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Iscritto dal: Dec 2002
Messaggi: 302
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Lega Nord: dazi sui prodotti esteri a basso costo
E' l'ennesima volta che mi trovo daccordo su un argomento esposto dalla Lega Nord.
E' evidente che è rimasto uno dei pochi partiti seriamente intenzionati alla salvaguardia del Prodotto Italiano e quindi dei posti di lavoro del Ceto Medio, da sempre il pilastro portante dell'economia della Nostra Italia. Naturamente, le forze plutocratiche non hanno voluto (neanche a sentirne parlare) adottare questa giusta soluzione. Viva il libero mercato direbbe qualcuno... ed io gli risponderei: viva le botteghe e gli artigiani che chiudono.... per concorrenza sleale e per uno stato che non li salvaguarda. |
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#2 |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
Messaggi: 1126
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Copio, condivido, e incollo questo articolo trovato su di un altro forum.
------------------------------------------------------- Il protezionismo è l'ultimo rifugio degli opportunisti di Antonio Martino In tempi recenti si è assistito ad una serie di affermazioni volte a fare risorgere un vecchio, malevolo mito: il protezionismo, la necessità cioè che i produttori nazionali debbano essere “protetti” dalla concorrenza (quasi sempre denunciata come “sleale”) dei produttori esteri. Le giustificazioni di questa tesi sono numerose: i produttori esteri praticano salari più bassi dei nostri, oppure hanno un grado di tutela sociale e di protezione ambientale minore del nostro e, quindi, godendo di costi minori di quelli dei loro concorrenti italiani, hanno facile gioco ad essere più competitivi. Converrà occuparsi di questa idea che conferma la vecchia massima secondo cui le ipotesi, come le calunnie, sono tanto più pericolose quanto più sono plausibili. Cominciamo col dire che i bassi salari e le ridotte protezioni sociali ed ambientali sono l’ovvia conseguenza del fatto che questi paesi sono poveri. Anche in Italia i salari erano bassi e le protezioni modeste quando l’Italia era povera. Poi, quando anche grazie al commercio internazionale siamo usciti dalla povertà, sia il livello dei salari che quello delle protezioni sociali ed ambientali si è elevato fino a raggiungere i valori odierni. Quanti sostengono che la concorrenza è “sleale” perché in quei paesi i salari sono bassi e non ci sono i nostri livelli di tutela dovrebbero avere il coraggio di dire che è “sleale” essere poveri, colpevolizzando la miseria. Quando sentite parlare di “concorrenza sleale”, nota con sacrosanto sarcasmo antistatalista il compianto Murray Rothbard, mettete mano al portafoglio. In secondo luogo, il costo del lavoro e quelli della tutela sociale e ambientale sono solo una parte, e non necessariamente la più rilevante, della storia. Se fossero tutto ciò che conta in materia di competitività, gli Stati Uniti, che hanno alti salari ed alti livelli di protezioni, non potrebbero esportare prodotti ad alta intensità di lavoro, come i prodotti agricoli, che invece (anche tuttavia grazie a sussidi peraltro molto meno elevati di quelli europei) esportano in tutto il mondo, specie verso paesi che hanno salari più bassi dei loro e livelli di protezione minimi. Il fatto è che, come sanno bene gli esportatori italiani, il costo più rilevante è quello dello Stato: trasporti inefficienti, fiscalità punitiva, regolamentazioni asfissianti riducono la nostra competitività molto più degli alti salari. Comunque sia, anche se le cose stessero diversamente, il rimedio (il protezionismo) è assai peggiore del male (la scarsa competitività). Il protezionismo danneggia la società nel suo complesso: non è un caso che i Paesi più aperti al commercio internazionale siano anche quelli che crescono di più (basta confrontare Hong Kong e Singapore con un Paese chiuso come la Birmania). Il protezionismo alla lunga danneggia anche le industrie protette perché le sottrae alla concorrenza internazionale che è l’unico vero incentivo alla ricerca di maggiore efficienza. Infatti i settori più protetti, come la siderurgia negli USA o l’agricoltura in Giappone, sono anche i meno efficienti. Il protezionismo danneggia i consumatori tutti, perché li costringe a sopportare prezzi maggiori di quelli che pagherebbero in assenza di protezioni. Spostando risorse verso le industrie “protette” (che vengono rese artificialmente più competitive dalle protezioni doganali), danneggia tutti gli altri produttori che dovranno sostenere costi di produzione maggiori di quelli che avrebbero in assenza delle misure protezionistiche. Il protezionismo, inoltre, condanna i Paesi poveri alla miseria ed all’instabilità perché, impedendo loro di vendere quanto potrebbero produrre, li mette nell’impossibilità di produrlo, con conseguente sottosviluppo e disoccupazione. Infine, ma potrei continuare a lungo, le misure di protezione adottate da un Paese spingono gli altri Paesi a misure di ritorsione, determinando attriti fra Paesi, guerre commerciali prima e militari poi. Come sosteneva giustamente Frédéric Bastiat nel XIX secolo: “dove non passano le merci, passano gli eserciti”. Il libero scambio non è, forse, condizione sufficiente per la pace, ma il protezionismo e le dispute commerciali sono stati molte volte causa di guerre. I vantaggi delle misure protettive sono effimeri e limitati a pochi soggetti; i danni sono duraturi e generali. C’è poi, come sottolinea Enrico Colombatto nel suo contributo, un problema di ordine morale, non economico: il protezionismo è indifendibile, se si persegue il benessere di tutti (cioè dei consumatori) e non quello di pochi (l’industria protetta). Quest’intuizione fondamentale è ampiamente suffragata da una mole di evidenza enorme, non si tratta di un’opinione qualsiasi. Eppure, il protezionismo, come l’inflazione e la guerra, resta tutt’ora, per dirla con Hemingway, l’estremo rifugio degli opportunisti economici e politici. --------------------------- ps. mi piacerebbe eccome essere plutocrate, non nel senso che ho titolo per reclamare il potere, ma in quanto mi accontenterei del titolo
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G.G. "Il tutto è falso" In letargo intermittente... Comunque vi si legge, ogni tanto ci si desta |
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#3 |
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Iscritto dal: Nov 2001
Messaggi: 206
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Sono favorevole a mettere i dazi a quei paesi che fanno concorrenza sleale. Naturalmente la migliore soluzione sarebbe tentare di introdurre le nostre regole per la produzione di un bene ai paesi che tali regole non le rispettano(Cina per prima).
La soluzione dei dazi dovrebbe essere solo temporanea per me, simile ad un embargo. Tutto politico! La soluzione per far riprendere la nostra economia naturalmente non finisce qui. Altra cosa da fare è investire massicciamente sulla ricerca. La ricerca che intendo io non deve venire dai privati, ma sto parlando della ricerca pubblica (i privati ci pensano da soli ed è nel loro interesse farla). Spendere poco meno dell'1% è ridicolo. Io la sposterei almeno al 3% o 4%. Altra questione sencondo me sono le autority (o come si scrive). Ad esempio la luce. Perchè quest'anno dobbiamo pagare il 7% in più? Con quali strumenti e quali considerazioni fanno questi aumenti? Non dico che vadano abolite ma che siano regolamentate con più trasparenza. Ripeto ancora. Il problema economico italiano-europeo non riguarda solo la concorrenza sleale della Cina. |
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#4 |
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Senior Member
Iscritto dal: May 2000
Città: Vicenza
Messaggi: 20031
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Ma io mi domando : ma tutti quei prodotti manifatturieri , quindi vestiario e calzature , prodotti in cina ( e altre nazioni del far east asiatico , come vietnam o cambogia ) per marchi italiani , saranno sottoposti a dazi?
Perchè se SI sarà una mazzata per le aziende italiane , se No non vedo il motivo di applicare i dazi ai prodotti cinesi 100% , tanto la produzione si ha sempre in quelle zone. Ciaozzz
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FINCHE' C'E' BIRRA C'E' SPERANZA !!!
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#5 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
Messaggi: 1126
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Ma qui più che al perseguitato politico cinese si pensa al negoziante sotto casa: dazi, contingentamenti, clausole anti-dumping, ecc. costringono gli altri a non sfruttare la loro possibilità di sviluppo. Si pensasse piuttosto che come le frontiere sono aperte per plastiche e tessuti cinesi vale anche il contrario. E a darsi da fare.
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G.G. "Il tutto è falso" In letargo intermittente... Comunque vi si legge, ogni tanto ci si desta |
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#6 | |
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Iscritto dal: Jun 2001
Città: Torino
Messaggi: 203
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Re: Lega Nord: dazi sui prodotti esteri a basso costo
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il mondo al contrario... domandina per te: e CHI PROTEGGE I CONSUMATORI ??? per quale insano motivo non dovrei avere la possibilità di importare dall'estero un prodotto identico (se non migliore) e ad un prezzo inferiore? è colpa mia se il "povero" artigiano/commerciante nostrano non è in grado di essere competitivo? concorrenza "sleale" ???
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“Oggi ci vogliono due qualità: l’onestà e il coraggio. Quindi l’appello che faccio ai giovani è questo: cercate di essere onesti prima di tutto. La politica dev’essere fatta con le mani pulite! Se c’è qualche scandalo, se c’è qualcuno che dà scandalo, se c’è qualche uomo politico che approfitta della politica per fare i suoi sporchi interessi, deve essere denunciato” ... Sandro Pertini. |
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#7 |
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Member
Iscritto dal: Nov 2001
Messaggi: 206
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Io non so se da voi è lo stesso. Ma qui in sicilia nascono negozi di abbigliamento cinesi come funghi. Con una naturale chiusura dei negozi italiani. Non mi da tanto fastidio ciò come fatto in se (perchè la maggior parte dei loro guadagni vengono spesi sempre in italia e spero che almeno paghino regolarmente le tasse), ma mi da fastidio che vengano venduti prodotti contraffatti, e scadenti. I prezzi bassi sono belli per tutti, ma non sempre il gioco vale la candela.
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#8 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
Messaggi: 1126
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#9 |
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Senior Member
Iscritto dal: May 2000
Città: Vicenza
Messaggi: 20031
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Ma chi lo fa fare alla diadora , invicta , lotto , geox ecc ecc di fare abbigliamento e calzature in italia con un costo di produzione almeno di 5 violte tanto ( anche 10 imho ) ?
come può il governo impedire che questi marchi abbiano la produzione in cina? Ciaozzz
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FINCHE' C'E' BIRRA C'E' SPERANZA !!!
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#10 |
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Member
Iscritto dal: Nov 2001
Messaggi: 206
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tatrat4d io sono il primo dalla parte dei consumatori. Una concorrenza leale fa sempre bene al consumatore. Qui la questione è leggermente differente.
Quando non c'è nessuno che mi obbliga a seguire certe regole, il prodotto che ne risulta è indubbiamente meno costoso di quello regolamentato. Ti faccio alcuni esempi? A parte il basso costo della manodopera (che tra l'altro non può essere perseguita da qui, ma dai sindacati se ne esistono in loco), io parlo dello sfruttamento minorile, sulla contraffazione dovuta a brevetti rubati illegalmente, su tante altre regole che proteggano i lavoratori(numero di ore, protezione sul lavoro, pensione, ecc...), sugli standard che certi prodotti devono seguire(pensate ai gioccattoli costruiti con materiali scadenti, fai due conti e alla fine quelli che si trovano in svantaggio sono i consumatori bambini e non), e altro che sicuramente ora mi sfugge. Per te è giusto?E' giusto che alla fine ci vadano di mezzo i nostri cittadini operai,produttori,e consumatori? |
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#11 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
Messaggi: 1126
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....Cominciamo col dire che i bassi salari e le ridotte protezioni sociali ed ambientali sono l’ovvia conseguenza del fatto che questi paesi sono poveri. Anche in Italia i salari erano bassi e le protezioni modeste quando l’Italia era povera. Poi, quando anche grazie al commercio internazionale siamo usciti dalla povertà, sia il livello dei salari che quello delle protezioni sociali ed ambientali si è elevato fino a raggiungere i valori odierni. Quanti sostengono che la concorrenza è “sleale” perché in quei paesi i salari sono bassi e non ci sono i nostri livelli di tutela dovrebbero avere il coraggio di dire che è “sleale” essere poveri, colpevolizzando la miseria....
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#12 | |
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Bannato
Iscritto dal: Sep 2001
Messaggi: 3918
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Re: Re: Lega Nord: dazi sui prodotti esteri a basso costo
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#13 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jul 2000
Città: La città più brutta della Toscana: Prato
Messaggi: 6711
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è sleale anche perchè ci copiano i progetti violano brevetti ecc ecc, per quanto riguarda la cina spero che con l'aumentare della ricchezza il suo popolo riesca a rovesciare il regime altrimenti la vedo brutta...
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#14 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2005
Messaggi: 821
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I dazi li metterei prima a quegli imprenditori che delocalizzano e riimmettono i prodotti nel mercato interno allo stesso identico prezzo che se fossero prodotti in Italia, poi se ne può pure parlare.
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Tanto poco un uomo si interessa dell'altro, che persino il cristianesimo raccomanda di fare il bene per amore di Dio. (Cesare Pavese) "Sono un liberale di destra, come potrei votare uno come Berlusconi?" Marcello Dell'Utri, fondatore del partito Forza Italia, è stato condannato per mafia. |
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#15 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
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#16 |
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Iscritto dal: Nov 2001
Messaggi: 206
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tatrat4d preferirei rispondere ad una tua opinione e non a quella di Martino, cmq lo faccio lo stesso.
I tempi di cui parla Martino quali sono esattamente? Perchè in base al perido di appartenenza ti ricordo che anche l'Italia ha vissuto sotto i dazi. Poi fate te! Sul fatto che i dazi non sono la solozione l'avevo già detto prima. E comunque come hai visto dai miei post io non sono contro i lavoratori, anzi spero che si organizzino alla svelta in Cina perchè il loro problema sta diventando sfortunatamente anche il nostro. Tu lo sai quanti sono i poveri in cina?No?Te lo dico io. Più dell'80% sono poveri, all'incirca il 16 media borghesia, 4 percento ricchi e straricchi! Se metti in conto che sono 1 miliardo, e ripeto 1 miliardo di persone, fai quattro conti e scopri che 800 milioni di cinesi sono poveri! Il problema è solo loro? Non credo! Cosa possiamo fare allora noi perchè le cose cambino?Bella domanda!Tu sai darmi una risposta? Senza citare tizio o caio? |
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#17 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
Messaggi: 1126
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Quote:
Ci sarebbe spazio per un vero mercato unico di beni e fattori di produzione in Europa? Non secondo coloro che preferiscono proteggersi nei confronti della manodopera dei paesi nuovi entrati nella UE, la cui libertà di movimento è vergognosamente limitata (e poi firmiamo "costituzioni"). Alla fine l'unica prospettiva che sul medio termine da storicamente spazi di crescita è la specializzazione del lavoro, che include mano a mano nel commercio int.le quei paesi che ne erano esclusi. Perchè che i cinesi siano poveri è vero, che oggi lo siano più di ieri (e domani più di oggi) è un po' più arduo da dimostrare.
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#18 |
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Senior Member
Iscritto dal: Oct 2003
Città: Imola
Messaggi: 1126
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http://www.brunoleoni.it/nextpage.as...ice=0000000523
Il protezionismo è anche contro i nostri interessi I dazi contro la Cina: sbagliato economicamente e moralmente di Carlo Lottieri L’irruzione della Cina sulla scena economica internazionale sta creando molte difficoltà ad alcuni distretti industriali del nostro Paese, al punto che taluni esponenti del governo italiano stanno muovendosi per ottenere che l’Unione europea introduca misure a “protezione” delle nostre imprese. Ma se davvero si scegliesse la strada del protezionismo si commetterebbe un grave errore, che sarebbe pagato proprio dai più deboli. In primo luogo dobbiamo ricordare che la Cina è un immenso Terzo Mondo, un universo che solo ora sta faticosamente iniziando ad uscire da una miseria terribile. Impedire ai cinesi di esportare da noi i loro prodotti vuol dire condannare quella gente a un futuro disperato. E allora non ci si può lavare la coscienza con qualche sms in favore delle vittime dello tsunami, se poi si nega ogni speranza di un futuro migliore a quanti vivono con meno di mille euro all’anno. Ma non è solo per responsabilità verso chi sta peggio di noi che dobbiamo rigettare dazi e barriere. È anche nell’interesse nostro e dei nostri figli, dato che da sempre (fin dall’epoca dei mercanti greci o, più vicino a noi, di quelli fiorentini e veneziani) la civiltà è figlia dei commerci. Oggi siamo giustamente preoccupati per i posti di lavoro perduti a causa dell’arrivo dei prodotti cinesi, ma dovremmo ugualmente prestare attenzione ad altri fatti: non meno importanti. In primo luogo, dovremmo riconoscere che tutta una serie di prodotti oggi costano meno grazie alla concorrenza cinese. E questo significa che le dure condizioni di vita di tante famiglie di impiegati e operai lombardi sono alleviate dai bassi prezzi che le imprese del Terzo Mondo contribuiscono a determinare. D’altra parte, se taluni settori della nostra economia entrano in crisi, altri – al contrario – stanno crescendo proprio in virtù della nuova disponibilità di risorse a disposizione dei consumatori cinesi. Già da alcuni anni i migliori imprenditori italiani guardano all’economia asiatica non come ad una minaccia, ma come ad un’opportunità: un mercato che intendono conquistare e per il quale vanno potenziando le loro strutture produttive. È in questo senso assai significativo che il Veneto, certo la regione più dinamica della nostra economia, sia non a caso anche la più “globalizzata”. Le piccole e medie imprese del Nord-Est si sono lanciate nell’Europa centro-orientale, prima, e in Asia, poi, al fine di trovare manodopera a basso prezzo e nuovi clienti da soddisfare. Si può dire che questo abbia creato disoccupazione da noi? Per nulla, tanto che le imprese di Treviso o Vicenza continuano a cercare lavoratori e stanno ingegnandosi in tutti i modi per farli arrivare dal Sud d’Italia e anche dall’Africa. In effetti, i produttori veneti hanno mantenuto nelle loro zone la parte più alta (e ricca) della produzione, mentre si sono rivolti alla Romania o all’Oriente per le attività a basso valore aggiunto. Per giunta, i fautori del protezionismo non colgono come la comparsa sulla scena della Cina stia aiutando gli attori economici a operare al meglio: favorendo la specializzazione e la divisione del lavoro. In questo quadro, la crisi di alcuni settori produttivi europei causata dai manufatti cinesi ci dice che molte nostre imprese sono (o rischiano di essere) “anti-sociali”, poiché non sanno più soddisfare le esigenze dei consumatori. Le nostre aziende, d’altra parte, hanno difficoltà a competere in quanto sono gravate da oneri insopportabili. Allora, invece che chiedere “più Stato” con i dazi, i nostri imprenditori dovrebbero domandare “meno Stato”: ovvero tagli alle imposte, alla burocrazia, a norme irrazionali come la legge 626 o le mille altre astrusità barocche che rendono sempre più difficile lavorare in Italia. I fautori del protezionismo ignorano che nel medio-lungo termine la crescita delle importazioni dalla Cina è accompagnata da un’espansione delle esportazioni verso quel paese, poiché i cinesi sono disposti ad accettare euro in cambio di manufatti solo perché sanno che con quei soldi essi possono ottenere quanto produciamo noi. Ma perché ciò avvenga al più presto e nelle migliori condizioni è necessario che vi sia un netto ridimensionamento del peso della politica della vita economica italiana. Se non si avrà il coraggio di tagliare la spesa pubblica, ridurre la tassazione, trasformare radicalmente lo Stato sociale e ridimensionare il ruolo del ceto pubblico, ogni altra scelta non sarà che un palliativo. E continueremo ad essere ingannati dalla facile demagogia di chi ci indica un “nemico straniero” perché non sa e non vuole mettere ordine in casa propria. Pubblicato il 10/03/2005
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#19 |
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Junior Member
Iscritto dal: Mar 2005
Messaggi: 1
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Un po di carne al fuoco
Da un altro thread: Interessantissimo articolo del Gazzettino: «Quando, l'anno scorso, ci dissero che l'azienda non avrebbe avuto alcun futuro facevo fatica a crederci. Per me dopo oltre dodici anni di lavoro sarebbe finito tutto. Così come per i molti miei colleghi, alcuni dei quali lavoravano lì da venticinque anni. E così dopo averci pensato parecchio ho accettato la proposta che la società mi aveva fatto anche in funzione del mio ruolo di capoturno: andare in Cina per insegnare ai responsabili dello stabilimento del posto l'uso delle nostre macchine e la realizzazione delle resistenze per gli elettrodomestici che noi facevamo. Non volevo perdere il "mio" lavoro, nella "mia" azienda. E poi ho pensato che, almeno per me che sono ancora giovane e non ho ancora una famiglia, la nuova esperienza di lavoro potesse essere in qualche modo formativa. Formativa lo è stata, ma nel senso che ho visto molte cose che avrei preferito non vedere. In quella fabbrica ci sono stato due mesi. Poi non ho più resistito. Ho preferito tornare: meglio senza lavoro nel mio Paese che rimanere in quella situazione». Marino Moro è un ex operaio specializzato, capoturno di quinto livello, della Coris di San Vito al Tagliamento. La fabbrica del Gruppo Zoppas che ha definitivamente chiuso i battenti qualche giorno fa. Ha 34 anni e vive a Portogruaro. Un diploma di ragioneria in tasca e una buona dose di esperienza come metalmeccanico. Alla fine dell'anno scorso la svolta della sua vita: decide di essere "delocalizzato", dalla zona industriale del Ponte Rosso alla Cina. - Come mai la sua nuova esperienza di lavoro è durata così poco? «La proposta del Gruppo Zoppas era per tutto il 2005. A me sono bastate otto settimane. Ho preferito abbandonare tutto e tornare a casa. Nonostante qui mi aspettasse solo la disoccupazione. Chi è stato abituato a lavorare in un'azienda occidentale, con i contratti, gli orari e i diritti occidentali non può resistere. È un sistema troppo diverso. È tutto un altro mondo. Mi sembrava di essere tornato indietro di un secolo». - Cos'è che l'ha colpita di più. E che quindi l'ha spinta a tornare? «È tutto completamente diverso. A cominciare dalle macchine che vengono trasferite dagli stabilimenti italiani. Qui da noi sono verdi ma appena arrivano in Cina vengono dipinte di blu. Tutto all'interno delle fabbriche e blu. Per non parlare delle normative sulla sicurezza che non esistono. Perciò, paradossalmente, tutti gli accorgimenti anti-infortunistici di cui le macchine nostre sono dotate, lì diventano quasi un di più. Vengono poi usati alcuni prodotti - come la trielina - per certe lavorazioni che da noi sono stati aboliti per legge diversi anni fa. Gli operai lavorano dodici ore di fila, con turni dalle otto di mattina alle otto di sera e dalle otto di sera alle otto di mattina». - Quindi lei, dumping sociale e ambientale li ha potuti toccare con mano? «Ho visto che gli operai lavorano per dodici ore su due turni per fare girare gli impianti ventiquattro ore al giorno. C'è la pausa per mangiare e la mensa è all'interno dello stabilimento. A volte, ricordo, che dai locali delle cucine uscivano odori insopportabili, almeno per noi occidentali. Per non parlare poi dei servizi igienici. A pochi passi dalla fabbrica del gruppo Zoppas, che ora i lavori stanno per triplicare, ci sono i dormitori dove gli operai passano il tempo in cui non lavorano. Le prime volte non capivo cosa fossero quei fabbricati del tutto simili a stabilimenti: l'ho capito quando ho visto la biancheria stesa fuori. Gli operai sono quasi tutti giovanissimi, hanno un'età che va dai venti ai trent'anni circa. E tra le linee non è infrequente vedere giovani donne in stato anche avanzato di gravidanza». - Qual è lo stipendio medio di un operaio cinese della Zoppas e quale la vostra busta paga in "missione" all'estero? «Gli operai normali prendono circa cinquanta, sessanta euro al mese. Mentre un responsabile di linea produttiva può arrivare anche a uno stipendio di 250 euro. Lavorando dodici ore al giorno per sei giorni la settimana. Per noi italiani le cose erano diverse: solitamente si lavorava dalle 7 alle 18.30 e si alloggiava in hotel con standard occidentali. Nel nostro caso l'albergo era sempre nella zona di Hangzhou, a circa trecento chilometri da Shangai. Lo stipendio complessivo, con le indennità, era di circa quattromila euro, più del doppio di quanto prendevo alla Coris. Ed è stata anche la molla economica a spingermi a partire. Prima di tornare, nel mese di dicembre, ho assistito al primo sciopero nello stabilimento. Credo che tutto sia nato dopo che alcuni operai si erano accorti che nello stipendio qualcosa non tornava. Alcuni operai si sono allontanati dalle macchine e si sono fermati con le braccia conserte. A poco a poco la protesta si è allargata a un intero reparto. Poi, non essendoci né il sindacato né tantomeno i rappresentanti, si formavano piccoli gruppi informali di lavoratori che andavano a parlare con i capi. Dopo un po' di discussione, la cosa dev'essere rientrata perchè tutti sono tornati ordinatamente al loro posto». - Come facevate, e attraverso quale lingua, a insegnare ai cinesi l'uso delle macchine e i passaggi delle lavorazioni? «Io ho sempre usato l'inglese. Anche se non lo conosco benissimo. Ma il vocabolario che serve per fare andare avanti una fabbrica alla fine è piuttosto ridotto. I nostri interlocutori, spesso ingegneri, l'inglese lo sapevano piuttosto bene. Lì la fabbrica è avviata da quasi quattro anni. Ma la produzione è di circa 5 mila pezzi al giorno, mentre a San Vito si sfornavano 8 mila resistenze al giorno ma con metà addetti. Dopo due mesi la mia coscienza mi ha spinto a tornare. Non è stato facile, ma ho trovato una nuova occupazione. Mi adatto, faccio il metalmeccanico all'Ispadue di Sesto al Reghena. Ho un contratto a termine e uno stipendio di 900 euro netti. Ma sono tornato in un Paese che rispetta i diritti delle persone». Dai commenti ad alcuni articoli dell'ADUC: da: FABRIZIO Data: 11 Marzo 2005 Efr. Sig. Donvito. in linea di massima potrei anche essere d'accordo con lei, ma ha mai provato ad andare in un porto, ad uno scalo di conteiner di quelli che arrivano dalla Cina e non solo dalla Cina ? Chi può controllare tutto ciò che arriva ?E chi riuscirebbe a controllare tutta la filiera commerciale dal conteiner al piccolo rivenditore ? I primi a favorire tutto ciò siamo noi quando acquistiamo il guscio di cellulare o la borsa finta a pochi euro lungo le passeggiate dei lungomare nostrani. Io non dico che i dazi siano il toccasana assoluto a quello che sta avvenendo ma credo che: - Pensare che noi si possa raggiungere i costi dei Cinesi é semplicemente folle e folle é chi lo pensa. Credere che i Cinesi diventino nel giro di 2 o 3 anni ricchi come noi e raggiungano il nostro status di benessere é altrettanto folle. - Invocare per l'Italia l'innovazione, prodotti strategici, industrie che creino prodotti che non subiscano concorrenza, ecc. solo solo parole al vento (aria fritta) dette dai soliti opinionisti ben pagati che, continueranno a "sparare" queste bufale finché potranno ricevere i loro lauti stipendi da favola a compenso delle loro "brillanti opinioni". ( Mi sa che presto finirtà anche per loro !) - Io sono 30 anni che lavoro nell'industria meccanica e nel manufacturing e posso affermare che siamo ormai (finché potremo) l'ultimo baluardo a difesa dell'economia (non so per quanto, visto che ci stanno già copiando le nostre macchine utensili). Cosa propongo ? A questo punto i danni fatti sono irreversibili (almeno nel breve termine). Certo, si potrebbe tornare ad ingegnarsi e, sopratutto, a farsi su le maniche (io le ho fatte su tutti i santi giorni). Ma siamo tutti (dico tutti) disposti ad "sporcarci" le mani (nel senso più nobile della parola) ?Siamo disposti a tornare sui monti, nei campi, nelle nostre vallate, a coltivare la terra ormai abbandonata da 30 anni ? Se si bene !Se no, prepariamoci al nostro declino ! Irreversibile ! da: lidio Data: 11 Marzo 2005 Siamo sicuri che i prezzi bassi, scelta, qualità, novità e sicurezza siano prerogartive che solo un libero mercato può garantire? Chi controlla la qualità le merci provenienti dall'estremo oriente? E che dire delle condizioni di lavoro in cui operano quelgli operai? Come si fa a competere con chi bara? Mai provato a vincere una corsa podistica avendo i ceppi ai piedi? La competizione va fatta ad armi pari, altrimenti è un suicidio. A meno che... forti interessi non spingano sull'accelleratore del libero mercato per togliere diritti civili e lavorativi frutto di lotte passate ma oggigiorno considerati ingombranti. Saluti Lidio da: FABRIZIO Data: 9 Marzo 2005 Egr. Sig. Donvito, ma Lei dove vive ? Lei scrive:>>>Noi non abbiamo piani di conversione industriale da proporre, ma, dalla parte dei consumatori auspichiamo che le merci costino sempre meno, aumenti la qualita' e la sicurezza delle stesse. <<<<<< Se Lei non ha piani di riconversione da proporre, indirettamente sta confermando che nessuno sa più cosa fare !!!! Ormai il barile é già stato raschiato e ci stiamo mangiando il ferro !!!!!! Non esistino piani industriali che possano competere con lo Tsunami Cinese !!!! Delle due: O ci conviciamo a divenare tutti a livello Cinesi o smettiamo di comprare prodotti da loro e cominciamo a farceli noi (una volta eravamo capaci no ?) Anche se dovranno costare di più ! A cosa serve poter comprare una SUV a 8000 dollari (tanto sembra costerà) se poi non abbiamo più uno stipendio ? Da qualche parte ho letto di possibili rispolveramenti di autarchie. Qualcuno ha gridato allo scandalo e ha evocato i fantasmi pre-bellici del nefasto ventennio.La verità é che se io non ho soldi per pagare un idraulico, comincerò ad ingegnarmi per farlo da me.E se non ho soldi per andare la domenica al ristorante con la moglie e figli, pranzerò in casa ! E se non ho soldi per andare in ferie in Tailandia.... andrò a Gabicce o addirittura andrò in riva al Po come facevo quando avevo 6 anni e mio padre mi portava a fare il bagno sul grande fiume ! Vogliamo arrivare a questo ? Ed agli statali che stanno scioperando perché vogliono l'aumento contrattuale, chi glielo dice che se le fabbriche chiudono (e stanno già chiudendo) non ci sarà più ricchezza (e quindi gettito) per pagare neppure i loro stipendi ? Altro che aumenti ! Ma certa gente dove vive ??????? Sono anni che dico che abbiamo metà italia che da 30 anni é salita sul groppone dell'altra metà, e fin che ce n'era per la metà che produceva ricchezza, ce n'era anche per gli altri, gli statali, il terziario, i servizi, ecc. Ma se voi tutti volete continuare a comprare SUV a 8000 dollari o lettori DVD a 35 euro, beh, allora mi sa che presto ci mangeremo i DVD ! Ho già avuto modo di scriverlo, e lo ripeto, sembra una burla del destino, ma la globalizzazione selvaggia sta realizzando quell'utopia che neppure il comunismo è riuscito a realizzare (con tutti i suoi morti !) e cioé la redistribuzione delle ricchezze fra paesi poveri e ricchi ! Ormai é inevitabile, noi tutti siamo destinati a diventare più poveri ed i Cinesi sono destinati a diventare più ricchi.Solo che, viste le proporzioni, per fare diventare loro appena appena più benestanti, noi diventeremo MOLTO più poveri ! E' come se avessimo due recipienti, uno colmo d'acqua e l'altro vuoto, collegati da un tubo, chiuso con un rubinetto.Questo rubinetto, sino a ieri chiuso, se lo avessimo aperto lentamente, forse, pian piano saremmo riusciti a far entrare acqua nel recipiente vuoto, compensando nel frattempo il calo di livello nell'altro recipiente con l'aggiunta di altro liquido.Qualcuno invece ha pensato di spalancare il rubinetto solo che i 2 recipienti non sono uguali di volume. Uno é di 200 milioni (gli abitanti europei), altro di 1,3 miliardi, anzi, 3 miliardi (Cina +India) e così, noi ci svuoteremo completamente e loro forse, non si accorgeranno neppure di un modesto aumento di livello ! Io non ci credo più e sono ormai stanco di ripetermi, vedo troppe persone cieche e sorde tra di noi ! E sia !Ma badate bene, che se muore Sansone, muoiono anche i filistei ! Un Italiano, metalmeccanico, prossimo cassaintegrato, stanco di parlare ai muri di gomma ! PS: Vuoi vedere che i vari no-global, Casarini & Co. hanno ragione a fare casino ?? da: Marco Data: 9 Marzo 2005 Dovito, sinceramente, non la capisco! Prima di dire certe cose si interroghi su quali possano essere le soluzioni per il Paese (nella PRATICA) al problema della concorrenza cinese. E' troppo facile dire : bisogna innovare, c'è da chiedersi come farlo, dato che la Cina si sta innovando essa stessa anche con prodotti di alta tecnologia come le auto! Non possiamo quindi pensare di vendere ai cinesi le nostre auto che costano mooooooooooooooooolto di più di quelle che costruiranno loro stessi! Il problema è molto delicato come hanno tentato di farle capire alcuni suoi lettori nel Suo intervento precedente.Anche il fatto di "auspicare che le merci costino sempre meno" ha poco senso. Io auspicherei invece che i consumatori si possano permettere sempre più le merci ai prezzi attuali... La concorrenza fino ad un certo livello è auspicabile, poi diventa un problema. da: FABRIZIO Data: 10 Marzo 2005 Non sono leghista, ma devo convenire che aveva ragione Bossi: L'Europa dell'euro e dei NON-dazi, l'hanno voluta i finanzieri, i banchieri, e le grosse multinazionali (anche queste in mano a grossi gruppi finanziari internazionali).E il Nostro Sig. Prodi c'é cascato dentro come un pollo (mi scusi Sig. Prodi)!Bene hanno fatto l'Inghilterra, la Svezia, la Svizzera e tanti altri paesi che hanno conservato la loro moneta.La moneta é solo un'operazione di scambio matematica ed esprime la REALE capacità produttiva del paese. Se un paese non ha credito, la sua moneta scende, e se invece il paese é produttivo e dà credito, essa sale. Tutti quei meccanismi contorti messi in piedi per punire i paesi che non avessero rispettato il deficit programmato, sono stato infranti proprio dagli stessi paesi che li avevano voluti contro di noi (Francia e Germania in testa). Non so se oggi sia possibile, ma un paese serio ed autorevole con le "palle" dovrebbe avere il coraggio di prendere anche decisioni "forti e drastiche" se vuole difendere la propria moneta ed il proprio tessuto industriale. Solo che non basta un paese con un governo serio e forte. I primi a dover "cambiare testa" sono i cittadini, che, per prima cosa, devono smetterla di litigare tra loro ed unirsi per il bene comune. Smettiamola di farci la guerra tra province , regioni, comuni ecc. Rendiamoci conto che il paese é nostro e di tutti noi e che se abbiamo un problema, non lo possiamo scaricare addosso al nostro vicino ! Disgraziato quel paese che ha bisogno di eroi ! da: antonio lucenti Data: 10 Marzo 2005 qualche anno fa importavo pezzi di aerei ultraleggeri dagli Stati uniti, e il dazio lo pagavo. Eccome.Non so se ancora oggi sia applicato, ma dubito che sia stato tolto. Non è che siamo a tessere una nuova bandiera fasulla? da: FABRIZIO Data: 8 Marzo 2005 Il sig. paolo scrive: >>>Per contrastare seriamente l' ondata di prodotti a basso prezzo farei in modo che i governi di quei mercati (Cina. India,..) siano costretti ad adottare tutte le politiche di garanzia verso il lavoratore e di certificazione qualitativa e ambientale <<<< Sig. Paolo, Lei ha ragione e questa sarebbe la strada auspicabile, ma dubito fortemente che sia realizzabile (Tienammen docet).Tutto ciò é solo utopia pura ed il benessere dei Cinesi, unitamente alla loro libertà totale, non potrà avvenire né su imposizione dei paesi "ricchi" occidentali né per rapida evoluzione dello stesso paese. Certo, prima o poi avverrà, ma ci vorranno decenni !Alla fine della 2^ guerra il Giappone era nelle stesse condizioni della Cina, se non peggio visto che il giappone aveva perso una guerra mentre la Cina in teoria, l'aveva vinta. Eppure la sua evoluzione lo ha portato da un paese di "copioni a bassa costo" ad un paese di un benessere like-occidentale e con una tecnologia avanzatissima. Ma nonostante il Giappone non fosse la Cina, nonostante abbia un un ventesimo o un trentesimo (non ho idea quanti siano) degli abitanti e, sopratutto, nonostante gli USA, pur controllandone la stabilità politica abbiano lasciato il paese di fatto libero di evolversi, ci sono voluti ugualmente dai 20-30 anni. Se anche la Cina ci mettesse lo stesso tempo, noi......... non dureremmo così a lungo. Non capisco perché non si possano imporre dei dazi o delle quantità limitate e contingentate, visto che la stessa cosa é stata fatta per decenni in Europa nei confronti dei prodotto giapponesi che, sono entrati si ugualmente, ma in maniera più blanda e producendo guasti meno evidenti di quelli che si stanno producendo oggi.Poter comprare reggiseni a mezzo dollaro la dozzina o un VCR a 50 euro non ci salverà dalla definitiva chiusura dei nostri stabilimenti. La Cina ha già pronto un SUV da 8000 dollari (!!!) e una vettura somigliante ad una Renault a 3000 euro. Cosa diremo ai lavoratori Fiat, che guadagnano troppo ? O che devono fare una Punto e starci dentro con 3000 euro ? Quano avevo 18 anni (nel 70) ricordo che c'erano delle bellissime moto giapponesi (Honda, Kavasaky, Suzuki) ma ricordo anche che erano contingentate e che più di tante non se ne potevano importare. Ebbene, nessuno si strappava i capelli e chi non riusciva a comprarsi una Honda, si comprava una Guzzi, o una Aermacchi, una Ducati, una Benelli, una MW Agusta, una Gilera, una Morini, una Motobi, una Guazzoni, una Italjet, una ecc. ecc. ecc. (se vuole posso andare avanti ancora un bel pò !) ........... Tutte, o quasi tutte, ..... fallite (dopo la liberalizzazione dei mercati). E meno male che i Cinesi (per ora) non ci hanno ancora vendute le moto, per ora ! PS L'unico paese che all'epoca non aveva imposto dazi e/o contingentamenti, era la Svizzera, che però, guarda caso, non aveva nessuna industria da proteggere, a parte le 3 attività più fiorenti e famose: (le 3 "C") - Credito - Cioccolato - Cucù da: Paolo Data: 8 Marzo 2005 penso che il problema dei dazi sia mal posto. Se i dazi sono lo strumento per realizzare il protezionismo, questa filosofia avrà vita breve. Per contrastare seriamente l' ondata di prodotti a basso prezzo farei in modo che i governi di quei mercati (Cina. India,..) siano costretti ad adottare tutte le politiche di garanzia verso il lavoratore e di certificazione qualitativa e ambientale caratteristica del lavoro delle società occidentali, che hanno un forte impatto sul nostro costo del lavoro. Non posso tollerare che il basso costo della manodopera,di per se non negativo, sia tale perchè le realtà lavorative locali non offrono alcuna garanzia al lavoratore nè all' ambiente (ISO 14000). I nostri governi dovrebbero spingere perchè in tali paesi si strutturi un sistema di certificazione, con relativo marchio di garanzia, che obblighi a fornire un ambiente sicuro e rispettoso della salute del lavortore (divieto dello sfruttamento del lavoro minorile,...) e che rispetti l' ambiente. Dal mio punto di vista farei in modo che sia vietata la commercializzazione di prodotti derivanti da sfruttamenti o processi pericolosi per l' ambiente. Se dopo tutto questo i loro costi saranno sempre più bassi dei nostri, come presumibile, inevitabilmente sarà il nostro turno di tirare la cinghia ... e di parecchio. Saluti da: FABRIZIO Data: 8 Marzo 2005 Il Gentile Sig. Donvito scrive: "La risposta e’ nei reggiseni di cui sopra. Il dramma e’ nella fatalistica attesa che cio’ non sarebbe accaduto e quindi nel non aver cercato di adeguare le proprie produzioni a questo nuovo impatto" Mi scusi, Sig. Donvito, ma lei crede veramente che sia possibile adeguare le nostre produzioni (o quelle europee) a questo impatto senza precedenti ? Allora Le consiglio di dare per primo il buon esempio autoriducendosi lo stipendio alla "folle" cifra di 50 euro al mese !(tanto prende un dipendente cinese) Anzi, visto che Ella é probabilmente un funzionario, le posso concedere 200 euro al mese, e cioé lo stipendio di un funzionario cinese !Dopo di che potrà anche avere voce in capitolo e chiedere (se ci riesce) a far fare altrettanto ai lavoratori tessili italiani ! Poi Lei scrive ancora: "l’unico a farne le spese sara’ il consumatore, che i suoi governanti vogliono che continui ad acquistare a prezzi alti " Quelli che Lei scrive come "prezzi alti", sono i prezzi di mercato della produzione industriale occidentale, e se sono "alti", la colpa non é certo nostra ma solo del fatto che sono prezzi scaturiti da un severo controllo di gestione che tutte le aziende sane devono fare se vogliono sopravvivere. Forse Ella non sa che nel ciclo di produzione industriale (e quindi anche nei nostri) i costi maggiori sono la manodopera e l'energia che serve per trasformare la materia prima in prodotto finito. Quindi, se tanto mi da tanto, secondo la sua ricetta, la busta paga degli italiani andrebbe ridotta di 10-20 volte e la stessa cosa per l'energia (provi a vedere se da qualche parte riesce a trovare il petrolio a 5-6 dollari al barile). Solo che le aziende, sono nate per fare profitto e non perdite ! Lo stato, ha già provato a fare automobili, panettoni, ed altre cose varie, ma non mi sembra che abbia avuto ottimi risultati. Un mercato come quello europeo occidentale é troppo importante ed ha equilibri troppo delicati per lasciarlo in balia del "libero mercato selvaggio" ! I guasti che sta facendo la globalizzazione selvaggia, ce li porteremo dietro per almeno 30 anni ! Io e Lei forse non ci saremo più, ma i nostri figli ? (io ne ho 2 e Lei ?) Cosa faremo quando avremo la possibilità di indossare reggiseni a mezzo dollaro la dozzina ma niente da mangiare ? Mangeremo i reggiseni ? Un suo affezionatissimo lettore ! Ultima modifica di Pontrew : 13-03-2005 alle 10:55. |
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Re: Re: Re: Lega Nord: dazi sui prodotti esteri a basso costo
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Sai che ti dico tatratad? A me non me ne frega niente se i cinesi devono o non devono entrare a competere con noi o nel mercato internazionale. Non m'interessa TANTOMENO se i dazi sono controproducenti per loro, in quanto so che in un sol colpo riuscirei a salvare il ceto medio Italiano. Sono problemi loro se non hanno sindacati, se lavorano tanto e se non hanno le malattie pagate. Ma ti ricordo che queste istituzioni le abbiamo guadagnate con fatica e con sviluppo nel senso vero della parola, al quale prima o poi arriveranno anche loro. il costo che ne risulta, a queste condizioni, è NATURALMENTE basso. Ma io non posso tollerare che, in un paese dove vige uno Stato Sociale che ci invidia tutto il mondo, ed una solidarietà sociale tra le più alte dell' occidente, debba essere tutto messo in discussione a causa di paesi che non rispettano gli standard nostri (evolutissimi), che siano standard di qualità, di ricchezza o di semplice stato sociale. Antonio Martino a posto di dare la colpa (implicita) agli italiani che "lavorano poco", farebbe bene a guardare cosa c'è veramente in Italia, soprattutto nel meridione. |
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