. Non possiamo vincerla davvero se ci limitiamo soltanto all'Iraq. Penso che le nazioni che sostengono il terrorismo insieme all'Iraq, e specificamente l'Iran e la Siria, sappiano molto bene questo. Credo che il piano di Saddam sia di andare a rifugiarsi in Siria, esattamente come Osama Bin Laden se ne è andato a trovare asilo in Iran nel bel mezzo della guerra in Afghanistan".
La storia umana, tuttavia, non consente strategie facili da realizzare secondo i desideri di ogni leader che emerga dal pantano delle vicende mondiali. Così anche Perle si è visto recapitare a casa uno scud a mezzo stampa. Il 17 marzo, il New Yorker, in un articolo a firma Seymour Hersh, raccontava per filo e per segno quale ruolo avesse Perle nella Trireme Partners LP: un'azienda privata che vive di contratti governativi per fornitura di armi e che aveva appena ottenuto la prima commessa per la ricostruzione in Iraq: milioni di dollari. Passano tre giorni e il New York Times assesta un altro colpo alla credibilità pubblica del mostruoso Richard Perle: Stephen Labaton pubblica un pezzo in cui si forniscono le prove della partecipazione di Perle alla Global Crossing, il gigante delle comunicazioni attraverso fibra ottica che ha dichiarato bancarotta (per inciso: siamo sulle sogli di un'ulteriore Enron). Secondo il cronista del New York Times, Perle stava cercando di vendere le sue partecipazioni in tutta fretta, prima del crollo della Global, precisamente alla Hutchison Whampoa Ltd: una vendita che avrebbe fruttato 750.000 dollari, 600.000 dei quali dipendenti dal ruolo di Perle al Pentagono. Spulciando le carte, riservatissime, della transizione, si poteva leggere che Perle era il rappresentante unico della società in funzione del suo impiego al Defense Policy Board. Perle ha tentato di difendersi sul Washington Post, dicendo che quell'affidavit era un errore grammaticale. Errore di strategia da parte dello Stratega: scegliere il concorrente del NYT è stato letale, perché il Times ha iniziato una autentica campagna stampa contro Perle, che lo ha obbligato a dimettersi dal consiglio di amministrazione della Global e, nello stesso giorno, dalla presidenza del DFB.
Perle sembra in declino, ma c'è tempo: la merda resta a galla per questioni non di volume, quanto di peso specifico. Va detto poi che bisogna fare molta attenzione ad attaccare Perle: si rischia l'accusa di antisemitismo, come sottolinea Eric Alterman, columnist di the Nation (tra l'altro: qui potete trovare una versione più complessa della storia di Perle). Alterman sottolinea i rapporti stretti che intercorrono tra Richard Perle e la destra israeliana; e ricorda come nel 1996, insieme a Douglas Feith (attualmente numero tre di Donald Rumsfeld), lo stesso Perle avesse steso un documento per l'allora premier israeliana Benjamin Nethanyau, dove asseriva che "la rimozione di Saddam Hussein è un obbiettivo strategico per Israele".
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Old 01-04-2004, 01:26   #19
yossarian
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John Pilger - 12 Dicembre 2002
ZNet The New Statesman

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La minaccia alla sicurezza delle nazioni e delle persone rappresentata dal terrorismo statunitense è stata delineata con precisione profetica in un documento scritto più di due anni fa e reso pubblico solo recentemente. Quello che serve all'America per dominare la maggior parte dell'umanità e delle risorse mondiali è, si legge nel documento, "qualche evento catastrofico e catalizzatore - come una nuova Pearl Harbor." Gli attacchi del 11 Settembre hanno fornito la nuova Pearl Harbor, descritta come l' "opportunità epocale".

Gli estremisti che da allora hanno strumentalizzato l'11 settembre vengono dai tempi di Ronald Reagan, quando sono stati creati gruppi di estrema destra e "serbatoi di cervelli" per vendicare la "sconfitta" americana in Vietnam. Negli anni '90 si aggiunse un nuovo programma: giustificare il rifiuto di un "dividendo di pace" a seguito della guerra freddo. Venne cosi creato il Project for a New American Century [Progetto per un Nuovo Secolo Americano, n.d.t.], insieme all'American Enterprise Institute [Istituto per l'Impresa Americana, n.d.t.], lo Hudson Institute ed altri, che da allora hanno fuso le ambizioni dell'amministrazione Reagan con quelle dell'attuale regime di Bush.

Uno degli "esperti" di George W. Bush è Richard Perle. Ho intervistato Perle quando era consigliere di Reagan; e quando parlò di "guerra totale", l'ho erroneamente liquidato come pazzo. Recentemente Perle ha usato di nuovo la stessa espressione, descrivendo la "guerra al terrore" degli USA. "Non si va per stadi", ha detto. "Questa è una guerra totale. Stiamo combattendo contro una varietà di nemici. Ce n'è una montagna là fuori. Tutto questo parlare che prima ci faremo l'Afganistan, poi l'Iraq... questo è il modo più sbagliato di affrontare la questione. Se mandiamo avanti la nostra visione del mondo, se la abbracciamo completamente senza cercare di mettere insieme una diplomazia intelligente, ma scateniamo una guerra totale... i nostri discendenti canteranno le nostre lodi per anni a venire."

Perle è uno dei fondatori di Project for a New American Century, il PNAC. Altri fondatori includono Dick Cheney, adesso Vice Presidente, Donald Rumsfeld, Segretario della Difesa, Paul Wolfowitz, Vice Segretario della Difesa, I. Lewis Libby, Capo del Personale di Cheney, William J. Bennett, Segretario dell'Istruzione di Reagan, e Zalmay Khalilzad, l'ambasciatore di Bush in Afganistan. Questi sono i moderni cartisti del terrorismo americano. L'influente relazione del PNAC, "Ricostruire le difese americane: strategie, forze e risorse per un nuovo secolo", è un progetto degli obiettivi americani non solo nel nome. Due anni fa raccomandava di aumentare la spesa militare di circa 48 miliardi di dollari, in modo che Washington potesse "combattere e vincere simultaneamente su più importanti fonti di guerra." Questo è avvenuto. Diceva che gli Stati Uniti dovevano sviluppare armi nucleari per distruggere i bunker e fare delle "guerre stellari" una priorità nazionale. Questo sta avvenendo. Diceva che, se Bush avesse preso il potere, l'Iraq doveva diventare un obiettivo. E così è.

Per quanto riguarda le presunte "armi di distruzione di massa" dell'Iraq, queste venivano liquidate, attraverso lunghe perifrasi, come una scusa conveniente, cosa che di fatto sono. "Sebbene il conflitto non risolto con l'Iraq fornisce la giustificazione immediata," si legge, "il bisogno di una consistente presenza militare americana nel Golfo va oltre la questione del regime di Saddam Hussein." Come hanno implementato questa grandiosa strategia? Una serie di articoli nel Washigton Post, scritti insieme a Bob Woodward (famoso dai tempi del Watergate) e basati su lunghe interviste con esponenti senior dell'amministrazione di Bush, rivelano come è stato manipolato l'11 Settembre.

La mattina del 12 Settembre 2001, senza alcuna prova su chi fossero i dirottatori, Rumsfled chiese che gli USA attaccassero l'Iraq. Secondo Woorward, Rumsfeld disse ad una riunione del Consiglio dei Ministri che l'Iraq doveva essere "uno dei principali obiettivi del primo round della guerra al terrorismo." L'Iraq venne temporaneamente risparmiato solo perché Colin Powell, il Segretario di Stato, convinse Bush che "l'opinione pubblica deve essere preparata prima che sia possibile una mossa contro l'Iraq". L'Afghanistan venne quindi scelto come l'opzione meno impegnativa. Se le stime di Jonathan Steele nel Guardian sono corrette, circa 20.000 persone in Afganistan hanno pagato con la loro vita il prezzo di questo dibattito.

L'11 settembre viene descritto ripetutamente come un' "opportunià". Lo scorso Aprile, il giornalista investigativo Nicholas Lemann ha scritto sul New Yorker che Condoleeza Rice, il consigliere più autorevole di Bush, disse al Presidente degli USA di avere convocato i membri più influenti del Consiglio di Sicurezza Nazionale e di avere chiesto loro di "pensare a come fare a capitalizzare su queste opportunità", che la Rice ha paragonato a quelle dal "1945 al 1947": l'inizio della Guerra Fredda. A partire dall'11 Settembre, gli Stati Uniti hanno stabilito basi militari nei punti d'accesso cruciali a tutte le principali fonti di carburanti fossili, specialmente in Asia Centrale. La compagnia petrolifera Unocal costruirà un oleodotto attraverso l'Afghanistan. Bush ha rinnegato il Protocollo di Kyoto sulle emissioni di gas che causano l'effetto serra, i provvedimenti sui crimini di guerra della Corte Criminale Internazionale, ed il Trattato contro la Proliferazione Nucleare. Ha detto che "se necessario" userà le armi nucleari contro stati non nucleari. Sotto la copertura della propaganda contro le presunte armi di distruzione di massa dell'Iraq, il regime di Bush sta sviluppando nuove armi di distruzione di massa che violano i trattati internazionali sulla guerra nucleare e batteriologica.

Sul Los Angeles Times, l'analista militare William Arkin descrive un esercito segreto creato da Donal Rumsfeld, simili a quelli voluti da Richard Nixon e Henry Kissinger e che il Congresso aveva messo fuori legge. Questa "attività di supporto dei super-servizi segreti" metterà insieme "la CIA e l'azione militare clandestina, la guerra dell'informazione e l'inganno." Secondo un documento top-secret preparato per Rumsfeld, la nuova organizzazione, conosciuta con il suo nomignolo orwelliano Proactive Pre-emptive Operations Group [Gruppo Proattivo per le Azioni Preventive, n.d.t.], o P2OG, provocherà attacchi terroristi che richiederanno quindi un "contrattacco" da parte degli USA contro quei paesi che "accolgono i terroristi".

In altre parole, gli Stati Uniti uccideranno persone innocenti. Questi ricorda l'Operazione Northwoods, il piano che i capi militari presentarono al Presidente Kennedy per una campagna terroristica fasulla - completa di bombe, dirottamenti, incidenti aerei e morti americani - per giustificare un'invasione di Cuba. Kennedy rifiutò il piano. Venne assassinato pochi mesi dopo. Adesso Rumsfeld ha riesumato Northwoods, ma con risorse che nel 1963 non ci si sognava neppure esistessero, e senza un rivale globale che possa invitare alla prudenza. Bisogna continuamente ricordarsi che questa non è fantascienza: al potere ci sono uomini molto pericolosi, come Perle e Rumsfeld. Il filo rosso che unisce le loro riflessioni è l'importanza dei media: "il compito prioritario è avere dalla nostra dei giornalisti autorevoli che accettino la nostra posizione."

In codice "la nostra posizione" significa mentire. Certamente, come giornalista, non ho mai visto bugie ufficiali tanto pervasive come oggi. Possiamo anche ridere delle lacune del "dossier sull'Iraq" di Tony Blair e l'inutile bugia di Jack Straw che l'Iraq ha sviluppato la bomba atomica (che i suoi portaborse si sono affrettati a spiegare). Ma le bugie più insidiose, che giustificano un attacco non provocato all'Iraq legandolo ai potenziali terroristi che si dice stiano in agguato in ogni stazione della metropolitana, vengono quotidianamente mandate in onda come notizie. Non sono notizie; è propaganda nera. *

Questa corruzione rende i giornalisti e commentatori dei semplici pupazzi da ventriloquo. Un attacco ad una nazione di 22 milioni di persone sofferenti viene discussa dai giornalisti liberali come se fosse l'argomento di un seminario accademico, in cui si spostano le bandierine su una mappa, come usavano fare i vecchi imperialisti.

La questione per questi umanitaristi non è innanzitutto la brutalità del moderno dominio imperialista, ma quanto sia "cattivo" Saddam Hussein. Non ammettono che la loro decisione di aderire al partito della guerra segna ulteriormente il destino migliaia di innocenti Iracheni condannati ad aspettare nel braccio della morte internazionale dell'America. I loro ragionamenti incoerenti sono destinati a non funzionare. Non si può sostenere una pirateria assassina in nome dell'umanitarismo. Per di più, gli estremismi del fondamentalismo americano sono davanti ai nostri occhi da troppo tempo perché le persone di buon cuore e di buon senso non li riconoscano.

Con un ringraziamento a Norm Dixon e Chris Floyd.
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Old 01-04-2004, 02:11   #20
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NON CI POSSO CREDEREEEEEE!!!
ancora non ha risposto nessun "destrorso" incallito....
e come mai???? sono andati tutti in ferie x caso????
Mi aspettavo qualke uscita delle loro leggendo il post.....
o hanno deciso di arrendersi all'evidenza .... oppure domani vedremo qualke loro intervento
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