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Old 04-02-2006, 19:55   #1
maxsona
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La guerra al terrorismo è superata, ora è guerra delle risorse

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La guerra al terrorismo è superata, ora è guerra delle risorse

Franco Londei, 3 febbraio 2006

Durante il discorso sullo stato dell’Unione, il presidente Bush, con una bizzarra definizione, ha reso perfettamente l’idea dell’importanza delle risorse energetiche e del loro controllo, affermando: “Siamo drogati di petrolio”. Con sole quattro parole ha evidenziato la dipendenza degli Usa e del mondo intero dall’oro nero, i suoi derivati, e da tutte le risorse a esso correlate.
In effetti, non ci voleva certo il presidente americano per ricordare al mondo l’importanza del petrolio. Tuttavia, il contesto in cui è stata pronunciata la frase la rende importante sotto l’aspetto subliminale in quanto rimarca due punti fondamentali: la necessità per il mondo di trovare fonti energetiche alternative e l’importanza che rivestono nell’immediato le attuali fonti.

Se per il futuro la ricerca è concentrata verso energie alternative e pulite, nell’immediato il bisogno di petrolio e dei suoi derivati risulta essere indispensabile per qualsiasi economia, in modo particolare per quelle emergenti come la Cina e l’India. Molti analisti concordano sul fatto che una delle principali cause dell’aumento vertiginoso del prezzo del petrolio dipende dall’aumentata richiesta dovuta all’incredibile evoluzione delle economie di questi due Paesi, con la conseguente febbrile ricerca del “fornitore di energia”.

Nei fatti, questa corsa ad assicurarsi le fonti di approvvigionamento non condiziona solo il prezzo delle risorse, ma incide in modo pesante anche sulla politica verso i Paesi detentori delle risorse stesse, specie verso quelli di recente scoperta. E’ il caso, per esempio, di molti paesi africani, trascurati fino a oggi a causa della imponente produzione dei paesi Opec che, con i loro milioni di barili al giorno, erano sufficienti alle economie occidentali. L’ingresso prepotente di Cina e India sul grande mercato delle risorse ha scombussolato l’equilibrio politico-economico che si era creato tra paesi produttori di petrolio e paesi consumatori.

Non solo; la politica aggressiva di reperimento delle risorse attuata specialmente dalla Cina sta lentamente ma inesorabilmente cambiando gli equilibri e le alleanze mondiali a partire proprio dall’Africa, da quel continente cioè troppo spesso trascurato o sistematicamente depredato. Nigeria, Benin, Ghana, Costa d’Avorio sono solo gli ultimi della lista cinese e vanno ad aggiungersi a Sudan, Zimbabwe e Madagascar in attesa di essere raggiunti da Angola, Congo e Gabon, con una manovra che assomiglia più a un’azione di rastrellamento che a una vera e propria politica di reperimento delle risorse.

Questa politica della ricerca sistematica delle fonti di energia implica però tutta una serie di effetti collaterali che non si limitano all’innalzamento del prezzo del greggio, ma incidono pesantemente anche sulle politiche locali o di area, specie in quelle zone e in quelle nazioni che sono alla disperata ricerca di valuta pregiata o in quelle aree interessate politicamente ad avere un alleato strategicamente forte, come la Cina.

Se per quanto riguarda i paesi africani la conseguenza primaria può individuarsi in una aumentata capacità dei governi interessati di fare a meno degli aiuti economici occidentali, troppo spesso condizionati a riforme “scomode”, nel caso di altre realtà è l’assistenza politico-strategica a essere determinante. E’ il caso dell’Iran, nell’occhio del ciclone a causa del suo programma nucleare, più volte minacciata di deferimento al Consiglio di Sicurezza dell’Onu o di embarghi nel caso - quasi certo - che non abbandoni le ricerche mirate a dotarsi di tecnologia nucleare.

Non traggano in inganno le dichiarazioni di forma della Cina: l’Iran è troppo importante come fornitore di energia e come cliente privilegiato delle tecnologie cinesi. Ne sono la prova i contratti (in miliardi di dollari) conclusi di recente tra il governo di Pechino e Teheran; contratti che non riguardano solo la fornitura da parte dell’Iran di petrolio alla Cina ma comprendono anche, in contropartita, la fornitura da parte cinese di tecnologie militari e nucleari.

Ma nella politica asiatico-africana di Pechino rientra, in maniera non marginale, anche la Russia, la quale, già detentrice di immense risorse, non si limita a fare da spettatrice interessata, ma attraverso accordi bilaterali e multilaterali di cooperazione economico-militare si propone come alleato strategico del colosso cinese, ripudiando, come nel caso dell’Iran, anche parte della sua politica interna.

Infatti, se è vero che la Russia sta combattendo una guerra interna in Cecenia, con l’appoggio all’Iran contribuisce di fatto a salvaguardare il maggior fornitore della resistenza cecena, in un paradosso politico che storicamente ha pochi precedenti. Ma il paradosso non si limita solo al caso Iran-Cecenia: si allarga pericolosamente a tutta la cosiddetta “guerra al terrorismo islamico”, in quanto attraverso il trattato Sco (Shangai Cooperation Organization) Russia e Cina hanno stretto rapporti politico-economico-militari con Uzbekistan, Kazakstan, Kirghizistan e Tajikistan, repubbliche ex-sovietiche di chiara ispirazione musulmana, le quali hanno da poco deliberato l’espulsione di tutte le basi americane sul loro territorio e dove, si sospetta, trovino rifugio i capi delle maggiori organizzazioni terroristiche musulmane.

Questa situazione, rimasta in sordina, non è di secondaria importanza in quanto allo Sco stanno per aderire anche India, Iran, Pakistan e Mongolia e quindi, in pratica, una volta concluse le trattative di ingresso, il gruppo racchiuderebbe: quattro potenze nucleari (Russia, Cina, India e Pakistan), due potenze economiche emergenti (Cina e India), due grandi produttori di risorse energetiche (Russia e Iran), due potenziali produttori (Kazakstan e Uzbekistan), ma soprattutto quattro Paesi detentori delle pipeline che potrebbero portare il greggio dall’Iran verso la Cina e l’India ( Tajikistan, Uzbekistan, Pakistan e Kirghizistan) con il potenziale contributo interessato del Turkmenistan.

In pratica, se come sostiene il presidente degli Stati Uniti, l’Occidente è drogato di petrolio (risorse), la politica messa in atto da Cina e Russia, tende a impadronirsi delle risorse stesse, non solo nei canonici punti di rifornimento, ma anche nelle vie alternative (Africa) o attraverso compromessi rischiosi (Iran) con il chiaro obiettivo di mettere l’Occidente in difficoltà attraverso una sistematica appropriazione non solo delle risorse, ma di tutto l’indotto a esse collegate. A tal riguardo, un chiaro messaggio proviene dall’Iran, troppo sprezzante nei confronti della comunità internazionale per non avere la consapevolezza di essere coperta da poderose spalle amiche.

Il rischio maggiore nell’immediato è quello di azioni unilaterali non concertate (Israele contro Iran), in quanto metterebbero di fronte due blocchi dal potere portentoso ed estremamente letale, per i quali gli interessi in gioco sono di incredibile portata in quanto direttamente legati al futuro sviluppo delle economie asiatica e occidentale. La guerra al terrorismo è già superata. Ora è la guerra delle risorse a prevalere e non è detto che il terrorismo stesso non se ne approfitti.

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Old 05-02-2006, 12:20   #2
dvd100
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Old 05-02-2006, 15:37   #3
Sursit
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La storia è vecchia.
Le guerre si fanno per la risorse, non per la gloria.
Soprattutto la Cina sta cercando di avere sempre più risorse, sia energetiche, sia tecnologiche.
Quello che non ha analizzato il giornalista è la posizione chiave della Germania nella faccenda: è la nazione coi maggori accordi commerciali sia con la Russia, sia la potenza che riversato i maggiori investimenti in Cina.
La Cina sta ambendo al ruolo di grande potenza, e il fine giustifica i mezzi.
Testa da vedere quanto possa essere possibile, pakistani e indiani finora non sono riusciti a stare dalla stessa parte.
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Old 05-02-2006, 16:27   #4
sempreio
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La storia è vecchia.
Le guerre si fanno per la risorse, non per la gloria.
Soprattutto la Cina sta cercando di avere sempre più risorse, sia energetiche, sia tecnologiche.
Quello che non ha analizzato il giornalista è la posizione chiave della Germania nella faccenda: è la nazione coi maggori accordi commerciali sia con la Russia, sia la potenza che riversato i maggiori investimenti in Cina.
La Cina sta ambendo al ruolo di grande potenza, e il fine giustifica i mezzi.
Testa da vedere quanto possa essere possibile, pakistani e indiani finora non sono riusciti a stare dalla stessa parte.

storia vecchia ma gira e rigira questa volta lo prendiamo noi europeii nel sedere stavolta
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Old 06-02-2006, 06:34   #5
Sursit
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Originariamente inviato da sempreio
storia vecchia ma gira e rigira questa volta lo prendiamo noi europeii nel sedere stavolta
Beh, Francia e Germania, visto che sono meno dipendenti dal petrolio, meno di noi......
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