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#1 |
Senior Member
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questi bravi statali......
Fannulloni e corrotti al sicuro Condannati e licenziati 2 su 100
Il caso dell'usciere malato per 220 giorni in un anno: è al suo posto STRUMENTI VERSIONE STAMPABILE I PIU' LETTI INVIA QUESTO ARTICOLO Abbiano l'onestà di dirlo: non vogliono licenziare nessuno, neanche i mascalzoni arrestati con la bustarella in mano. Appioppare una condanna per corruzione a più di due anni di carcere, oggi, è pressoché impossibile. »Capita in due casi su cento. Quindi la nuova «severità» sbandierata dal governo verso i dipendenti pubblici disonesti, accettiamo scommesse, si rivelerà una bufala. Eppure questo ha detto ieri al Corriere il ministro per la funzione pubblica Luigi Nicolais. Al prossimo consiglio dei ministri presenterà «un disegno di legge sui procedimenti penali e disciplinari nel pubblico impiego» che saranno «molto più severi» di adesso: «Oggi c'è il licenziamento in caso di corruzione, concussione e peculato con pene superiori a tre anni. Molti sfuggono patteggiando o con il rito abbreviato. Da domani basterà una pena patteggiata di oltre due anni per essere licenziati automaticamente». Domanda: il ministro sa quante condanne a oltre due anni di carcere vengono comminate oggi per quei reati? Se gli interessa, faccia una telefonata a Piercamillo Davigo, Consigliere di Cassazione, già protagonista del Pool Mani Pulite e autore con la professoressa GraziaMannozzi di un libro in uscita per Laterza proprio sulla corruzione. Gli risponderanno: «Pochissime». Dettagli? Eccoli: elaborando i dati dei casellari giudiziari dal 1983 al 2002, risulta che le condanne per concussione (il reato più grave, articolo 317) a meno di due anni di galera con allegato il beneficio della condizionale sono il 78%. Quelli per corruzione propria (articolo 319) meno ancora: il 93%. E quelli per la corruzione normale (articolo 318) superano il 98%. Ovvio: la pena prevista per la corruzione va da due a cinque anni. Il giudice, per prassi, sceglie di partire generalmente da una via di mezzo, tipo quattro anni. Basta che il corrotto chieda il rito abbreviato o il patteggiamento, se proprio non ha la pazienza di tener duro, di rinvio in rinvio, contando sulla prescrizione o un indulto, e già ha diritto allo sconto di un terzo: e siamo a due anni e otto mesi. Meno un altro terzo per le attenuanti generiche (che non si negano a nessuno) e un altro sconto se si restituisce il maltolto et voilà, siamo già saldamente al sicuro: sotto i due anni. E questo, del resto, dicono un po' tutte le banche dati sui processi per corruzione. La pena finisce per essere spesso inferiore a un anno. Per scendere fino a sette od otto mesi. Una oltre i due anni è una vera rarità. Soprattutto in certe aree del sud comeReggioCalabria, dove le condanne per corruzione risultano essere state due. In venti anni. Morale: la «severità» delle nuove norme finirebbe in realtà per lanciare nel mondo del pubblico impiego un messaggio devastante: tranquilli, non cambia niente, nessuno paga. Lo dice la storia di questi anni. Non solo sul versante delle mazzette. Basti ricordare il caso di Antonio Donnarumma, un custode di Pompei. Lo arrestarono nella stupenda Casa di Cecilio Giocondo mentre cercava di violentare una ragazzina americana adescata con la scusa di mostrarle affreschi chiusi al pubblico. La flagranza del reato era tale che non cercò neanche di difendersi: patteggiò un anno con la condizionale. Bene: non riuscirono a licenziare manco lui. E si dovettero accontentare di mandarlo «in punizione» a Sorrento. Un «esilio» a 29 chilometri. Una botta al morale di chi come Pietro Ichino invoca da anni una mano più pesante coi fannulloni proprio per dare più spazio e più soldi ai dipendenti pubblici che lo meritano, la diede ad esempio un certo Salvatore Castellano, che stava al museo di Capodimonte (dove gli usceri rifiutavano le divise perché "non sono confacenti al clima di Napoli") e dopo aver fatto 220 assenze in un anno (più le ferie, più le festività...) era stato indicato al ministero come uno da sbattere fuori. Accusa: la salute cagionevole non aveva impedito all'uomo, mentre risultava quasi agonizzante, di tenere aperto un laboratorio di cornici. Eppure, di ricorso al Tar in ricorso al Tar... Anche A.T., un dipendente del comune di Genova, non si rassegnò al licenziamento che dopo vari ricorsi al Tribunale regionale: non riusciva a capire perché il municipio fosse così fiscale con lui, che aveva accumulato (facendo contemporaneamente altri lavori, secondo l'accusa) quasi 1.400 giorni di malattia. Perse, alla fine, ma solo perché non trovò magistrati come quelli del Consiglio di Stato che annullarono il licenziamento di un bidello calabrese introvabile quando arrivava il medico fiscale, perché «prima di assumere il provvedimento l'amministrazione deve comunque accertarsi delle reali condizioni di salute». E se quello fosse stato alle Maldive, come successe con un impiegato comunale di Pesaro? Andavano accertate le sue condizioni psicofisiche all' atollo Ari? Una sentenza fantastica. Pari almeno a quella del Tar di Milano che qualche anno fa fece riassumere al liceo scientifico Severi un bidello licenziato perché, preso in prova, in tre anni si era fatto vedere in totale per 60 giorni. No, dissero i giudici: nel pubblico impiego non si può interrompere un rapporto di lavoro prima che sia concluso un periodo di prova. Quanto lungo? Sei mesi. Cosa che, lavorando il giovanotto ("Sono diplomato e invece di farmi fare le pulizie fatemi lavorare in ufficio!") venti giorni l'anno, avrebbe richiesto qualche decennio. Il postino P.M., che qualche mese fa a Ortoliuzzo, Messina, fu sorpreso con due tonnellate e mezzo di lettere, fatture, telegrammi, assicurate, raccomandate che da nove mesi non aveva voglia di consegnare, se ne stia dunque sereno: avanti così, non lo licenzierà nessuno. Come nessuno è riuscito in questi anni a liberarsi, a Napoli, di quei vigili urbani che proprio non tengono voglia 'e fatica' nel traffico e hanno intasato la direzione del personale di centinaia di certificati: quello ha problemi all'udito, quell' altro non sopporta lo smog, quell'altro ancora si stressa... Tutta colpa del virus dell'«incrocite»": appena sono di turno a un incrocio, si sentono male. Il risultato, spiega il Mattino, è il seguente: su 2.128 poliziotti municipali, quelli che lavorano ancora nelle strade sono circa 500. Un quarto. Tutti gli altri faticano dietro qualche scrivania. Gian Antonio Stella 14 dicembre 2006 |
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#2 |
Bannato
Iscritto dal: Dec 2003
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ho sentito che,non vorrei dire cazzate,devono aumentare gli stipendi ai manager statali,portandoli a circa 700mila euro annuali...bhè se è vero è una VERGOGNA!
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#3 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
Città: spero ancora per poco in italia
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forse il limite massimo che prima era stato fissato in finanziaria a 500mila euro ora è stato portato a 700mila, non è poi tanto scandaloso se si pensa che ora ce ne sono certi che prendono 10 vole quella cifra |
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#4 |
Bannato
Iscritto dal: Dec 2003
Messaggi: 922
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cioè mi stai dicendo che ci sono manager statali che guadagnano 7 milioni di euro all'anno
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#5 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2000
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7 milioni? mai sentito
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#6 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
Città: spero ancora per poco in italia
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mai sentito cimoli, alle ferrovie ne prendeva 5 all' anno eppoi i solti 4 top manager ne prendono altrettanti |
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#7 |
Senior Member
Iscritto dal: Aug 2005
Città: Tra Omegna e Fino Mornasco
Messaggi: 8717
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comunque ok licenziare i fannulloni ma non mi sembra corretto il titolo, sembra che tutti gli statali siano parassiti
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#8 |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2004
Messaggi: 1685
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veramente mi sembra che in finanziaria abbiano diminuito il tetto massimo da 500.000 euro l'anno a 250.000 euro l'anno
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#9 | ||
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2004
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#10 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
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#11 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2004
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#12 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
Città: spero ancora per poco in italia
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http://lavoro.economia.alice.it/gall...,zoom=525.html |
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#13 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jul 2004
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#14 |
Bannato
Iscritto dal: Sep 2001
Messaggi: 3918
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Le milionate riguardano le (assurde) liquidazioni o buonuscite o come volete chiamarle.
Sinceramente questi titoli generalizzanti sugli statali cominciano a stufarmi. Purtroppo per tutelare tanta brava gente indirettamente si va a tutelare qualche furbastro. Ma per cortesia evitate generalizzazioni tipo statale=fannullone |
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#15 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2003
Città: spero ancora per poco in italia
Messaggi: 1490
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no, perchè in tutte le società c' è sempre stato lo stesso problema gli statali non rendono mai quanto i privati, tranne rare eccezioni |
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#16 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2004
Messaggi: 3818
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EDIT by staff |
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#17 | |
Senior Member
Iscritto dal: Apr 2002
Città: VR-PD
Messaggi: 11706
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Si fanno assumere da un' azienda ( tramite conoscenze ) , la portano al disastro , tagliano tutto il tagliabile ( a cominciare dagli stipendi dei dipendenti ) e poi si aumentano lo stipendio perchè "sono alla guida di un' azienda in difficoltà" ![]()
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Ph'nglui mglw'nafh Cthulhu R'lyeh wgah'nagl fhtagn |
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#18 | |
Senior Member
Iscritto dal: Jun 2006
Messaggi: 1888
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Tutti i "manager" ( ![]() Per fortuna le cose, forse, cambieranno. ![]() |
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#19 | |
Senior Member
Iscritto dal: May 2000
Città: Roma
Messaggi: 661
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Quote:
Vero....vale solo per 9/10 degli statali ![]() Ma qualcuno di voi ha mai lavorato a stretto contatto con ministeri e/o uffici della PA sia italiana che europea (tanti) ? Perchè la mentalità che regna lì dentro è impossibile da spiegare se non si ha avuto a che fare direttamente
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I cattivi a volte si riposano, gli imbecilli mai |
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#20 |
Senior Member
Iscritto dal: Feb 2001
Città: a casa mia
Messaggi: 900
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Anche ieri Stella aveva pubblicato un articolo che potrebbe rientrare nella discussione:
http://www.corriere.it/Primo_Piano/C...3/stella.shtml Una commissione di inchiesta interna al Comune ha accertato che la mega truffa organizzata da dirigenti e impiegati ha provocato un «buco» di 30 milioni Taranto, il caso degli «illicenziabili» Si aumentarono lo stipendio per anni, quasi tutti al loro posto Come osano, sospenderlo dal servizio? Francesco Grassi, uno dei ventitré dirigenti e impiegati del comune di Taranto arrestati ai primi di luglio perché si erano auto-regalati sontuose buste paga per un totale di 5 milioni di euro in cinque anni, ha già fatto ricorso. Gli altri sei obbligati a non ripresentarsi in ufficio il ricorso lo stanno preparando. Gli altri ancora, sono tornati alla loro scrivania da un pezzo. Per non dire di tutti gli altri dipendenti ancora che, per la commissione d'inchiesta interna, si sarebbero complessivamente fregati almeno da 21 a 30 milioni di euro. Un decimo del gigantesco buco nel quale è precipitata l'ex capitale industriale della Puglia, dichiarata in bancarotta. Stando alle accuse, mosse dalle denunce di un ex consigliere comunale, Nello De Gregorio, Grassi si sarebbe fatto dei regalini nello stipendio, dal 2001 al 2006, con compensi extra per misteriosi lavori «a progetto», per 389 mila euro. Dice però che non è stato ancora rinviato a giudizio e la legge è legge, signori e signore: come si è permesso, il commissario Tommaso Blonda, di sospendere lui e i protagonisti degli altri casi più gravi? Si dirà che, come ha accertato il comandante della Finanza Emanuele Fisicaro, c'è chi in un mese si era fatto omaggio di 19.439 euro e chi di 39.160: ma che c'entra? Certo, c'è chi è accusato come Nicola Blasi, di essersi preso coi ritocchi in busta paga 434 mila euro, chi come Giuseppe Cuccaro 429 mila, chi come Orazio Massafra 422 mila e chi come Cataldo Ricchiuti (al quale sono stati sequestrati 12 fabbricati e un terreno e 124 mila euro in banca: mica male per un funzionario comunale...) addirittura 567 mila. Ma perché non dovrebbero tornare al loro posto, in attesa del rinvio a giudizio e poi della decisione del Gip e poi del processo in Assise e poi di quello in Appello e poi di quello in Cassazione e magari ancora di qualche ricorso alla corte costituzionale? E il bello è che la magistratura potrebbe dare loro ragione. Perché qui è lo scandalo: Francesco Boccia, mandato da Amato a Taranto come liquidatore (primo caso in Italia per una grande città) ha le mani legate da leggi e leggine così pelosamente garantiste da impedirgli di fatto di usare la mano pesante. Una impotenza che, oltre ad alleggerire la posizione di quella massa di persone coinvolte nella maxi- truffa sugli stipendi (tutte assolutamente convinte che un giorno o l'altro il can-can finirà e magari con l'aiuto dell'indulto anche questa seccatura dell'inchiesta evaporerà in una nuvoletta) rischia di lanciare un pessimo segnale a una città allo sbando. Mario Pazzaglia, il veneto-marchigiano incaricato con Giuseppe Caricati di mettere il naso nei conti, fa professione di ottimismo e cerca di incoraggiare Taranto a reagire spiegando che «con uno scatto di orgoglio la città può recuperare e rinascere». Ma certo il baratro nei conti lasciato dalla giunta guidata dalla forzista Rossana Di Bello (dimessasi pochi mesi dopo una trionfale rielezione in seguito a una condanna per gli appalti dell'inceneritore) gela il sangue: finora siamo già a un buco accertato di 382 milioni di euro. Pari a oltre sei mila euro di «rosso» per ogni famiglia. Un disastro. Sul quale non è avviata solo un'opera di rilettura dei bilanci (che potrebbe rivelare un abisso finanziario che qualcuno paventa addirittura intorno al miliardo di euro) ma si sono aperte un mucchio di inchieste penali. Per falsità in bilancio. Per un appalto da 28 milioni per la pubblica illuminazione. Per il Parco Cimino dato in gestione per 1.000 euro l'anno (neppure pagati) a un ristoratore che faceva lavori edilizi (anche abusivi) e poi mandava il conto al Comune. Per una specie di fontana da due milioni di euro piazzata in mezzo al mare e mai usata. E altro ancora. Una gestione sciagurata. E meno male che non è andato in porto il progetto un po' megalomane di costruire il Colosso di Zeus, un bestione che avrebbe dovuto ricordare un'antica opera di Lisippo. E magari avrebbe ricordato anche il monumentale sindaco Giancarlo Cito, che prima di finire in galera fu il Re di Taranto e prometteva di far di Taranto «la Svizzera del Sud» e minacciava Di Pietro di «riempirgli la bocca di cemento a presa rapida» e quando si prese pure la squadra di calcio ordinò ai giocatori di darsi da morire sul campo sennò avrebbe «messo le gambe dei più brocchi a mollo in una vasca di piranha». Ma torniamo ai nostri «eroi». La difficoltà di licenziare o perfino di sospendere i dipendenti infedeli del Comune di Taranto, coincidenza, nei giorni in cui un pezzo della sinistra vorrebbe arruolare d'un colpo, senza filtri, 300 mila precari, dei quali moltissimi saranno bravissimi ma una parte certo una palla al piede. E dà ragione a chi, come scriveva Pietro Ichino ieri sul Corriere, sostiene che «la precarietà degli uni è l'altra faccia dell'iperprotezione e inamovibilità degli altri». Cioè di chi, avuto un posto pubblico, non può più essere rimosso da qui all'eternità. Sapete quante notizie Ansa escono, su milioni e milioni di takes dal 1981 ad oggi, incrociando le parole «dipendenti comunali» + «licenziati», declinate al plurale o al singolare? Dodici. Ma nella stragrande maggioranza non raccontano di licenziamenti (come quello di 9 becchini triestini, sbattuti fuori perché davvero nessuno se la sentì di difenderli dopo che avevano aperto un sacco di tombe per rubare ori e orologi ai morti) ma di rimozioni tenacemente intralciate dal sindacato o da un giudice. Come nel caso di Fabrizio Filippi, accusato dal comune di Livorno di essere un lavativo e finalmente messo fuori, dopo una accanita guerriglia processuale, solo dopo 13 anni di sentenze e di ricorsi. O di quello spazzino licenziato dal comune di Latisana dopo un'assenza non giustificata di 15 giorni e fatto riassumere dalla magistratura perché, essendo l'uomo sempre ubriaco, «non era provata la volontà dell'inottemperanza al dovere di prestare servizio». Per non dire di un caso simile a quello di Taranto. Ricordate cosa successe a Napoli? Finirono sotto inchiesta in 321, quattro anni fa, per essersi gonfiati lo stipendio. Molti dichiarando con l'autocertificazione di avere a casa a proprio carico una tale quantità di nonni, suoceri, cugini, zie, cognate e consuocere da ottenere fino a 15 o 20 mila euro di arretrati. Altri perché si erano ritoccati le buste paga attribuendosi fino a 32 milioni al mese. E «voci accessorie» fino a 105 l'anno. Bene: solo uno, il dirigente dell'ufficio Aldo Buono, è stato rimosso. Gli altri, se non se ne sono andati per godersi la «meritata pensione», stanno ancora lì. E con l'indulto di quest'anno si sono tolti pure il pensiero del processo: marameo! Gian Antonio Stella 13 dicembre 2006 ----------------- ![]() |
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