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Old 09-03-2008, 23:15   #21
gpc
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Che bello che la sinistra catalana ha perso un bel po' di voti
E' l'unica cosa di cui sono soddisfatto

PP e PSOE guadagnano seggi a scapito di tutti i partitelli minori, però il PSOE non ha la maggioranza assoluta.
Chissà con chi si metterà assieme...
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Old 10-03-2008, 07:28   #22
Fritz!
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Che bello che la sinistra catalana ha perso un bel po' di voti
E' l'unica cosa di cui sono soddisfatto

PP e PSOE guadagnano seggi a scapito di tutti i partitelli minori, però il PSOE non ha la maggioranza assoluta.
Chissà con chi si metterà assieme...
con chi governava adesso?


comunque qualche gonnella mastica amaro

:-P :-P

Tra i cattolici di radio Cope
L’allarme dei vescovi: «Il Paese si disgrega»
«A rischio l’unità nazionale, vince la cultura del '68. È cominciata la seconda Transizione»
Il direttore, José Luis Restan
:

«Non siamo a una nuova guerra civile, ma è cominciata la seconda Transizione»

MADRID — L’usciere peruviano sgrana il rosario. Gli exit-poll sono attesi con la devota tensione con cui in Vaticano Pio V aspettò – per 16 giorni – la notizia della vittoria cristiana a Lepanto. Stavolta però hanno vinto i turchi. E sotto la redazione della Cope, la radio dei vescovi baluardo di una Spagna oggi sconfitta, non vengono i simpatizzanti del Partido popular, come dopo le grandi manifestazioni della destra che si tengono qui vicino, a piazza Alcalà o a piazza Colon; passano beffarde le auto degli elettori socialisti, a suonare il clacson in segno di vittoria e di sfregio. «Ma non siamo noi ad aver perso. E’ la Spagna che ha scelto di correre seri pericoli, consegnando il potere per altri quattro anni a Zapatero» dice grave il direttore, José Luis Restan.

Rede Cope, tre milioni di ascoltatori, seconda radio del Paese, è diventata protagonista della campagna elettorale non tanto per scelta propria quanto della sinistra. Attaccare i vescovi in Spagna porta voti. «Indeciso? Ascolta la Cope ogni mattina » era scritto sui manifesti del partito socialista a Barcellona. Sono diventate star o bersagli i due commentatori che per settimane hanno massacrato Zapatero: Cesar Vidal, divorziato e accanito difensore della famiglia, e Federico Jimenez Losantos, che Felipe Gonzalez nei comizi chiama Losdemonios. Ma la mente politica di Cope è Restan, il direttore. Autore di un pamphlet antisocialista («Diario de una legislatura »), cultore di storia patria, la sua non è una polemica virulenta, è un lamento per la Spagna che da tempo considera minoritaria, e quindi perdente.

Arrivano qui in calle Alfonso XII le prime chiamate degli ascoltatori, spaventati più che arrabbiati. La domanda si ripete: «Che ci succederà ora?». Sostiene il direttore, davanti a una tazza di caffè senza zucchero, che i rischi sono molti. «Il processo di disgregazione nazionale, che Zapatero ha accelerato trattando con Eta e approvando lo Statuto catalano, proseguirà. A ottobre i baschi voteranno per l’autodeterminazione, e il Psoe non avrà la forza di fermarli. Certo non accadrà in pochi mesi, ma la Spagna unita come l’abbiamo conosciuta rischia di non esistere più». Le ferite che si riaprono, è la linea della Cope, sono le stesse del ’36: Madrid contro i separatisti; e lo Stato contro la Chiesa. «Ovvio che non siamo alla vigilia di una guerra civile — sorride amaro Restan —. Però con Zapatero è cominciata una seconda Transizione, che non pretende solo di riscrivere la storia, ma di rimodellarla. Molti nel Psoe non la pensano come lui, ma tacciono, a maggior ragione ora. Zapatero e i suoi non amano la storia spagnola. La considerano triste. Detestano i Re Cattolici che hanno costruito il Paese. Rinnegano l’evangelizzazione delle Americhe, narrata come impresa criminale. Rifiutano la tradizione cristiana, ridotta a Inquisizione e autodafé. Rappresentano la guerra civile come scontro tra buoni e cattivi. E mettono in discussione pure la monarchia: Zapatero è arrivato a dire che Juan Carlos va bene perché è un re quasi repubblicano! ».

Il conduttore legge i primi dati e tenta di consolare il pubblico: «Coraggio, la maggioranza assoluta forse non ci sarà, il Pp non è andato così male…». Il direttore commenta: «Il Pp non è un partito cristiano. E’ un partito laico, che non ha ingaggiato una battaglia culturale con la sinistra. Zapatero ora potrà continuare la sua rivoluzione culturale laicista, basata sul capovolgimento della Scrittura: non "la verità vi farà liberi", ma "la libertà vi farà veri". E’ un motto della Gioventù socialista, ed è la linea del governo che la maggioranza degli spagnoli ha approvato. I desideri si convertono in diritti: matrimonio omosessuale, divorzio lampo, aborto. L’uomo e la vita sociale sono una pagina bianca, materia informe da plasmare a piacimento, grazie a un consenso tremendamente malleabile dal potere politico e mediatico. Un potere come quello descritto da Pasolini, che non si impone più con la violenza ma in modo sottile, abile, ambiguo; un potere come quello dipinto da Goya nelle Pinturas Negras. Lo Stato, oltre alla storia, rimodella l’individuo, educandolo al laicismo fin dalla scuola. La vittoria di Zapatero è la vittoria, quarant’anni dopo, della cultura del ‘68».

I dati regione per regione confermano che il voto di stanotte si regge su radici storiche: la mappa politica della Spagna continua ad assomigliare a quella del luglio 1936; il Pp vince là dove il pronunciamento di Franco riuscì, in Galizia, nella Vecchia Castiglia, in Navarra, altrove arretra, in Catalogna quasi non esiste. «A Barcellona Rede Cope è ascoltata quasi clandestinamente, come da voi un tempo Radio Londra— racconta Restan —. Ci sono imprenditori che comprano la pubblicità a patto che non venga trasmessa in Catalogna. Ma noi giornalisti non siamo politici; siamo "provocatori", nel senso positivo in cui ci definiva don Giussani; rappresentiamo la minoranza che resiste. Alcuni miei amici parlano di Zapatero come di un marziano. Questi risultati confermano che non è così. Più che cercare lo scontro con un governo vincitore, per i vescovi e i credenti è tempo di ricominciare l’evangelizzazione, di lavorare alla riconquista della società».

Aldo Cazzullo
10 marzo 2008
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Old 10-03-2008, 07:48   #23
gpc
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Potrei sbagliarmi, però mi pare che governasse proprio con la sinistra catalana...
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Old 10-03-2008, 07:50   #24
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sono i blu di CiU?
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Old 10-03-2008, 08:00   #25
gpc
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sono i blu di CiU?
Mi pare che CiU sia di centro, è Esquerra Republicana Catalunia che è passata da 8 seggi a 2, di fatto quindi sparendo essendo incorporata nel "gruppo misto", e direi che era ERC che appoggiava Zapatero. Ma qua ci vuol Nevione, rischio di dir scemenze...
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Old 10-03-2008, 08:18   #26
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in Vaticano saranno incazzati
speriamo, l'unica cosa che mi piace di Zapatero è la sua anticlericità
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Old 10-03-2008, 23:33   #27
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2008-03-10 21:11
ZAPATERO FINO AL 2012, MA ORA C'E' L'INCOGNITA ALLEATI
Di Francesco Cerri

MADRID - L'era Zapatero prosegue per la Spagna fino al 2012. Il premier socialista, grande vincitore delle elezioni di domenica, è ora il terzo capo di governo spagnolo del dopo franchismo, dopo Felipe Gonzalez e José Maria Aznar, a ottenere dagli elettori un secondo mandato. Zapatero ha vinto, il Psoe è salito da 164 a 169 deputati in parlamento, ma ha fallito di 7 seggi l'obiettivo della maggioranza assoluta. Dovrà ora, come nella legislatura uscente, trovare alleati in parlamento, anche se il governo dovrebbe essere come negli ultimi quattro anni monocolore socialista.

"Ho una maggioranza forte, sufficiente, solida" ha detto però oggi il leader socialista. A Zapatero sono giunte oggi anche le congratulazioni dal presidente dell'episcopato spagnolo il cardinale Antonio Maria Rouco Varela. L'elezione di domenica ha fatto registrare in Spagna una nuova forte spinta verso il bipolarismo. Anche il Partido Popular di Mariano Rajoy infatti, pur perdendo la sfida con il Psoe, cresce in seggi, da 148 a 153, quanto i socialisti, e più di loro in percentuale di voto. Il futuro politico di Rajoy, dopo la seconda sconfitta consecutiva alle politiche contro Zapatero appare incerto. Secondo diversi quotidiani potrebbe dover lasciare la guida del partito. I candidati alla successione, secondo i giornali, stanno già scaldando i motori. In pole, se Rajoy dovrà farsi da parte, c'é la 'dama di ferro' del Pp Esperanza Aguirre, presidente della Comunità di Madrid, principale caposaldo dei popolari in Spagna.

Oggi lo sfidante di Zapatero non ha partecipato alla direzione nazionale del partito. Domani dovrebbe assistere a quella dell'esecutivo Pp. Insieme, per la prima volta, i due grandi partiti esprimono oggi 9 deputati su 10 al 'Congreso' di Madrid. Il voto utile, la forte bipolarizzazione della campagna, con i due seguitissimi duelli in Tv fra 'Zp' e Rajoy, hanno schiacciato i piccoli partiti. Solo i nazionalisti catalani di Convergencia i Union (CiU) escono bene dal voto, guadagnando perfino un seggio, da 10 a 11. Sono la terza forza parlamentare del paese, e si propongono come possibile partner del nuovo governo Zapatero 2. Perdono invece i piccoli movimenti alleati del Psoe nella legislatura uscente, la sinistra arcobaleno di Izquierda Unida, da 5 a 2 seggi, i repubblicani indipendentisti catalani di Erc, da 8 a 3, i nazionalisti baschi moderati del Pnv da 7 a 6.

La stampa rileva che il Psoe ha vinto grazie soprattutto al voto di catalani e baschi, che gli hanno consentito di conservare il vantaggio di 16 seggi sul Pp che aveva nella scorsa legislatura. La quasi scomparsa di Izquierda Unida (da 5 a 2 seggi) in parlamento, e di Erc (da 8 a 3) potrebbe incidere sul programma di riforme sociali del prossimo governo Zapatero 2, che non avrà più maggioranze aritmetiche di sinistra per approvare le misure più delicate.

La questione della scelta degli alleati con i quali garantire al nuovo governo una maggioranza al 'Congreso' è ora la prima grande incognita del dopo elezioni. Per Zapatero ci sono al momento tre ipotesi: quella di alleanze puntuali con diverse forze politiche vicine e/o con i piccoli partiti nazionalisti, un patto di legislatura, che garantirebbe più stabilità all' esecutivo, con i nazionalisti catalani di CiU, o in alternativa una possibile maggioranza parlamentare con i resti degli alleati della legislatura uscente, Pnv, Iu, Erc, con i nazionalisti galiziani del Bng (2 seggi) o con la dissidente socialista Rosa Diez che è riuscita a farsi eleggere.

L'ipotesi di una grande coalizione con i popolari, evocata durante al campagna da Rajoy, per evitare alleanze con i nazionalisti, sembra per ora remota. "Il presidente del governo deciderà se vuole governare da solo" oppure "in coalizione" ha detto oggi il segretario organizzativo del Psoe José Blanco. Lo stesso Zapatero ha detto che parlerà con tutti i 'piccoli', senza sbilanciarsi per ora sulle possibili alleanze.

"In qualsiasi scenario, con una alleanza stabile o con accordi puntuali, manterrò il principio della capacità di dialogo con tutti i gruppi parlamentari" ha sottolineato. Il nuovo parlamento spagnolo si riunirà ai primi di aprile. Poi il re darà l'incarico a Zapatero di formare il nuovo governo che, se le trattative fra i partiti non riserveranno sorprese, potrebbe essere pronto nella seconda metà di aprile. Il premier uscente oggi ha promesso che governerà "meglio e con più umiltà".
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Old 11-03-2008, 09:14   #28
Fritz!
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Zapatero apunta a CiU y PNV para gobernar con estabilidad garantizada
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Old 11-03-2008, 09:44   #29
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I preti affilano le armi

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Il cardinale Antonio Cañizares: «Giusta la battaglia di Giuliano Ferrara»
«Matrimonio, aborto, eutanasia:
così condurrà il Paese al disastro»

Il primate di Spagna dopo la vittoria di Zapatero: difendere valori in pericolo non è ingerenza


TOLEDO - Prima di parlare, il cardinale Antonio Cañizares, primate di Spagna, arcivescovo di Toledo, ha piacere che si veda la sua cattedrale. «Qui è nata la Spagna. Nel 593, con la conversione del re visigoto Recadero. Anzi, Benedetto XVI mi ha detto che a Toledo è nata l’Europa, con l’incontro nel cattolicesimo tra tedeschi e latini, due secoli prima di Carlo Magno. Poi la chiesa fu distrutta e divenne moschea. Poi fu distrutta la moschea e fu ricostruita la chiesa…». Lo chiamano il piccolo Ratzinger, per i capelli candidi, il tratto cortese, la fermezza.

Cardinale, avete perso le elezioni? La vittoria di Zapatero è la sconfitta dei vescovi spagnoli?
«No. Mi congratulo con Zapatero. Siamo pronti a collaborare con lui, purché si muova nel solco della Costituzione e persegua, come fa la Chiesa, il bene comune. Noi non siamo contro il governo. Certo, i conflitti con il potere costituito sono per la Chiesa una condizione storica». In Italia si pensa il contrario, al punto talora da identificare la Chiesa con il potere. «Forse, in passato. Oggi la Chiesa non è il potere, anche se può subirne la tentazione; ma in fondo anche Cristo fu tentato. E noi non cesseremo di reclamare contro alcune cose che il governo ha fatto o potrà fare».

Lei ha parlato di una «rivoluzione culturale laicista» di Zapatero. Che cosa intende? Questa rivoluzione continuerà?
«Sì, è in corso una rivoluzione culturale. Non solo in Spagna; in tutto l’Occidente. La denuncia Benedetto XVI, quando paventa la dittatura del relativismo. La Spagna rappresenta la punta più avanzata di questa rivoluzione, con le sue leggi “di genere”, che vanno ben oltre il femminismo tradizionale, questa sorta di lotta di classe tra uomo e donna. Il governo spagnolo ha varato leggi che negano l’evidenza della natura e della ragione, che affidano allo Stato la formazione morale dei giovani, che si propongono di fondare una nuova cultura su una concezione falsa della libertà».

Una rivoluzione che ora continuerà. Cosa deve fare la Chiesa?
«Quanto ha fatto finora. La sinistra parla di allargare i diritti. Ma i diritti non si creano in Parlamento. La Chiesa vuole collaborare a costruire una società di convivenza e di pace. Ma quale convivenza può esserci al di fuori del matrimonio tra un uomo e una donna? Quale convivenza può esserci se si intende eliminare Dio dalla vita sociale? Quale convivenza può esserci se si nega il diritto alla vita? Non abbiamo nulla da rimproverarci: sarebbe un tradimento se rinunciassimo a difendere la vita, dal concepimento alla morte naturale. Noi non siamo contro la democrazia, ma a favore; chi nega il diritto alla vita è contro la democrazia, e conduce la società al disastro. Noi difenderemo i valori in pericolo. E ci batteremo contro l’ampliamento della legge sull’aborto, e contro l’eutanasia».

L’aborto in Italia è tornato nell’agenda politica. In Spagna la legge è più restrittiva che in Italia. Teme che Zapatero intenda cambiarla?
«Ci sono a sinistra persone e gruppi che lo chiedono. Ma la Corte costituzionale ha riconosciuto i diritti del nascituro. Noi dobbiamo innanzitutto chiedere la piena applicazione della legge in vigore: sono convinto che molti dei centomila aborti che avvengono in Spagna ogni anno sarebbero evitati. Conosco la battaglia di Giuliano Ferrara per la moratoria, e vi aderisco. Per il futuro, mi batterò per l’abolizione dell’aborto. Che è il peggior degrado della storia dell’umanità».

Zapatero è stato polemico con i vescovi in campagna elettorale. Che effetto le ha fatto?
«Non l’ho capito. E tuttora, dopo il suo trionfo, continuo a non capirlo. Le sue aggressioni verbali si basavano su parole manipolate, come quelle del cardinale Rouco Varela, o riferite dai media in modo incompleto, come quelle del cardinale García Gasco. Comunque, non ho nulla contro la persona. Lui stesso ha detto di non voler ripetere gli errori. Prego per lui che imbocchi la strada giusta».

Questo significa che può cominciare una nuova stagione nei rapporti tra governo e Chiesa?
«Da parte nostra non esiste, non può esistere nessuna nuova stagione. In questi anni la Chiesa spagnola non ha compiuto un solo atto di ingerenza. Il cristianesimo è l’unica religione che separa fede e politica: a Dio quel che è di Dio, a Cesare quel che è di Cesare. Di Dio sono la vita, la verità, l’uomo».

La destra non ha fatto propria la battaglia culturale della Chiesa. Ora cosa dovrebbe fare, secondo lei, l’opposizione a Zapatero, in Parlamento e nella società?
«Non mi permetto di dare indicazioni a un partito. Dico che il futuro della nostra società si gioca in una grande battaglia culturale, e che nessun cattolico, in qualunque partito militi, può disertare. Al contrario: il parlamentare, il medico, il docente universitario, ognuno deve fare la sua parte. E la Chiesa deve evangelizzare la Spagna. Noi non vogliamo essere fattore di divisione, ma del progresso autentico; non del progresso che rinchiude la ragione nel recinto della scienza».

Il confronto tra Stato e Chiesa è un tema anche della campagna elettorale italiana. Qual è la differenza tra la Chiesa spagnola e la nostra?
«La Chiesa italiana ha più spazio sui media. Quando ci fu il Family Day, tutti i giornali dedicarono più pagine alla manifestazione di piazza San Giovanni, emezza pagina a quella laicista di piazza Navona. In Spagna molti giornali avrebbero fatto il contrario. Da qui l’impressione che la Chiesa italiana sia più ascoltata. Ma guardi che anche in Spagna la gente ci sta a sentire. Quando mi incontrano in stazione o all’aeroporto, i passanti mi incoraggiano: “Don Antonio, avanti così!”. Quando il cardinale Rouco ha invitato i madrileni in piazza, sono venuti in due milioni. Finora c’è stato un deficit dei cattolici nella vita pubblica, ma le cose stanno cambiando, e il futuro sarà diverso».

L’unità nazionale spagnola è in pericolo?
«L’unità della Spagna è un bene morale che appartiene a tutti, e che tutti dovrebbero difendere. Ad esempio evitando qualsiasi trattativa, qualsiasi riconoscimento politico al terrorismo ».

Che cosa pensa della legge sulla memoria? Non è forse giusto eliminare anche dalle chiese lapidi, iscrizioni, simboli del franchismo?
«È una legge non necessaria. Le sofferenze del passato si possono riparare in altri modi. E molte sono già state riparate. Fare una legge significa rievocare e rinfocolare le divisioni tra di noi. Abbiamo invece bisogno di più riconciliazione, di più unità. La vera legge per la memoria è la Costituzione del 1978; lì c’è già tutto; il di più è inutile o dannoso».

Aldo Cazzullo
11 marzo 2008
http://www.corriere.it/esteri/08_mar...ba99c667.shtml
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Old 11-03-2008, 12:44   #30
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che se ho capito sono gli stessi con cui governava prima
CiU direi di sì, prima c'era anche ERC, PNV non mi ricordo se ci fosse anche prima nel governo...
Comunque onestamente avrei preferito la maggioranza assoluta al PSOE piuttosto che, ancora una volta, debba soddisfare le richieste dei nazionalisti per tenerli nel governo.
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