TikTok e Instagram sotto accusa: ancora contenuti su suicidio e autolesionismo consigliati ai minorenni

TikTok e Instagram sotto accusa: ancora contenuti su suicidio e autolesionismo consigliati ai minorenni

Un nuovo rapporto denuncia come gli algoritmi di TikTok e Instagram continuino a proporre video e post legati a depressione, autolesionismo e suicidio: otto anni dopo la morte di Molly Russell, le piattaforme sono accusate di non aver fermato un fenomeno definito "devastante per i giovani"

di pubblicata il , alle 15:36 nel canale Web
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Un'analisi condotta dalla Molly Rose Foundation mette nuovamente sotto i riflettori i sistemi di raccomandazione di TikTok e Instagram. Gli esperti parlano di un vero e proprio bombardamento di contenuti su suicidio, autolesionismo e depressione, indirizzati a un pubblico molto giovane. La ricerca è stata pubblicata a pochi giorni dall'entrata in vigore dell'Online Safety Act e accusa le piattaforme di aggirare le nuove regole imposte da Ofcom, l'autorità indipendente per le comunicazioni del Regno Unito.

Secondo i dati raccolti, il 97% dei video consigliati su Instagram Reels e il 96% di quelli suggeriti sulla pagina "Per te" di TikTok contengono materiale definito dannoso. Alcuni di questi contenuti hanno superato il milione di interazioni e hanno amplificato ulteriormente il rischio di esposizione per gli utenti vulnerabili. Per la fondazione, la situazione attuale non è migliorata rispetto al 2017, quando Molly Russell — appena 14enne — si tolse la vita dopo aver visto migliaia di post legati ad ansia e autolesionismo.

Molly Rose

Ian Russell, presidente della fondazione e padre di Molly, ha definito "sconcertante" il fatto che, dopo otto anni, i social network continuino a ospitare contenuti di questo tipo. L'organizzazione critica anche la debolezza dei codici di condotta elaborati da Ofcom, giudicati insufficienti a proteggere i ragazzi. Per questo chiede al Primo Ministro misure più incisive e immediate per impedire che si verifichino altri casi simili.

Anche l'NSPCC, ente britannico impegnato nella tutela dei minori, ha bollato come "inaccettabili" le logiche con cui i social network propongono contenuti pericolosi al pubblico più giovane. Dal canto loro, TikTok e Meta hanno respinto le accuse: entrambe sostengono che oltre il 99% dei contenuti che violano le regole viene eliminato in modo proattivo grazie a sistemi automatici.

Parallelamente, un'indagine della Commissaria per l'Infanzia in Inghilterra, Dame Rachel de Souza, ha rilevato un aumento dei minori esposti a pornografia online. L'età media del primo contatto con questi contenuti risulta di 13 anni, ma una parte consistente degli intervistati ha dichiarato di averne fatto esperienza già a 11 anni o persino prima. La Commissaria descrive la situazione come "un campanello d'allarme" e invita l'industria tecnologica a rivedere profondamente i propri algoritmi per garantire un ambiente digitale sicuro per i più giovani.

Indagine Dame Rachel de Souza

Il grafico evidenzia come l'accesso alla pornografia da parte dei minori non avvenga soltanto tramite siti dedicati, ma passi in misura rilevante anche dai social network. La fonte più citata dagli intervistati è X (ex Twitter), indicata dal 45% del campione, seguita dai siti pornografici tradizionali (35%) e da piattaforme pensate per la comunicazione rapida come Snapchat (29%). Non meno rilevanti sono i motori di ricerca (27%), che spesso indirizzano verso contenuti non filtrati, e social di largo utilizzo come Instagram (23%) e TikTok (22%).

Il dato mette in luce un elemento chiave: l'esposizione ai contenuti per adulti avviene anche tramite la semplice navigazione su piattaforme di intrattenimento e comunicazione. Basti pensare che il 15% degli intervistati ha citato YouTube e i siti di videochat come canali di accesso, e che persino servizi di messaggistica privata come WhatsApp (15%) e iMessage (5%) sono stati segnalati come veicoli di diffusione.

A questo quadro si aggiunge un ostacolo normativo: la difficoltà di applicare sistemi di controllo efficaci sull'età degli utenti. Secondo le linee guida di Ofcom, i fornitori di pornografia devono adottare sistemi di Highly Effective Age Assurance considerati "robusti". Tuttavia, l'uso sempre più diffuso delle VPN rende complessa l’attuazione di questi vincoli. Collegandosi a server in paesi esteri, i dispositivi aggirano le restrizioni giuridiche applicate nel Regno Unito e riducono l'efficacia dell’Online Safety Act.

Le VPN sono legali nel Regno Unito, così come in gran parte d'Europa, e hanno un ruolo positivo in ambito di sicurezza informatica, ma nel contesto dell'accesso a contenuti per adulti possono diventare uno strumento che permette ai minori di eludere i controlli. Questo significa che, nonostante la pressione normativa, la capacità dei giovani di bypassare i sistemi di protezione rimane elevata. Il risultato è un'accentuazione della distanza tra obiettivi di legge e realtà digitale.

Queste discussioni emergono principalmente in seguito all'introduzione dell'Online Safety Act, entrato in vigore nel 2023 nel Regno Unito ma con alcune disposizioni che stanno ancora entrando in vigore gradualmente. Si tratta della legge che definisce nuovi standard di responsabilità per le piattaforme digitali. La normativa stabilisce che i gestori dei siti web devono adottare sistemi in grado di verificare in maniera affidabile l'età degli utenti prima di consentire l'accesso a contenuti riservati agli adulti. L'obiettivo è impedire che i ragazzi possano imbattersi facilmente in materiale pornografico e in altri contenuti considerati inadatti alla loro età attraverso un livello di protezione preventiva che finora era lasciato alla sola discrezione delle aziende tecnologiche. I risultati sembrano arrivare fin da subito in questa prima fase, in cui nel Regno Unito si è verificato un crollo del traffico verso i principali siti pornografici, fino al 47% nelle ultime due settimane.

1 Commenti
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h.rorschach19 Agosto 2025, 20:53 #1
Ma la linea va su

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