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Old 26-08-2005, 18:16   #1
majin mixxi
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Il caso Scelli,non vedo non parlo non sento...

Prologo

ROMA (Reuters) - Le autorità italiane avrebbero prestato cure mediche a "quattro presunti terroristi iracheni" per favorire la liberazione di Simona Pari e Simona Torretta, le due operatrici umanitarie rapite in Iraq nel settembre 2004 . Lo scrive oggi il quotidiano La Stampa citando l'ex commissario della Croce Rossa Maurizio Scelli.

"I mediatori ci chiesero di curare e salvare la vita a quattro presunti terroristi ricercati dagli americani. Li nascondemmo e li portammo ai medici della Croce Rossa, che li operarono. Curammo anche quattro loro bambini malati di leucemia", ha detto Scelli secondo quanto riportato dal giornale, senza indicare se per la liberazione delle due italiane fu pagato anche un riscatto in denaro.

L'operazione, ha spiegato Scelli, fu condotta in totale segreto, senza comunicarla alle autorità Usa, e fu autorizzata dal sottosegretario alla presidenza Consiglio Gianni Letta, che ha la delega ai servizi segreti.

Simona Pari e Simona Torretta, operatrici dell'Organizzazione non governativa "Un Ponte per", furono rapite insieme a due colleghi iracheni il 7 settembre a Baghdad e rilasciate tre settimane dopo, consegnate allo stesso Scelli.

"Il tacere agli americani i nostri tentativi di liberare gli ostaggi fu una condizione irrinunciabile per garantire l'incolumità degli ostaggi e nostra... che trovò d'accordo, quando gliela rappresentai, anche il sottosegretario Gianni Letta", ha detto l'ex numero uno della Cri.

"A Baghdad, quando si trattò di riportare in Italia le due Simone, Nicola Calipari, consapevole di questa direttiva, si raccomandò con me di non parlarne neppure al generale Mario Marioli, italiano, vicecomandante delle forze alleate in Iraq".

Il funzionario del Sismi Nicola Calipari fu ucciso il 4 marzo scorso da colpi d'arma da fuoco sparati da soldati Usa a un checkpoint a Baghdad, mentre accompagnava all'aeroporto la giornalista del "Manifesto" Giuliana Sgrena, liberata dai suoi sequestratori in Iraq appena qualche ora prima.

Secondo la ricostruzione dell'ex commissario della Croce Rossa raccolta dalla "Stampa", a mettere in contatto Scelli coi rapitori delle due ragazze sarebbe stato Mohammed al Kubaysi, vicepresidente del Consiglio degli Ulema iracheni, attraverso un medico iracheno, Nawar.

Scelli ha raccontato al giornale che la Croce Rossa inviò un'ambulanza per raccogliere i quattro feriti eludendo e trasportarli in un ospedale di Baghdad in cui operavano medici italiani eludendo la sorveglianza delle truppe Usa.

Scelli ha aggiunto che prima di ottenere la liberazione delle due italiane è stato trattenuto dai rapitori per sei ore insieme a Nawar.

Contattata da Reuters, la presidenza del Consiglio non ha per il momento rilasciato dichiarazioni.


Epilogo

Guido Ruotolo per La Stampa

«Ma Scelli è impazzito...». Era ancora presto, ieri mattina, quando a palazzo Chigi è arrivato Gianni Letta. Aveva letto l’intervista a “la Stampa” del commissario straordinario della Croce Rossa, Maurizio Scelli, ed era rimasto senza parole. Chi l’ha incontrato o ci ha parlato racconta di non averlo mai visto così furioso: «Ma come - si è lasciato andare Letta - abbiamo fatto tanto per ricostruire un rapporto con gli americani, dopo le note vicende di Calipari, e adesso arriva Scelli e butta tutto all’aria? E’ un ragazzino con l’ansia di protagonismo».

Il sottosegretario Letta, il grande protettore di Maurizio Scelli, si è sentito «tradito», non ha apprezzato di non essere stato avvertito che sarebbe uscita l’intervista su “la Stampa”, e di fronte alle «pressioni» dell’opposizione, ma anche di esponenti di governo e degli apparati di intelligence, lo ha chiamato invitandolo «a fare tutto quello che era nelle sue possibilità per ridurre il danno». Letta era stato chiaro con Scelli: palazzo Chigi l’avrebbe «scaricato». E difatti, dopo una laboriosa stesura, Palazzo Chigi ha dato il via libera a un comunicato di presa di distanze da Maurizio Scelli. E non solo per non irritare gli alleati - nei confronti dei quali si è voluto riaffermare «la collaborazione piena e leale» - ma per alleggerire la pressione di una opposizione che sin dalle prime ore della mattina chiedeva il dibattito parlamentare.

«In tutti gli incontri riservati - ha ripetuto il sottosegretario alla Presidenza del consiglio - l’opposizione ci ha sempre detto di fare tutto quello che era necessario fare per ottenere la liberazione degli ostaggi, delle due Simone. Sarebbe assurdo che adesso manifestasse tutto il suo stupore...».

L’opposizione non è mai stata tenera con Maurizio Scelli, accusato una volta di «protagonismo», un’altra di essere «compromesso» con il governo, con la maggioranza. Scelli è diventato negli ultimi mesi una calamita di accuse, spesso ingenerose. E ieri l’opposizione ha avuto buon gioco nel prenderne le distanze, nel calcare la mano sulle contraddizioni interne alla maggioranza. Addirittura, l’ufficio di presidenza del Copaco, il Comitato parlamentare di controllo sui Servizi, ha manifestato tutto il suo «stupore», sostenendo di non aver mai avuto sentore di ciò che afferma Scelli.

«La verità - sostiene però un autorevole esponente istituzionale dell’opposizione - è che naturalmente sapevamo in linea di massima come si muoveva la Croce Rossa di Scelli. E quello che è riuscita a fare: operazioni coperte che tali dovevano rimanere, ma che Scelli ha voluto rendere pubbliche».

Per tutto il giorno, negli ambienti politici e istituzionali si è posto un solo interrogativo: «Perché Scelli è uscito allo scoperto?». E la risposta pressoché unanime è stata che «Scelli si è sentito abbandonato dal governo e si è voluto vendicare».
Lui, il commissario uscente della Cri, dall’alba sulla graticola, ha risposto alle domande dei giornalisti, precisando e confermando i contenuti dell’intervista a “la Stampa”, per tentare di ricucire lo «strappo» con palazzo Chigi, e a sua volta ha rilanciato manifestando tutto il suo «stupore»: «Ma perché questa animosità nei miei confronti? Le cose che ho detto non sono mica una novità. Le avevo accennate a suo tempo, adesso ho avuto la possibilità di approfondirle».

Palazzo Chigi nel suo comunicato non ha potuto smentire di essere stato informato delle iniziative della Cri dal commissario Scelli, limitandosi a sottolineare l’autonomia e la neutralità della Croce Rossa e negando di avere autorizzato chicchessia a non informare gli americani. Che Letta sapesse che Scelli si stava muovendo per la liberazione delle due Simone non è mai stato negato dallo stesso Letta. Gli episodi sono noti dal novembre scorso, quando è uscita nelle librerie l’ultima fatica di Bruno Vespa («Storia d’Italia. Da Mussolini a Berlusconi»). Pagina 696. Arriva la telefonata delle due Simone a Scelli nella quale si chiede di fare quello che era stato promesso, e cioè operare i quattro presunti terroristi ricercati dagli americani. Scelli, nonostante che la Cri fosse stata invita a non occuparsi del sequestro, si precipita da Letta, a palazzo Chigi: «A questo punto - scrive Vespa - il sottosegretario non può escludere la Croce Rossa dalla trattativa: “Va’ avanti nella riservatezza più assoluta, visto che dovevi star fuori dalla storia” dice a Scelli. “Tienimi informato”».


Insomma, fanno notare ambienti vicini alla Croce Rossa, se palazzo Chigi non ha «smentito» le affermazioni di Vespa è «curioso» che oggi dica di non avere mai saputo nulla dell’iniziativa autonoma di Scelli. Sapeva perfettamente quello che stava accadendo, compreso che gli americani non dovevano sapere, come del resto lo sapeva l’opposizione.
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Old 26-08-2005, 18:20   #2
bluelake
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ma in definitiva, l'errore della Croce Rossa è nell'aver curato dei feriti, seppur terroristi? perchè io di tutto questo bordello ci ho capito poco...
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Old 26-08-2005, 18:25   #3
tatrat4d
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