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Old 11-06-2009, 11:30   #1
Steinoff
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Quello che sui giornali non leggerete più

Le nuove regole sulle intercettazioni vanno incontro a una vera ossessione del Cavaliere
Vietato trascrivere anche se un capo Rai chiede silenzio su dati elettorali non graditi al Capo
Quello che sui giornali
non leggerete più
di GIUSEPPE D'AVANZO

"Se escono fuori registrazioni lascio questo Paese". Lo disse Berlusconi l'anno scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni. Più che un'offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d'indagine essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. "Permetteremo le intercettazioni - disse nelle Marche quel giorno, era aprile - soltanto per reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano".

Come d'abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro. E, dagli strumenti dell'informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni - magari perché il suo interlocutore era sott'inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell'Utri - è per il Cavaliere un'ossessione, un'ansia, una fobia. Ci è incappato più d'una volta.

Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi).
Berlusconi. Iniziamo male l'anno!
Dell'Utri. Perché male?
Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio!
Dell'Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In?
Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l'anno, non si scopa più!
Dell'Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto!
La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.
Già l'anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto.
Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?
Dell'Utri. No, quanto pesava, quattro chili?
Cinà. Sì, va be'! Undici chili e ottocento!
Dell'Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò?
Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva!
Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo.
Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: "Io sai che poi ti ricambierò dall'altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a ... eh! A darti un grande sostegno". Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari...
Ancora uno stralcio:
Saccà. Lei è l'unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire...
Berlusconi. Io qualche volta di donne... e ti chiedo... per sollevare il morale del Capo (ridendo).
E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna "perché sta diventando pericolosa".

È l'ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy.
Per scardinare, nell'opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali, telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate leggende. Dice: "Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia". Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura "30 milioni" mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati). Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all'anno, le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136).

Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia). Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al giorno per in cellulare e 12 per un satellitare e l'esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all'estero).

Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l'inchiesta Antonveneta. Costo dell'indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili.

Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e radicato. Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito.

Se la legge dovesse essere confermata così com'è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei "gravi indizi di colpevolezza" che giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c'è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l'associazione magistrati. Certo, è l'eclissi di un segmento rilevante dell'informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei "riassuntini" dell'inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione.
La cronaca, queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto, attossica l'ordinato vivere civile.

Immaginate che ci sia un dirigente della Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per "il Capo". Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il conduttore spiega che quello è "un ordine del Capo". Non c'è nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata?
Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente in un'inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l'ossessione del premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere. Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l'occasione.

(11 giugno 2009)

Tratto da Repubblica


Tra un po' la Cina guardera' a noi come esempio da seguire.....
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Old 11-06-2009, 11:57   #2
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Old 11-06-2009, 13:16   #3
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Old 11-06-2009, 16:17   #4
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Oggi mi sono guardata gli interventi alla camera sulla fiducia di questo ddl e sono tra lo sconvolto e l'indignato....
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Oggi mi sono guardata gli interventi alla camera sulla fiducia di questo ddl e sono tra lo sconvolto e l'indignato....
idem...
ma non sono sconvolto.
SONO ESTREMAMENTE INCAZZATO.
Abbiamo già calato la testa troppe volte...
Chi dichiara guerra alla democrazia raccoglie guerra.
Se mi tolgono tutto quello per cui posso essere considerato un essere umano, come la dignità, il lavoro, la libertà di parola, cosa ho da perdere?
Niente.
La storia si ripete.
L'ignoranza permette ai potenti di ripetere la storia.
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Old 11-06-2009, 16:48   #6
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Intercettazioni: Berlusconi, pene per editori non giornalisti

Roma, 21 gen. (Adnkronos) - ''Vorrei assicurare che non ci saranno pene per giornalisti, ma per gli editori se permetteranno la pubblicazione delle intercettazioni''. Lo ha assicurato il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa a palazzo Chigi parlando della riforma giudiziaria, a cominciare dal nodo delle intercettazioni.

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Ddl Alfano, oggi l'approvazione alla camera: requiem per il diritto di cronaca

Passerà oggi a Montecitorio – visto che il governo ha posto la fiducia e ha tutti i numeri per ottenerla - il disegno di legge che porta il nome del ministro della Giustizia e che pone significative restrizioni all'uso delle intercettazioni telefoniche nell'attività di indagine e alla loro pubblicazione, introducendo pesanti pene per i giornalisti e multe salatissime per gli editori. Giornalisti pronti a continuare la mobilitazione, dopo le manifestazioni organizzate ieri a Roma, e una sentenza della Corte di Giustizia europea sembra dar loro ragione. Le opposizioni scrivono a Napolitano per contestare il ricorso alla fiducia.

Sarà approvato oggi alla Camera dei deputati il disegno di legge Alfano, che pone seri limiti all'utilizzo delle intercettazioni nell'attività di indagine (potranno essere richieste solo se già sussistono “gravi indizi di colpevolezza” e solo per i reati che prevedano pene superiori a 5 anni di carcere) e alla loro divulgazione a mezzo stampa. Il testo introduce il divieto di pubblicazione, anche parziale, delle intercettazioni, anche se non più coperte da segreto, fino alla fine delle indagini preliminari, prevedendo, per i giornalisti, il carcere da sei mesi a un anno (pena che potrà essere trasformata in una sanzione pecuniaria) e la sospensione per tre mesi dall'ordine dei giornalisti. Per gli editori, sono previste invece multe salatissime, fino a 465 mila euro. Quali saranno le conseguenze lo spiega Giuseppe D'Avanzo in un editoriale sul quotidiano La Repubblica: «Addio al giornalismo come servizio al lettore e all'opinione pubblica. Addio alle cronache che consentono di osservare da vicino come funzionano i poteri, lo Stato, i controlli, le autorità, la società».
E fa un esempio concreto: «Si potrà dire che si indaga su una clinica privata abitata da medici ossessionati dal denaro che operano i pazienti anche se non è necessario. Non si potrà dire qual è quell'inferno dei vivi e quanti e quali pasticci hanno organizzato accordandosi al telefono. Lo si potrà fare soltanto a udienza preliminare conclusa (forse). Con i tempi attuali della giustizia italiana dopo quattro o sei anni. In alcuni patologici casi, dopo dieci».

Il Partito Democratico, dopo la bocciatura della sua proposta di abrogare il lodo Alfano, che blocca i processi per le prime quattro cariche dello stato, insinua che dietro l'ok della Lega Nord alla fiducia sulle intercettazioni ci sia una sorta di patto di scambio siglato tra Bossi e Berlusconi, che ricompenserà il Carroccio negando il sostegno al Referendum sulla legge elettorale in programma il prossimo 21 giugno. Sull'ennesimo ricorso alla fiducia da parte del governo Berlusconi, le opposizioni hanno inviato una lettera congiunta al presidente Napolitano che rimarca come ancora una volta sia stato scavalcato il Parlamento per la necessità del premier di tenere sotto controllo la sua maggioranza. Critiche al governo anche sul merito del provvedimento, che «pregiudica il contrasto alla criminalità e compromette il ruolo della libera stampa». Le opposizioni, quindi, auspicano un intervento, nei modi e nelle forme che riterrà opportune, da parte del Presidente della Repubblica.
Critiche anche dall'Associazione Nazionale Magistrati, che parla di «errori tecnici» all'interno del provvedimento e di un «gravissimo colpo alle attività di indagine».

Intanto prosegue la mobilitazione dei giornalisti, che già ieri erano scesi in piazza contro un provvedimento che giudicano lesivo della libertà di stampa e del diritto dei cittadini a essere informati. Un diritto garantito anche dalla legislazione comunitaria, come dimostra una sentenza del 2007 della Corte di Strasburgo, riferita a un caso accaduto in Francia: i magistrati comunitari hanno dato ragione a due giornalisti francesi che avevano, ricorda Franco Abruzzo, «pubblicato un libro sul sistema di intercettazioni illegali attuato durante la Presidenza Mitterand. Nel libro figuravano stralci di interrogatori e brogliacci sulle intercettazioni. Sulle esigenze del segreto istruttorio prevale in sostanza il diritto di informare, soprattutto quando si tratta di fatti eclatanti e notori. Conta che i giornalisti agiscano nel rispetto delle regole deontologiche della professione, fornendo notizie ancorate al principio della verità sostanziale. Le sentenze della Corte di Strasburgo sono vincolati per gli Stati membri della Ue e,quindi, anche per l’Italia. Il Ddl “Alfano” è in netto contrasto in molti punti con la sentenza Dupuis. I giornalisti italiani, eventualmente condannati in base al Ddl “Alfano”, potranno trovare a Strasburgo un giudice comprensivo delle loro ragioni. Si prefigura una lunga battaglia europea».
Ulteriori dubbi sulla legittimità del provvedimento sorgono in relazione a un “parere pro veritate” redatto per conto della Fieg (Federaziona Italiana Editori Giornali) da due illustri giuristi (Enzo Cheli e Carlo Federico Grosso): «Il diritto all’informazione - hanno scritto - trova il suo supporto, oltre che nell’articolo 21 della Costituzione, anche in uno dei caratteri fondamentali della funzione giurisdizionale (la pubblicità dei giudizi) desumibile sia dall’articolo 101 della Costituzione, sia dai principi del giusto processo. E se è vero, sempre alla luce dei criteri elaborati dalla giurisprudenza costituzionale – che la pubblicità dei giudizi (e, conseguentemente, il diritto all’informazione relativo agli stessi) può incontrare limiti nella presenza di contrapposti interessi di rilevanza costituzionale (quali quelli connessi alla tutela dell’ordine pubblico, della sicurezza, del buon costume, della presunzione di innocenza, etc.) è anche vero che gli stessi devono essere in ogni caso individuati in termini non generici, e definiti in forme ragionevoli e proporzionate, così da non paralizzare o rendere particolarmente difficoltoso l’esercizio di quell’informazione sulle vicende del processo che si realizza attraverso il diritto di cronaca».

10-06-2009
Che coerenza
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Old 11-06-2009, 16:51   #7
danny2005
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Roma, 16:38
INTERCETTAZIONI: BOSSI, GENTE NON VUOLE ESSERE ASCOLTATA

"Berlusconi ha avuto fiuto...buon gioco perche' alla gente non piace essere ascoltata". Cosi' poco dopo l'approvazione da parte dell'Aula della Camera del ddl sulle intercettazioni il leader della Lega Nord e ministro delle Riforme, Umberto Bossi. Conversando con i giornalisti in Transatlantico ha poi aggiunto che per contrastare la criminalita' "si troveranno altre vie".

Ah si? e quali?
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Il Paradiso lo preferisco per il clima, l'Inferno per la compagnia [Mark Twain] [Romantico Inside][Thread prof. gnocche]
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Old 11-06-2009, 17:41   #8
yggdrasil
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Roma, 16:38
INTERCETTAZIONI: BOSSI, GENTE NON VUOLE ESSERE ASCOLTATA

"Berlusconi ha avuto fiuto...buon gioco perche' alla gente non piace essere ascoltata". Cosi' poco dopo l'approvazione da parte dell'Aula della Camera del ddl sulle intercettazioni il leader della Lega Nord e ministro delle Riforme, Umberto Bossi. Conversando con i giornalisti in Transatlantico ha poi aggiunto che per contrastare la criminalita' "si troveranno altre vie".

Ah si? e quali?
legge del taglione e rappresaglie casuali, che credi?
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