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#21 | |
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Ma chi ti credi di essere! ![]() ![]() ![]()
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Eroi da non dimenticare: Nicola Calipari (04/03/2005) e Vittorio Arrigoni (14/04/2011) e Bradley Manning. Sono certo che anche i francesi si indignarono per il fatto che i tedeschi, piuttosto che veder dissolvere la loro nazione, preferirono il nazismo. Chi non impara la storia... |
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#22 | |
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#23 |
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a proposito del titolo del 3d
![]() ora che cerbert ci ha "rinfrescato" la memoria (più che altro ci ha fuso il cervello), di chi è la colpa ? no, perchè io voglio sapere come va a finire non è che mi metto a leggere un 3d giallo-fantascientico senza sapere com'è il finale ![]()
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http://www.cipoo.net Musica corale di pubblico dominio - spartiti-MID-MP3 Chi cerca conferme le trova sempre. (Popper) |
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#24 | |
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#25 | |
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bet ha in casa dei farmaci scaduti che in meno di 40 min potrebbe sciogliere nell'acquedotto comunale e produrre flatulenza molesta in tutta la città!fermatelo! ![]() fine ot.
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#26 | |
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Iscritto dal: Feb 2001
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1) la colpa della degenerazione del thread è sicuramente tua che ti lasci fraintendere da me. Stai attento che alla prossima ti segnalo ai moderatori! 2) veramente io speravo che me lo dicesse qualcun altro di chi era la colpa. Altrimenti avrei scritto: "So di chi è la colpa". 3) (serio) ad accusare l'ONU di "fallire", scaricandogli addosso la patente di inanità di fronte alle peggiori tragedie originate da decenni di politiche estere "allegre", non sono io. Ad avere la risposta alla domanda, infallibile e indiscutibile, sono altri.
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Eroi da non dimenticare: Nicola Calipari (04/03/2005) e Vittorio Arrigoni (14/04/2011) e Bradley Manning. Sono certo che anche i francesi si indignarono per il fatto che i tedeschi, piuttosto che veder dissolvere la loro nazione, preferirono il nazismo. Chi non impara la storia... |
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#27 | |
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Iscritto dal: Apr 2000
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Stefano, hai visto che acido è cerbert? Tu mi hai svelato che la colpa è del maggiordomo e guarda questo che risposte... A questo punto aspettiamo von Clausewitz ![]() ![]() (semi-serio: ah! non immagini quanti siano le persone con risposte infallibili!) x ni.jo: tu scherzi, ma ho veramente la casa piena di medicinali scaduti, quindi okkio! ![]()
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#28 | |
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2000
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![]() A parte gli scherzi ho trovato il sito del tribunale internazionale criminale per il Rwanda (che magari già conoscevate) http://www.ictr.org/default.htm ma non capendo una fava di inglese non so se vi siano informazioni interessanti. Nel caso qualcuno mi delucidi.
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#29 | |
Senior Member
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Almeno sette testimoni hanno visto il maggiordomo in cucina mentre Lord Cavenagh veniva crudelmente finito a colpi di fichi molli. No, c'è un marchio chiaro in questa, vicenda... e se foste stati attenti, avreste visto che fin dal primo thread avevo individuato il colpevole affiggendone il volto...
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#30 | |
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2000
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Stanislao Moulinsky, ti ho riconosciuto nonostante il tuo perfetto travestimento da maggiordomo ![]() ![]() ![]() Una sola raccomandazione: l'ultimo chuda la porta! SLAAAAMMMMMMMMM!!! ![]()
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#31 |
Senior Member
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EBBENE SI', MALEDETTO CARTER! HAI VINTO ANCHE QUESTA VOLTA!
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Eroi da non dimenticare: Nicola Calipari (04/03/2005) e Vittorio Arrigoni (14/04/2011) e Bradley Manning. Sono certo che anche i francesi si indignarono per il fatto che i tedeschi, piuttosto che veder dissolvere la loro nazione, preferirono il nazismo. Chi non impara la storia... |
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#32 | |
Senior Member
Iscritto dal: Oct 2000
Città: Montesilvano (PE)
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![]() In ogni caso io non ho bisogno di saper tenere la lente in mano. ho fatto il corso alla Scuola Radio Elettra di Torino (sì, proprio quella di fianco a casa tua) e compreso nel prezzo c'era un reggi lente automatico da detective modello Iron Side ![]() ![]() ![]()
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#33 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
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E' innegabile che le Nazioni Unite siano sovente impotenti.
I motivi sono imho da ricercare nelle ragioni delle "grandi nazioni" con diritto di veto, che dovrebbero oltre che finanziare e "formare" l'organizzazione anche fornire le truppe. Ripeto, a mio parere, non esiste oggi un alternativa ad una organizzazione delle nazioni per risolvere le diattribe internazionali: l'altrenativa è l'anarchia totale, che si autoregolamenta come più o meno fà il mercato!(battutina antineoliberista) Purtroppo senza gli Usa non si fà proprio nulla, credo, e ultimamente mi sembra che la piega presa dall'amministrazione attuale sia di fare a meno dell'Onu, quando l'apporto politico e militare di quella che è stata la nazione fondatrice è ndispensabile. ____________________________________________________ Sul genocidio dei Tutsi da parte degli Hutu in Ruanda, (un milione di morti in un centinaio appena di giorni), alcuni dei quali avevano trovato rifugio nei campi protetti dai caschi blu, prima dell'ordine di abbandonarli al loro destino in quanto le componenti dell'Onu in tutto il casino non trovarono altro che metter sù una controversa missione "torquoise" su cui ancora non credo si sia fatta piena luce, mentre Clinton si tenne ben fermi i marines scottato dalla "missione di pace" in Somalia o occupato in altre più gioiose pratiche... ![]() I soldati ONU di nazionalità belga, francese e italiana vennero mandati a recuperare i connazionali... Ho letto di preti suore e funzionari implicati e condannati per genocidio nei link** di fabio69, altra discussione in un altro "mondo" un pò più scuro ;-) Quote:
"Ciò che si dimentica di dire è che se la Francia era su un lato, l’america era dall’altro e armavano i tutzi che armavano gli ugandesi…” tant’è vero che oggidì http: ONU: Ong chiedono indipendenza per il Tribunale del Rwanda lunedì, 18 agosto, 2003 Quattro importanti organizzazioni internazionali per la difesa dei diritti umani hanno inviato il 9 agosto scorso una lettera al Consiglio di Sicurezza dell'Onu chiedendo di assicurare "indipendenza e imparzialità" al Tribunale Penale Internazionale per il Rwanda (ICTR). Si tratta di Human Right Watch (HRW), del Lawyers Committee for Human Rights (LCHR) con sede a New-York, della Fédération Internationale des Ligues des Droits de l'Homme (FIDH) di Parigi e di Rencontre Africaine pour la Défense des Droits de l'Homme (RADDHO) di Dakar, Senegal. Dietro la motivazione ufficiale, però, vi sarebbero le pressioni di Usa e Gran Bretagna affinchè il Tribunale per il Rwanda non persegua per crimini di guerra e crimini contro l'umanità gli ufficiali militari del Rwandan Patriotic Army (RPA), la milizia del Rwandan Patriotic Front (RPF) a maggioranza Tutsi che ha preso il potere nel 1994 dopo il genocidio perpetrato sotto la direzione di ufficiali dell'esercito dell'allora governo di maggioranza Hutu. La Del Ponte, infatti, ha a più riprese manifestato la sua intenzione di perseguire non solo i responsabili dei massacri operati in quegli anni dall'esercito Hutu, ma anche quelli commessi in rappresaglia dalle milizie Tutsi del Rwandan Patriotic Front, che attualmente ricopre un ruolo centrale nel governo di Kigali. Gli Usa e la Gran Bretagna sono però preoccupati che i procedimenti giudiziari nei confronti di importanti ufficiali del Rwandan Patriotic Front (RPF) possano indebolirne l'immagine, in un momento nel quale il governo di Kigali è considerato un alleato strategico nella "lotta al terrorismo" internazionale nello scacchiere dell'Africa orientale come baluardo del radicalismo islamista del Sudan. L'amministrazione Bush, inoltre, non ha mancato di manifestare a più riprese la propria ostilità verso i tribunali internazionali come la Corte Penale Internazionale favorendo invece tribunali locali, più facilmente controllabili, anche per quanto riguarda gravi violazioni dei diritti umani. Ci si ricongiunge all'estromissione della Del Ponte, di qualche post sopra, forse...o forse semplicemnte la Del Ponte non poteva mantenere tutti gli impegni che aveva ricevuto. In effetti una settantina di arrestati mi sembrano pochini. Spero di non aver urtato nessuno. Il Censured è mio ed è sull'implicazione degli uomini di chiesa, messa un pò troppo giù dura contro il vaticano. **Link per chi volesse approfondire: http://www.unimondo.oneworld.net/article/view/66128/1/ http://www.amnesty.it/campaign/icc/i...es/ruanda.html http://www.sgrtv.it/link/numeroiraq/...ele/ruanda.htm http://www.cestim.org/rassegna%20sta...04.16_3onu.htm http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2001/05/20/2177540
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#34 |
Senior Member
Iscritto dal: May 2001
Messaggi: 991
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A tuo avviso ni.jo il diritto di veto nel Consiglio di sicurezza andrebbe abolito?
L'assemblea del Consiglio di sicurezza va bene come è ora (alcuni membri permanenti, altri a rotazione) oppure andrebbe allargato a tutte le nazioni che fanno parte dell'ONU in maniera permanente? Le decisioni come andrebbero prese, a maggioranza? |
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#35 | |
Senior Member
Iscritto dal: Sep 2002
Città: torino but i'm sard inside.
Messaggi: 406
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Quote:
![]() ![]() Mi sembra che il veto tolga parecchia flessibilità e che sovente se ne abusi. Credo si possa anche documentare, con un pò di tempo a disposizione. Esiste qualcosa di equiparabile al veto nelle democrazie?Forse, ma in questo momento mi sfugge (senza ironia). Il principale nodo da sciogliere è l'eccessiva burocratizzazione di questa risorsa: è un impressione?Forse. Tutte le nazioni dovrebbero avere una rappresentanza in sede all'Onu in maniera permanente...sennò che nazioni unite sono? Il nodo da sciogliere è il peso da dare ai singoli voti...in percentuale alla popolazione?In base a quanto si contribuisce economicamente? Al grado di democrazia? E chi deciderebbe questo grado di democrazia?E sopratutto chi vigila che non ci siano spinte di natura strategico-economica di alcuni membri verso altri nella votazione? (altrimenti tanto vale) L'è un gran casin, tanto più che col cavolo che chi ha diritto di veto lo mollerà per far comodo a ni.jo da bucodiculo in provincia di Torino... ![]() ![]() Tu a cosa pensi?
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Primo Officiante della Setta dei Logorroici - Arconte della prolissità - Crociato della Replica|Custode Di Lomaghiusa e Muffin| |
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#36 | ||||||
Bannato
Iscritto dal: Apr 2001
Città: Cagliari
Messaggi: 261
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questa discussione l’ho vista solo ieri sera sul tardi
mi dispiace dirtelo ni.jo , ma così stai facendo solo disinformazione ne avevamo discusso tempo fa sull’altro forum e credevo d’averti portato del materiale per farti come minimo venire il beneficio del dubbio rispetto alla tua verità precostituita secondo cui gli americani avrebbero recitato in quella vicenda chissà quale ruolo (negativo, naturalmente) eppure ti avevo prodotto articoli di giornali on line, di associazioni pacifiste e umanitarie al di sopra di ogni sospetto, di testimoni degli avvenimenti, sentenze di tribunale, discussioni di storici ecc. ecc., ma sembra che per te non contino nulla, tu comunque continui a seguire la tua verità precostituita mah, vediamo innanzitutto cosa scrivi qui Quote:
http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda3.htm MISSILI SCONOSCIUTI E nel tentativo di sganciare la Francia da qualsiasi responsabilità diretta nel sostegno agli estremisti Hutu, l'ex-Ministro della Difesa Leotard ha "attaccato" sostenendo che i soli responsabili dell'abbattimento il 6 aprile 1994 dell'aereo in cui viaggiavano il presidente ruandese Juvenal Habyarimana e il presidente burundese Cipryen Ntaryamira sono i vertici Tutsi del "Fronte Patriottico Ruandese". Leotard ha poi rivelato che, secondo informazioni dei servizi segreti francesi, in quell'aereo -messo a disposizione dalla Francia- doveva salire anche il Presidente zairese Sese Seko Mobutu, e che solo per un contrattempo ciò non avvenne. Sempre secondo Leotard, il missile utilizzato nell'abbattimento dell'aereo era del tipo in dotazione all'esercito ugandese, ma recenti rivelazioni giornalistiche parlano invece del coinvolgimento di un trafficante d'armi belgo-burundese, mathias hitimana, che avrebbe fatto transitare da bruxelles e parigi quel tipo di missile per farlo arrivare nelle mani di esponenti hutu estremisti, contrari alla linea del presidente habyarimana che voleva far partecipare i tutsi al governo del paese. Da http://www.israt.it/israt/sportello/...william/12.htm In Africa, invece, nel 1994, in un contesto di guerre "dimenticate", con il loro drammatico strascico di dolore e di morte, fu il Ruanda ad esplodere. In conseguenza di una grave crisi interna provocata dalla morte del Presidente hutu della Repubblica, Juvenal Habyarimana, abbattuto con il suo aereo da due missili sparati da ignoti, si scatenò una spaventosa caccia ai membri della comunità dei Tutsi (secondo gruppo etnico del paese), accusati di essere i responsabili dell'azione (fatto mai dimostrato). La repressione venne organizzata da parte di milizie hutu, Rete Zero (dove per zero si intende zero tutsi) addestrate dal defunto presidente all'odio etnico e sostenute, fino alla morte di habyarimana, militarmente e finanziariamente dal governo francese; e poi dal corpo delle guardie presidenziali, denominato interhamwè. Il risultato fu un vero e proprio genocidio che vide il massacro di circa un milione di persone nel giro di poco più di un mese, in gran parte uccise con i machete in un'orgia collettiva di sangue e panico. Subito dopo centinaia di migliaia di profughi si rifugiarono nei paesi limitrofi provocando una destabilizzazione generale su tutta l'area dei grandi laghi nel cuore del grande continente Quote:
Quote:
ma mi pare da quello che ho potuto leggere che le colpe degli USA nella vicenda ruandese le vede solo lui di per se quelle sigle non significano niente tutti auspicano l’indipendenza e imparzialità dei tribunali ancora non mi hai dimostrato con link o altro dove sarebbero state tutte queste fantomatiche pressioni di USA e GB per parare il culo a Kagamè e agli altri del Rwandan Patriotic Front avevano e hanno altro da pensare….. Quote:
che la Del Ponte non guardi in faccia a nessuno e indaghi in tutte le direzioni lo si è già visto come ha operato nel tribunale penale internazionale per i crimini nella ex-jugoslavia ma ancora non hai provato né che gli USA disapprovassero l’operato della Del Ponte, e che Kofi Annan sia un uomo degli americani nel palazzo di vetro mentre è noto che fra lo stesso Annan e la del Ponte vi fossero attriti anche perché Annan riteneva eccessivo il suo doppio incarico (come procuratore all’Aja e ad Arusha in Tanzania) e abbia a più riprese chiesto al Consiglio di Sicurezza il suo avvicendamento come è scritto anche nell’articolo del link che hai postato è noto altresì il feeling esistente da sempre fra Annan e i francesi e lo si è visto appunto nella gestione delle tristi vicende della regione dei grandi laghi africani nel 1994 Quote:
e sul fatto dell’inglese che rimpiazzava il francese, ti avevo postato un punto di vista di uno storico francese che vevdeva questa coosa più che altro come una paranoia ossessiva della Francia che altro e in ogni caso stai scambiando l’effetto con la causa Quote:
e per quali ragione hai scartato gli altri? |
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#37 |
Bannato
Iscritto dal: Apr 2001
Città: Cagliari
Messaggi: 261
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sai adesso cosa faccio ni.jo?
faccio un copia e incolla di quello che ti ho postato in quellla discussione dell’altro forum, mantenendo il maiuscolo nei passi che reputo di maggior interesse e classificando sempre gli argomenti per punti Punto primo: la rivalità fra hutu e tutsi in ruanda è relativamente antica e si è acuita con il disimpegno coloniale belga (almeno per quanto riguarda il ruanda a differenza del burundi dove pur fra tensioni questa rivalità non è mai sfociata in massacri) Essa ha origine nel 13 secolo, quando genti di stirpe etiope (soprannominati batutsi poi più semplicemente tutsi) stanche del regime oppressivo dell’impero abissino effettuarono una migrazione per stanziarsi nella regione dei grandi laghi (Uganda, Burundi e appunto Ruanda) dove si sovrapposero alle genti preesistenti denominate bahutu o più semplicemente hutu La superiorità culturale e tecnica dei tutsi s’impose ben presto sugli autoctoni facendone l’etnia dominante malgrado la loro inferiorità numerica I belgi rispettarono quest’ordine sociale, ma appena dismisero il loro impero coloniale vi fu una cruenta ribellione degli hutu che portò nel 1963 a spaventosi massacri che causarono fra i tutsi non meno di 80.000 vittime e 250.000 profughi la maggior parte rifugiatasi in Uganda e in Burundi dove andarono ad aggiungersi alla preesistente comunità tutsi Questo solo per dire che gli hutu non erano nuovi a questo genere di massacri : Punto secondo: le responsabilità della Francia io rigiro la piaga sulla Francia perché è una notizia che la riguarda da vicino come ammetti tu stesso e per nessuna altra ragione, anche se io eviterei di demonizzare tout court la politica neocoloniale o postcoloniale: spesso la gestione che di essa è stata fatta dalla Francia ha dato risultati negativi o addirittura nefasti, mentre una più intelligente gestione che di essa è stata fatta dalla Gran Bretagna ha dato al contrario spesso risultati apprezzabili, quindi evitiamo di fare di tutta un erba un fascio altrimenti cadremo in quello che i radicali definiscono “terzomondismo d’accatto” Ma venendo nello specifico al ruolo della Francia nella vicenda ruandese e del successivo governo Balladur nell’accertare questo ruolo ecco che mi viene in soccorso uno scritto di un associazione umanitario-pacifista come manitese certamente non sospettabile di essere al soldo del Pentagono Ecco il link e il testo (comincerai a vedere qualche maiuscolo, mi raccomando soffermati su questo maiuscolo): da http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda3.htm SCOPRIRE LA VERITÀ di Stefano Squarcina Il Ruanda agita da alcune settimane la scena politica francese. All'Assemblea Nazionale, infatti, è stata costituita una "Commissione Parlamentare d'Inchiesta sul genocidio in Ruanda" a cui è stato attribuito il compito di far luce sul ruolo della Francia nel genocidio del 1994. Parigi è sempre stata sospettata di aver sostenuto il governo Hutu al potere a Kigali, di aver saputo per tempo dell'esistenza di un piano particolareggiato per lo sterminio organizzato dei Tutsi, di aver fatto di tutto per combattere comunque il "Fronte Patriottico Ruandese" (FPR) ovvero l'esercito Tutsi che in poche settimane, all'epoca, prese il potere. Non a caso i rapporti tra Ruanda e Francia, e tra Ruanda ed Europa, sono molto agitati ancor oggi, proprio perché Kigali non ha mai perdonato il sostegno di Parigi ai "génocidaires". La Francia, infatti, non ha mai nascosto il fastidio con cui guarda alla penetrazione statunitense nel continente africano, fino a paco fa una specie di "dominio esclusivo" di Parigi, e la battaglia che nel 1994 si giocò tra i Tutsi (sostenuti dagli americani) e gli Hutu (sostenuti fino all'ultimo dai francesi) rimandava proprio ad un più ampio scontro geostrategico largamente dominato dagli Stati Uniti. La cosiddetta "Operazione Tourqoise" con cui Parigi decise allora di intervenire in Ruanda creando delle "zone sicure" per la popolazione era in realtà una operazione militare tesa ad affermare una presenza politica in tutta un'area dell'Africa poi persa con la "caduta" di Kigali, Bujumbura e Kinshasa. DEL RESTO, BASTA PROPRIO GUARDARE A COME PARIGI SOSTENNE FINO ALL'ULTIMO IL DITTATORE MOBUTU PER CAPIRE QUANTO È SPREGIUDICATA LA POLITICA AFRICANA FRANCESE... AUDIZIONI La Commissione parlamentare d'inchiesta ha audizionato tutti i responsabili politici dell'epoca, che hanno cercato di accreditare l'immagine di una Francia che "interveniva da sola per far fronte all'emergenza umanitaria senza alcun aiuto". E' questa la tesi sostenuta da Alain Juppé (allora Ministro degli Esteri), Francois Leotard (Difesa) e Michel Roussin (Cooperazione). Il più esplicito è stato l'ex-Primo Ministro Edouard Balladur, che "malgrado i numerosi passi compiuti dalla Francia -ha detto- nessun paese sviluppato si associò all'Operazione Tourquoise", condotta dal 22 giugno al 21 agosto 1994. "Gli Stati Uniti erano traumatizzati dal fallimento della loro operazione in Somalia; il Belgio non dimenticava l'assassinio dei suoi Caschi Blu a Kigali; la Germania non poteva intervenire per ragioni costituzionali; l'Inghilterra riteneva che non si trattasse della sua zona di influenza storica. L'Italia ha accettato il principio di un sostegno che però in pratica non ha messo mai in opera". MISSILI SCONOSCIUTI E nel tentativo di sganciare la Francia da qualsiasi responsabilità diretta nel sostegno agli estremisti Hutu, l'ex-Ministro della Difesa Leotard ha "attaccato" sostenendo che i soli responsabili dell'abbattimento il 6 aprile 1994 dell'aereo in cui viaggiavano il presidente ruandese Juvenal Habyarimana e il presidente burundese Cipryen Ntaryamira sono i vertici Tutsi del "Fronte Patriottico Ruandese". Leotard ha poi rivelato che, secondo informazioni dei servizi segreti francesi, in quell'aereo -messo a disposizione dalla Francia- doveva salire anche il Presidente zairese Sese Seko Mobutu, e che solo per un contrattempo ciò non avvenne. Sempre secondo Leotard, il missile utilizzato nell'abbattimento dell'aereo era del tipo in dotazione all'esercito ugandese, MA RECENTI RIVELAZIONI GIORNALISTICHE PARLANO INVECE DEL COINVOLGIMENTO DI UN TRAFFICANTE D'ARMI BELGO-BURUNDESE, MATHIAS HITIMANA, CHE AVREBBE FATTO TRANSITARE DA BRUXELLES E PARIGI QUEL TIPO DI MISSILE PER FARLO ARRIVARE NELLE MANI DI ESPONENTI HUTU ESTREMISTI, CONTRARI ALLA LINEA DEL PRESIDENTE HABYARIMANA CHE VOLEVA FAR PARTECIPARE I TUTSI AL GOVERNO DEL PAESE. COABITAZIONE MA EDOUARD BALLADUR HA ANCHE VOLUTO CHIAMARE IN CAUSA IL DEFUNTO PRESIDENTE FRANCESE FRANCOIS MITTERAND, CHE GESTIVA DIRETTAMENTE DALL'ELISEO LA POLITICA AFRICANA, E CHE AVEVA MESSO SUO FIGLIO A CAPO DELLA COSIDDETTA "CELLULA AFRICANA". L'EX-PREMIER HA FATTO INTENDERE CHE ALL'ELISEO ESISTEVA "UNA CORRENTE DI PENSIERO" CHE PUNTAVA SULL'UTILIZZO DI MERCENARI PER SOSTENERE GLI HUTU; STANDO ALLE SUE AFFERMAZIONI, DURANTE IL PERIODO DELLA COABITAZIONE MITTERAND-BALLADUR SAREBBERO STATE SOSPESE LE FORNITURE DI ARMI AL RUANDA, "MA NON POSSO ESCLUDERE -HA AGGIUNTO BALLADUR- CHE CON ALTRE VIE ESSE ABBIANO CONTINUATO AD ARRIVARE AGLI HUTU ESTREMISTI". INSOMMA, CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE... QUALE VERITÀ Comunque sia, le prime audizioni della "commissione Ruanda" del Parlamento francese dimostrano che quanto successe nel 1994 a Kigali e dintorni non è stato solo l'affare di "Tutsi contro Hutu" o di "Hutu contro Tutsi" bensì il teatro di più ampi e complicati giochi decisi tra Parigi, Bruxelles, Kigali, Washington, Kampala e Bujumbura. PIÙ PASSA IL TEMPO E PIÙ EMERGONO CHIARE -ANCHE SENZA NECESSITÀ DI PROVE CHE FORSE NON SI TROVERANNO MAI- CHE LA FRANCIA IN PARTICOLARE HA "GIOCATO SPORCO" IN RUANDA, CERCANDO DI UTILIZZARE IL GENOCIDIO PER SALVAGUARDARE UN'INFLUENZA CHE OGGI È QUANTO MAI RIDOTTA IN QUELL'AREA. SI TRATTA DI RESPONSABILITÀ POLITICHE, MILITARI E MORALI CHE CI SI AUGURA LA "COMMISSIONE QUILÉS" CHIARISCA. QUELLA STESSA NECESSITÀ DI STABILIRE LA VERITÀ CHE STA PERCORRENDO IL PARLAMENTO BELGA, DOVE UN'ANALOGA COMMISSIONE STA CHIARENDO LE RESPONSABILITÀ DI BRUXELLES NEL MASSACRO DI CENTINAIA DI MIGLIAIA DI PERSONE. PERCHÉ UNA PARTE CONSISTENTE DI RESPONSABILITÀ DI QUANTO È SUCCESSO IN RUANDA NEL 1994 VA CERCATA IN EUROPA. Questo primo link dice alcune cose completamente diverse da quelle che volevi far intendere tu Che poi tu dia retta a un ex ministro francese che tanto per farsi un comodo bidet alla sua coscienza e relativizzare le responsabilità del suo paese rigiri la vicenda in quel modo è cosa singolare per non dire risibile Non è certo dai francesi che bisogna aspettarsi un giudizio obbiettivo sul loro operato e nemmeno prendere sul serio i loro “bidet” di coscienza, di cui sono peraltro sprovvisti nei loro servizi igienici, almeno fino a quando perdurerà in francia la loro deleteria mentalità gollista in vigore da un quarantennio incidentalmente il link dice anche che Balladur tirò in ballo il figlio del defunto presidente francese Mitterand a conferma di quello che ho scritto io prima (io andavo a reminiscenze e ricordi di un vecchio articolo del corriere della sera (che mi colpì perché dedico a questo affaire un intera pagina di esteri) di quattro-cinque anni che non sono in grado di produrti perché l’archivio ondine del corriere non arriva fino a quella data) Ma l’elenco dei link sulle responsabilità francesi nella vicenda non è certo finito qui: Da http://www.amnesty.it/notiziario/02_02/parole4.php3 RUANDA: GENOCIDIO ANNUNCIATO di Daniele Scaglione Nella primavera del 1997, in un collegio di Gisenyi e in uno di Kibuye, furono uccise trentatré ragazze e una suora belga settantaduenne. Esponenti dell’hutu power irruppero negli edifici e ordinarono alle donne di separarsi: hutu da una parte, tutsi dall’altra. Ma le giovani si dichiararono tutte "ruandesi" e furono uccise senza distinzioni. Il genocidio dei tutsi inizia con l’uccisione, il 6 aprile 1994, del presidente ruandese Habyarimana, esponente dell’hutu power e si interrompe con la presa del potere da parte del Fronte patriottico ruandese, il 19 luglio seguente. Gourevitch, giornalista del New Yorker, fa nomi, ricostruisce il "prima", il "durante" e il "dopo", attribuisce responsabilità, spiega come il genocidio non sia stato causato da sottosviluppo, disagio e povertà, ma sia il frutto di una strategia di sterminio pianificata da anni. ACCUSA LA FRANCIA CHE – ANCORA DURANTE I GIORNI DEL MASSACRO – RIFORNÌ DI ARMI E MILITARI I RESPONSABILI DEL GENOCIDIO, NONCHÉ LE NAZIONI UNITE E L’UNIONE EUROPEA, DISTRATTE DURANTE LA CARNEFICINA, MA PRODIGHE DI AIUTI AI CAMPI PROFUGHI DOVE COMANDAVANO E SI RIORGANIZZAVANO GLI HUTU RESPONSABILI DEL GENOCIDIO E CHE AVREBBERO ANCORA INSANGUINATO IL PAESE, COME TESTIMONIA LA CARNEFICINA DELLE STUDENTESSE DEL 1997. Ed è proprio con il coraggio di persone come le giovani hutu, che pur di non abbandonare le loro compagne tutsi scelgono la morte, definendosi "ruandesi", che il Ruanda abbandonato a se stesso, può sperare di rinascere Da http://www.unacitta.it/fondazione-la...e/Yolande.html Un genocidio preparato metodicamente, da anni. LA TRAGICA ACCENTUAZIONE IN SENSO ETNICO E RAZZIALE, OPERATA DAI COLONIALISTI BELGI, DI UNA DIFFERENZIAZIONE PER LO PIÙ SOCIALE FRA DUE PARTI DELLA POPOLAZIONE RUANDESE. LA COMPLICITÀ DELLA FRANCIA DI GISCARD E MITTERAND E LA RESPONSABILITÀ DELL’ONU. Un genocidio con la particolarità di essere stato perpetrato dai vicini di casa. Nessun perdono senza verità e giustizia. Intervista a Yolande Mukagasana.(segue il link con l’intervista) Da http://www.verdi.it/giovaniv/armi/grande.html Il caso del Ruanda è, da questo punto di vista, l’ esempio più tragico ma non l’ unico. Il Belgio, del quale il Ruanda era una ex colonia, ha smesso di fornire armi ai paesi in guerra a partire dal 1990. Tuttavia ha continuato a garantire addestramento militare, uniformi e stivali all’ esercito ruandese. MAN MANO CHE LA TEMPERATURA DEL CONFLITTO ETNICO CRESCEVA, PROPRIO NELL’ ARCO DEL 1990, AUMENTAVANO LE ESPORTAZIONI DI ARTIGLIERIA LEGGERA E MORTAI FRANCESI VERSO IL RUANDA, INSIEME A UNA SCHIERA DI CONSIGLIERI MILITARI ESPERTI E QUALCHE MIGLIAIO DI SOLDATI. COMPARVERO DI LÌ A POCO IN RUANDA LE TUTE MIMETICHE DELLA GERMANIA ORIENTALE (IL MURO DI BERLINO ERA CROLLATO SOLO DA POCHI MESI) E I FUCILI AUTOMATICI FABBRICATI IN ROMANIA. IL RUANDA HA ACQUISTATO ARMI DA PIÙ PAESI, MA NON SAREBBE STATO IN GRADO DI FARLO SENZA L’ INTERMEDIAZIONE DI UNA BANCA FRANCESE. LA FRANCIA HA CONTINUATO A ESPORTARE ARMI VERSO IL RUANDA FINO AL 1994, QUANDO LA STAMPA INTERNAZIONALE SI ACCORSE DEL "GENOCIDIO". Da http://www.lernesto.it/2-00/Africa-77.htm Ed ecco ancora la Francia di Jospin e di Chirac che sembra aver perso la memoria, incapace di una sola parola di scusa per gli 800 mila ruandesi massacrati sei anni fa' sotto lo sguardo impassibile, e forse compiaciuto, dei parà francesi inviati in Ruanda da Mitterand. Da http://www.gfbv.it/3dossier/tpip.html (da notare che questo link tratta dei vari misfatti dele grandi potenze in giro per il mondo e con gli USA non è certo tenero, ma non sino ad attribuirgli qualsivoglia responsabilità in quello ruandese) Francia Con la sua netta opposizione ad un TPIP indipendente, la Francia si contrappone ai suoi partner dell'Unione europea. D'accordo con gli Stati Uniti la Francia pretende che il TPIP possa indagare soltanto con il consenso degli Stati sovrani che sono toccati dai relativi crimini di guerra. La resistenza del governo francese è chiaramente in linea con il suo rifiuto di far testimoniare davanti al Tribunale dell'Aia ufficiali francesi che erano stati comandanti della missione ONU nella Bosnia-Erzegovina negli anni 1993-1995 e come tali furono testimoni di eccidi. Il generale francese Philippe Mourillon nel mese di marzo 1993 negò gli eccidi serbi a Cerska nell'est della Bosnia dopo la sua entrata nella città caduta. Militari francesi rimasero a guardare inerti quando nel 1993 il vicepresidente bosniaco Hamdija Turajlic venne assassinato in un veicolo dell'ONU. Nell'aprile del 1998 il Ministero della Difesa francese ha ammesso che un ufficiale francese grazie ai suoi contatti con il criminale di guerra Radovan Karadzic, accusato dal Tribunale dell'Aia, ne impedì il suo arresto programmato nel 1997. Negli anni 1954-1962 la Francia soffocò nel sangue le rivolte in Algeria. Un milione di Algerini morirono, molti di loro durante esecuzioni di massa ed in campi di concentramento. LA FRANCIA NON HA MAI ROTTO CON IL SUO PASSATO COLONIALISTA IN AFRICA, MA HA SOSTENUTO NEGLI ULTIMI DECENNI DIVERSE CRUENTI DITTATTURE AFRICANE. CON UN ECCEZIONALE SOSTEGNO FINANZIARIO E MILITARE AL REGIME DI HABYARIMA IN RUANDA, PARIGI CREÒ I PRESUPPOSTI PER IL GENOCIDIO DEGLI ESTREMISTI HUTU NEI CONFRONTI DI UN MILIONE DI TUTSI E DI HUTU MODERATI NELLE SETTIMANE SUCCESSIVE AL 4 APRILE 1994. L'INTERVENTO MILITARE FRANCESE, ESEGUITA SU MANDATO DELL'ONU, L'"OPERAZIONE TURQUOISE", INIZIATA IL 23 GIUGNO 1994, NON MIRÓ A PORRE TERMINE AL BAGNO DI SANGUE, MA AL SALVATAGGIO DEI CRIMINALI DALLA CATTURA DA PARTE DELL'ATTUALE GOVERNO RUANDESE. Da anni i diplomatici francesi tentano di porre fine all'isolamento internazionale del regime militare islamico radicale nel Sudan del Nord. Questo regime continua fino ad oggi la guerra e il genocidio che dal 1955 è costata la vita ad un milione di Nuba e Sudanesi del Sud. Parigi fornì al regime di Khartum armi e rilevamenti satellitari delle postazioni del movimento di liberazione sud-sudanese. Da http://www.saharawi.it/archivio/1998/documenti/2.htm Africa, Sconfitta o Vincente Aumenta la dipendenza dalle economie occidentali Ma si vedono i segni della rinascita Ne parliamo con gli storici Jean Pierre Chretien e Carlo Carbone Roma - E’ trascorso poco più di un anno dalla trionfale vittoria di Laurent Desireè Kabila, un tempo compagno d’armi del Che, e quindi liquidatore della dittatura di Mobutu in Zaire, oggi Congo e da sempre nel cuore dell’Africa. Ne sono passati quattro dallo spaventoso genocidio in Ruanda. Sulle ceneri di questi due regimi e con l’entrata in scena prepotente della nuova potenza africana, l’Uganda di Museveni, si sta affermando un nuovo ordine continentale che ruota attorno alla forte presenza del Sudafrica di Nelson Mandela. Clinton, nel suo recente viaggio in Africa, ha appunto benedetto il nuovo assetto. LA FRANCIA BATTE IN RITIRATE E S’INTERROGA INQUIETA SULLE SUE RESPONSABILITÀ NEL GENOCIDIO IN RUANDA. L’Africa che rappresenta appena il 2% della produzione mondiale, continua ad andare alla deriva ? A 35 anni dalla fondazione (25 maggio 1963, Addis Abeba) dell’Organizzazione per l’Unità Africana il continente si è effettivamente emancipato dal colonialismo o assiste impotente al "passaggio delle consegne" tra Parigi e Washington. Abbiamo tentato di abbozzare alcune risposte raggiungendo a Bujumbura, capitale del Burundi, due storici, Jean Pierre Chretien dell’Università di Parigi e Carlo Carbone dell’Università della Calabria, impegnati in un convegno sulla pace e la democrazia nella regione dei Grandi Laghi. Dunque l’Onu compie 35 anni... "Nel bene e nel male - esordisce Carbone - non mi è mai stata posta la questione della revisione delle frontiere, e ciò vuol dire che nei fatti è stata accettata l’organizzazione statuale ereditata dal colonialismo e i nuovi stati, sulle loro spalle, hanno assunto questa terribile eredità, forti tensioni interne e internazionali. Il fatto che gli stati africani abbiano individuato un forum per discutere i loro problemi è sicuramente un fatto positivo". "Vi sono fatti positivi, come ad esempio la fine del processo di decolonizzazione soprattutto nell’Africa Australe - aggiunge Jean Pierre Chretien - è finito l’apartheid. Il ruolo dell’OUA difronte ai conflitti che si sono sviluppati si è rivelato tuttavia piuttosto modesto, e ciò ha generato molta frustrazione. E non saprei dire se è grazie all’OUA che la decolonizzazione ha fatto passi avanti". Di certo lo sviluppo economico non decolla, la dipendenza dalle economie più forti dell’Occidente si è accentuata. Buone ragioni per schierarsi con la folta pattuglia degli "afropessimisti"? "No - osserva Carbone - non è tutto negativo quel che succede, vi sono alcune zone dell’Africa orientale che si stanno sviluppando. L’Uganda registra una crescita del 10% ma è difficile dire quanto ciò significhi uno sviluppo effettivo del paese e non solo una crescita quantitativa di tipo commerciale o puramente industrialistico. In Africa tuttavia c’è più ottimismo". Un effetto anche del viaggio di Clinton ? "IN FRANCIA - RISPONDE CHRETIEN - C’È UNA SORTA DI OSSESSIONE. SI TEME LA CONCORRENZA DEGLI STATI UNITI IN UN CONTINENTE NEL QUALE TRADIZIONALMENTE GLI EUROPEI E SPECIFICATAMENTE LA FRANCIA ERANO MOLTO INFLUENTI. LA VISITA DI CLINTON HA RAPPRESENTATO LA MESSA IN SCENA, IN TERMINI PIUTTOSTO SPETTACOLARI, DI QUESTO NUOVO DEGLI AMERICANI PER L’AFRICA, MA SE SI GUARDA LE CIFRE DEGLI INVESTIMENTI DEGLI STATI UNITI NEI CONFRONTI DEL CONTINENTE AFRICANO SI VEDE CHE GLI IMPEGNI DI WASHINGTON RESTANO AL DI SOTTO DI QUELLI EUROPEI. E poi Clinton è stato in sia Senegal che in Sudafrica ; in Uganda è stato accolto in modo entusiastico. In Sudafrica si è visto che un personaggio come Mandela ha rivendicato la propria indipendenza rispetto alla politica americana. In Francia tuttavia c’è un fantasma che si aggira, ma a mio avviso non è realistico rappresentare un combattimento tra i paesi francofoni e quelli anglofoni. La progressione dell’inglese avviene dappertutto, in tutto il mondo, ma non c’è ad esempio un’espulsione del francese dal Congo o dal Senegal e molti africani stanno diventando bilingui. C’è però crisi della politica francese". "Gli investimenti che vengono proposti oggi - interviene Carlo Carbone - non si differenziano molto da quelli che avvenivano nei decenni passati. Nello Zaire ad esempio sono stati fatti investimenti molto consistenti, ma allora come oggi sono stati orientati verso un’economia di esportazione che finisce inevitabilmente per favorire il paese esportatore di capitali". TUTTO CIÒ AVVIENE CERTAMENTE ANCHE A CAUSA DEI MOLTI ERRORI COMMESSI DALLA FRANCIA CHE FINO ALL’ULTIMO HA SOSTENUTO MOBUTU ED IL REGIME DI HABYRIMANA IN RUANDA : "L’ERRORE DI APPROCCIO, PER NON DIRE ALTRO, DELLA FRANCIA DI FRONTE AL GENOCIDIO IN RUANDA E AL REGIME DI MOBUTU - AGGIUNGE CHRETIEN - HA APPANNATO L’IMMAGINE DELLA FRANCIA, PER NON PARLARE POI DEL PROBLEMA DEI VISTI LEGATO ALL’IMMIGRAZIONE. C’È UNA CRISI DEI TRADIZIONALI RAPPORTI, DEL TRADIZIONALE PATERNALISMO TRA LA FRANCIA E I SUOI ANTICHI TERRITORI E I DIRIGENTI FRANCESI NE SONO CONSAPEVOLI. Gli Stati Uniti ne hanno approfittato". Carbone non è del tutto di questo avviso : "Qui nella regione dei Grandi Laghi - dice - il viaggio di Clinton viene considerato un fatto positivo, una novità, il nuovo ruolo degli Stati Uniti non viene percepito come la pura e semplice sostituzione tra una media e una grande potenza, ma visto come qualcosa di nuovo del quale tuttavia mi permetto di dubitare. Gli Stati Uniti soprattutto nella regione chiave, il Congo, stanno facendo un’operazione spregiudicata di potere economico, si sono messi d’accordo con quello che solo 10 - 15 anni fa era considerato l’immagine del Male in Africa, Kabila". Ma l’Africa è organizzata per comunità, villaggi, piccole aggregazioni. Quale sarà l’impatto, l’accoglienza e forse il conflitto con il capitale americano che annuncia massicci investimenti, basta pensare alla Coca Cola che sta per investire in Africa 600 milioni di dollari ? "La più formidabile ricchezza dell’Africa, quella culturale - dice Carbone - potrebbe subire una violenza. Sembra tuttavia che gli africani stiano aspettando a braccia aperte l’arrivo della Coca Cola, gli africani sembrano aperti alla trasformazione del rimanente 50% delle loro economie in economie urbane di tipo industrialistico. L’approccio africano alla globalizzazione è del tutto dipendente, ci sono ancora molti padrini, Francia e Stati Uniti. Il confronto è momentaneamente sospeso dopo la visita di Clinton ; la Francia ha preso atto che gli Stati Uniti hanno messo una pesante ipoteca politica su due dei paesi più importanti dell’Africa centro - orientale, l’Uganda e il Congo. A Kinshasa i nuovi dirigenti hanno capito una cosa nuova che i loro predecessori non avevano compreso e cioè che potrebbe favorire la loro fortuna personale senza sfavorire quella del loro paese". "E’ vero - conclude Chretien - che oltre trent’anni dopo l’indipendenza comincia una nuova epoca, ma il capitalismo americano non è certo più virtuoso o disinteressato di quello francese e degli altri. In certi settori, per quanto riguarda ad esempio le telecomunicazioni, società americane ed europee si presentano assieme in Africa". L’economia cresce di oltre il quattro per cento Gli usa hanno cambiato la loro strategia e, dopo aver ridotto al minimo gli interventi finanziari, hanno deciso ora di reimpegnarsi. Calano le dittature : in ventitré paesi su quarantotto si sono svolte le elezioni. Chiamarlo "miracolo" africano sembra ancora quantomeno prematuro. Ma forse di dovrebbe essere più attenti a ciò che in quel Continente sta cambiando in meglio. Non che non sia sempre un luogo di carestie e di immani tragedie, ma qualche cosa di nuovo c’è. Un dato su tutti : sui 48 paesi dell’Africa nera ben 23 hanno affrontato elezioni più o meno democratiche. Certo, molti paesi che pure si stanno riformando non si possono ancora definire democrazie. Basti pensare che un leader carismatico e apprezzato, considerato come uno dei più lungimiranti della nuova Africa, come il Presidente dell’Uganda, Yoweri Museveni si è inventato una formula che, a suo parere, verrebbe incontro alle fragili istituzioni politiche del continente e alle divisioni tribali. Ecco la sua ricetta : elezioni si, ma senza partiti. I candidati rappresentano in pratica solo se stessi. Ma se è difficile dare tourt court a Museveni la patente di democratico, figurarsi agli altri : a partire dal presidente dello Zambia che salutato cime rinnovatore democratico nelle elezioni da lui vinte nel 1991, ha sbattuto in prigione di recente il suo predecessore ; o da Kabila, che sconfitto Mobutu, pur comportandosi un po’ meglio di lui, ha preso ad imitarne almeno alcuni metodi. Resta però il fatto che molte efferate dittature stanno iniziando la via delle riforme e che le elezioni si fanno in metà dell’Africa Nera. Il secondo capitolo del cambiamento riguardo lo sviluppo economico con dati da non sottovalutare. Non saremo alla presenza delle "tigri asiatiche", recentemente andate peraltro in crisi, ma i paesi della fascia subsahariana hanno avuto un tasso di sviluppo pari al 4.6 per cento. Accanto a questo dato positivo, ne va messo un altro che lo evidenzia : la crescita demografica è rimasta contenuta entro il 3 per cento. I tasso di sviluppo economico insomma risulta nettamente superiore a quello della popolazione e questa è una vera e propria inversione di tendenza. Questi e altri dati fanno dire a Jeffrey Sachs, giovane e brillante economista americano che si è cimentato già nell’assistenza ai governi russo e polacco, che "l’Africa sta uscendo dal baratro in cui era sprofondata". E che "alcuni paesi ottengono addirittura risultati brillanti". Anche probabilmente grazie a queste analisi, che ormai circolano abbastanza ampiamente, gli Usa hanno deciso di mutare la propria politica verso il Continente. I loro aiuti infatti all’Africa Nera erano andati nettamente diminuendo negli anni sino a toccare nel 1997 il livello più basso negli ultimi dieci anni con 700 milioni di dollari contro i 2 miliardi dati all’Egitto. Il recente viaggio di Clinton però ha segnato una vera svolta nell’interesse americano in Africa. Una politica quella del presidente Usa che fa presagire una rapida prossima ulteriore crescita della presenza e del potere americano sul Continente. Ipotesi che non tutti però auspicano, a partire dal presidente della Namibia, grande amico di Mandela, che ha detto di recente : "L’America ha grandi ali e vorrebbe coprire tutto anche qui in Africa". Resta il fatto però che i francesi hanno ormai perso la partita. Con quest’ultimo link ho esaurito credo in modo esauriente quali siano state le responsabilità francesi nella vicenda Ma poi, secondo te, perché mai i francesi avrebbero istituito una comissione d’inchiesta su questa incresciosa (per loro, ma soprattutto per centinaia di migliaia di ruandesi) vicenda? Punto terzo: il genocidio qui mi voglio soffermare su ciò che ha reso la guerra ruandese diversa da qualsiasi altra guerra tribale africana: un genocidio di proporzioni mai viste che ha cagionato la morte violenta di un ruandese su 4 e le cui stime oscillano fra i 500.000 e gli 800.000 morti quale credevi che fosse il motivo di differenziazione fra questa e le altre guerre africane? Ecco i link: Da http://lanazione.quotidiano.net/art/2000/04/01/780281 RUANDA: UNA SETTIMANA DI LUTTO PER IL GENOCIDIO TUTSI KIGALI, 1 APRILE - Nel giorno in cui sei anni fa si registrarono i primi morti Tutsi di un genocidio che nessuno è stato ancora in grado di quantificare - fonti ufficiali parlano di «almeno» mezzo milione di persone, ma le agenzie umanitarie portano le cifre da 800.000 a 1 milione - il Ruanda avvia una settimana di lutto in memoria delle vittime di uno sterminio pianificato e sistematico che durò tre mesi. La radio nazionale di stato ha lanciato un appello perchè la tragedia venga ricordata con dibattiti pubblici e cerimonie in ogni angolo del Paese: bar e discoteche resteranno chiusi e la settimana culminerà venerdì prossimo con una cerimonia di massa in un quartiere di Kigali, Kicukiro, dove i resti di coloro che vennero uccisi a colpi di machete e gettati in una fossa comune verrano esumati per poter dar loro una degna sepoltura. QUANDO IL MASSACRO FU FERMATO DALLA VITTORIA SUL CAMPO DEL FRONTE PATRIOTTICO RUANDESE NEL LUGLIO DEL 1994, i cadaveri delle vittime vennero frettolosamente seppelliti in fosse comuni, spesso senza essere neanche identificati, per evitare il diffondersi di epidemie. Da allora, ogni anno, nell'anniversario dell'inizio della mattanza, si svolgono cerimonie di esumazione e di appropriata sepoltura in differenti luoghi del Paese. Il massacro cominciò il 7 aprile, il giorno dopo l'abbattimento dell'aereo che riportava in patria il presidente Juvenal Habyarimana, di etnia hutu, da parte di un commando non identificato. Al diffondersi della notizia, soldati hutu e miliziani precedentemente armati e addestrati cominciarono uno sterminio programmato, senza risparmiare nè donne nè bambini. A Kicukiro, almeno 2.000 tutsi che si erano rifugiati nella scuola della missione Don Bosco sotto la protezione di un piccolo drappello di caschi blu belgi, furono abbandonati al loro destino e massacrati a colpi di machete. Il governo di Kigali ha sempre accusato l'Onu di non aver saputo nè prevenire nè fermare il genocido: i caschi blu dell'Onu dispiegati in Ruanda a garanzia dell'accordo di pace del 1993, furono ritirati appena cominciarono le uccisioni di massa. Persino i vertici dell'Onu - compreso l'attuale segretario generale, Kofi Annan, allora a capo delle missioni di pace - hanno ammesso che non c'era nel Consiglio di Sicurezza la volontà politica di fermare il massacro. Dieci caschi blu belgi furono uccisi da soldati governativi la notte tra il 6 e il 7 aprile nel tentativo di proteggere il primo ministro Agathe Uwilingiyimana, una hutu di orientamento moderato, che fu trascinata fuori dalla sua casa e trucidata da unità della guardia presidenziale. I familiari dei 10 soldati dell'Onu, insieme al premier e al ministro degli esteri belgi sono attesi a Kigali per la cerimonia commemorativa. Da http://www-utenti.dsc.unibo.it/~piat...toriabasso.htm piccola cronologia della storia ruandese (qui prendo in esame solo il 1994) 1994 gennaio: blocco degli Accordi di Arusha, in ragione di un rifiuto da parte della fazione presidenziale dell'hutu power di includere il Fpr nel governo di transizione; febbraio: il leader hutu del Pds Felicien Gatabazi e il dirigente del Cdr Martin Bucyana sono assassinati. Violenze provocano decine di morti a Kigali; 4 aprile: l'Onu sollecita ancora una volta l'attuazione degli Accordi di Arusha ed il giorno dopo proroga di 4 mesi il mandato dell'Unamir (2.519 uomini di 23 paesi); 6 aprile: di ritorno da Dar-es-Salam dove hanno partecipato ad un vertice sui problemi della regione dei Grandi Laghi, Juvenal Habyarimana ed il Presidente del Burundi, Cyprien Ntaryamira, vengono uccisi nei pressi di Kigali in una sciagura aerea causata da tiri di mortaio. Immediata e brutale la reazione della Guardia Presidenziale (composta da 700 uomini nativi della regione del Presidente ucciso) che attacca non soltanto i tutsi ma anche gli hutu nel sud e tutti gli avversari del Presidente; 7 aprile: iniziano i massacri a Kigali. Assassinio del Primo Ministro, Agathe Uwilingiyimana, e di dieci caschi blu belgi; vengono liquidati diversi ministri e responsabili politici appartenenti a Psd, Mdr e Pl. Nella notte il Fpr esce dalle sue postazioni di Kigali e alcune unità si muovono dal nord del paese. 9 aprile: mentre le stragi si estendono in tutto il paese, Theodore Sindikumwabo assume l'interim della presidenza e Jean Kambada la guida del governo provvisorio formato, come il precedente dal Mrnd, Mdr, Psd e Pl. La Francia e il Belgio inviano truppe per evacuare i connazionali. La famiglia Habyarimana è portata, con aerei francesi, a Bangui e in seguito a Parigi; 19 aprile: la violenza si estende a Butare, dove il prefetto (che si oppone ai massacri) è arrestato e fatto sparire; 21 aprile: a New York il Consiglio di sicurezza dell'Onu riduce da 2.700 a 450 i caschi blu e gli osservatori presenti in Rwanda, con il compito di mediare un cessate il fuoco e la ripresa degli aiuti umanitari; 17 maggio: il Consiglio di sicurezza vota l'invio di 5.500 caschi blu in Rwanda e impone un embargo sulle armi; 19 maggio: dopo avere conquistato gran parte del nord e dell'est del paese l'Fpr accentua la pressione su Kigali che viene abbandonata in massa dalla popolazione hutu. Il governo provvisorio si rifugia a Gitarama (40 chilometri a sud-ovest delle capitale) e poi a Gisenyi, a ridosso della frontiera con lo Zaire; 22 maggio: il Fpr conquista l'aeroporto di Kigali; 25 maggio: la Commissione dei diritti umani dell'Onu decide di inviare in Rwanda un osservatore, Réné Degni-Ségui, per indagare sulle violazioni dei diritti umani; Mme Michaux-Chevry, Ministro francese dell'Azione umanitaria, pronuncia la parola "genocidio"; 8 giugno: la Chiesa cattolica viene decapitata: il Fpr annuncia che tre vescovi e dieci preti cattolici sono stati uccisi da suoi soldati nel vescovado di Kabgayi. Altri dieci sacerdoti sono uccisi dai militari hutu; 16 giugno: Alain Juppé, Ministro francese per gli Affari Esteri, annuncia l'imminenza di un intervento militare francese; 22 giugno: su proposta della Francia il Consiglio di sicurezza dell'Onu autorizza un intervento umanitario armato (risoluzione n.929) in Rwanda. La risoluzione non prevede nessuna azione giuridica contro i responsabili del genocidio; 23 giugno: avuta via libera dal Consiglio di sicurezza dell'Onu la Francia lancia l'operazione Turquoise (un iniziativa autonoma, parallela all'Unamir) per proteggere i civili e garantire la distribuzione degli aiuti. Secondo il Fpr, che la contesta, i fini umanitari mascherano però un intervento a sostegno dei governativi; 28 giugno: il rapporto delle Nazioni Unite sul genocidio dei tutsi e il massacro degli hutu in Rwanda è presentato a Ginevra; 4 luglio: Butare e Kigali cadono nelle mani del Fpr. La Francia crea una zona di sicurezza nel sud-ovest del paese; 13 luglio: inizio dell'esodo massiccio dei rwandesi in direzione di Goma nello Zaire; 15 luglio: gli Usa non riconoscono più il vecchio governo; 17 luglio: il governo di unione nazionale è formato a Kigali. Il colera si diffonde tra i rifugiati di Goma e miete migliaia di vittime; 28 luglio: il Segretario generale delle Nazioni Unite annuncia la creazione di una Commissione di inchiesta incaricata di identificare i responsabili del genocidio; 22 agosto: alla scadenza fissata dal mandato dell'Onu, l'operazione Turquoise giunge alla fine. L'esodo verso Cyangugu è meno massiccio che l'afflusso dei rifugiati a Goma. 26 agosto: l'Hcr accusa gli hutu di avere instaurato un "regime di terrore" nei campi profughi rwandesi dello Zaire e chiede a Kinshasa di rafforzare la sicurezza; 31 agosto: il nuovo ambasciatore del Rwanda alle Nazioni Unite prende parte per la prima volta ad una seduta del Consiglio di sicurezza dell'Onu; 11 sett.: il capo della Missione Unamir, Karen Kenny, rassegna le dimissioni per protestare contro la scarsezza dei mezzi con cui sono state dotate le forze di pace; 12 sett.: il Primo Ministro Faustin Twagiramungu annuncia al giornale francese Info Matin un'amnistia generale per fare rientrare i profughi; 16 sett.: alcuni membri delle Ong presenti in un campo profughi dello Zaire annunciano di volere interrompere le operazioni umanitarie in segno di protesta, perché il campo si sta trasformando in una base per le forze leali al vecchio governo. La Banca Mondiale non concede il prestito di 250 milioni di dollari sino a quando il Rwanda non pagherà gli arretrati; 19 sett.: riaprono le scuole per la prima volta da aprile; 23 sett.: l'Onu decide l'invio di nuovi contingenti nel sud-est del paese, dopo i resoconti di nuove atrocità in quelle regioni; 3 ottobre: una Commissione dell'Onu conclude che il genocidio in Rwanda è stato perpetrato da "elementi" hutu ai danni della popolazione tutsi e invita il Tribunale per i crimini di guerra nella ex Yugoslavia ad occuparsi anche delle violazioni nel paese africano; 8 ottobre: un portavoce Onu dichiara che milizie del governo deposto sarebbero nuovamente attive nelle regioni orientali del paese; 31 ottobre: secondo membri delle Ong presenti in Rwanda, l'esercito del Fpr sarebbe l'autore di frequenti episodi di saccheggi e vendette; 9 nov.: il Consiglio di sicurezza dell'Onu decide l'istituzione di un Tribunale internazionale per i crimini commessi in Rwanda; il delegato rwandese vota contro la proposta; 15 nov.: un gruppo di politici hutu dell'ex governo in Zaire annuncia la formazione di un "governo in esilio" guidato da Theodore Sindikubwabo; 25 nov.: a Kigali si insedia l'Assemblea nazionale di transizione, il parlamento ad interim composta da 70 membri; 14 dic.: le forze Onu entrano nei campi del sud-ovest del paese per disarmare i miliziani; Da http://www.israt.it/israt/sportello/...william/12.htm In Africa, invece, nel 1994, in un contesto di guerre "dimenticate", con il loro drammatico strascico di dolore e di morte, fu il Ruanda ad esplodere. In conseguenza di una grave crisi interna provocata dalla morte del Presidente hutu della Repubblica, Juvenal Habyarimana, abbattuto con il suo aereo da due missili sparati da ignoti, si scatenò una spaventosa caccia ai membri della comunità dei Tutsi (secondo gruppo etnico del paese), accusati di essere i responsabili dell'azione (fatto mai dimostrato). La repressione venne organizzata da parte di milizie hutu, Rete Zero (dove per zero si intende zero tutsi) ADDESTRATE DAL DEFUNTO PRESIDENTE ALL'ODIO ETNICO E SOSTENUTE, fino alla morte di Habyarimana, MILITARMENTE E FINANZIARIAMENTE DAL GOVERNO FRANCESE; e poi dal corpo delle guardie presidenziali, denominato interhamwè. Il risultato fu un vero e proprio genocidio che vide il massacro di circa un milione di persone nel giro di poco più di un mese, in gran parte uccise con i machete in un'orgia collettiva di sangue e panico. Subito dopo centinaia di migliaia di profughi si rifugiarono nei paesi limitrofi provocando una destabilizzazione generale su tutta l'area dei grandi laghi nel cuore del grande continente. Da http://www.corriere.it/Primo_Piano/E...8/ruanda.shtml Esteri E' la prima sentenza di questo tipo al mondo Belgio: condannate due suore per genocidio Le religiose ritenute complici dei massacri avvenuti in Ruanda. Con loro giudicati colpevoli un professore e un ex ministro BRUXELLES (BELGIO) - Una sentenza che non è inesatto definire storica. Sono tutti colpevoli di crimini di guerra i quattro imputati (due suore cattoliche, un ex ministro ed un ex professore di università), processati davanti a un tribunale belga per il genocidio perpetrato nel 1994 in Ruanda: la sentenza è la prima emessa da un tribunale civile per crimini di guerra perpetrati da cittadini stranieri in un altro Paese. I quattro erano accusati di avere aiutato i massacratori di etnia hutu a bruciare vivi migliaia di profughi che avevano cercato rifugio in una chiesa, sette anni fa. LA VICENDA - La pena sarà comminata la prossima settimana, ma tutti i condannati rischiano l'ergastolo. La vicenda che vide coinvolti suor Maria Visito Mukabutera e suor Gertrude Mukangango insieme a Vincent Ntezimana, ex professore universitario, e Alphonse Higaniro, ex ministro dei trasporti in Ruanda è degna di un film dell'orrore. Le suore avrebbero consegnato agli Hutu dei cittadini Tutsi che si erano rifugiati nel loro convento a Sovu. Avrebbero inoltre fornito il carburante alle milizie Hutu per bruciare circa 500 Tutsi riparati in un garage. In due mesi di processo, il tribunale del Belgio - ex presenza coloniale in Ruanda - ha ascoltato le testimonianze di numerosi sopravvissuti al genocidio. Gli imputati - che vivevano in Belgio dall’inizio dell’instaurazione di un governo pro-Tutsi in Ruanda - si sono invece dichiarati innocenti dall’inizio dell’inchiesta. Adesso, le organizzazioni umanitarie sperano che l’esito de processo belga stabilisca un precedente per gli altri casi di crimini di guerra ancora impuniti. Poco prima della sentenza di Bruxelles, il Tribunale Criminale Internazionale per il Ruanda (ICTR) - situato nel Paese africano, ad Arusha - aveva dichiarato innocente Ignace Bagilshema, ex sindaco ruandese accusato del genocidio di 45 mila Tutsi. Punto quarto: il Tribunale Penale Internazionale per il Ruanda: Sito Ufficiale: http://www.ictr.org/ E inoltre da http://www.volint.it/scuolevis/dirittiumani/3.1e.htm Nel novembre del 1994, al fine di punire le atrocità commesse durante la guerra civile, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha istituito, in base al Cap. VII della Carta dell’ONU, il Tribunale Internazionale per la prosecuzione delle persone responsabili di genocidio e di altre serie violazioni delle leggi internazionali umanitarie commesse nel territorio del Ruanda e dei cittadini del Ruanda responsabili di genocidio e di altre gravi violazioni del diritto internazionale commesse negli Stati confinanti. Il Tribunale ha competenza sui crimini commessi dal 1 gennaio del 1994 al 31 dicembre del 1994. Tale Tribunale ha sede ad Arusha in Tanzania ed è costituito da tre Collegi di Primo Grado (composti ciascuno da tre giudici) ed un Collegio di Appello (composto da sei giudici). La prima incriminazione fu emessa dal Tribunale nel novembre del 1995. Oggi sono in arresto cautelare in Arusha 44 individui. Nel maggio del 1998 il Tribunale ha condannato all’ergastolo l’ex Primo Ministro del Ruanda, Kambanda, per aver commesso e pubblicamente confessato il crimine di genocidio. È stata la prima condanna per genocidio mai emessa nei confronti di una persona. Ancora su questa condanna da http://www.manitese.it/mensile/598/ruanda1.htm "SONO COLPEVOLE DI GENOCIDIO" L'ex-Primo Ministro ruandese Kambanda ammette ad Arusha di aver ordinato il genocidio dei Tutsi. E' la prima ammissione raccolta dal Tribunale penale delle Nazioni Unite incaricato di giudicare i responsabili del massacro nel 1994 di almeno cinquecentomila persone. a cura di Franco Marzolo Forse non sarà "famoso" come il "Tribunale ONU per i crimini contro l'umanità compiuti nella Ex-Yugoslavia", ma il "Tribunale penale internazionale sul genocidio compiuto in Ruanda" -anch'esso creato dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite- sta finalmente rilanciando le sue attività. Compito di tale tribunale è mettere a giudizio i responsabili del genocidio del 1994 compiuto in Ruanda, quando centinaia di migliaia di ruandesi, soprattutto di etnia Tutsi, furono selvaggiamente sterminato per ordine del governo di Kigali. I leaders Tutsi, che ora comandano nella capitale dopo aver preso il potere grazie ad una fulminea campagna militare in cui furono aiutati dagli ugandesi, hanno sempre sostenuto che "esisteva un piano preciso", studiato a tavolino, per compiere il genocidio e far saltare gli "Accordi di Arusha" in base ai quali il Presidente (Hutu) Habyarimana si apprestava a condividere il potere con esponenti Tutsi. ESTRADATO Dopo circa quattro anni di criticata inattività, adesso il "Tribunale penale per il Ruanda" (TPR) ha cominciato a giudicare i principali esponenti politici dell'epoca. Ha fatto particolare impressione la testimonianza resa dall'ex-primo ministro ruandese Jean Kambanda, che si è chiaramente dichiarato "colpevole di genocidio". Kambanda occupò la carica di Primo Ministro "ad interim" nel periodo più drammatico della guerra civile che ha provocato la morte di oltre cinquecentomila mila persone e che si è configurata come un genocidio compiuto da membri dell'etnia Hutu contro i Tutsi, in cui trovarono la morte però anche moltissimi Hutu moderati. Kambanda era stato estradato nove mesi fa dal Kenya in Tanzania, dove ha sede il tribunale internazionale costituito sotto gli auspici dell'ONU. GENOCIDIO Durante la sua prima udienza , Kambanda si è detto colpevole per tutti i capi di imputazione contestatigli, di cui il più grave è "organizzazione di genocidio". Kambanda è il primo degli imputati comparsi davanti al Tribunale di Arusha a dichiararsi colpevole. Altre 22 persone sono sotto processo. Questo suo atteggiamento potrebbe fare pensare che è pronto a fare rivelazioni su quanto avvenne nel terribile 1994 in Ruanda. Le sue dichiarazioni sono state salutate come "evento storico senza precedenti" dai giudici del Tribunale, perché "è la prima volta nella storia che una persona accusata ha ammesso e dichiarato la propria colpevolezza per il crimine di genocidio di fronte a un tribunale penale internazionale", è stato fatto notare. L'ex-premier (42 anni) si è anche autoaccusato di "cospirazione a commettere genocidio", "complicità in genocidio", "incitamento pubblico e diretto a commettere genocidio", "crimini contro l'umanità". Di fronte alla Corte, composta dai giudici senegalese Laity Kama (presidente), svedese Lennart Aspegren e sudafricano Navanethem Pillay, il difensore di Kambanda, il camerunese Michael Oliver Ingliss, ha quindi aggiunto che il suo assistito è pronto anche a testimoniare contro gli altri imputati che facevano parte del governo da lui presieduto nell'aprile-luglio 1994. PATTEGGIAMENTO L'avvocato Ingliss ha poi puntualizzato che la dichiarazione di colpevolezza di Kambanda, che era stato arrestato il 18 luglio 1997 a Nairobi insieme con altri sei esponenti del deposto regime hutu ruandese, è stata decisa "liberamente e volontariamente" dopo la definizione di un "accordo" con la pubblica accusa. Dell'accordo, non sono stati forniti dettagli, ma fonti del Tribunale hanno negato che si tratti di un "patteggiamento" per la riduzione della pena. Per i reati di cui è imputato Kambanda, la massima pena prevista è quella dell'ergastolo, poiché il Tribunale (istituito dalle Nazioni Unite nel novembre 1994) non può comminare sentenze capitali, diversamente da quanto avviene in Ruanda, dove il 24 aprile sono stati pubblicamente giustiziati i primi 22 condannati a morte per il genocidio. RILANCIO ATTIVITÀ Le spettacolari ammissioni di Kambanda dovrebbero contribuire a porre fine alle roventi polemiche per la passata gestione del kenyano Adronico Adede, primo "cancelliere capo" del TPR rimosso dopo un'inchiesta interna nel febbraio 1997 per la sua inefficienza come responsabile organizzativo del Tribunale (che a tutt'oggi non ha ancora emesso una sentenza). A indiretto riconoscimento della nuova gestione, il Consiglio di Sicurezza dell'ONU ha del resto accolto la richiesta del nuovo "cancelliere capo", il nigeriano Agwu Ukiwe Okali, per la creazione di una terza sezione giudicante, con la nomina di altri tre giudici che vanno ad aggiungersi ai sei colleghi delle due già operanti Altre condanne eccellenti da http://www.sirio.com/cri-re/diu_agg.htm Tribunale internazionale: Ruanda, 12 anni all’italiano Ruggiu per genocidio. Giorgio Ruggiu, cittadino italiano nato in Belgio, è stato condannato ieri a dodici anni di carcere dal Tribunale internazionale di Arusha (Tanzania), per il suo coinvolgimento nel genocidio ruandese del 1994. Ruggiu era stato speaker radiofonico a Kigali, capitale del Ruanda. Nei suoi confronti, accuse di istigazione all’odio: il tribunale ha preso atto della sua ammissione di colpevolezza e gli ha risparmiato l’ergastolo. "Mi rincresce e ho deciso di assumere le mie responsabilità – aveva detto Ruggiu durante l’udienza del 15 maggio. – Sono colpevole". [Corriere della Sera, 2 giugno 2000]. E da http://www.mmc2000.net/mondoaperto/r...&tipo=rassegna RUANDA, SI CONSEGNA ALL´ONU IL PRETE ACCUSATO DI GENOCIDIO ROMA - Alla fine ha scelto di consegnarsi spontaneamente. Senza attendere il decreto della Presidenza del Consiglio o una legge, specifica, del Parlamento. Don Atanasio Sumba Bura, al secolo Athanase Seromba, prete cattolico ruandese di 38 anni, colpito da ordine di cattura internazionale per genocidio, ha lasciato la piccola chiesa di San Mauro a Signa. Ha preso un volo per la Tanzania e ieri pomeriggio è atterrato a Dar es Salam. Lo accompagnavano due funzionari italiani dell´Interpol: una misura di sicurezza che lo stesso sacerdote aveva chiesto alla Questura di Firenze dopo aver preso la decisione di chiudere la partita con il Tribunale internazionale per il Ruanda di Arusha. Non si sa quando don Athanase si consegnerà al Procuratore del Tribunale, istituito nel novembre del 1995, un anno dopo lo spaventoso genocidio in cui vennero inseguiti, braccati, snidati e poi uccisi a colpi di machete quasi 800 mila ruandesi di etnia tutsi e hutu moderati. Ma è certo che la scelta del sacerdote chiude un capitolo difficile e imbarazzante nei rapporti tra il Tribunale internazionale de l´Aja, fratello maggiore di quello di Arusha, e il governo italiano. Indicato da decine di testimoni, tra i quali una decina di sopravvissuti, come il protagonista di una delle stragi più spaventose di tutto il genocidio ruandese, don Athanase Seromba fu colpito da un ordine di cattura internazionale per crimini contro l´umanità, cioè sterminio. Secondo l´atto d´accusa, l´8 aprile del 1994, durante le prime fasi del genocidio, l´allora parroco della piccola chiesa di Nyange, nel distretto di Kivumu, accolse quasi duemila tutsi. C´erano molte donne, vecchi e bambini. Da giorni fuggivano ai rastrellamenti degli Interahamwe, milizie paramilitari degli estremisti hutu. Nascosti nella boscaglia e sulle colline che circondano Kigali, i tutsi vennero esortati ad uscire allo scoperto e a rifugiarsi in chiesa. Don Athanase li fece entrare e garantì loro una sorta di salvacondotto. Ma quel rifugio si rivelò una trappola. Mortale. Per una settimana, i duemila fuggiaschi furono ridotti alla fame e alla sete. Poi, secondo un piano studiato a tavolino, alcuni funzionari della polizia locale, assieme ai dirigenti degli estremisti hutu, chiamarono a raccolta migliaia di Interahamwe. Dopo vari tentativi andati a vuoto, grazie ad una disperata resistenza dei prigionieri, il 16 aprile venne sferrato l´attacco finale. Un migliaio di estremisti hutu, tra cui molte donne, tutti armati fino ai denti, fecero irruzione nella parrocchia. I tutsi si rifugiarono all´interno della chiesa. Ma gli assaltanti si arrampicarono sul tetto, tolsero alcune tegole, gettarono al´interno delle granate e versarono della benzina. Si sviluppò un incendio e molti rifugiati morirono tra le fiamme. Alcuni tentarono una fuga disperata. Ma non fecero in tempo ad attraversare il piazzale interno della parrocchia: decine di cecchini, piazzati sul muro di cinta, spararono sui fuggiaschi come in un tiro a segno. E qui le testimonianze accusano padre Athanase di aver svolto un ruolo attivo e determinante. Lui stesso avrebbe imbracciato un fucile a ripetizione iniziando a sparare. Almeno duecento tutsi erano però rimasti all´interno della chiesa in fiamme. Una resistenza che mandò su tutte le furie il parroco. Don Athanase disse a due estremisti hutu di andare in un cantiere vicino e prendere un paio di caterpillar. Quindi ordinò di demolire la piccola chiesa di Nyange e di seppellire sotto le macerie i sopravvissuti. La storia del massacro fu tenuta nascosta per mesi. Un anno dopo, gli investigatori del Tribunale internazionale di Arusha produssero un dossier circostanziato. La vicenda fu ricostruita nei particolari e si indicarono le responsabilità dirette e personali di don Athanase Seromba nella strage. Il Tribunale spiccò un ordine di arresto, ma il sacerdote, nel frattempo, era sparito. Riapparve nel '99 a Firenze, dove celebrava messa in una piccola chiesa. Nell´agosto del 2001 fu segnalato nella parrocchia di San Mauro a Signa. Nuove proteste, questa volta anche da parte del procuratore generale de L´Aja, Carla del Ponte. Il magistrato incontrò Berlusconi a Roma e chiese al premier di collaborare: "L´Italia deve consegneralo al Tribunale internazionale". La Curia di Firenze, imbarazzata, fece quadrato attorno al suo sacerdote. Padre Seromba riflette e spedisce due lettere: una alla stessa Del Ponte e un´altra al cancelliere del Tribunale di Arusha. Annuncia la sua intenzione di costituirsi. Lo dice, sempre per lettera, all´arcivescovo di Firenze, Ennio Antonelli. "Ho gridato in lungo e in largo", scrive , "per giustificare la mia innocenza. Ma il mio grido non è stato ascoltato. Perché davanti alla politica e alla giustizia umana non è sufficiente gridare, ma bisogna provare la propria innocenza davanti ad un´istituzione politico-umana". Ora, finalmente, avrà occasione di farlo. Daniele Mastrogiacomo – La Repubblica 7.02.2002 Collocazione: Esteri, p. 20 |
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da http://www.tempi.it/archivio/articolo.php3?art=4292 Quei Servizi di "le Monde" Il quotidiano dei girotondini francesi acquista testate cattoliche, i cui proprietari forse non ricordano le posizioni di Colombani&C. sul genocidio ruandese La notizia da leccarsi i baffi è la seguente: recentemente il gruppo editoriale Le Monde ha perfezionato l’acquisizione del 30% delle “Publications de la Vie catholique” (Pvc), editore tra l’altro di Télérama e La Vie. In un articolo informativo dello scorso 24 luglio, Le Monde ha voluto far sapere che «la famiglia Hourdin, Michel Houssin, Geneviève Laplagne, François de la Villeguérin e Jacques Bayet (proprietari di Pvc - ndr) cercavano un acquirente per una parte delle loro azioni: un nuovo partner che condivida al loro fianco la preoccupazione per l’indipendenza del gruppo ed il rispetto dei valori del cristianesimo» (in corsivo nel testo originale). I laicissimi proprietari di Le Monde (una cooperativa giornalistica) hanno sottoscritto volentieri l’accordo: come si dice da secoli, Parigi val bene una Messa. Però… C’è almeno un però. Nel 1994 tutta la stampa francese, cattolica e non, denunciò il genocidio dell’etnia tutsi in Ruanda, compiuto da un regime amico della Francia di Mitterrand. L’UNICA ECCEZIONE RELATIVA FU QUELLA DI LE MONDE, CHE TENTÒ SOSPETTI EQUILIBRISMI. NEL 1998 UN LIBRO DELL’AFRICANISTA JEAN-PAUL GOUTEUX (UN GÉNOCIDE SECRET D’ETAT. LA FRANCE ET LE RWANDA 1990-1997, EDITIONS SOCIALES) RACCONTA ALCUNI RETROSCENA DEL GENOCIDIO E PARLA DI UNA VERA E PROPRIA STRATEGIA DI DISINFORMAZIONE DOVUTA IN PARTICOLARE A LE MONDE; DEFINISCE “ONOREVOLI COLLABORATORI” - ESPRESSIONE ABITUALMENTE UTILIZZATA PER DEI GIORNALISTI CHE SEGUONO LE DIRETTIVE DEI SERVIZI SEGRETI - IL DIRETTORE DI LE MONDE JEAN-MARIE COLOMBANI ED I GIORNALISTI DEL QUOTIDIANO JACQUES ISNARD E JEAN HÉLÈNE. PARTE LA QUERELA. SOTTO ACCUSA È IL CAPITOLO INTITOLATO “IL RUOLO DEI SERVIZI SEGRETI”, SOTTOTITOLO: “DEI GIORNALISTI NELL’OMBRA DEI MESSIEURS AFRIQUE”. IN QUEL CAPITOLO GOUTEUX METTE IN EVIDENZA COME GLI ARTICOLI DI LE MONDE ABBIANO DESCRITTO LA SITUAZIONE IN RUANDA COME SE SI TRATTASSE DI UNO SCONTRO A BASE ETNICA TRA DUE AVVERSARI CHE SI COMBATTONO, GLI HUTU E I TUTSI, QUANDO IN REALTÀ IL REGIME DELLA FAMIGLIA HABYARIMANA, AUTORITARIO E RAZZISTA, ERA SALDAMENTE IN MANO AGLI HUTU E MISE IN ATTO UNA VERA E PROPRIA STRATEGIA GENOCIDA CHE COSTÒ LA VITA AD ALMENO 800MILA PERSONE. DUE ANNI DOPO LE MONDE PERDE LA CAUSA. Nella sentenza del 10 maggio 1999 pronunciata dal Tribunale di Grande Istanza di Parigi e favorevole a Jean-Paul Gouteux, si tiene conto della “testimonianza” di Claude Silberzahn, ex direttore della Direzione Generale della sicurezza esterna (Dgse, i servizi segreti francesi), che nel 1995, nel libro Au Coeur du secret, scritto insieme a Jean Guisnel, a pagina 100, a proposito di due interviste pubblicate da Le Monde scrive: «Il momento della loro pubblicazione è stato a lungo “complottato” con gli amici che ho da molto tempo in questo giornale - ed in particolare Jacques Isnard che le ha realizzate e Jean-Marie Colombani che le ha accolte. La scelta di Le Monde era stata dettata dalla mia volontà di toccare le capitali straniere, l’ambiente decisionale parigino...». Se Jean-Marie Colombani e Jacques Isnard sanno rendersi utili ai “servizi”, scrive il tribunale nella sua sentenza, non può essere messa in dubbio la buona fede di Jean-Paul Gouteux quando li definisce “onorevoli corrispondenti”, termine, come conferma il tribunale, «abitualmente utilizzato nei confronti di giornalisti in relazione con i servizi segreti». La sentenza è stata confermata il 31 marzo del 2000 dalla Corte d’appello di Parigi. Rispetto dei valori del cristianesimo? Ma mi faccia il piacere, avrebbe detto Totò. di Arrigoni Gianluca |
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Ancora un link sul genocidio e sul tribunale penale internazionale
Da http://www.amnesty.it/campaign/icc/i...es/ruanda.html Più di 3.000 persone - soprattutto tutsi, ma anche membri hutu di partiti di opposizione - sono state uccise nella Chiesa parrocchiale di Mukarange (Prefettura di Kibungo, nel Ruanda orientale). Le vittime, rinchiuse nell'edificio principale della parrocchia, sono state colpite da un lancio di granate. Circa 2.500 persone sono morte durante l'attacco mentre altre 500 sono state abbattute mentre tentavano di fuggire. Altre 1.000 persone sarebbero state convogliate verso il lago Muhazi mentre gli aggressori continuavano a sparare. Si ritiene che solo 50 persone siano sopravvissute attraversando il lago su fusti di banana. Un giornalista ha raccontato di aver smesso di contare i corpi quando è arrivato a 3.005. Fino a un milione di persone sono state uccise tra aprile e luglio del 1994. Coloro che hanno ideato il genocidio hanno agito nella convinzione di poter uccidere impunemente. Forse, se ci fosse stato un Tribunale penale internazionale quando hanno predisposto il proprio disegno, sarebbero stati scoraggiati. Se invece avessero continuato, non avrebbero saputo dove nascondersi. Sarebbero stati tempestivamente consegnati al Tribunale penale internazionale oppure processati dallo stato autore dell'arresto o da altra giurisdizione in grado di garantire un processo equo. La giustizia si sarebbe mossa tempestivamente e non ci sarebbe stata una lunga attesa per l'istituzione del Tribunale ad hoc per il Ruanda. Per impedire il ripetersi di siffatte atrocità è necessaria l'istituzione di un Tribunale penale internazionale che garantisca la giustizia e scoraggi i potenziali criminali. Qualche link sulle magre (eufemismo) figure dell’ONU in quell’anno (1994), che già all’epoca ne aveva collezionato diverse nella ex-jugoslavia, ma che ancora non aveva raggiunto il culmine che toccherà con l’infamia di Sebrenica, l’anno successivo, il 1995 Da http://www.sgrtv.it/link/numeroiraq/...ele/ruanda.htm Ruanda: un genocidio annunciato di Daniele Fortuna 22/05/03 Le fonti ufficiali parlano di 500 mila vittime. Per le organizzazioni umanitarie il numero dei morti sarebbe di gran lunga superiore: tra 800 mila e un milione di persone. L’unica certezza riguarda la connotazione giuridica: lo sterminio perpetrato in Ruanda nella primavera del 1994 è da considerarsi come un genocidio, cioè una serie di atti diretti alla distruzione di un gruppo nazionale, etnico o religioso, come stabilisce la Convenzione del 1948 sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio. I leader tutsi hanno sempre sostenuto che esisteva un piano preciso per compiere il genocidio e far saltare gli "Accordi di Arusha" in base ai quali l’allora presidente Habyarimana, di etnia hutu, si apprestava a trovare un accordo con esponenti tutsi, ponendo fine alla guerra civile che si protraeva da quattro anni. Il 6 aprile del 1994 l’aereo su cui viaggiava Habyariama fu abbattuto da alcuni estremisti della sua stessa etnia contrari alle aperture del leader. Fu il pretesto per dare il via al massacro. Nei mesi successivi gli squadroni della morte si accanirono contro i tutsi, massacrando le popolazioni di interi villaggi a colpi di machete. IL GENOCIDIO TERMINÒ NEL LUGLIO DELLO STESSO ANNO, QUANDO IL FRONTE PATRIOTTICO RUANDESE GUIDATO DAI TUTSI PRESE IL CONTROLLO DEL PAESE. Negazione di uno sterminio Come nell’ex Jugoslavia, le Nazioni Unite non hanno saputo né prevenire il genocidio, né proteggere la popolazione civile. Tra l’aprile e il maggio del 1994, mentre veniva compiuto lo sterminio, c’era un contingente delle forze di pace delle Nazioni unite sul territorio del Ruanda. Si limitarono a fare da spettatori invocando la natura ispettiva del loro mandato. Il Consiglio di sicurezza tagliò addirittura il numero di soldati impegnati sul territorio ruandese dopo l’uccisione di dieci militari belgi di scorta al premier Agate Uwiliyingimana, un hutu moderato. Il premier fu ucciso e i belgi vennero disarmati e massacrati a colpi di armi da fuoco. In una riunione del Consiglio di sicurezza dell’aprile 1994 si discusse della crisi ruandese. NESSUNO PARLÒ DI GENOCIDIO: CONSIDERARE LA CARNEFICINA IN ATTO IN RUANDA COME UN GENOCIDIO AVREBBE COMPORTATO PER LE NAZIONI UNITE L’OBBLIGO A INTERVENIRE. RESPONSABILE DEL DIPARTIMENTO PER LE MISSIONI DI PEACE-KEEPING ERA L’ATTUALE SEGRETARIO GENERALE KOFI ANNAN, CHE SOLO ANNI DOPO AVREBBE AMMESSO LE RESPONSABILITÀ DELLE NAZIONI UNITE. Nel novembre del 1994 il Consiglio di sicurezza ha istituito il Tribunale penale per il Ruanda, con sede ad Arusha in Tanzania. Dopo quattro anni di inattività sono arrivati i primi arresti. Attualmente 65 persone sono detenute per aver partecipato con ruoli diversi ai massacri del 1994. Si tratta soprattutto di militari e leader politici ma c'è anche il direttore di una radio locale, Rtlm, che istigò gli hutu ad armarsi contro i tutsi. Da http://www.cestim.org/rassegna%20sta...04.16_3onu.htm Mea culpa dell'Onu sul Ruanda da "Il Manifesto" del 16 Aprile 2000 NEW YORK Dopo sei anni, il Consiglio di sicurezza riconosce le responsabilità sul GENOCIDIO SEI ANNI FA, TRA APRILE E MAGGIO, SI CONSUMAVA IL GENOCIDIO IN RUANDA: 800 MILA PERSONE, IN MAGGIORANZA TUTSI MA ANCHE HUTU MODERATI, VENIVANO MASSACRATE NEL MODO PIÙ ATROCE, SOPRATTUTTO A COLPI DI MACHETE, SOTTO GLI OCCHI DISATTENTI DELLA COMUNITÀ INTERNAZIONALE E DELL'ONU. Ci sono voluti ben sei anni ma ieri, finalmente, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite ha assunto esplicitamente le proprie responsabilità rispetto a quanto accaduto nel 1994. IN UN DIBATTITO ORGANIZZATO DAL CANADA, I MEMBRI DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA HANNO RISPOSTO A UN RAPPORTO SUL RUOLO DELLE NAZIONI UNITE IN RUANDA CHE ACCUSAVA L'ORGANIZZAZIONE DI ESSERE STATA TROPPO TIMIDA, DISORGANIZZATA E MALDIRETTA PRIMA DEL GENOCIDIO E RESPONSABILE PER IL MANCATO INTERVENTO DOPO CHE IL MASSACRO ERA INIZIATO. LO STESSO SEGRETARIO GENERALE DELLE NAZIONI UNITE, KOFI ANNAN, CHE HA COMMISSIONATO L'INCHIESTA, È FINITO SOTTO ACCUSA IN QUANTO ALLORA CAPO DELLA MISSIONE PEACEKEEPING DELL'ONU PER NON AVER PRESO SUL SERIO GLI AVVERTIMENTI DEL GENERALE CANADESE ROMEO DALLAIRE, CHE GUIDAVA LE FORZE ONU. NEL 1994 LE NAZIONI UNITE AVEVANO IN RUANDA 2.500 PEACEKEEPERS MA FURONO RITIRATI SUBITO DOPO L'UCCISIONE DI DIECI SOLDATI BELGI. Il ministro degli esteri canadese, Lloyd Axworthy, ha detto che nessuno può ora guardarsi indietro senza provare rimorso e tristezza per non aver aiutato il popolo ruandese quando ne aveva bisogno. "L'inaudita brutalità degli autori del genocidio si sono burlati, ancora una volta, della promessa che non sarebbe successo "mai più", impegno preso dopo l'Olocausto. L'AMBASCIATORE OLANDESE PETER VAN WALSUM, SOSTENENDO CHE L'ONU ERA AGGRAPPATA A UN PROCESSO DI PACE IRRILEVANTE, HA ALLARGATO IL DISCORSO ALLE RESPONSABILITÀ DELLA FRANCIA NELL'"OPERAZIONE TURQUOISE". Alla fine comunque i quindici del Consiglio di sicurezza hanno sottolineato che importante è la lezione da trarre da quanto successo per evitare che si ripeta, soprattutto in Africa, dove il pericolo è ancora presente. Per l'ambasciatore Usa, Richard Holbrooke, il miglior modo di dimostrare di aver appreso la lezione è quello di riportare la pace in Congo. L'ambasciatore ruandese all'Onu, Joseph Mutaboba, ha apprezzato il rapporto e le raccomandazioni espresse ma ha detto che il Consiglio di sicurezza deve fare di più: "non è mai troppo tardi per fare le cose giuste". Il riferimento era alla richiesta di un "mini piano Marshall" per la ricostruzione del suo paese. Peraltroin gennaio le famiglie di due vittime ruandesi avevano avviato un'azione legale contro le Nazioni unite per complicità negli omicidi. Ad avviare la denuncia erano stati due avvocati australiani sulla base delle accuse di due donne sopravvissute alle stragi: la hutu Anonciata Kavaruganda e la tutsi Louise Mushikiwabo. la Kavaruganda è vedova di un giudice hutu della Corte suprema ruandese, assassinato perché considerato "simpatizzante dei tutsi". Secondo le accuse i soldati Onu, del Ghana, avrebbero fatto amicizia con gli attentatori e invece di proteggere la famiglia del giudice avrebbero assistito, senza intervenire, alla tortura della moglie e dei figli. Louise Mushikiwabo, sorella di Lando Ndaswinga, l'unico ministro tutsi del governo ruandese all'epoca, avrebbe visto fuggire la scorta del fratello poco prima che questo fosse trucidato insieme con la madre Notizia curiosa su uno “strano” investigatore ONU da http://ilgiorno.quotidiano.net/art/2001/05/20/2177540 RUANDA, ARRESTATO PER GENOCIDIO INVESTIGATORE ONU KIGALI, 20 MAGGIO 2001 - Il tribunale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra in Ruanda ha arrestato uno dei suoi investigatori, accusato di genocidio. Simeon Nshamihigo è stato identificato da un testimone, che lo ha riconosciuto come uno dei miliziani agli ordini dell'ex comandante hutu Samuel Imanishimwe, che uccisero migliaia di tutsi durante la guerra civile del 1994. Insieme a lui sono stati arrestati con l'accusa di genocidio e crimini contro l'umanità anche due ex funzionari del governo ruandese. Il tribunale dell'Onu ha sede ad Arusha, in Tanzania. |
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da http://www.ecn.org/cassasolidarietan...tarista/16.htm Un "Turchese" rosso sangue A quattro anni dal massacro in Ruanda, nell’ennesimo anniversario, molti fantasmi aleggiano ancora nell’aria. Sotto la copertura fornita dal piano di aggiustamento strutturale della Banca Mondiale, attraverso l’utilizzo di fondi di investimento destinati a privati, il governo ruandese avrebbe finanziato il genocidio che ha devastato il paese nel ’94 (oltre 500.000 ruandesi uccisi). I dati agghiaccianti emergono da un rapporto delle Nazioni Unite, che doveva rimanere segreto, e riguardano l’investimento di fondi della Banca Mondiale destinati allo sviluppo economico del paese che sono stati utilizzati per acquistare più di 580 tonnellate di machetes, considerate "armi bianche", senza destare alcun sospetto nella comunità internazionale. Il passaggio appare cristallino nella sua sotterranea macchinazione: i paesi "civilizzati", attenti sostenitori della Banca Mondiale, investono denaro in questa che dovrebbe "incentivare" lo sviluppo economico di paesi in difficoltà. Nessuno si accorge che più dell’80% del fondo destinato tra il ’90 ed il ’94 al Ruanda servì per acquistare armamenti dai paesi "civilizzati" (gli stessi sostenitori della Banca Mondiale)? Il regime Hutu, le forze armate governative, le milizie hanno avuto anni per affilare i loro machetes. Come non accorgersi che i militari francesi, insediatisi in Ruanda dal ’90 al ’94 per "evacuare i francesi", addestrarono inoltre indisturbati l’esercito e le milizie che poi portarono a termine il genocidio, il terzo del secolo dopo quello di armeni ed ebrei? La missione "TURQUOISE" ("Turchese") appare in realtà assumere colori ben più cupi, di morte. A volte le nostre analisi sembrano anche a noi stessi viaggiare nei cieli lontani dell’astrattezza. Purtroppo è la realtà stessa che si prende la briga di dimostrarci che quando sosteniamo che sono gli stati ed il capitale (soprattutto quelli di casa nostra) a provocare le guerre, stiamo solo descrivendo una tragica normalità. e da http://www.ecn.org/bandierarossa/dos.../4_africa.html Crisi nel Kivu e in Ruanda Aiuto umanitario, vendita di armi e intervento militare di Eric Toussaint (26 novembre 1966) Dal genocidio del 1994 alla crisi dell'ottobre/novembre 1996 Negli ultimi due anni, gran parte dell'aiuto umanitario fornito ufficialmente ai profughi ruandesi ad est dello Zaire è servito in realtà per acquisti di armi. Le milizie razziste hutu e quel che resta dell'esercito genocida del vecchio regime di Habyarimana hanno usato il denaro dell'aiuto umanitario per impedire per anni che nel loro paese rientrassero svariate centinaia di migliaia di ruandesi. I miliziani estremisti hutu e i militari dell'ex esercito ruandese organizzavano una vera e propria dittatura nei campi dei rifugiati. I governi imperialisti ne erano al corrente. Il governo francese è direttamente complice. Prima, durante e dopo il genocidio, le industrie di armi del Nord hanno fornito le loro merci mortifere ai responsabili del genocidio (cfr. Scheda 1). Antecedenti: dal 1990 al 1993 A partire dal 1990, la dittatura di Habyariana ha accolto un piano di riassetto strutturale imposto dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetario Internazionale. Una parte rilevante del denaro prestato da queste istituzioni multilaterali è stata usata dal regime dittatoriale per acquistare le armi servite a organizzare il genocidio che ha provocato oltre un milione di morti in tre mesi a partire dall'aprile 1994 (cfr. successivo articolo di Sabine Legrand). La politica di riassetto imposta dalla BM e dal FMI ha privato del loro reddito i piccoli produttori di caffè (perlopiù hutu) trasformandoli in una riserva di reclutamento per l'esercito ruandese (i cui effettivi sono quadruplicati tra il 1990 e il 1994) e le milizie estremiste hutu. La paga dei militari e dei miliziani proveniva dai soldi ricevuti come prestito. In questo periodo veniva minuziosamente preparato il piano del genocidio. Attualmente Il nuovo regime ruandese è costretto dalla BM e dal FMI a rimborsare il denaro che è servito ad armare il braccio degli artefici del genocidio. Di una parte rilevante delle ricchezze del Ruanda sia appropriano istituzioni e governi che hanno chiuso gli occhi di fronte ai preparativi del genocidio. La Francia si fa rimborsare un aiuto bilaterale che è servito ad acquistare armi dalle industrie francesi. Il ritorno massiccio dei rifugiati verso il Ruanda possibile grazie allo sbandamento delle milizie estremiste hutu e dell'ex esercito genocida a partire da metà novembre del 1966 (cfr. articolo di Colette Braeckman) ha per il momento sventato i piani degli strateghi militari del Nord, che sognavano di mandare nella zona una forza militare straniera di 12.000 persone. Scandalosamente, però, i governi del Nord si guardano bene dall'aprire le proprie borse per fare arrivare, senza i propri militari, l'aiuto umanitario di cui ha urgente bisogno la popolazione civile. I governi del Nord (a partire dalla Francia) sono soprattutto preoccupati per la destabilizzazione del regime di Mobutu e manovrano per salvarlo ancora una volta. Va fatta completamente luce su tutti gli aiuti passati e presenti all'operazione di genocidio. Le milizieestremiste hutu e l'ex esercito ruandese vanno disarmati. I responsabili del genocidio vanno processati in Ruanda. No all'intervento militare straniero. Inoltro immediato dell'aiuto umanitario ai rifugiati senza passare per l'invio di un corpo di spedizione straniero. Appoggio internazionale agli sforzi delle autorità ruandesi di reinserire il meglio possibile i rifugiati che rientrano nel paese. Annullamento del debito del Ruanda e blocco delle politiche di riassetto strutturale. Organizzazione di un programma internazionale di distribuzione in favore delle famiglie vittime del genocidio. Versamento di rimborsi e interessi alla popolazione ruandese da parte dei governi del Nord e delle istituzioni multilaterali corresponsabili del genocidio. Per quanto riguarda lo Zaire, bisogna aiutare la popolazione a liberarsi direttamente di Mobutu: esproprio dei beni detenuti da Mobutu e dal suo entourage all'estero e restituzione di questi al popolo zairese cui sono stati rubati. __________________ Scheda 1- Nuove rivelazioni sulla vendita di armi ai responsabili del genocidio in Ruanda Inghilterra - La società britannica Mil Tec Corporation ha garantito in pieno genocidio l'invio di armi all'esercito ruandese. Secondo il «Times» (18.11.'96), il 17 aprile 1994, a undici giorni di distanza dall'inizio del genocidio, questa società ha consegnato all'esercito ruandese munizioni provenienti da Israele; il 3 maggio, invio di fucili AK47 e di mortai; il 9 maggio, 2.500 fucili AK47, 500.000 munizioni e 2.000 mortai da mm 60 provenienti dall'Albania; il 18 maggio (mentre l'ONU aveva decretato l'embargo sulle vendite di armi il 17 maggio), altro stock di armi comprendenti lanicarazzi RPG7; il 13 luglio, altra vendita fatta passare da Tirana per Kinshasa prima di arrivare a Goma, controllata dall'esercito francese nel quadro dell'"Operazione Turchese". Il «Times» cita il passo di una lettera della MIL Tec Corporation ai militari ruandesi: «Abbiamo sostenuto il vostro governo da oltre cinque anni [...] Dovete rendervi conto che abbiamo derogato per assistere il vostro ministero all'occorrenza». Belgio - La Fabbrica Nazionale di Herstal (la FNH-Belgique appartiene all'azienda pubblica francese GIAT) avrebbe venduto 1.500 kalshnikov cinesi e rumeni agli estremisti hutu ruandesi rifugiati nel Kivu grazie a una licenza d'esportazione per l'Arabia Saudita. Si sarebbe trovata traccia di parte della vendita - stando al rapporto ONU sui traffici di armi - nell'isola di Iwawa, sul lago Kivu, sottratta agli ex soldati ruandesi dall'Esercito patriottico del Ruanda. La Commissione ONU incaricata dell'inchiesta avrebbe richiesto spiegazioni al Ministero degli Esteri belga, ma sembra non abbia ancora ricevuto risposta. Francia - La scoperta nel campo i Mugunga di una lettera della società parastatale SOFREMS, che propone il 5 maggio 1994, in pieno genocidio, la vendita di parti di blindati all'Esercito ruandese, mette in luce l'attualità del sostegno militare e diplomatico della Francia all'Hutu Power, sostegno sul quale da oltre due anni sono disponibili diversi elementi (cfr. François-Xavier Verschave in Rapport 1995 de l'"Observatoire permanent de la cooperation française", Desclées de Brouwer, maggio 1995). Alla fine di maggio del 1995, l'organizzazione Human Rights Watch ha pubblicato una Relazione d'inchiesta che segnalava in particolare la consegna all'aeroporto di Goma di cinque carichi di armi per l'Hutu Power, verso fine maggio-inizi giugno del 1994 - dopo il voto all'ONU dell'embargo sulle armi. I carichi comprendevano artiglieria, mitragliatrici, fucili d'assalto e munizioni forniti dal governo francese. Jean-Claude Urbano, allora console francese a Goma, ha giustificato questi carichi spiegando che erano frutto della conclusione di contratti stipulati con l'esercito ruandese prima dell'embargo... Successivamente ha protestato con la HRW ma poi ha desistito (il 9 settembre 1996), subito prima del processo (da un comunicato di «Agir Ici» del 20.11.'96). (Eric Toussaint) - Zaire CRONACA DI UN DISASTRO TANTO ANNUNCIATO di Sabine Legrand (Bruxelles, novembre 1996) Lo si dimentica troppo presto: in soli quattro mesi, nel 1994 in Ruanda sono state assassinate quasi un milione di persone: per intensità, uno dei più rilevanti genocidi che mai l'umanità abbia conosciuto. La popolazione tutsi è stata sterminata per oltre la metà perché la cricca intorno al dittatore Habyarimana si rifiutava di dividere il potere con l'opposizione e con i ribelli dell'FPR . Per salvare il regime, questa cricca ha predisposto il massacro fin nei minimi particolari ed è probabile che sa anche responsabile dell'assassinio dello stessi Habyarimana. Il genocidio si è fermato solo perché l'FPR era riuscito a conquistare militarmente il paese. I 2.700 caschi blu presenti nel paese non hanno fatto niente per impedire la carneficina. I loro effettivi sono addirittura stati ridotti a 450. In compenso, un mese dopo, l'ONU decideva di nuovo di mandare sul posto 5.000 caschi blu, decretando inoltre l'embargo alla vendita d'armi al Ruanda. Il Consiglio d'iniziativa ha espresso il proprio accordo all'invio di truppe francesi per «proteggere e portare cibo» alle popolazioni. Non una parola sul genocidio in queste risoluzioni dell'organizzazione internazionale. L'intervento francese (l'operazione "turchese") viene lanciata proprio nel momento in cui l'FPR sta chiaramente per avere la meglio. I militari francesi (e senegalesi) creano una «zona umanitaria» grazie a cui gli artefici criminali del genocidio possono «umanamente» sfuggire a qualsiasi condanna. La zona umanitaria però accoglie anche masse di hutu in fuga. I miliziani estremisti hutu e i residui dell'esercito ruandese in rotta costringono infatti gruppi di popolazione a lanciarsi con loro sulle vie dell'esodo. E' così che migliaia di rifugiati ruandesi si sono arenati in campi nel Kivu. Quanto ai caschi blu, sono arrivati con quattro mesi di ritardo sulla decisione di inviarli e sono sbarcati... in Ruanda... dove l'FPR ha preso il potere e il genocidio è terminato. Nei campi del Kivu le milizie hutu potranno riorganizzarsi tranquillamente. Impediscono ai rifugiati di rientrare nel loro paese. Si riforniscono di armi grazie all'esercito zairese. Stando a un rapporto dell'ONU, anche alcuni paesi occidentali hanno riarmato i criminali, in particolare la Francia, la Gran Bretagna e l'Italia. Non solo quindi i miliziani hutu sono riusciti a salvare la pelle ma hanno potuto riprendere la lotta per riconquistare il Ruanda. A partire dal Kivu, essi scagliano regolarmente attacchi in territorio ruandese, per destabilizzare il regime... e sopprimere fisicamente testimoni del genocidio. Per il nuovo regime ruandese è una situazione intollerabile. La fine di un regno Il secondo elemento al centro della crisi è la crisi nello stesso Zaire. Lo Zaire e un paese ottanta volte più grande del Belgio. Strategicamente situato al centro dell'Africa, è ricchissimo anche di risorse naturali, per cui ha sempre interessato da questo punto di vista le potenze occidentali. Mobutu è sempre stato un servo astuto e devoto dell'Occidente. Lo Zaire era uno dei paesi di testa dell'"anticomunismo" in Africa; ha appoggiato ad esempio la lotta delle potenze occidentali contro il Movimento popolare di liberazione dell'Angola (MPLA) e contro l'African National Congres (ANC) in Sudafrica. Dopo il crollo del blocco dell'Est e l'abolizione dell'apartheid, Mobutu è diventato meno utile ai suoi padroni. D'altro canto, le sue concessioni alla democrazia esclusivamente formali creavano difficoltà agli Stati Uniti nell'appoggiarlo incondizionatamente, per cui si sono messi alla ricerca di altri potenziali uomini di paglia. Di fronte a simili mutamenti, Mobutu non è rimasto inattivo. Combinando repressione e promozione a posti di responsabilità, è riuscito a mantenere divisa e a neutralizzare l'opposizione. E per dimostrare di essere l'ultimo baluardo contro il caos, lo ha creato lui stesso. Già nel 1993, di fronte ai tragici eventi ruandesi, il Nord-Kivu costituiva già il teatro di scontri armati. Furono cacciati o assassinati dei Banyaruanda : si contarono varie migliaia di morti. Con la scusa dell'aiuto umanitario, Mobutu ha finanziato i dirigenti che organizzavano questi massacri. Ancora oggi può trarre vantaggio dagli scontri (cfr. oltre, intervista a Colette Braeckman). Kivu L'operazione "Turchese" ha determinato il raduno di circa mezzo milione di rifugiati nel Kivu. Gli estremisti hutu non sono stati disarmati: L'esercito zairese approfitta, rubando e rivendendo l'aiuto umanitario, come pure le armi. Il rientro dei profughi veri nel loro paese avrebbe liquidato gli estremisti e ridotto le possibilità di traffici per i militare zairesi. Già nel 1994 l'esercito si era opposto ai tentativi di volontari di rientrare in Ruanda. Il Primo ministro, Kengo Wa Dondo diede all'epoca l'ordine di consentire ai volontari di superare di nuovo le frontiere, e alcuni lo fecero. E' questa la situazione in cui si è consolidata l'alleanza tra gli estremisti hutu e l'esercito dello Zaire. Gli estremisti hutu intendono creare un "hutuland" nel Kivu, a spese della locale popolazione zairese. L'esercito dello Zaire, da parte sua, già da anni vive alle spalle di questa popolazione, razziando i risparmi della gente e i raccolti di caffè. Insieme, militari zairesi e miliziani hutu hanno attaccato i Tutsi , veri o presunti. Hanno abbattuto bestiame, assassinato la gente o l'hanno cacciata dalle loro terre. I ribelli Nel settembre 1996 ha cominciato a svilupparsi la resistenza dei Banyaruanda. Alcuni sono scappati in Ruanda e sono ritornati con le armi e addestrati. Con l'aiuto dell'esercito ruandese, la resistenza è riuscita ad impadronirsi delle principali città del Kivu. Questa resistenza rappresenta la fusione tra diversi movimenti raggruppati nell'Alleanza Democratica dei Popoli. Il portavoce, Desiré Kabila, ha dichiarato che si sono organizzati contro gli attacchi e i massacri nonché contro la dittatura di Mobutu. Lo stesso Kabila era un leader del Partito della Rivoluzione Popolare (PRP), un partito che si richiama al «marxismo-leninismo» ed è presente nel Kivu da vari decenni. Kabila aveva avuto un ruolo nella insurrezione rivoluzionaria mulelista del 1964-'65. Il Ruanda appoggia il movimento perché vuole farla finita con gli estremisti hutu e le loro aggressioni. Ormai i campi di confine sono vuoti. I miliziani hutu sono riusciti a costringere le popolazioni a penetrare insieme a loro più a fondo in territorio zairese, dove si costituiscono nuovi campi. I fuggiaschi che sono riusciti a separarsi dai miliziani sono autorizzati a tornare in Ruanda quando incontrano i ribelli. Sono stati creati per loro appositi campi. Il portavoce dell'Alto Commissariato per i Rifugiati (HCR) ha dichiarato: «grandi concentramenti di rifugiaiti si verificano a prescindere dalle milizie, a quanto ne sappiamo, per gruppi di quaranta o cinquanta persone; possiamo raggiungerli rapidamente e potrebbero ritornare subito in Ruanda senza che ci sia bisogno per questo di una forza internazionale d'intervento». Mobutu vince una prima battaglia Mobutu è stato operato di tumore alla prostata, ma sembra essersi rimesso abbastanza da riprendere in mano la situazione. Ha già preso contatti con certe cerchie dirigenti francesi per discutere un intervento militare nel caso in cui il suo potere venisse minacciato. Le campagne razziste contro tutti quelli che sono di origine tutsi nello Zaire sono una manna per il dittatore. La gente viene cacciata, perde il lavoro. Kengo viene accusato di essere di origine tutsi e più è minacciata la posizione di Kengo più si rafforza quella di Mobutu; anche all'interno dell'opposizione di Kinshasa, dove ci sono ora tendenze che pensa che le rivalità con Mobutu vadano sotterrate, in nome del nazionalismo zairese. Il Kivu è sempre stata una zona difficile da controllare per il regime dello Zaire. La rete di organizzazioni civili è molto fitta. Il problema è sapere che cosa ne resterà dopo questi tragici eventi. Intervento militare? Il dramma umano rischia di assumere dimensioni enormi se non cambia nulla al più presto. I rifugiati portati con loro dai miliziani non possono rientrare in Ruanda. I ribelli lasciano passare gli aiuti con il contagocce, naturalmente per rafforzare la propria posizione nelle trattative. In ogni caso l'aiuto umanitario va urgentemente distribuito. Ma quale può essere il ruolo di un intervento militare nella zona? Disarmare i ribelli, le milizie o l'esercito zairese? Impossibile rimanere neutrali al riguardo. La comunità deve immediatamente ricavare gli insegnamenti dalle proprie avventure umano-militari. Ricordiamo il caos somalo, la spartizione etnica della Bosnia, la complicità con i criminali ruandesi... altrettanti retaggi degli interventi militari. L'unica volta in cui l'ONU è intervenuto come tale nello Zaire il ruolo che ha svolto è stato tutt'altro che limpido. L'ONU si era impegnato ad inviare truppe per aiutare il legittimo governo di Lumumba a garantire l'integrità del paese di fronte alla secessione del ricco Katanga, appoggiato dal Belgio. L'ONU ha mandato le sue truppe solo per imporre una tregua nel momento in cui l'esercito governativo stava avendo la meglio. La secessione del Katanga ha potuto durare così parecchi anni. L'insurrezione di Mulele, da parte sua, è stata repressa dal Belgio con l'aiuto degli americani, e questo ha permesso a Mobutu di rimanere al potere. Ancora, nel 1978, le truppe francesi e marocchine hanno salvato la vita a Maréchal, provocando migliaia di morti nella popolazione civile. Accanto all'inoltro di un aiuto umanitario vanno intrapresi sforzi per una soluzione strutturale dei problemi. Va interrotta la fornitura di armi ai miliziani. I rifugiati debbono potersene tornare a casa. Il Ruanda deve essere aiutato ad accogliere i rifugiati e ricevere mezzi per il rilancio della propria economia. I responsabili del genocidio vanno processati. Non è possibile la pace finché i criminali godranno dell'impunità. I paesi che li ospitano debbono consegnarli al tribunale internazionale, che deve subito ottenere i mezzi finanziari indispensabili per funzionare efficacemente. Non si può dare appoggio al Congo o a Mobutu. Va sorretta la democrazia. Le elezioni previste nello Zaire debbono svolgersi. I conti in banca e le ricchezze di Mobutu in Occidente vanno confiscati per poter provvedere alla ricostruzione del paese e della società civile. Vanno prese iniziative per l'insieme della regione dei Grandi Laghi. L'Africa non può più continuare ad essere la riserva di caccia degli interessi economici occidentali. L'Occidente deve bloccare la politica di saccheggio del continente. Bisogna farla finita con lo scandalo costituito dal flusso di denaro che va dall'Africa verso il Nord sotto forma di pagamento degli interessi del debito. Il continente africano deve avere la possibilità di compiere le proprie scelte economiche. _______________________________________________________________________________________________ Kivu LE METASTASI DEL GENOCIDIO Intervista a Colette Braeckman, africanista ed autrice del libro Terre africaine (Fayard, Parigi). Inprecor - I ribelli hanno il sostegno della popolazione nel Kivu? Colette Braeckman - Ne dubito. La gente si stupisce del comportamento corretto dei ribelli rispetto a quello cui è abituata da parte dell'esercito zairese, ma i ribelli non conquisteranno l'appoggio della popolazione con l'"educazione popolare". La popolazione locale è da tempo ostile ai Banyaruanda, che sono del resto hutu non meno che tutsi. Questi si spiega con il fatto che il Kivu è una regione sovrappopolata in cui ci sono come conseguenza conflitti per la terra, fonte di cibo. Si indirizza la propria insoddisfazione verso gente di cui si dice che abbiano nazionalità "dubbia". Nel resto del paese non c'è sicuramente un problema di appoggio ai ribelli. Imprecor - Kabila, il capo dei ribelli, è stato tirato fuori dal cassetto per imprimere una coloritura locale alla ribellione, come sostiene il professor Reyntjens? C. B. - E' anche un po' quello che ritengo io. C'era sì nella zona una specie di guerriglia dormiente che si occupava di traffico d'oro. Ma Kabilia era ormai inattivo politicamente. Non ha partecipato alla lotta per la democratizzazione né alla Conferenza nazionale. Kigali ha trovato un ribelle locale da ostentare per imprimere un'aura zairese agli avvenimenti. L'opposizione, a Kinshasa, non prende sul serio la rivolta. Quel che c'è da fare è continuare a lavorare a preparare elezioni in tutto il paese, risolvere il problema dei profughi, mantenere l'unità del paese. Inprecor - Dunque non c'è solidarietà tra l'opposizione a Kinshasa e i ribelli? C. B. - No. Sbagliano a Kigali o altrove quanti pensano che una rivolta di tutta la popolazione zairese seguirà alla liberazione del Kivu. Inprecor - Si può parlare di una "Santa Alleanza" intorno a Mobutu per salvare l'unità del paese? C. B. - Si può parlare di un autentico nazionalismo. La gente pensa che i ruandesi debbano lasciare il paese. Vi sono anche avversari decisi del mobutismo che fanno collette per sostenere la popolazione del Kivu e che richiede l'intervento dell'esercito. Inprecor - C'è ancora un'opposizione critica nei confronti di Mobutu? C. B. - Certamente. Il dottor Sondji del Fronte patriottico dice ad esempio che la rivolta è forse un'avventura insensata che fa il gioco di Mobutu, ma che bisogna stare attenti e non dimenticare chi è il nemico principale. Inprecor - C'è un conflitto tra Mobutu e Kengo? C. B. - Kengo vuole che le elezioni si tengano e quindi che i rifugiati rientrino. Ha firmato accordi in questo senso. Per Mobutu invece i rifugiati rappresentano una carta diplomatica e politica. I generali gbandi, in particolare il cognato di Mobutu, percepiscono una percentuale sull'aiuto umanitario e si arricchiscono con il commercio delle armi. C'è quindi chiaramente un gioco di interessi diversi. Per Mobutu i rifugiati possono restare più a lungo. Ma a Kinshasa si esige che Kengo se ne vada. Mobutu dipende troppo all'aiuto straniero, in particolare da quello francese, per buttare fuori Kengo. L'Occidente e la Francia vogliono che Kengo rimanga. Inprecor - La cosa va bene per Mobutu che potrebbe rinviare le elezioni con la scusa del caos nel Kivu? C. B. - Dipende. Le organizzerebbe, se fosse sicuro di vincerle. La Commissione elettorale indipendente sostiene di volere fare in modo che le elezioni si svolgano correttamente. Se cos' sarà, credo che Mobutu perderà le elezioni. Non può vincerle senza brogli. Se Mobutu si accorge di non potere imbrogliare, vorrà il rinvio. Ma nel caos attuale è facile il broglio. Inprecor - Kengo ha buoni rapporti con gli Stati Uniti? C. B. - Li ha soprattutto con la Francia, ma anche con gli Stati Uniti e con le istituzioni finanziarie internazionali, perché paga i debiti. Inprecor - Gli Stati Uniti lascerebbero cadere Mobutu per Kengo? C. B. - In effetti puntano su di lui. E' l'uomo dell'Occidente. Il problema però è che nessuno nello Zaire lo sostiene. Non ho incontrato un solo zairese che si dichiari favorevole a Kengo. Inprecor - Si parla anche dell'ex capo di Stato Maggiore Mayele come eventuale uomo forte... C. B. - Mayele è stato emarginato da Mobutu nel 1993. Era favorevole al processo di democratizzazione. Egli quindi non ha truppe ai suoi ordini, per il momento, ma è molto popolare. Si dice che se fosse capo di Stato Maggiore i problemi nel Kivu si risolverebbero in pochi giorni. Inprecor - Quali sono le lagnanze degli studenti che manifestano contro Kengo? C. B. - Sono scontenti di Kengo per quel che succede nel Kivu e per tutto il resto, in particolare per il programma di austerità. Al tempo stesso, rendono omaggio a Tsisekedi, quindi non si mobilitano in appoggio a Mobutu. Tranne nel caso in cui - e nello Zaire non si può escludere niente - Mobutu operasse una svolta e dicesse: «Ora facciamo un governo con il Primo Ministro che volete. Prendiamo Tsisekedi, mettiamo Mayele a capo dell'esercito, riconquisteremo il Kivu e io rimango al mio posto». In questo caso potrebbe anche vincere le elezioni. Inprecor - Dov'è in questo momento Etienne Tsisekedi (il principale leader dell'opposizione)? C. B. - A casa sua. E ‘ molto deludente. Non ha alcuna iniziativa. Non vuole parlare con nessuno, diplomatici o giornalisti che siano. Neanche con me, che conosce da anni. Inprecor - Come te lo spieghi? C. B. - Probabilmente pensa di non dovere più partecipare a niente. Inprecor - Eppure è questo il momento per svolgere un ruolo. C. B. - Lo penso anche io. E' un problema grosso, soprattutto per i suoi militanti. Inprecor - C'è il rischio di vedere esplodere lo Zaire? C. B. - Non credo. A mio avviso c'è un a volontà vera di salvaguardare l'unità del paese, un nazionalismo autentico e un'identità zairese. Minacce all'unità del paese potrebbero venire solo da fuori. Inprecor - Possono essere disarmate senza intervento militare le milizie estremiste hutu? C. B. - L'unico che possa farlo, e lo sta facendo, è l'esercito ruandese. Inprecor - E' un protagonista importante nel Nord del Kivu, per il momento? C. B. - Naturalmente. Sta facendo quel che nessuno osava fare. Forse è il motivo per cui non sono ammessi giornalisti nel Kivu in questo momento. Inprecor - Il professor Reyntjens sostiene che sicuramente in Sudan c'è petrolio ed è questo che spiega l'interesse USA per la zona? C. B. - C'è petrolio in Sudan, ma ci sono risorse anche nel Kivu, molti minerali importanti per l'industria aeronautica e le tecnologie di punta. Si parla di ideologia, ma secondo me il Kivu costituisce soprattutto una riserva di ricchezze che è ancora appena dischiusa e che si intende sfruttare. Inprecor - Quali sono i rapporti degli Stati Uniti con il Ruanda? Non puntano un po' sul Ruanda per poter costituire un contrappeso nella zona rispetto alla Francia? C. B. - Gli USA appoggiano il Ruanda perché ne vogliono garantire la stabilità e lo sviluppo. Un po' come con l'Uganda. Vogliono creare una zona stabile nella regione. Inprecor - Come si spiega che la Spagna voglia oggi inviare truppe? C. B. - Pur avendo un ruolo marginale, l'amicizia tra Chirac e Aznar è una parte della spiegazione. Non va neppure dimenticato che in Spagna ci sono i conservatori al potere. La lobby cattolica (specie l'Opus Dei) ha un peso rilevante in questo. Inprecor - Sulla stampa belga si dice che le milizie hutu non inquadrano più i rifugiati. E' esatto? C. B. - No, è completamente falso. Ciò che accade è un fenomeno di cattura di ostaggi tra i più grandi della storia. I profughi continuano ad essere inquadrati dalle milizie. Sono arrivate in Ruanda persone con ferite da macete sulla schiena e si dice che sono state le milizie, tentando di impedire che rientrassero nel loro paese. Solo l'esercito ruandese può mettere fine a questa situazione, e penso sia questa la convinzione della stessa comunità internazionale, anche se non osa dichiararlo apertamente. Il Ruanda intende farla finita, per motivi ben noti. Nessun altro paese è disposto a inviare l'esercito per eliminare questa cancrena. Inprecor - Perché la Francia invia truppe nel Congo-Brazzeville, proprio di fronte a Kinshasa? C. B.- Per garantire il ritorno di Mobutu. Su questo non c'è il minimo dubbio. _____________________________________________________________________________________________ - Zaire LA FINE DELLA CATTURA DI OSTAGGI di Colette Braeckman («Le Soire», 16 novembre 1996) Il peggio non era scontato: i profughi ruandesi, che si credevano dispersi nell'immenso Zaire, in fuga eterna nella boscaglia impervia, erano in realtà ostaggi. Ostaggi di un'odiosa propaganda ideologica genocida, inculcata da anni; ostaggi dei miliziani e dei militari, responsabili di un milione di morti e che, da due anni, approfittavano dell'assistenza internazionale per prelevare imposte di guerra e prepararsi alla vendetta. Il rientro massiccio dimostra che i profughi altro non erano che prigionieri e che, una volta allentata la presa che i criminali esercitavano su di essi, hanno compiuto una scelta razionale, calcolando i rischi, soppesando paure e speranze: alla fuga incerta attraverso uno Zaire ostile hanno preferito il rientro nel loro paese, malgrado incertezze e timori.. In certo senso, il confine ha funto da setaccio: i profughi "civili" hanno deciso di rientrare, come avevano fatto nell'agosto scorso i compatrioti rifugiati in Burundi, mentre miliziani e militari, dopo la sconfitta ad opera dei "ribelli" (e verosimilmente di fronte all'esercito di Kigali) hanno ripiegato verso Masisi e soprattutto verso Kisangani. Il modo in cui si è svolta questa gigantesca cattura di ostaggi getta una luce differente sull'atteggiamento della comunità internazionale: se le pressioni di certi paesi desiderosi di intervenire al più presto avessero funzionato, la pesante morsa sui campi non sarebbe stata ancora allentata, mentre al contrario la situazione attuale consente di capire meglio le "tergiversazioni" americane. Tutto è avvenuto come se, tergiversando, gli Stati Uniti aspettassero che nei campi avvenisse l'indispensabile vaglio tra i criminali e gli altri. Così stando le cose, restano aperti parecchi problemi, in primo luogo quello dell'impiego della forza internazionale che si pensava ricercasse i profughi attraverso lo Zaire. Se le sue motivazioni erano realmente umanitarie non ha più altro da fare che aiutare i rimpatriati la dove si trovano, cioè in Ruanda. E lì c'è ancora tutto da fare: se infatti questo rientro è un successo per Kigali, il Ruanda resta pur sempre un paese povero e sovrappopolato, con le prigioni piene, con la giustizia che non ha ancora cominciato a funzionare. L'aiuto internazionale deve ora curare che i profughi recuperino sicurezza e dignità, e l'antidoto migliore contro l'ideologia fautrice del genocidio resta lo sviluppo. Le promesse del governo di Kigali, che assicurava di auspicare il ritorno dei profughi, devono ora essere prese in parola minuziosamente. l di là del rientro, che rappresenta la fine vera e propria della guerra in Ruanda, resta quindi il futuro di questo martoriato paese. Resta anche quello che diventa il principale problema della subregione: la stabilità dello Zaire. Quest'ultimo "eredita un esercito" di estremisti, ripiegato nelle montagne del Masisi, che terrorizzeranno le popolazioni locali come ieri i contadini hutu: chi dunque libererà lo Zaire dalla minaccia che essi rappresentano? Si pone inoltre il problema delle rivolte che hanno preso il potere nel Kivu e dei movimenti che probabilmente compariranno a Kisangani e nello Shaba nei prossimi giorni: si tratta di movimenti centrifughi rispetto a Kinshasa, forieri di un possibile smembramento del paese, o piuttosto, stando alle dichiarazioni degli interessati, di movimenti di opposizione alla dittatura, che ambiscono a porre fine all'interminabile transizione per entrare finalmente nel dopo-mobutismo? Questa sfida condiziona il futuro dell'intera Africa Centrale: la comunità internazionale che invia 12.000 uomini nello Zaire identificherà tali movimenti con un tentativo di liberazione o, con la scusa della stabilità, rafforzerà l'apparato di Mobutu? Quanto all'opposizione zairese, che resiste a stento alla tentazione nazionalista se non xenofoba, sarà in grado di individuare il nemico principale e di approfittare della breccia che oggi si è aperta? |
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