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Old 17-03-2005, 12:53   #1
John Cage
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Ha violato la legge sulla privacy, controllerà la nostra

Da "L'Unità"
http://www.unita.it/index.asp?SEZION...TOPIC_ID=41504

È successo anche questo ieri in Senato. La maggioranza ha eletto come componente dell'Authority per la privacy un signore condannato con sentenza passata in giudicato, per violazione della privacy. È Giuseppe Fortunato, indicato da An, che è stato condannato a sei mesi di reclusione per violazione di segreti d'ufficio. A denunciarlo in aula, al momento della proclamazione dello scrutinio, è stato il vicepresidente del gruppo ds, Massimo Brutti. «Vedo con vivo rammarico -ha esordito- che è stata eletta una persona con sentenza di condanna definitiva proprio per la violazione della privacy. Un fatto di una gravità inaudita. Per questo chiedo a Giuseppe Fortunato di dare le dimissioni e chiedo alla maggioranza di indicare altro nome».

Bisogna ricordare, per ulteriormente sottolineare la gravità dell'accaduto, che, nel corso della giornata, era stato lo stesso capogruppo ds, Gavino Angius, a segnalare al Presidente del Senato, Marcello Pera, la questione, informandolo che c'era un problema che riguardava uno dei candidati, facendo esplicitamente il nome di Fortunato. Pera ha risposto che avrebbe comunicato la cosa alla maggioranza. La quale però, con l'abituale tracotanza, ha tirato diritto.

In aula, poi, dopo le denuncia di Brutti, mentre Pera ammetteva trattarsi, se le notizie erano esatte, di «una cosa spiacevole» alla quale però lui, come Presidente del Senato, non poteva ovviare, il vice presidente del gruppo di Fi, Lucio Malan, ha difeso a spada tratta la scelta di Fortunato, sostenendo che «ha chiuso i suoi conti con la giustizia» e che «si occuperà con dedizione al suo nuovo impegno». Dopo di che, Pera che si era precipitato a presiedere, vista la situazione, ha nuovamente lasciato le redini al vice, il leghista Francesco Moro, che ha proseguito tranquillamente la seduta con le votazioni sulla riforma costituzionale. Non troppo tranquillamente, in verità, perché è mancato subito, per più volte, il numero legale.

«Non c'è che dire -commenta Luciana Sbarbati, segretaria nazionale dei Repubblicani Europei- la maggioranza in Senato ha dimenticato la sentenza della Corte di Cassazione n. 9331 dell'8 marzo 2002, in cui si condannava Giuseppe Fortunato per violazione della privacy: con questa elezioni si manda all'Authority una persona che ha violato le norme sulla privacy e che dovrebbe, invece, garantirle. Anche in questo gravissimo caso, mi auguro che sia attentamente valutata la ratifica della sua nomina alla luce di tali gravi omissioni». Fortunato è stato condannato per aver acquisito tabulati da cui risultavano telefonate di funzionari pubblici e numeri hard.

Camera e Senato hanno proceduto, in giornata, ad eleggere i membri di maggioranza e di opposizione per l'Authority delle Telecomunicazioni e, appunto, per la privacy. A Palazzo Madama per le Tlc, sono stati eletti Stefano Mannoni, indicato dalla Lega, e Giancarlo Innocenzi, sottosegretario di Fi, per la maggioranza; Roberto Napoli, ex capogruppo Udeur, e Michele Lauria (questore del Senato) per l'opposizione. Per la privacy, Fortunato per la maggioranza e Franco Pizzetti, prodiano, per l'Unione.

A Montecitorio, Gianluigi Magri (sottosegretario Udc, subito dimessosi dal governo) e Ezio Savarese, ex parlamentare An, per la Cdl; Sebastiano Sortino, direttore della Fieg e Nicola D'Anngelo, magistrato del Tar, per l'Unione; per la privacy, Giuseppe Chiaravalotti, ex presidente della regione Calabria per la Cdl, Mauro Paissan, verdi, per l'opposizione. Al Senato, lo scrutinio è stato ripetuto, per irregolarità nello spoglio, ma il risultato non è cambiato.

Mi chiedo:
ma con tutti i parlamentari a disposizione, perchè proprio lui?
John Cage è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 13:02   #2
flisi71
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Re: Ha violato la legge sulla privacy, controllerà la nostra

Quote:
Originariamente inviato da John Cage
....A Palazzo Madama per le Tlc, sono stati eletti Stefano Mannoni
...
Proprio lui!
Ricordo una sua apparizione una volta da Ferrara in cui, difendendo la Legge Gasparri, citava una analogo disegno di legge in preparazione negli USA, al che fu immediatamente stoppato da Sartori che gli ricordò - notizia dello stesso giorno - che tale provvedimento era stato respinto e cancellato.

Ciao

Federico
flisi71 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 13:06   #3
flisi71
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Originariamente inviato da Proteus
Forse qualcuno ha pensato che avendo esperienza di violazioni sarà più difficile fregarlo, è difficile rubare a casa dei ladri.

Ciao
Oppure avranno pensato che, avendo subito un processo E UNA CONDANNA per quel reato, abbia acquisito le competenze necessarie per dissertare in materia.


Ciao

Federico
flisi71 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 13:27   #4
jumpermax
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Quote:
Originariamente inviato da flisi71
Oppure avranno pensato che, avendo subito un processo E UNA CONDANNA per quel reato, abbia acquisito le competenze necessarie per dissertare in materia.


Ciao

Federico
sai almeno per cosa è stato condannato?


Quote:
http://www.lexfor.it/lexfor/2002-10/...n-Giu-1683.asp
Cassazione penale, sez. VI, sent. n. 9331 del 8 marzo 2002

© LEXfor

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE VI PENALE

Composta dai signori magistrati:

dott. Francesco Romano - Presidente
dott. Adolfo Di Virginio - Consigliere
dott. Carlo Piccininni - Consigliere
dott. Franco Ippolito - Consigliere
dott. Giorgio Colla - Consigliere

riuniti in camera di consiglio,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da Fortunato Giuseppe, n. a Napoli il 24 settembre 1958, avverso la sentenza della Corte d'appello di Napoli del 4 aprile 2001;

udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere dott. Giorgio Colla;

udito il Procuratore generale nella persona del sostituto dott. Aurelio Galasso che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito il difensore avv. Sergio Cola.

Fatto e diritto

Con sentenza del 5 giugno 2000, il Tribunale di Napoli condannava Giuseppe Fortunato alla pena ritenuta di giustizia, per il reato di cui all'art. 326 c.p. (rivelazioni di segreti di ufficio) - in concorso col coimputato, dipendente della SIP, Michele Gallo, che veniva, peraltro, assolto sin dal giudizio di primo grado - e per il reato di cui all'art. 347 (primo e secondo comma) c.p. (usurpazione di funzioni pubbliche) - mentre lo assolveva per il reato di cui all'art. 479 c.p. perché il fatto non sussiste.

Al Fortunato era stato originariamente contestato di aver formulato alla SIP (e per essa al Gallo), nella sua qualità di consigliere del Comune di Napoli, e di Presidente, fino al 17 giugno 1994, della "Commissione consiliare speciale trasparenza - partecipazione e informazione", una richiesta di acquisizione e documentazione di dati (tabulati), avente a oggetto tutte le linee telefoniche del Comune di Napoli e in particolare i telefoni cellulari in dotazione al sindaco e ad assessori, sulla quale apponeva la data del 16 giugno 1994, facendo così risultare (contrariamente al vero) che la missiva era stata redatta allorquando rivestiva ancora la carica di Presidente dell'anzidetta commissione, mentre (in realtà) era stata redatta nel novembre 1994 (come già detto per il reato di falso il ricorrente fu assolto sin dal giudizio di primo grado). A seguito di tale richiesta, venivano acquisiti - nel mese di dicembre del 1994 - i tabulati (contenenti i soli dati esterni alle conversazioni) di sei utenze cellulari (come già detto, una intestata al sindaco e cinque ad assessori). Il Fortunato, rilevato che le predette utenze cellulari erano state utilizzate anche per fini extraistituzionali (risultavano contattate anche linee "hard"), denunciava il tutto alla Corte dei Conti e al Consiglio comunale, indicendo anche una conferenza stampa nel corso della quale diede notizia su quanto rilevato dall'esame dei tabulati. Con la precisazione che il reato di divulgazione di notizie era stato contestato al Gallo, funzionario della SIP, che, aderendo alle pressioni del Fortunato, si era indotto alla consegna dei tabulati: al Fortunato era stato, dunque, contestato il concorso nel reato proprio ex art. 117 c.p.

Su appello dell'imputato e del P.M., la Corte d'appello di Napoli, rigettati entrambi i gravami, dichiarava non doversi procedere per il reato di usurpazione, perché estinto per prescrizione, confermando la sola condanna per il reato di cui all'art. 326 c.p. (commesso in Napoli fino al dicembre 1994).

Propone ricorso per cassazione il Fortunato, deducendo a sostegno dell'impugnazione, la violazione dell'art. 606, lett. b) e c), c.p.p., in relazione agli artt. 326 e 347 c.p., nonché degli artt. 24 della l. 7 agosto 1990, n. 241 e 24 della l. 27 dicembre 1985, n. 816; la violazione degli artt. 42 e 43 c.p.p., nonché la violazione dell'art. 51 c.p.

In ordine al reato di cui all'art. 326 c.p., il ricorrente rilevava, anzitutto, come la Corte di merito avesse invocato in modo non pertinente le sentenze delle Sezioni unite di questa Corte di cassazione del 13 luglio 1998, Gallieri e del 23 febbraio 2000, D'Amuri. Quest'ultima sentenza - che affronta il tema della legittimità della divulgazione dei tabulati contenenti i dati esterni, ritenendoli non estranei alle conversazioni - sarebbe erroneamente richiamata dalla sentenza impugnata, in quanto i fatti risalivano al dicembre 1994, mentre la legge sulla privacy è successiva (del 31 dicembre 1996): prima della entrata in vigore di tale legge - afferma il ricorrente - era "decisamente prevalente il diritto di accesso". In tale ottica - sostiene ancora il Fortunato - la "riservatezza" costituiva soltanto una "deroga" ai princìpi relativamente ad atti concernenti le pubbliche amministrazioni, tanto che la giurisprudenza amministrativa riteneva la "prevalenza del diritto di accesso sulla riservatezza".

A tale limitazione doveva aggiungersi anche quella prevista, dal disposto dall'art. 24, comma secondo, lett. d), legge 7 agosto 1990, n. 241, "secondo cui - ad avviso del ricorrente - la riservatezza trova un limite nella esigenza di tutela di interessi giuridici" (si fa rilevare che - emblematicamente e a riprova di un interesse generale alla conoscenza, da parte del pubblico, dell'operato dei pubblici amministratori - in relazione ai fatti, era stato instaurato a carico dei responsabili un procedimento penale per peculato).

Andava anche rilevato - in diritto - che, all'epoca dei fatti, la SIP non aveva ancora provveduto alla emanazione del regolamento disciplinante l'accesso agli atti.

Doveva, comunque, ritenersi carente l'elemento soggettivo del dolo, avendo egli denunciato alla Procura della Repubblica presso il Tribunale e alla procura della Corte dei Conti che dai tabulati emergeva palesemente l'effettuazione di telefonate "a luci rosse".

In ogni caso, anche a voler considerare infondate le superiori considerazioni, egli aveva invocato, fin dal giudizio di primo grado, l'applicazione dell'art. 51 c.p. (essendosi limitato a esercitare un diritto) perché il diritto alla riservatezza doveva soccombere alla esigenza di controllo della attività della pubblica amministrazione, per verificarne la correttezza gestionale, da parte di un consigliere comunale, per di più Presidente di una commissione costituita ad hoc.

Inoltre, i Giudici di appello avrebbero errato nel considerare non pertinente il richiamo al contenuto dell'art. 24 della l. 27 dicembre 1985, n. 816 dal quale si evince che il consigliere comunale ha un rilevante interesse all'accesso agli atti: tale norma, contrariamente all'assunto della Corte partenopea, era pienamente vigente all'epoca dei fatti né poteva considerarsi abrogata dall'art. 64, comma secondo della l. 8 giugno 1990, n. 142 per incompatibilità con gli artt. 31 e 32, in particolare, di detta legge.

Infine, con riguardo al reato di usurpazione delle funzioni, si sarebbe dovuto considerare - per escluderne la configurabilità - che egli aveva fatto la richiesta alla SIP un giorno prima delle sue dimissioni da Presidente della commissione onde doveva trovare applicazione l'istituto della prorogatio, non modificato dall'art. 64 della l. 142/1990, giacché non fu mai nominato il nuovo Presidente della commissione del Comune di Napoli di cui si è sopra indicata la esatta denominazione. Né avrebbe potuto avere alcuna incidenza su tale situazione, rilevava il Fortunato, l'assunzione da parte sua dell'incarico amministrativo di Consigliere presso la Presidenza del Consiglio dei ministri.

Il ricorso non merita accoglimento.

La Corte d'appello fa riferimento alle sentenze Gallieri e D'Amuri (ma soprattutto a quest'ultima) delle sezioni unite di questa Corte, non per richiamarne il decisum (che non ha a che vedere con la presente fattispecie), ma per ricordare il principio - emergente dall'analisi ricostruttiva della vicenda sottoposta all'esame delle sezioni unite in quel giudizio - secondo cui la tutela del diritto alla riservatezza ha la sua genesi con la entrata in vigore della Costituzione repubblicana (art. 15) che, appunto, eleva al rango di situazioni soggettive costituzionalmente garantite, non solo la segretezza delle conversazioni (che potrebbe essere violata con la captazione delle conversazioni telefoniche) ma anche la riservatezza di quelle conversazioni, inibendone la divulgazione. Con ciò, la sentenza D'Amuri non fa altro che adeguarsi alle reiterate affermazioni - dello stesso segno - della Corte costituzionale, con particolare riferimento alla sentenza n. 81 del 1993, della quale conviene riportare per esteso il passo saliente secondo il quale: "(...) il riconoscimento e la garanzia costituzionale della libertà e della segretezza della comunicazione comportano l'assicurazione che il soggetto titolare del corrispondente diritto possa liberamente scegliere il mezzo di corrispondenza, anche in rapporto ai diversi requisiti di riservatezza che questo assicura sia sotto il profilo tecnico, sia sotto quello giuridico. E non v'è dubbio che, una volta che una persona abbia prescelto l'uso del mezzo telefonico, vale a dire l'utilizzazione di uno strumento che tecnicamente assicura una segretezza più estesa di quella riferibile ad altri mezzi di comunicazione (postali, telegrafici, etc.), ad essa, in forza dell'art. 15 della Costituzione, va riconosciuto il diritto di mantenere segreti tanto i dati che possano portare all'identificazione dei soggetti della conversazione, quanto quelli relativi al tempo e al luogo dell'intercorsa comunicazione. Nello stesso tempo, sempre in forza dell'art. 15 della Costituzione, non può negarsi che al riconoscimento di tale diritto sia coessenzialmente legata la garanzia consistente nel dovere, posto a carico di tutti coloro che per ragioni professionali vengano a conoscenza del contenuto e dei dati esteriori della comunicazione, di mantenere il più rigoroso riserbo sugli elementi appena detti. Se questa garanzia non ci fosse, infatti, risulterebbe vanificato il contenuto del diritto che l'art. 15 della Costituzione intende assicurare al patrimonio inviolabile di ogni persona in relazione a qualsiasi forma di comunicazione, tanto più se quest'ultima comporta, per la propria realizzazione, una consistente organizzazione di mezzi e di uomini".

Tale concetto, secondo cui l'art. 15 tutela tanto la segretezza dei contenuti delle conversazioni quanto la riservatezza concernente i dati esterni ad esse, è ribadito, più o meno esplicitamente, in numerose altre sentenze della Consulta sia anteriori sia posteriori a quella richiamata (Corte cost. n. 34/1973, n. 281/1998; 76/1998). Sono, quindi, prive di qualsiasi fondamento le osservazioni defensionali secondo cui la sentenza D'Amuri e la l. 31 dicembre 1996, n. 675, sulla tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, non avrebbero alcuna rilevanza, perché posteriori ai fatti di cui è processo. Esse sono senz'altro posteriori, ma la tutela di cui si discorre era già solidamente garantita da altra e ben più pregnante norma di rango costituzionale.

Quanto al diritto di accesso del Fortunato ai tabulati contenenti i dati esterni alle conversazioni telefoniche in possesso della SIP, quale Presidente della Commissione consiliare sopra indicata, se ne deve negare in radice la sussistenza per due ordini di motivi.

Viene, anzitutto, in rilievo la norma dell'art. 24 della l. 1990/241, che va interpretata proprio in senso contrario a quello voluto dal ricorrente. Tale disposizione (al comma primo) esclude il diritto di accesso, con operatività immediata (senza che occorresse, quindi, l'attesa della emanazione del regolamento previsto dal secondo comma, poi emanato con d.p.r. 27 giugno 1992, n. 352), oltre che nelle ipotesi di documenti coperti da segreto di Stato, anche nei casi di "(...) segreto o di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento"; e si è già detto come, secondo l'interpretazione della Corte costituzionale, la norma dell'art. 15 cost. fosse di immediata cogenza anche in ordine al divieto di divulgazione dei dati esterni alle conversazioni telefoniche sin dalla entrata in vigore della Costituzione.

Ma il diritto di accesso a quei tabulati da parte del Fortunato, quale Presidente della commissione consiliare, va negato per un'altra, decisiva e assorbente considerazione di cui non si è neppure parlato nel corso di due gradi del giudizio, ma che questa Corte deve esaminare d'ufficio per i suoi poteri correttivi o integrativi della motivazione della sentenza impugnata.

Va, infatti rilevato, in ordine al reato di cui all'art. 326 c.p., che non sono invocati a proposito, da parte della difesa, l'art. 24 della l. 816/1985, il cui contenuto è stato, poi, trasfuso negli artt. 31 e 32 della l. 142/1990. Tutte tali norme regolano il diritto di accesso dei componenti del consiglio comunale ai documenti (interni) del comune, onde la materia da essi regolamentata è estranea alla fattispecie dedotta in giudizio.

Ma v'è, infine, da considerare l'altro elemento, non meno decisivo, circa la natura e le funzioni delle commissioni consiliari in ambito comunale. Come ha rilevato un'attenta dottrina, le Commissioni consiliari non sono organi a rilevanza esterna come si ricava dall'art. 31, comma terzo, della l. n. 142/1990. Di esse il consiglio può semplicemente avvalersi; il che esclude un loro rilievo autonomo. Né, sul punto, ha innovato la riforma del 1993 che si è limitata a richiamare la possibilità per i consigli di istituire al proprio interno commissioni di indagine sulla attività della amministrazione. All'epoca della riforma del 1990, non fu, infatti accolto dal legislatore il suggerimento di prevedere forme di decentramento a mezzo di commissioni con rilevanza autonoma ed esterna, di modo che esse possono svolgere solamente una funzione di consulenza del consiglio o della giunta per le materie delegate dal consiglio stesso o possono svolgere - al più - una funzione pre-decisoria, nel senso che se l'avviso della commissione è stato espresso all'unanimità non si farà luogo a dibattito consiliare, ma il provvedimento finale avente rilevanza esterna sarà sempre quello del consiglio e non quello della commissione.

E' chiaro che in tale situazione il Presidente della commissione in parola non aveva alcun potere di chiedere alla SIP i dati esterni alle conversazioni telefoniche.

Il che va ribadito anche alla luce degli art. 4 e 10 del d.p.r. 27 giugno 1992, n. 352, che correlano il diritto di accesso alla persona che ne sia legittimata, cosa che nella specie deve escludersi per le ragioni esposte in ordine alla natura delle commissioni consiliari.

Alla luce di tali ultime osservazioni va risolto anche il problema della sussistenza del reato di usurpazione delle funzioni pubbliche. A parte la questione della data di invio della lettera alla SIP e ogni altra considerazione sul fatto che il Fortunato avesse dato le dimissioni dopo l'invio della lettera, assumendo altro incarico presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e non avesse più svolto le funzioni di Presidente della Commissione in parola, secondo la giurisprudenza di questa Corte che si ritiene di dover condividere, "Commette il reato di cui all'art. 347 cod. pen. chiunque si arroghi funzioni che non gli competono anche se abbia la veste di pubblico ufficiale e appartenga all'ente che ha la competenza a decidere in materia" (Cass., sez. VI, u.p. 17 giugno 1974, Taranto, rv. 128699), ben potendo essere posta in essere la condotta dal pubblico ufficiale ai fini di cui al primo comma dell'art. 347 c.p., le cui fondamenta giuridiche sono unanimemente individuate nell'esigenza del normale andamento e buon funzionamento della pubblica amministrazione, i quali possono correttamente dispiegarsi solo attraverso lo svolgimento delle attribuzioni proprie di ciascuna componente della amministrazione pubblica.

Il dolo nella specie è certamente sussistente. Non occorre per la realizzazione del reato di cui all'art. 326 c.p. che l'agente sia guidato da una finalità specifica, essendo sufficiente il comportamento, cosciente e volontario, di rivelare notizie che devono rimanere segrete, senza che ovviamente possa aver alcun valore esimente l'eventuale errore sui limiti dei propri e degli altrui poteri e doveri in ordine a dette notizie.

Resta, infine da precisare che nessun utile risultato può ricavarsi per il ricorrente dal richiamo all'art. 51 c.p. L'esercizio del diritto poteva legittimamente essere esercitato attraverso una denuncia all'autorità giudiziaria di un fatto costituente reato di cui il Fortunato era, comunque, venuto a conoscenza, ma non poteva estendersi sino alla convocazione di una conferenza stampa per divulgare notizie lesive dell'altrui riservatezza illegittimamente procurate, essendo più che noto che la scriminante in parola non solo presuppone l'esistenza di un diritto ma anche di una norma che consente di esercitare quel diritto attraverso un'attività che normalmente costituisce reato (singolare appare in proposito la mancata contestazione del reato di abuso di ufficio nella diversa attività del Fortunato - del tutto estranea a quella di (concorso in) divulgazione di notizie riservate e di usurpazione di funzioni pubbliche - consistente nella divulgazione dei dati di cui era venuto a conoscenza).

Il ricorso va, quindi, rigettato e al rigetto consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P. Q. M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Roma, 11 febbraio 2002.
quindi insomma il reato è precedente alla stessa legge sulla privacy e consisterebbe nell'aver acquisito tabulati telefonici (e non conversazioni TABULATI) dove è venuto fuori che sindaco e assessori facevano telefonate a numeri hard (a spese dei contribuenti...)
jumpermax è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 13:39   #5
jumpermax
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Originariamente inviato da Proteus
La sensazione che la legge sulla privacy sia stata confezionata al solo scopo di proteggere chi ha qualcosa da nascondere, pur essendo presente in me da quando è stata promulgata, prende sempre più corpo. Parrebbe essere frutto di un'alzata d'ingegno dei soliti noti per coprire le malefatte, a spese degli italiani, di amici e clienti.

Ciao
si ma il bello è che la legge è successiva al reato contestato. La legge è del 96 il reato è del 94... chi ha scritto l'articolo non lo sapeva o ha fatto finta di non sapere? Bah.... non ho parole.

Ultima modifica di jumpermax : 17-03-2005 alle 13:41.
jumpermax è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 13:42   #6
John Cage
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Originariamente inviato da jumpermax
sai almeno per cosa è stato condannato?



quindi insomma il reato è precedente alla stessa legge sulla privacy e consisterebbe nell'aver acquisito tabulati telefonici (e non conversazioni TABULATI) dove è venuto fuori che sindaco e assessori facevano telefonate a numeri hard (a spese dei contribuenti...)
Insomma, una bella garanzia per le giuste spese dei contribuenti. Praticamente un infiltrato...



Che possiamo volere di più?
John Cage è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 13:44   #7
jumpermax
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Originariamente inviato da John Cage
Insomma, una bella garanzia per le giuste spese dei contribuenti. Praticamente un infiltrato...



Che possiamo volere di più?
Boh non lo so. Considerato che non può aver violato una legge che nemmeno esisteva nel 94 non riesco a capire dove sia il problema. E' grave che sindaco e assessori usino telefoni pagati dai contribuenti per chiamare numeri hard o è più grave che qualcuno renda la cosa pubblica?
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Old 17-03-2005, 14:14   #8
flisi71
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Originariamente inviato da jumpermax
...
quindi insomma il reato è precedente alla stessa legge sulla privacy e consisterebbe nell'aver acquisito tabulati telefonici (e non conversazioni TABULATI) dove è venuto fuori che sindaco e assessori facevano telefonate a numeri hard (a spese dei contribuenti...)
In pratica ci dici che non ha le competenze in materia?
E io che speravo in una nomina tecnica...


Ciao

Federico
flisi71 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 14:14   #9
jumpermax
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Originariamente inviato da Proteus
Una legge retroattiva ?, sono basito.

Ciao
no non è la legge ad essere retroattiva, semplicemente è stato condannato per qualcos'altro..
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Old 17-03-2005, 14:15   #10
flisi71
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pardon, errore nel quote...

flisi71 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 14:17   #11
Harvester
 
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semplicemente non vedo il problema.

Quote:

......CUT.......

Pera ha risposto che avrebbe comunicato la cosa alla maggioranza. La quale però, con l'abituale tracotanza, ha tirato diritto.

......CUT.......
un articolo equilibrato
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Old 17-03-2005, 14:19   #12
flisi71
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Originariamente inviato da jumpermax
.... semplicemente è stato condannato per qualcos'altro..
Io non ho parole e vedo un problema piuttosto grosso: non si trova fra i 900 e passa qualcuno più presentabile?


Ciao

Federico
flisi71 è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 14:34   #13
jumpermax
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Originariamente inviato da flisi71
Io non ho parole e vedo un problema piuttosto grosso: non si trova fra i 900 e passa qualcuno più presentabile?


Ciao

Federico
senti se il fatto di essersi beccati una condanna per aver reso noto che sindaco e assessori sperperassero i SOLDI PUBBLICI per telefonare a numeri hard lo rende impresentabile... io pensavo che rendesse impresentabili quelli che le telefonate le hanno fatte, ma va be viviamo in un mondo alla rovescia.
jumpermax è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 17-03-2005, 14:38   #14
Harvester
 
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Originariamente inviato da jumpermax
senti se il fatto di essersi beccati una condanna per aver reso noto che sindaco e assessori sperperassero i SOLDI PUBBLICI per telefonare a numeri hard lo rende impresentabile... io pensavo che rendesse impresentabili quelli che le telefonate le hanno fatte, ma va be viviamo in un mondo alla rovescia.
non considerando che ormai, viste le sue "vicende" giudiziarie, sara' diventato un esperto in materia
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Old 17-03-2005, 17:33   #15
flisi71
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Originariamente inviato da jumpermax
senti se il fatto di essersi beccati una condanna per aver reso noto che sindaco e assessori sperperassero i SOLDI PUBBLICI per telefonare a numeri hard lo rende impresentabile... io pensavo che rendesse impresentabili quelli che le telefonate le hanno fatte, ma va be viviamo in un mondo alla rovescia.
Calma: lui ha una condanna definitiva per violazione della privacy e lo inseriscono fra i membri di garanzia della privacy. Non proprio il massimo, non credi?
(Non ho detto impresentabile, ho solo chiesto se c'era qualcuno più presentabile, magari senza condanne).
Che sindaco & assessori abbiano sbagliato è fuori di dubbio, non c'è bisogno di nominarli.


Ciao

Federico
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Old 17-03-2005, 17:37   #16
jumpermax
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Originariamente inviato da flisi71
Calma: lui ha una condanna definitiva per violazione della privacy e lo inseriscono fra i membri di garanzia della privacy. Non proprio il massimo, non credi?
(Non ho detto impresentabile, ho solo chiesto se c'era qualcuno più presentabile, magari senza condanne).
Che sindaco & assessori abbiano sbagliato è fuori di dubbio, non c'è bisogno di nominarli.


Ciao

Federico
Spiegami come può essere condannato per violazione di una legge che è stata fatta 2 anni dopo la data del suo reato...
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Old 17-03-2005, 18:45   #17
Correx
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Originariamente inviato da jumpermax
Spiegami come può essere condannato per violazione di una legge che è stata fatta 2 anni dopo la data del suo reato...
Se ha chiesto i tabulati ha violato la privacy... Se poi all'epoca questo fatto non costituiva reato è un altro paio di maniche. Se lo ha fatto per far risparmiare ai cittadini i soldi delle telefonate erotiche o per fini <<politici>> beh... non è questo il problema ...
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Old 17-03-2005, 18:51   #18
jumpermax
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Se ha chiesto i tabulati ha violato la privacy... Se poi all'epoca questo fatto non costituiva reato è un altro paio di maniche. Se lo ha fatto per far risparmiare ai cittadini i soldi delle telefonate erotiche o per fini <<politici>> beh... non è questo il problema ...
sicuramente non ha violato una legge che doveva ancora essere scritta....
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Old 17-03-2005, 18:57   #19
sider
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senti se il fatto di essersi beccati una condanna per aver reso noto che sindaco e assessori sperperassero i SOLDI PUBBLICI per telefonare a numeri hard lo rende impresentabile... io pensavo che rendesse impresentabili quelli che le telefonate le hanno fatte, ma va be viviamo in un mondo alla rovescia.

Sono perfettamente d'accordo.....viviamo veramente in un mondo alla rovescia!
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Old 17-03-2005, 18:59   #20
Correx
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Originariamente inviato da jumpermax
sicuramente non ha violato una legge che doveva ancora essere scritta....
certo... Non ha violato la legge, ma la privacy , e questo è un fatto assodato e concreto. C'è stato tanto di processo.
E' giusto che adesso faccia parte di una commissione che deve vigilare sul rispetto della privacy ? Con un tale precedente?
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