I guru del mondo della tecnologia prima erano i 'buoni', ora sono 'cattivi': cosa è cambiato?

Qualche considerazione su come è cambiata l'opinione popolare a proposito degli imprenditori responsabili dei principali progressi tecnologici
di Rosario Grasso pubblicata il 18 Gennaio 2025, alle 08:19 nel canale WebChi ha vissuto le prime fasi dell'evoluzione del settore tecnologico e informatico negli anni '80 e '90 ricorda qualcosa di molto diverso dall'universo tecnologico attuale. Principalmente, un'aria da pionierismo che oggi non può esistere più, e che è difficile da descrivere e spiegare ai neofiti, dove invenzioni e prodotti tecnologici introducevano sul mercato servizi e prospettive che fino a quel momento semplicemente non esistevano. Da un giorno all'altro ti potevi ritrovare tra le mani qualcosa di mai visto, realmente "senza precedenti", in un'atmosfera di continua scoperta e mistero rispetto a tutto quello che avevi avuto tra le mani fino a quel momento.
Oggi il mondo tecnologico è di molto cambiato. L'innovazione e il fascino della scoperta non possono più esserci come in quegli anni: c'è comunque uno sviluppo, e ci sono settori che stanno avanzando molto velocemente come quello dell'intelligenza artificiale, ma la stragrande maggioranza dei prodotti è semplicemente un miglioramento rispetto a qualcosa che già c'è. E tutto questo ha conseguenze anche in altri termini: i guru e gli imprenditori del mondo tecnologico di oggi sono molto diversi da quelli del passato.
Steve Jobs, Bill Gates e, nell'universo più "nerd", John Carmack o Tim Sweeney, avevano una considerazione positiva presso l'opinione pubblica, erano quasi degli "eroi". Il loro operato sembrava avere un ruolo nel miglioramento delle vite delle persone e del loro benessere, quasi un aiuto. Ciò che fanno gli imprenditori tecnologici di oggi come Elon Musk e Mark Zuckerberg, invece, sembra nuocere alle persone comuni: sembra che queste persone pensino esclusivamente al loro arricchimento selvaggio, senza curare il modo in cui la tecnologia dovrebbe servire la gente comune o, addirittura, se per le persone sarà un bene o qualcosa di controproducente.
Da un certo punto di vista stiamo estremizzando: soprattutto nella Silicon Valley oggi come allora si pensa quasi esclusivamente a potenziare meccanismi che servono a fare soldi in modo sconsiderato. L'arricchimento personale è, e sarà sempre, il motore che spinge l'evoluzione tecnologica. È la nostra considerazione che è cambiata, perché la tecnologia è cambiata. Detto questo, è innegabile che Musk o Zuckerberg abbiano un approccio diverso rispetto agli imprenditori del passato. In altri termini, sono disposti a chiudere un occhio su quelle che potrebbero essere le conseguenze negative di certe tecnologie. Inoltre, sono personaggi popolari che vanno al di là del segmento tecnologico, influendo a 360 gradi nella vita sociale e pubblica.
I media generalisti sono preoccupati che un personaggio come Musk ora voglia così convintamente intervenire nella sfera politica. Lo vedono come l'"inventore" delle auto elettriche, come colui che fa esperimenti sullo spazio. Ma, chi segue la tecnologia quotidianamente, sa che Musk è molto di più. I suoi obiettivi sono ancora più estremi. Con le sue aziende Musk è in procinto di introdurre sul mercato dei robot umanoidi dotati di forza fisica non indifferente e capacità motorie avanzate, oltre che di intelligenza artificiale in grado di apprendere autonomamente e potenzialmente eseguire azioni che i loro autori originali non avrebbero nemmeno preso in considerazione.
Non si tratta di fantascienza, o di un qualcosa che vedremo in un futuro remoto. Musk ha già dichiarato che vuole mettere in commercio i robot basati sulla tecnologia Optimus di Tesla nei prossimi mesi, vendendoli a 20 o 30 mila dollari. In altri termini, visti i costi non così eccessivi, secondo i suoi piani si può pensare a una diffusione massiccia di soluzioni di questo tipo, e in breve tempo. Una situazione che non può non avere implicazioni sul piano etico o su quello politico, visto che soluzioni del genere potrebbero essere facilmente usate come armi o per azioni violente, anche in considerazione ai settori dell'hacking e della manomissione dei firmware, che sono sempre in agguato quando viene introdotta una nuova tecnologia dirompente.
Con Neuralink, Musk sta sperimento anche metodi per intervenire informaticamente sul funzionamento del cervello, e orientare le azioni e le reazioni degli individui biologici dall'esterno. Le interfacce cervello-computer (BCI, Brain-Computer Interfaces) sono infatti in grado di rilevare i segnali elettrofisiologici generati dall’attività neuronale, come quelli registrati dall'elettroencefalogramma (EEG) o da dispositivi più invasivi che monitorano direttamente i neuroni. I segnali vengono poi elaborati da algoritmi avanzati per tradurre i pensieri o le intenzioni in comandi utilizzabili da dispositivi esterni, come computer o protesi robotiche. Allo stesso tempo, stimolazioni mirate possono essere inviate al cervello per influenzare il suo funzionamento, ad esempio mediante impulsi elettrici o magnetici, creando un canale bidirezionale che integra biologia e tecnologia. Il tutto ha ripercussioni etiche enormi, anche perché, in realtà, Musk può essere considerato come la "punta dell'iceberg" di questo fenomeno.
Ogni tecnologia decantata dal mondo occidentale, e promossa con più o meno aggressive campagne di marketing, viene studiata, elaborata e messa a punto più velocemente, e in certi casi più efficacemente, in oriente. I cinesi, in particolare, hanno già pronti robot umanoidi come quelli che Tesla vuole costruire, e li commercializza già oggi recapitandoli prontamente nelle case dei loro clienti, a prescindere dalla parte del mondo dove risiedono.
Altro caso molto delicato è quello che ha riguardato le operazioni di pulizia etnica ai danni della minoranza etnica dei Rohingya in Myanmar nel 2016-2017, la cui responsabilità è stata attribuita a Facebook. I Rohingya, una minoranza musulmana apolide, sono stati vittime di violenze sistematiche perpetrate principalmente dall'esercito birmano, note come Tatmadaw, e supportate da elementi della popolazione locale. Le Nazioni Unite e altre organizzazioni per i diritti umani hanno descritto gli eventi come genocidio e pulizia etnica. Circa 700 mila Rohingya furono costretti a fuggire verso il Bangladesh, dove molti vivono ancora in condizioni di grave precarietà nei campi profughi.
A quei tempi, Facebook era una delle principali fonti di informazione in Myanmar, dove molte persone accedevano a Internet esclusivamente tramite la piattaforma di proprietà di Mark Zuckerberg. Secondo diversi rapporti, tra cui uno della Missione internazionale indipendente di accertamento dei fatti delle Nazioni Unite, la piattaforma ha facilitato la diffusione di discorsi di odio, disinformazione e incitamenti alla violenza contro i Rohingya.
I post violenti includevano affermazioni false, immagini manipolate e incitamenti espliciti all'odio contro i Rohingya, pubblicati anche da account vicini alle autorità birmane. Gli algoritmi di Facebook, progettati per favorire l'engagement, avrebbero amplificato i contenuti più polarizzanti e divisivi, inclusi quelli che incitavano alla violenza contro i Rohingya.
Nel 2018, Facebook ha ammesso pubblicamente di non aver fatto abbastanza per prevenire l'uso improprio della piattaforma in Myanmar. La società ha dichiarato di aver investito in risorse per migliorare la moderazione dei contenuti e ha collaborato con esperti locali per comprendere meglio la situazione.
Tuttavia, le critiche alla gestione del caso restano forti. Facebook è stato citato in giudizio in diverse giurisdizioni e ha affrontato richieste di risarcimento miliardarie, con l'accusa di aver facilitato, direttamente o indirettamente, le violenze contro i Rohingya.
Come i precedenti, questo episodio evidenzia ancora una volta che la tecnologia ha un ruolo molto diverso oggi rispetto a qualche anno fa. È più al centro delle nostre vite e gli algoritmi determinano molto di come interpretiamo il mondo e ciò che ci circonda. Naturalmente quelli su Facebook sono solamente degli esempi, mentre un ruolo altrettanto importante viene ricoperto dagli algoritmi di Google, in principal modo con la sua piattaforma Discover.
Non solo questi algoritmi sono determinanti, ma creano delle vere e proprie "bolle". Discover - ma lo fanno tutti gli algoritmi alla base delle piattaforme moderne - sceglie le notizie e le informazioni da sottoporre all'attenzione degli utenti sulla base dei dati che ha su questi ultimi, ovvero sulle loro (presunte) credenze e abitudini di navigazione. Il rischio è quello di avvalorare continuamente le loro convinzioni, senza che in nessun momento venga sottoposto loro un qualche tipo di contenuto che proponga una tesi avversa, che porti a ragionare e a ricredersi sulla precedenti posizioni adottate.
Quando in redazione andiamo alla ricerca delle notizie che possono essere di maggiore interesse per i lettori, valutiamo non solo le notizie sicuramente vere ma realizziamo anche degli articoli che smentiscano notizie false che possono aver attecchito in una qualunque delle "bolle" social. Informazioni di questo tipo, infatti, vengono assiduamente ricercate sui motori di ricerca, con un volume di ricerche paragonabile a certi fatti veri. Un altro indizio che agli algoritmi non interessa la veridicità delle informazioni, ma solo l'engagement, a rischio di creare delle "bolle" popolate da comunità dove i concetti di vero e falso sono molto sfumati tra di loro.
Per tutti questi motivi, oggi la tecnologia è più fonte di inquietudine che motivo di curiosità e di sorpresa su quello che potrebbe succedere nel prossimo futuro. Possiamo dire che la parte positiva è alle nostre spalle, mentre tutto quello che rimane è un potenziamento dalle conseguenze molto oscure. Questo non vuol dire che i meccanismi capitalistici fossero meno presenti negli anni '80, '90 o 2000, anzi c'erano esattamente come ci sono oggi.
Si potrebbe pensare al cosiddetto concetto di "Paypal Mafia". un termine informale che si riferisce a un gruppo di ex dipendenti e fondatori di PayPal che hanno continuato a fondare o dirigere alcune delle aziende tecnologiche più influenti del mondo dopo aver lasciato la società. Il nome, originariamente usato in modo scherzoso, è stato poi popolarizzato da un articolo di Fortune Magazine nel 2007, che ritraeva alcuni membri vestiti in stile mafioso per un servizio fotografico.
Il termine sottolinea sia il legame personale tra i membri, che spesso hanno collaborato tra loro nei loro progetti successivi, sia il loro straordinario successo collettivo nella Silicon Valley. PayPal, fondata nel 1998 e acquisita da eBay nel 2002 per 1,5 miliardi di dollari, ha rappresentato un trampolino di lancio per molti dei suoi protagonisti.
Qualche nome della Paypal Mafia? Peter Thiel, cofondatore di PayPal e uno dei primi investitori in Facebook. Ha fondato Palantir Technologies e Founders Fund, un fondo di venture capital. Max Levchin, cofondatore di PayPal e fondatore di Affirm, una fintech focalizzata sui pagamenti rateali. Reid Hoffman, membro del consiglio di PayPal, successivamente fondatore di LinkedIn, una delle piattaforme di networking professionale più grandi al mondo. Steve Chen, Chad Hurley e Jawed Karim, ex dipendenti di PayPal che hanno cofondato YouTube, venduta a Google per 1,65 miliardi di dollari nel 2006. David Sacks, ex COO di PayPal, ha successivamente fondato Yammer, venduta a Microsoft per 1,2 miliardi di dollari. Jeremy Stoppelman, ex vicepresidente del product management di PayPal, cofondatore e CEO di Yelp. E ovviamente Elon Musk, anche lui tra i fondatori di Paypal.
La PayPal Mafia è accreditata per aver plasmato l'ecosistema tecnologico moderno. Le aziende fondate da questi individui hanno avuto un impatto enorme su settori come i social media, i trasporti, l'energia sostenibile, i pagamenti online e l'intelligenza artificiale.
Il gruppo è spesso citato come un esempio di come un ambiente di lavoro ad alta intensità e un network forte possano generare successi successivi su scala globale. La loro storia è considerata un caso di studio su come una cultura aziendale orientata all'innovazione possa produrre talenti che continuano a ridefinire intere industrie.
Qualche anno dopo, il motto originale di Google, “Don’t be evil”, rappresentava una visione che sembrava voler ancorare l'innovazione tecnologica a un principio etico. Nel 2015, quel motto è stato silenziosamente abbandonato, sostituito da un più neutro “Do the right thing” – un cambiamento simbolico che riflette un problema ben più ampio: in un mondo in cui il profitto e la supremazia tecnologica prevalgono, il posto dell’etica appare sempre più marginale.
A questo si aggiunge il fatto che la tecnologia è sempre più pervasiva, nelle nostre idee e anche all'interno del nostro corpo. Inoltre, l’odierno sviluppo tecnologico avanza a una velocità vertiginosa. Non si fa in tempo a stupirsi di un’innovazione che subito arriva un miglioramento, lasciando poco spazio alla riflessione su implicazioni e conseguenze. Dalle intelligenze artificiali che scrivono codici e dipingono quadri, ai dispositivi che cancellano il confine tra fisico e digitale, il ritmo di questo progresso sembra sottrarci la possibilità di capire se ciò che stiamo creando sia effettivamente qualcosa di cui abbiamo bisogno.
A tutto questo si aggiungono complesse dinamiche geopolitiche. Gli Stati Uniti e la Cina sono impegnati in una guerra fredda tecnologica, dove 5G, semiconduttori e intelligenza artificiale rappresentano i nuovi campi di battaglia. In mezzo, l’Unione Europea fatica a trovare il suo ruolo: spesso si presenta come regolatrice, cercando di bilanciare innovazione e protezione dei diritti, ma rischia di rimanere spettatrice in un mondo dove chi domina la tecnologia, domina il futuro.
Infine, le implicazioni etiche di questa corsa non sono mai state così evidenti. Dalle tecnologie di sorveglianza alle manipolazioni algoritmiche, l’idea di un progresso “neutrale” non esiste più. La tecnologia non è solo uno strumento: è un’estensione delle nostre decisioni, del nostro potere e delle nostre intenzioni. Se non affrontiamo questa realtà, rischiamo di trovarci schiavi di un sistema che noi stessi abbiamo creato, incapaci di distinguerne i benefici dai pericoli.
La domanda che rimane è semplice e complessa allo stesso tempo: siamo pronti a guidare questa evoluzione, o la velocità del progresso ci renderà irrimediabilmente spettatori? E, conseguentemente, dobbiamo fidarci di chi sta guidando questo processo?
54 Commenti
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Non avete citato Starlink, che secondo me è il tentativo si Musk di diventare il primo operatore mondiale di telefonia e poco alla volta ci sta riuscendo.Non è cambiato niente se non la narrazione.
Non è cambiato niente se non la narrazione.
Esattamente. Cambia solo il fatto che non sono più strumentali al mainstream.
Prima a controllare la tecnologia eravamo noi, ora invece è diventata sempre più chiusa, controllante e pervasiva ogni ambito.
E per questo dobbiamo ringraziare gli smartphone: da quando si sono diffusi è stato introdotto il concetto di app per usare un servizio, quindi mentre prima si usava un browser per nagivare ora gran parte del traffico viene dalle app, per cui ci è stata un'enorme centralizzazione dei servizi. Mentre prima si usavano molto anche i forum e i blog, ora si usano i soliti 4/5 social visto che sono disponibili sottoforma di app mobile.
Inoltre gli smartphone hanno anche determinato il declino dell'UI, grazie alle loro interfacce ultra semplificate hanno attirato alla tecnologia gente che fino ad allora non aveva mai messo mano ad un computer, e le aziende vedendo questo hanno iniziato a rendere anche le interfacce desktop simili a quelle mobile. E questa anche se sembra una cosa estetica e marginale non lo è per due motivi:
[LIST=1]
[*]L'UI è una parte essenziale di un prodotto
[*]Semplificando le UI si perdono inevitabilmente funzionalità
[/LIST]
Infatti è sotto gli occhi di tutti come per rendere più facili da usare i software di qualsiasi tipo, questi ultimi siano sempre più chiusi, limitanti e controllanti.
Non è cambiato niente se non la narrazione.
Leggete l'articolo prima di mettere subito in mezzo la politica
L'articolo sta facendo il paragone tra l'inizio della tecnologia ed ora, non tra prima di Trump e dopo Trump...
Tutto questo articolo è praticamente Occidentale centrico, come se Cina, Russia, Giappone e il resto del mondo non abbiano alcuna voce in capitolo e non esistessero.
Oltretutto questa narrativa "contro" da quando Trump si è ricandidato e poi
ha vinto non mi piace neanche un po' (con tutti i pro e contro delle politiche USA).
Qui il problema (almeno per me che ci vivo) è l'Europa che invece di essere una nazione veramente unita ha in comune solo l'Euro.
Leggete l'articolo prima di mettere subito in mezzo la politica
L'articolo sta facendo il paragone tra l'inizio della tecnologia ed ora, non tra prima di Trump e dopo Trump...
l'ho letto .....e ripeto.... NON è CAMBIATO NIENTE....
solo che adesso i "democratici" (per modo di dire) non sono più al potere e si vendicano.....
anche prima questi "presunti" guru facevano i loro affari alla faccia nostra....e non avevano un minimo di coscenza (personalmente ritengo anche giustamente,sono degli imprenditori non onlus ong o i vari greta....) e quindi fanno affari e crecano di avere sempre più potere....stop...
solo che adesso i "democratici" (per modo di dire) non sono più al potere e si vendicano.....
anche prima questi "presunti" guru facevano i loro affari alla faccia nostra....e non avevano un minimo di coscenza (personalmente ritengo anche giustamente,sono degli imprenditori non onlus ong o i vari greta....) e quindi fanno affari e crecano di avere sempre più potere....stop...
Niente... si continua a parlare di politica quando di politico qui non c'è proprio un bel niente
Tu dici che non è cambiato niente, ma intanto negli ultimi 15/20 anni ci è stata la centralizzazione del 90% del traffico su 4/5 servizi che ora hanno il dominio assoluto, sono entrati in commercio gli smartphone che sono a tutti gli effetti delle prigioni informatiche in cui l'utente che li possiede non ha nemmeno i privilegi di amministratore, qualsiasi programma è diventato un SaaS con abbonamento mensile, incatenando così gli utenti alle aziende e la privacy si sta praticamente estinguendo.
E, ad esempio, se si guarda alla figura di Bill Gates non si puo' dire che negli anni dell'ascesa di Microsoft non sia stato un personaggio quantomeno controverso.
Anzi, se vogliamo, molte politiche commerciali "cattive" di adesso sono un'evoluzione di quelle che per prima Microsoft ha inventato.
Poi che adesso, visto che si dedica principalmente alla filantropia, la figura di Gates sia stata rivalutata é un altro discorso. Questo non cambia il passato.
È inutile che insisti. Hai fatto caso che nelle pubblicità le parole più diffuse sono "semplice" e "divertente"? Piuttosto che documentarsi e riflettere su ciò di cui parla l'articolo è più semplice rispondere per slogan semplici e preconfezionati che o negano il fatto/problema o, inventandosi dei nemici, permettono di addossare ad altri eventuali responsabilità.
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