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Contratto d'ingresso... per licenziare.
Contratto d’ingresso... per licenziare
Mi onoro dell’amicizia personale di Pietro Ichino e dunque nulla può essere più lontano dalle mie corde di un’avversione preconcetta a quel che scrive o propone. Sed magis amica veritas e dunque non posso convenire con l’interpretazione che Ichino continua a offrire della proposta di legge sul contratto unico d’ingresso che egli ha presentato recentemente al Senato unitamente a Paolo Nerozzi, Ignazio Marino, Felice Casson e altri senatori del Pd. Qual è la materia del contendere? Molto semplicemente, Ichino sostiene che la proposta di legge non condurrebbe ad alcun «aggiramento» dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, mentre è vero il contrario. Attualmente, infatti, chi viene assunto a tempo indeterminato alle dipendenze di un’impresa che occupi più di quindici dipendenti nella medesima unità produttiva o comunque nel medesimo comune (ovvero più di sessanta sul territorio nazionale) è tutelato sin dall’assunzione contro il licenziamento illegittimo mediante la reintegrazione nel posto di lavoro: e ciò a prescindere dal motivo per cui è stato illegittimamente intimato il licenziamento, si tratti cioè di motivo disciplinare o economico. Secondo il ddl proposto da Ichino, invece, coloro che venissero assunti con il contratto unico d’ingresso e venissero illegittimamente licenziati entro il triennio dall’assunzione potrebbero aspirare al reintegro solo se licenziati per motivi disciplinari o discriminatori; in caso di licenziamento illegittimo per motivi economici, invece, non si farebbe luogo ad alcun reintegro, ma soltanto alla corresponsione di un’indennità variabile in funzione della pregressa durata del rapporto (art. 4 ddl). Non vale obiettare che, essendo assunti con contratti a termine o di somministrazione o in virtù di collaborazioni a progetto, i giovani d’oggi l’articolo 18 non lo vedono neanche da lontano: a parte il fatto che le stime più recenti indicano che solo il 50% delle nuove assunzioni viene effettuato con tipologie contrattuali del genere, è appena il caso di osservare che la proposta di Ichino non farebbe altro che elevare a norma quel che attualmente è solo un (deprecabile) fatto. Cioè si limiterebbe a razionalizzare l’esistente nella forma di un’universalizzazione del precariato! Naturalmente si può discutere se codesta universalizzazione sia opportuna o no. Ichino pensa di sì e come lui il Partito democratico, che per bocca di Paolo Gentiloni si è spinto recentemente a dire che se proposte del genere non ci fossero bisognerebbe inventarle. Personalmente, invece, ritengo che si tratti di una proposta sbagliata fin dalle sue premesse teoriche, che derivano da un noto pamphlet degli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi; e avendone già scritto altrove (Un contratto precario per tutti?, www.economiaepolitica.it, 9 dicembre 2008) e non avendo avuto ancora uno straccio d’obiezione né da Ichino né tampoco da Boeri e Garibaldi non reputo di dovermi ripetere. In ogni caso, la proposta di Ichino, Nerozzi e co. è questa e, come si capisce facilmente, implica una sostanziale modifica in senso peggiorativo dell’art. 18. Caro Pietro, perché negarlo? Luigi Cavallaro in data:13/05/2010 fonte: Liberazione Caro Cavallaro, quel contratto serve ai giovani C aro Direttore, rispondo a Luigi Cavallaro, che su Liberazione di giovedì 13 maggio mi interpella sul disegno di legge di Paolo Nerozzi, firmato anche da me e da numerosi altri senatori del Pd, ispirato al progetto di "contratto unico" di Tito Boeri e Pietro Garibaldi. Lo stesso Luigi conclude il suo esame del progetto affermando che esso «implica una sostanziale modifica in senso peggiorativo dell'articolo 18» e me ne chiede conto. Ma poco prima riconosce che metà delle assunzioni oggi avvengono con contratti di lavoro a termine, "a progetto", di somministrazione, comunque non stabili; e che «i giovani d'oggi l'articolo 18 non lo vedono neanche da lontano». Questo è il punto: il progetto Nerozzi si propone di superare questo regime di apartheid fra protetti e non protetti, che oggi penalizza soprattutto i giovani. Il progetto risponde a una rivendicazione che la Cgil ha fatto propria al congresso di Rimini di quattro anni fa: quella, cioè, di allargare il campo di applicazione del diritto del lavoro a tutta l'area della dipendenza economica dall'azienda, che è assai più ampia rispetto a quella del lavoro subordinato. E propone una definizione precisa di questa nozione: deve intendersi come "economicamente dipendente" il lavoro personale prestato continuativamente per un'unica azienda, quando il lavoratore ne trae complessivamente più di due terzi del proprio reddito di lavoro complessivo, e il reddito stesso non supera i 30mila euro annui. Una definizione che ha il pregio di ricomprendere non solo tutte le collaborazioni autonome continuative e i "lavori a progetto", ma anche tutte le posizioni di falso lavoro libero-professionale "con partita Iva", consentendone l'individuazione diretta anche soltanto sulla base dei tabulati dell'Inps o dell'Erario, senza bisogno di sofisticate disquisizioni giuridiche. Un altro punto di grande importanza è che il progetto non tocca alcuna posizione di lavoro stabile già costituita, ma soltanto i rapporti di lavoro che nasceranno d'ora in poi nell'area allargata della "dipendenza economica". E a questi - tutti - applica la tutela forte (articolo 18) contro le discriminazioni e contro il licenziamento disciplinare non giustificato. Altro che aggiramento dell'articolo 18! Questa tutela, mentre non viene tolta a nessuno che oggi ne goda, per i rapporti destinati a nascere da qui in avanti vede aumentare drasticamente l'area di applicazione, fino a ricomprendere un'intera nuova generazione che ne è oggi esclusa. Quanto al licenziamento per motivi oggettivi, cioè economici od organizzativi, il progetto Nerozzi prevede per i primi tre anni un indennizzo per il lavoratore licenziato, in misura peraltro doppia rispetto a quella normalmente vigente negli altri Paesi europei; e dopo il triennio una estensione a tutti dell'articolo 18. Se le cose stanno così, che senso ha continuare a rifiutare persino di aprire una discussione di merito su questo progetto e sugli altri analoghi che sono stati presentati da altri parlamentari del Pd, per il solo fatto che "toccano" l'articolo 18? I giovani, che - anche Luigi Cavallaro lo riconosce oggi l'articolo 18 non lo vedono neanche di lontano, chiedono un lavoro decente e la fine dell'attuale apartheid a loro danno. Non rende loro un buon servizio chi rifiuta addirittura di aprire il discorso sul come riprogettare e riscrivere un diritto del lavoro capace di applicarsi davvero anche a (tutti) loro. Pietro Ichino in data:17/05/2010 Fonte: Liberazione Contratto d'ingresso per licenziare? La replica di Pietro Ichino mi conferma che non avevo visto male. È infatti evidente che l'unico modo in cui egli può presentare la proposta sua e di Nerozzi come un miglioramento dello status quo consiste in un'indebita equiparazione tra una situazione di fatto e la sua regolamentazione prossima ventura. Ichino in sostanza ci dice: siccome la metà dei rapporti di lavoro che si costituiscono di questi tempi è tale da eludere l'applicazione dell'articolo 18, allora discipliniamoli in modo da garantirgli un po' più di tutela. Si tratta tuttavia di un ragionamento fallace. In primo luogo, e banalmente, perché trascura di considerare che dopo l'istituzione del contratto d'ingresso saranno tutti i giovani a non poter godere di un'integrale applicazione dell'art. 18, non più solo il 50%; e che questo sia un miglioramento dello status quo mi pare francamente insostenibile. In secondo luogo, perché l'applicabilità della disciplina ai soli nuovi rapporti di lavoro rischia di conseguire l'effetto opposto di stabilizzare il dualismo del nostro mercato del lavoro: quale imprenditore resisterà all'«incentivo» di licenziare il neoassunto per motivi economici entro il triennio dall'assunzione e assumerne un altro al suo posto? In terzo luogo, ma più sostanzialmente, perché suggerisce che la colpa originaria di questa situazione ricada proprio sull'art. 18 : che cioè il deprecato dualismo affondi le sue ragioni nelle garanzie che esso appresta contro il licenziamento illegittimo. Abbiamo più volte denunciato che quest'ultima è una tesi priva di fondamento scientifico e, di nuovo, non vogliamo ripeterci: il lettore che volesse approfondire, oltre al già citato Un contratto precario per tutti? (reperibile all'indirizzo www.economiaepolitica.it), potrà utilmente leggere un saggio che abbiamo pubblicato con Daniela Palma sul n. 4/2008 della Rivista italiana di diritto del lavoro , di cui proprio Ichino è stato per tanti anni apprezzato (e pluralista) direttore. Prendiamo piuttosto atto, seppure a malincuore, che sulle ragioni che abbiamo portato per denunciare l'infondatezza degli addebiti usualmente mossi all'art. 18 né Tito Boeri né Pietro Garibaldi, che - insieme ad Alberto Alesina, Francesco Giavazzi, Nicola Rossi e tanti altri ancora - se ne sono fatti portatori, ci hanno mai degnato di una risposta. Evidentemente saranno molto occupati. Ma talvolta vien fatto di pensare che presentarsi nei salotti televisivi come «esperti» in totale assenza di contraddittorio è molto più comodo che misurarsi con chi, come noi, il dualismo del mercato del lavoro lo vorrebbe sì combattere, ma non da destra. P.S. Caro Pietro, potresti suggerire a Nerozzi che la sua definizione aritmetica del concetto di «dipendenza economica» rischia paradossalmente di trasformare in potenziali lavoratori «autonomi» una larghissima fetta di lavoratori attualmente subordinati? Trentunomila euro di reddito annuo lordo equivalgono a circa 23-24.000 netti, ossia a circa 1.800 euro mensili per tredici mensilità… Luigi Cavallaro in data:17/05/2010 Fonte: Liberazione Bisogna smetterla di contrapporre lavoratori protetti e non protetti, facendo cosí si finirà solo per peggiorare la situazione dei primi riducendola a quella dei secondi. L'eguaglianza “eguaglianza dei porci” di essere tutti precari non è utile a nessuno. Un precario non ha alcun interesse nel rendere precari gli altri, il suo interesse dev'essere quello di smettere di essere precario. Le ricette di Ichino e compagnia non fanno che peggiorare le condizioni di chi è tutelato, con la scusa foglio-di-fico di migliorare la situazione di chi non lo è, basandosi sull'invidia che il contratto stabile suscita nei precari. |
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Senior Member
Iscritto dal: Apr 2008
Messaggi: 1242
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Ormai non ci sto capendo più un tubo su come funzioni il sistema del lavoro dipendente in Italia.
Secondo me è stato devastato tutto il sistema a partire dalla legge Biagi e annessi e connessi. E non credo neanche ci sia una responsabilità politica ben precisa, nel senso che ognuno ci ha messo del suo, anche magari in buona fede, contribuendo alla creazione del marasma globale. In prima analisi secondo me basterebbe tornare a 15-20 anni fa, quando c'era semplicemente il contratto a tempo indeterminato, con la variante del contratto di formazione, per giovani fino a 29 anni, di durata biennale rinnovabile con passaggio a T.I. automatico a meno di motivazioni precise fornite dall'azienda (ristrutturazione, crisi, incapacità del soggetto, etc...). Non c'era nemmeno bisogno di inventarsi categorie particolari in quanto si usavano le stesse del contratto normale, con le stesse regole per ferie, etc... In pratica ad esempio un neoassuno del contratto commercio 3 livello con contratto di formazione era del tutto equivalente ad un 3 livello "normale", solo che aveva una scadenza dopo due anni (con le clausole sopra descritte). L'unica variante che introdurrei sarebbe l'età limite che forse oggi ha più senso verso i 35 anni, visto che ormai entrano come apprendisti laureati di 26-28 anni, mentre 20 anni fa molti erano giovani diplomati sui 19-22. |
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Senior Member
Iscritto dal: May 2006
Città: Wursteland
Messaggi: 1749
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Un po' prima per essere precisi, dai cococo.
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#4 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2008
Messaggi: 636
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Io posso anche capire che un'azienda in un determinato periodo abbia bisogno di più personale che, terminata l'esigenza, diventerebbe un costo economico rilevante. Il problema è che i lavoratori oggi sono "usa e getta". Ti sventolano davanti la possibilità di una stabilizzazione se si dimostrano competenza e voglia di sgobbare (cosa che magari si traduce in straordinari non pagati), salvo poi rimpiazzarti con altri sventurati che, credendo allo stesso miraggio, si svenano per i 3, 6 o 12 mesi seguenti e così via a rotazione. Potrebbe addirittuara andarmi bene questo se i contratti a termine fossero maggiormente retribuiti rispetto a quelli stabilizzati. Io precario ci guadagno e l'impresa bilancia meglio la pianta organica. Invece accade il contrario ed è chiaro che l'azienda, che punta a fare profitto, preferisce i contratti a termine.
Il lavoratore singolo è purtroppo quasi sempre senza strumenti di "contrattazione" nei confronti del mercato del lavoro. Non ti stanno bene le condizioni (schifose) che ti propongo? Non vuoi aprire una partita iva per fare l'impiegato? Ciao e arrivederci. Dietro di te c'è una lunga fila di disperati pronta a prendere ciò che tu stai lasciando. Il dipendente quasi mai è una risorsa, ma sempre un peso. Purtroppo i sindacati hanno smesso di fare il loro lavoro mentre il mondo dell'imprenditoria ha sempre continuato a fare i suoi interessi, così che oggi le forze in campo sono abbastanza squilibrate in sfavore dei lavoratori, specie giovani. Ammortizzatori sociali più efficenti, leggi a tutela dei nuovi contratti e delle nuove professioni, una classe imprenditoriale capace di produrre e non solo di chiedere contributi per poi delocalizzare, una classe politica più preparata e attenta sia alle necessità delle aziende serie che ai diritti dei lavoratori. Ecco cosa ci manca.
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Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 2005
Messaggi: 2659
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il problema è però che il lavoratore ci crede ! Quote:
anche il sindacato è zona di lecchinaggio.... salvo rari casi sempre presenti... |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2008
Messaggi: 636
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Io che magari ho dei soldi da parte e competenze da mettere sul piatto mi posso pure permettere di rifiutare un contratto-capestro di quelli che "tanto sei giovane fatti un pò di curriculum". Purtroppo di gente con l'acqua alla gola ce n'è e non può essere solo il singolo cittadino a fare a botte con aziende grandi e piccole tutti i giorni.
Quote:
purtroppo il sindacato è diventato rampa di lancio per il mondo politico, quindi chiunque aspira ad una scalata sociale non andrà mai a pestare i piedi a coloro che li potrebbero favorire e con cui un domani si dovrà avere a che fare da "colleghi". Come ogni istituzione umana non ha grosse debolezze intrinseche, ma soffre delle debolezze degli uomini che ci stanno dentro. Ci vorrebbe un bel reset...e non solo nel sindacato...
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Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! Ultima modifica di zesto : 17-05-2010 alle 12:38. |
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#7 |
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Senior Member
Iscritto dal: Feb 2007
Messaggi: 611
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ci crede cosi' tanto che vota la destra
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E' il tuo sguardo che mi fa capire cosa mi puoi fare E le tue labbra accese e accattivanti mi fanno barcollare e l'adrenalina sale! Vorrei un altro pianeta disperso per noi due è solo un modo per dirti cosa ti farei!! E' il tuo odore che mi fa impazzire ho questa strana voglia di renderti il mio cibo Ma non temere sono solo un tipo strano che vuole la tua carne in preda all'essere animale Vorrei un altro pianeta disperso per noi due e come un tuono nel cielo sparire come Dei.. |
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Senior Member
Iscritto dal: Aug 2003
Messaggi: 9599
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poi si chiedono come mai continuano a perdere voti...
ormai la sindrome Tafazzi e in stadio avanzato |
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#10 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Nov 2005
Messaggi: 2659
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beh, io non so come pensate voi , ma io sono profondamente contrario il sindacato diviso è servito solo a creare scompiglio, a ottenere tramite lecchinaggio agevolazioni personali per pochi, a conti fatti è un grande regalo fatto all'imprenditoria !
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#11 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2008
Messaggi: 636
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Quello che dicevo nel mio primo post è che chi ha disperatamente bisogno di lavorare non va tanto per il sottile e prende quel che viene. Non si può delegare al singolo la lotta allo sfruttamento e/o al sopruso. Non ne ha nè il tempo, nè i mezzi, nè la forza contrattuale. Io continuo a credere che il difetto non stia tanto nell'organizzazione ma nelle persone. Anzi, forse avere più voci che danno pareri competenti su una questione delicata come il lavoro potrebbe essere un bene. Peccato che in Italia ognuno badi al suo orticello e al tornaconto immediato e personale. Perchè se ci fosse stato un sindacato schierato davvero dalla parte dei lavoratori gli altri avrebbero chiuso bottega o quasi, ma lo spirito più genuino del sindacato si è perso per strada diversi anni fa...
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Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! |
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Moderatrice
Iscritto dal: Nov 2001
Città: Vatican City *DILIGO TE COTIDIE MAGIS* «Set me as a seal on your heart, as a seal on your arm: for love is strong as death and jealousy is cruel as the grave.»
Messaggi: 12394
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Il problema più che altro è che il lavoratore spesso non ha scelta, perché anche se lui non ci crede e rifiuta, lo sviluppo più probabile è che al suo posto venga assunto uno degli N-mila in fila dopo di lui, mentre il primo resta col sedere a terra senza trovare di meglio...
Quote:
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«Il dolore guida le persone a distanze straordinarie» (W. Bishop, Fringe)
How you have fallen from heaven, O star of the morning, son of the dawn! You have been cut down to the earth, You who have weakened the nations! (Isaiah 14:12) |
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#13 | |
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Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
Città: Al momento Berlino
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Giusto, è iniziato tutto con la legge Treu.
L'unico partito che non abbia approvato leggi simili è Rifondazione Comunista (benché una volta al governo non sia riuscita a fare nulla per cambiare la legislazione in merito, ed i suoi elettori ne hanno tenuto conto). Quote:
La CGIL, che pur è un sindacato molto criticabile, non ha appoggiato leggi vergognose come hanno fatto CISL e UIL. Al congresso CGIL purtroppo ha prevalso la componente propensa ad avvicinarsi a CISL e UIL, piuttosto che quella piú combattiva, ma credo permarranno comunque delle differenze. Ed al massimo esistono pure sempre i sindacati di base (che adesso stanno cercando di coordinarsi). Dire “ci vorrebbe”, purtroppo non risolve il problema, bisogna vedere cosa si può fare concretamente per migliorare la situazione, perché le conquiste non piovono dal cielo, ma sono frutto della lotta. Ovviamente il singolo da solo non può far nulla, ma le masse sono fatte di singoli, se tutti aspettano che siano gli altri a cominciare, non si farà mai nulla. Certo, ma come lavoratore devi preoccuparti dei tuoi interessi, che le aziende dei propri sanno occuparsi benissimo, oltre al fatto che hanno molto piú potere del singolo lavoratore per ottenere ciò che vogliono. |
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#14 | ||||
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2008
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Se ci sono 100 dipendenti che lavorano in 80 aziende diverse e non hanno modo nè di incontrarsi nè di conoscersi come faranno a creare un movimento (bene) organizzato per rivendicare i loro diritti? E' qui che pesa l'assenza di un sindacato vecchio stile - o forse più moderno?-. Cioè qui non si tratta di chiedere solo i sacrosanti adeguamenti salariali ma anche, nel caso del terziario, di riconoscere e inquadrare correttamente tutta una serie di figure professionali che nei decenni passati non esistevano. Quote:
Ma siamo in Italia e la ragionevolezza non è di casa. Nè per il singolo, nè per le aziende, nè per lo stato. Perchè in Danimarca se perdi il lavoro il giorno dopo (o quasi) hai il sussidio di disoccupazione, non dopo mesi. E poi ti propongono lavori adeguati alle tue qualifiche. Se rifiuti perdi il diritto all'indennità segando le gambe a chi vorrebbe vivere di assistenzialismo. So che è più facile governare uno stato da 5 milioni di abitanti che non 60 milioni di italiani sempre pronti a scannarsi a vicenda e con la vista più corta di una talpa, ma provare a copiare le idee buone degli altri ogni tanto non sarebbe male... My two cent.
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Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! |
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Iscritto dal: Apr 2002
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So benissimo che purtroppo il sindacato non è il massimo, però purtroppo questo c'è. Quindi o se ne fonda uno nuovo, o si cerca di cambiare quello che c'è. In ogni caso nei sindacati ci sono anche persone che lavorano seriamente. Io conosco un sindacalista della CGIL che è permanentemente sotto querela per “danni d'immagine” (lavora nel comparto dei servizi: pulizia, dipendenti di negozi, etc), se perdesse una sola causa sarebbe rovinato. Per quanto riguarda il resto sono piú o meno d'accordo su tutto, ma ho alcune riserve sul modello danese (per quanto sia notevolmente migliore di quello italiano). Al riguardo leggi questo. In particolare sul modello danese ritengo sbagliato che gli ammortizzatori sociali siano pagati dallo Stato, ossia dai contribuenti, ossia, in ultima analisi, dagli altri dipendenti (che sono i maggiori contribuenti). Gli ammortizzatori sociali dovrebbero pagarli le imprese che utilizzano il lavoro flessibile: in questo modo, considerando che devono comunque pagare almeno un po' il lavoratore anche quando non lavora, sarebbero incentivate a farlo lavorare, mentre se paga lo Stato non appena c'è un minimo di richiesta in meno si licenzia (magari facendo fare gli straordinari agli altri). |
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#16 |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2008
Messaggi: 636
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Articolo molto interessante (commenti inclusi). Anche la tua proposta di accollare alle aziende gli oneri degli ammortizzatori sociali sembra buona. mi chiedo se sia però applicabile. In un paese come il nostro che già fatica ad attrarre investimenti non sarebbe un ulteriore disincentivo?
Anche in riferimento all'articolo da te postato credo che il nodo sia trovare il punto su cui battere per spezzare i circoli viziosi per avviarne invece di virtuosi valutando punti di forza e di debolezza della situazione specifica italiana. Altro punto secondo me da tenere in considerazione è che in Italia la domanda non incontra l'offerta. Cioè tutti facciamo un pò tutto (affermazione forse sintetizzata male ma giusto per rendere l'idea, da prendere quindi ovviamente con le pinze, eh) e le specifiche competenze hanno un peso minore che in altri paesi d'Europa. Non si spiega altrimenti il fatto che nel nostro paese ci siano percentualmente meno laureati che altrove ma che facciano fatica a trovare un lavoro (soprattutto un lavoro attinente alle proprie conoscenze) e soprattutto uno equamente retribuito. Se la conoscenza avesse un peso specifico maggiormente riconosciuto dalle aziende il lavoratore davanti ad una proposta iniqua avrebbe certamente maggiori margini di manovra, dal "se rifiuti trovo un altro disperato che farà questo lavoro alle condizioni dell'azienda" al "grazie, troverò sicuramente un'azienda più lungimirante che vorrà trarre profitto dalle mie competenze dandomi un compenso adeguato".
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Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! Ultima modifica di zesto : 17-05-2010 alle 18:23. |
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Senior Member
Iscritto dal: Jan 2008
Messaggi: 636
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Per quanti fossero interessati ho ripescato una vecchia puntata di Report. Interessante dall'inizio alla fine, ma se volete dare un'occhiata veloce al sistema danese passate direttamente al min. 45:00.
http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi...13ce1.html?p=0 [EDIT] Dopo averlo rivisto mi accorgo che in Danimarca si va addirittura oltre le più azzardate idee di Ichino: il lavoratore può essere licenziato anche solo se al capo non piace o se non vanno più d'accordo, solo che li a nessuno tremano le gambe nel ritrovarsi disoccupati da un momento all'altro perchè il lavoro c'è ed eventualmente tra un impiego e l'altro c'è una rete di protezione sociale decisamente più efficace di quella italiana. Anche li però questi sforzi non possono essere sostenuti all'infinito, tanto che la rappresentante della "Confindustria" locale vorrebbe portare il limite massimo del sussidio da 4 a 2 anni...scandaloso, solo due anni con il 90% della media delle ultime 12 buste paga
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Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di province, ma bordello! Ultima modifica di zesto : 17-05-2010 alle 22:09. |
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Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
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Per istituire una cosa simile bisognerebbe tagliare la spesa. Ovviamente tutti dicono “razionalizzare”, in realtà si tratta di diminuire i servizi. Non ho mai visto una “razionalizzazione” che abbia lasciato inalterati i servizi. In ogni caso ritengo sia un sistema migliore, perché: 1. le imprese vogliono la flessibilità, quindi se la paghino; 2. la utilizzerebbero con la dovuta parsimonia, visto che dovrebbero pagare il sussidio di disoccupazione Io credo che il problema dell'assenza di lavoro non stia tanto nell'istruzione, quando il tessuto industriale composto da azienducole gestite da persone ignoranti ed incapaci di fare piani industriali di largo respiro, e che tirano avanti risparmiando il piú possibile sulla manodopera e con l'evasione fiscale. Quote:
Piú forti sono i lavoratori, migliore è la loro condizione, piú sono deboli e si fanno concorrenza tra loro e piú vengono sfruttati. Non è che la confindustria italiana sia piú cattiva di quella danese o viceversa, non è una differenza morale, è solo una questione di rapporti di forza. |
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, ma io sono profondamente contrario il sindacato diviso è servito solo a creare scompiglio, a ottenere tramite lecchinaggio agevolazioni personali per pochi, a conti fatti è un grande regalo fatto all'imprenditoria !








