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Old 03-02-2005, 11:25   #1
LittleLux
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Congresso dei DS

Oggi inizia a Roma il congresso dei DS. Un congresso ricco di argomenti e che disegnerà la linea del partito da oggi sino alle politiche del 2006, passando, ovviamente, per le importantissime regionali che si terranno da qui a 2 mesi.

Vorrei iniziare a parlarne postando un interessantissimo articolo di Diamanti, il noto sociologo, che inquadra cosa sia secondo lui, oggi, il partito.


IL COMMENTO
L'ultimo partito di massa
di ILVO DIAMANTI

IL CONGRESSO dei Ds costituisce un'occasione utile per riflettere sui cambiamenti in atto nel centrosinistra. Non solo dal punto di vista dei contenuti, ma anche dell'organizzazione.

D'altronde, i due aspetti si incrociano e si richiamano reciprocamente, in questa fase della politica italiana, soprattutto nel centrosinistra. Per i Ds, in particolare, il rapporto fra partito, federazione dell'Ulivo e alleanza (Gad? UpD?) costituisce una questione importante - e difficile, oltre che urgente - da affrontare.

I Ds, infatti, in questi ultimi anni sono diventati i sostenitori più convinti e leali della federazione dell'Ulivo. E del progetto di unificare il centrosinistra. Più della Margherita sono divenuti, per questo, il "partito di Prodi". Ne sostengono non solo la candidatura, come premier della coalizione, ma anche, appunto, il disegno "organizzativo". La trasformazione del centrosinistra in un soggetto unitario; e, in parallelo, le primarie, come metodo di selezione e di legittimazione dei candidati alle elezioni. Ma i Ds sono anche un "partito" vero. L'unico che disponga di un elettorato così ampio e, al tempo stesso, di una base associativa diffusa e radicata sul territorio. Da qui il problema.

Perché la costruzione di un nuovo soggetto politico, che aggreghi le diverse formazioni del centrosinistra, insieme alle primarie, limita lo spazio ai partiti dotati di identità specifica e di organizzazione specifica. E, quindi, minaccia il ruolo e l'influenza dei Ds. Diversamente, diventa difficile pensare che la federazione, per non parlare dell'alleanza, vadano al di là di una coalizione, di un'intesa fra partiti, comunque, sovrani. D'altra parte il gruppo dirigente dei Ds ha scelto la via dell'Ulivo in modo convinto, per forza ancor prima che per amore. Ritenendola, cioè, obbligata per vincere le elezioni.

Con questo programma, d'altronde, Fassino ha guidato il partito, in questi anni difficili, pacificandolo, fino a ottenere, nei congressi territoriali, un consenso molto esteso, vicino all'80% dei voti. Ben superiore a quello ottenuto al congresso di Pesaro, nel 2001.
Il che non permette, a lui e ai dirigenti Ds, di sfuggire al dilemma, che abbiamo delineato. Come costruire un soggetto di centrosinistra senza perdere l'anima? Senza rinunciare al proprio corpo? Senza rinunciare alla propria faccia?

Certo, i Ds non sono più il Pci. Sono cambiati. Il nome, molti riferimenti, le parole. La "taglia". Ma le loro radici affondano ancora nel passato. Nel territorio della tradizione. Certo, alle elezioni politiche del 2001, i Ds si sono ridotti al 16,6%. Meno della metà, rispetto agli anni '70. Il minimo, nella loro storia elettorale, a partire dal 1946. Ad eccezione del 1992, all'indomani della scelta (guidata da Occhetto) di andare "oltre" il Pci. Pagata con la scissione di Rc, che ancora oggi rivendica - con orgoglio - l'identità comunista. Tuttavia, le elezioni amministrative degli anni seguenti ne hanno sottolineato la ripresa. E i sondaggi più recenti li stimano attorno al 20%; forse perfino un poco sopra. Quanto alla base degli iscritti, non è più quella degli anni d'oro, ma appare ancora estesa e radicata. Più di 560.000 iscritti, con una crescita significativa, rispetto agli ultimi anni, che si spiega solo in parte, con l'incentivo prodotto dal congresso.

Si tratta, quindi, di un partito vero, con una base solida, visto che mantiene ancora quasi 7.000 sezioni. Per un confronto, si pensi che FI, pur affrontando il tesseramento con tecniche di marketing e criteri molto aperti, non ha mai superato i 300mila iscritti. Inoltre, sul territorio, è, per scelta, poco presente e ancor meno visibile. Il retroterra organizzativo dei Ds ne marca, in modo evidente, la continuità con il passato. La distribuzione degli iscritti su base regionale, infatti, conferma come le loro roccaforti siano le stesse della tradizione. Nelle regioni rosse del centro gli iscritti rappresentano il 13% degli elettori Ds e il 3% della popolazione nell'insieme. Toccano, peraltro, picchi molto alti in Emilia Romagna e in Toscana.

In tempi nei quali si sostiene la scomparsa delle appartenenze e delle strutture di partito, dati come questi inducono quanto meno alla prudenza, al dubbio.
Tuttavia, occorre evitare anche il vizio contrario: di cogliere e di sottolineare solo i segni della continuità. I cambiamenti, invece, sono avvenuti, negli ultimi anni. Rilevanti e significativi. Gli iscritti, rispetto al 1990, sono dimezzati. Inoltre, anche limitando l'osservazione all'ultimo decennio, il tessuto associativo appare sensibilmente ridefinito, dal punto di vista territoriale.
In primo luogo, il partito si è - relativamente - meridionalizzato.

La base dei suoi iscritti è cresciuta nel Mezzogiorno, ha tenuto nel Centro Sud, mentre si è ridotta in modo sensibile nelle regioni rosse e soprattutto in quelle del Nord (con un calo di quasi il 30% in entrambi i casi). Il Mezzogiorno, peraltro, risulta l'area dove la "mobilitazione di partito" risulta più forte, visto che ai congressi di federazione hanno partecipato circa 6 iscritti su dieci (e 7 in Campania). La maggioranza. Il doppio rispetto al Nord e tre volte di più rispetto alle regioni rosse.

Il che suggerisce alcune considerazioni, circa i mutamenti in atto, nel rapporto fra partito e società.
Si intuisce, anzitutto, una certa "fatica" a riprodursi nelle aree a maggiore dinamismo economico: nelle zone di vecchia e nuova industrializzazione; nei contesti della grande e della piccola impresa; ma anche nelle "capitali" della produzione dei beni immateriali - servizi, credito e finanza, comunicazione. Dove, peraltro, si sono affermate la Lega e Forza Italia. Peraltro, nel suo elettorato, sono cresciute le componenti maggiormente legate al ruolo dello stato, più che al mercato: i pensionati, il pubblico impiego.
E' come se i Ds stentassero, con il loro modello tradizionale, a contrastare i nuovi soggetti politici di centrodestra e abbandonassero loro la rappresentanza dei cambiamenti, profondi, che hanno segnato la società e l'economia; soprattutto nel Nord.

C'è, tuttavia, una diversa, possibile spiegazione, per queste tendenze. Che potrebbero riflettere i cambiamenti avvenuti nel partito, nel suo modello organizzativo. Nel Nord, come nel centro, il declino degli iscritti e degli insediamenti associativi, cioè, potrebbero indicare la rinuncia alle logiche del partito di massa. E l'affermarsi di nuovi e diversi metodi di rapporto con la società, che privilegiano la comunicazione, mirano a dialogare con gli elettori di opinione invece di rafforzare e conservare le appartenenze. Potrebbero, inoltre, rispecchiare un maggiore investimento nell'alleanza, nell'Ulivo, piuttosto che nelle logiche del partito.

Tuttavia, disporre di un'organizzazione estesa e radicata nella società e sul territorio ha costituito una risorsa importante, in occasione delle consultazioni degli ultimi anni: amministrative, europee, suppletive. Dove il centrosinistra ha ottenuto risultati e successi importanti, grazie al lavoro dei militanti, dei volontari, degli iscritti. Semmai il problema resta di bilanciamento. Fra l'organizzazione e la comunicazione. Il partito di massa e il soggetto leggero.
Per questo, il congresso che prende avvio oggi a Roma, costituisce per i Ds un'occasione importante per riflettere sul "proprio" futuro, in rapporto all'Ulivo e al centrosinistra. Per chiarire - a se stessi, agli alleati e agli altri partiti - cosa intendano - e cosa potrebbero - diventare. Senza finzioni. Affrontando, senza reticenze, i dubbi e i timori - perlopiù inconfessati - che le prossime scadenze - il voto regionale, le primarie - suscitano.

Fra gli alleati: la paura della "colonizzazione", attuata dai Ds, se "mobilitassero" i loro iscritti e le loro strutture di base. Fra i leader e i militanti Ds: la paura dell'eutanasia; della dissoluzione morbida. Di sciogliersi in un "nuovo" e "diverso" soggetto politico, costruito con il loro contributo attivo. La paura di essere condannati a lavorare per gli altri; promuovendo leader di appartenenza diversa (Prodi); ma, soprattutto, legittimando soggetti politici concorrenti (Bertinotti), in nome "del bene comune". I Ds, costretti a meditare sull'eredità, ambivalente, del passato. Che garantisce un retroterra importante, di iscritti, militanti, dirigenti; ma inibisce la possibilità di esprimere, autonomamente, la leadership del centrosinistra.

E, al fondo, il dubbio che il prezzo del "bene comune" venga pagato solo - o principalmente - da loro. I Ds. L'unico, l'ultimo partito di massa sulla strada del NSG (Nuovo Soggetto Politico). Difficile dissimulare un brivido. E' la paura di rimuovere, insieme al passato, anche se stessi.
(3 febbraio 2005)

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Old 03-02-2005, 11:35   #2
LittleLux
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....ed, ovviamente, non poteva mancare (per la gioia di Bet ) l'Unità.


02.02.2005
Ds a congresso per riconquistare l’Italia
di Simone Collini


Alcune cose che caratterizzano il terzo congresso Ds, che si apre oggi a Roma con la proclamazione di Fassino a segretario del partito. Il colore, innanzitutto. Qualcuno nei giorni scorsi ha detto arancione, ma era una bufala: l’unica cosa arancione dentro al Palalottomatica sono alcuni divanetti nell’area chiamata «Saperi e sapori», dove invitati e delegati passeranno prima di entrare nel catino vero e proprio, assaggiando stuzzichini. Il colore dominante è il rosso: rosse le tre volute a spirale che dominano la scenografia, rossa la guida che taglia a metà il parterre, rosso il tavolo piccolo, piccolissimo della presidenza dove si siederanno a rotazione esponenti vari dei Ds, rossi i pannelli rettangolari sparsi tra le gradinate su cui sono affiancati i due simboli rotondi, la Quercia e l’Ulivo.

Ma il vero colore che caratterizza questo congresso probabilmente è il rosa: perché per la prima volta nella storia del partito (e in Italia) il 40% dei delegati sono donne, e perché magari alla fine la rosa del socialismo europeo nel simbolo non crescerà, ma in compenso a ogni donna che arriverà al Palalottomatica sarà regalata una rosa. Rossa, ma comunque pur sempre rosa è.

Le scritte. Ce n’è una che corre lungo tutto l’ultimo anello del palasport, ripetuta più volte: «Con Prodi per vincere di nuovo». E poi c’è lo slogan del congresso, sistemato sopra il palchetto dell’oratore: «Finisce l’illusione, comincia l’Italia».

La colonna sonora. Nessuna vita da mediano, niente canzoni popolari, e invece vari riferimenti alla situazione dell’Italia dopo tre anni e mezzo di cura Berlusconi, qualche messaggio di speranza e uno sguardo anche alle popolazioni vittime di uno stesso furore, chiamato civilizzante ieri e democratizzante oggi. Ovvero: «Ma che freddo fa» di Nada e «Passerà la notte» della Bandabardò, «La canzone dell’appartenenza» di Gaber e «Fiume Sand Creek» di De André cantata da Ligabue.

Le votazioni. Oggi non ci saranno, ma da domani si comincia, e la minoranza si prepara a dare battaglia con un triplice no: no alla ratifica della Federazione dell’Ulivo, no alle prospettate modifiche dello statuto e no a D’Alema presidente. Il primo era abbastanza scontato, visto che era scritto nero su bianco sia nella mozione Mussi-Berlinguer che in quella Salvi (gli ecologisti, da par loro, si riservano di sperimentare l’«impatto» della Fed sulla Gad per poi giudicare se sia «sostenibile» o meno). Il no alla bozza di statuto che sta circolando in queste ore è dovuto in particolare a una norma secondo cui l’espressione del dissenso dei parlamentari deve rappresentare un caso personale e non una presa di posizione di gruppo (in passato, gli esponenti del Correntone hanno votato più volte contro le indicazioni dei capigruppo, per esempio sull’Iraq). Il Correntone è anche pronto a non votare D’Alema, perché considerato un «presidente di parte e non di garanzia». Prima di domani sera l’area guidata da Mussi deciderà se astenersi o invece votare scheda bianca. Diverso, almeno in queste ore di vigilia, l’atteggiamento dell’area ecologista e di quella salviana. E diverso anche l'atteggiamento del «gruppo dei 26», che si tiene lontano da queste discussioni, giudica necessario un confronto sul programma e su questo chiede l’insediamento di un organismo apposito.

Gli invitati. Ci saranno anche esponenti del centrodestra e membri del governo. Tra quanti hanno già confermato la propria presenza, a rappresentare l’esecutivo sarà il vicepremier Marco Follini, mentre Ignazio La Russa guiderà una nutrita delegazione di An.

Il costo. Almeno 2 milioni di euro. È la cifra più alta mai uscita dalle tasche del Botteghino per l’organizzazione di un congresso. A differenza però di Torino 2000 (il corrispettivo di un milione e ottocentomila euro) e Pesaro 2001 (un milione e trecentomila euro), quest’anno circa la metà della spesa sarà coperta dalle sponsorizzazioni.



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Old 03-02-2005, 11:49   #3
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E' interessante.
Faccio solo una osservazione. Mi sembra che tra i dilemmi che il partito deve affrontare ne manchi uno: quella della presenza di diverse anime all'interno del partito stesso. Due anime che spesso parlano linguaggi abbastanza differenti. I problemi da risolvere non credo che derivino solo da relazioni con dati esterni (rapporto fra partito, federazione dell'Ulivo e alleanza o la scelta del modello organizzativo con cui rapportarsi con gli iscritti) ma anche dalle relazioni interne.
Meglio ancora, i problemi interni sembrano la causa degli altri nodi da risolvere.

Si ha l'impressione che il vasto appoggio di cui gode Fassino non riesca ad essere abbastanza pesante per prendere più chiare decisioni circa il loro assetto. Sembra che Fassino non possa tirare più di tanto in una direzione perchè la differenza di posizioni interne è abbastanza pesante.


mo leggo anche quello de l'unità
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Old 03-02-2005, 11:53   #4
Bet
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letto anche l'unità... che pizza

l'inizio è una gran romanticata il resto mette appunto in evidenza quei problemi
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Old 03-02-2005, 12:31   #5
LittleLux
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letto anche l'unità... che pizza

l'inizio è una gran romanticata il resto mette appunto in evidenza quei problemi
Bè, lo sai chei comunisti, in fondo in fondo son dei gran romanticoni

Comunque, anche la prima parte serve. Serve a desrivere l'atmosfera che si respira.

La seconda parte, quella ovviamente più interessante, descrive abbastanza bene le varie anime che compongono il partito (nemmeno poi così tante) e le istanze di cui ognuna si fa carico. Ora si dovrà vedere se si raggiunge una composizione delle varie posizioni e se si troverà una convergenza su quello che dovrà essere la nuova dirigenza di partito. La butto lì, per me Fassino ne uscirà rinforzato perchè, piaccia o meno il suo stile, è riuscito bene o male a non mettere a margine del partito la minoranza interna. Il che ha reso possibile a questa di esprimere le proprie idee, come è giusto che sia in un partito democratico, seppur in duro contrasto con la linea maggioritaria. Questo è un grande punto di forza. Se invece, a mio avviso, dovesse rinforzarsi D'Alema, credo che questo potrebbe portare a seri problemi nell'equilibrio interno dei DS. Perchè? Perchè penso che farebbe di tutto per mettere all'angolo le "voci contro". Creando pericolose tensioni che potrebbero sfociare anche in qualche fuoriuscita.
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Old 03-02-2005, 12:52   #6
SaMu
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Se prendiamo 10 opinioni di Mussi e Salvi sui 10 argomenti più importanti, e le confrontiamo con quelle di Fassino e quelle di Bertinotti, il risultato mi pare abbastanza chiaro.

Mussi e Salvi sono DS ma il loro segretario è Bertinotti. Mi sembra non facciano nemmeno lo sforzo per nasconderlo, anzi lo rimarcano.

A mio avviso il problema dei DS non è quello della minoranza (che tanto prima o poi se ne andrà con chi la pensa come loro, Mussi lo ha ribadito "se si fa il partito riformista noi ce ne andiamo"), ma quello della maggioranza.

Che non è chiaro quale apporto vogliamo portare, nel futuro partito riformista. I DS credono nel mercato? Che welfare vogliono? Lo stato deve intervenire nella FIAT? Deve licenziare i forestali calabri? Cosa vogliono fare delle pensioni che tra 40 anni saranno il 30% dell'ultimo stipendio? Come vogliono coniugare tutto questo con il rigore, vale a dire con conti pubblici in equilibrio (se non in attivo, per iniziare a diminuire il debito)?

A queste domande fondamentali gente come Rutelli, Letta, Amato, hanno dato risposte chiare, e quello sarà il loro contributo al partito riformista.

I DS? I leader mi sembra abbiano in testa delle risposte, c'è da capire quanto riusciranno a farle digerire alla loro gente dopo anni-decenni in cui gli hanno detto che erano -le risposte sbagliate-.
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Old 03-02-2005, 13:00   #7
SaMu
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Alcune note dagli esteri che trovo sintomatiche.


Lula è stato contestato al social forum di Porto Alegre da parte dei suoi stessi sostenitori di un tempo. Sono delusi. Non è stato quel che si aspettavano.



Schroeder in Germania nel frattempo ha raggiunto il massimo della disoccupazione dal 1933 (5 milioni di iscritti al collocamento). Sta tagliando il welfare (norme Hartz IV). Riformando le pensioni. Incentivato il rientro dei capitali dall'estero. E perde consensi tra i suoi sostenitori in Germania.


Sembra una maledizione, questa della sinistra che va al potere e delude la base. Ma vogliamo chiederci perchè avviene? Ammattiscono tutti, questi governanti di sinistra?

O non sarà che quando sono all'opposizione e non hanno responsabilità, quando non hanno i vincoli della realtà, possono dire e fare esaltando la propria gente, salvo poi deluderla al momento del fare -per manifesta incompatibilità con la realtà-?

I DS vogliono fare la stessa fine, o hanno il coraggio di dire alla propria gente come stanno le cose? Hanno il coraggio di abbattere dei miti falsi e sbagliati?


Queste a mio avviso le domande fondamentali.
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Old 03-02-2005, 13:04   #8
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SaMu, Fassino dovrebbe spaccare il partito per fare quello che dici. Cercheranno prima altre vie. Non credo che vogliano fare un congresso per spaccare il partito.
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Ultima modifica di Bet : 03-02-2005 alle 13:06.
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Old 03-02-2005, 13:41   #9
LittleLux
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SaMu, Fassino dovrebbe spaccare il partito per fare quello che dici. Cercheranno prima altre vie. Non credo che vogliano fare un congresso per spaccare il partito.
Lapalissiano. Il resto è solo un sogno di SaMu.


Comunque, avere più anime (non troppe), in un partito, io lo trovo un punto di forza. L'importante è poi fare una sintesi delle varie posizioni. I partiti in cui impera il pensiero unico non mi sono mai piaciuti.
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Old 03-02-2005, 13:50   #10
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Lapalissiano. Il resto è solo un sogno di SaMu.


Comunque, avere più anime (non troppe), in un partito, io lo trovo un punto di forza. L'importante è poi fare una sintesi delle varie posizioni. I partiti in cui impera il pensiero unico non mi sono mai piaciuti.

La mia era solo un'osservazione, non un giudizio

Le anime di un partito non si sono sposate e stanno insieme fino a quando vi è convenienza od opportunità (abbiamo avuto già diversi esempi). Il fatto è che persone come Salvi quando parlano (e sono sicuro, anche quando pensano) sono più vicine a posizioni come quelle di Diliberto o Bertinotti. D'Alema parla quasi il linguaggio di Amato. Mano a mano che passa il tempo sembrano sempre più distanti come linguaggi.
Non so quando, ma credo che una resa dei conti prima o poi sarà inevitabile.
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Old 03-02-2005, 13:56   #11
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Non so quando, ma credo che una resa dei conti prima o poi sarà inevitabile.
L'importante è che la resa non la facciano dopo un'ipotetica ( ) vittoria alle politiche.
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese)
"Sono un liberale di destra, come potrei votare uno come Berlusconi?"
Marcello Dell'Utri, fondatore del partito Forza Italia, è stato condannato per mafia.
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Old 03-02-2005, 13:59   #12
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Le anime di un partito non si sono sposate e stanno insieme fino a quando vi è convenienza od opportunità (abbiamo avuto già diversi esempi). Il fatto è che persone come Salvi quando parlano (e sono sicuro, anche quando pensano) sono più vicine a posizioni come quelle di Diliberto o Bertinotti. D'Alema parla quasi il linguaggio di Amato. Mano a mano che passa il tempo sembrano sempre più distanti come linguaggi.
Non so quando, ma credo che una resa dei conti prima o poi sarà inevitabile.
Secondo me è auspicabile. La dialettica interna ad un partito la vedo più come uno strumento per stabilire come raggiungere determinati obiettivi, non per definire gli obiettivi stessi. Questi secondo me dovrebbero essere il collante che fa si che determinate persone aderiscano al partito stesso.
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Old 03-02-2005, 14:00   #13
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L'importante è che la resa non la facciano dopo un'ipotetica ( ) vittoria alle politiche.
Così imbroglierebbero gli elettori, non credi?
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Old 03-02-2005, 14:01   #14
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Byezz
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Old 03-02-2005, 14:05   #15
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Così imbroglierebbero gli elettori, non credi?
Cioè?
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Old 03-02-2005, 14:28   #16
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La mia era solo un'osservazione, non un giudizio

Le anime di un partito non si sono sposate e stanno insieme fino a quando vi è convenienza od opportunità (abbiamo avuto già diversi esempi). Il fatto è che persone come Salvi quando parlano (e sono sicuro, anche quando pensano) sono più vicine a posizioni come quelle di Diliberto o Bertinotti. D'Alema parla quasi il linguaggio di Amato. Mano a mano che passa il tempo sembrano sempre più distanti come linguaggi.
Non so quando, ma credo che una resa dei conti prima o poi sarà inevitabile.
Mah, non credo si arriverà ad una vera e propria resa dei conti. Del resto, già in passato si è data per scontata una scissione del partito. Fassino ha saputo conciliare le posizioni, ha saputo mediare. Ed il partito, nel suo complesso (basta vedere alle percentuali), ne è uscito rafforzato. Ripeto, la dialettica interna è vitale in un partito che si ritenga democratico e voglia rimanere tale. Dici che Salvi parla un linguaggio sempre più diverso da quello di D'Alema. Probabilmente è vero, ma non credo che si arriverà ad una rottura finchè ci sono valori condivisi, valori forti che compongono un terreno comune, di più, una identità comune. Quando questa verrà a mancare, allora si, si arriverà alla scissione.
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Old 03-02-2005, 14:43   #17
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Quali sono i valori comuni, i valori forti, che uniscono il correntone DS a Fassino e lo dividono da Bertinotti?
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Old 03-02-2005, 14:49   #18
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Quali sono i valori comuni, i valori forti, che uniscono il correntone DS a Fassino e lo dividono da Bertinotti?
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Old 03-02-2005, 14:53   #19
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Cioè?
Cioè si presentano uniti alle elezioni, con un unico programma e idee condivise, ma dopo aver battutto la grande B mettono in rilievo le proprie divergenze e si dividono. La cosa da già fastidio quando riguarda una coalizione di più partiti, figuriamoci se riguarda un partito solo.
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John Donuts
HenryTheFirst è offline   Rispondi citando il messaggio o parte di esso
Old 03-02-2005, 14:53   #20
HenryTheFirst
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Originariamente inviato da Lucio Virzì
L'antiberlusconismo.
Sei contento?
Bertinotti non è antiberlusconiano?
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John Donuts
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